Tratto dal Sito Internet
www.lagazzettadelmezzogiorno.it
Oltre 50 associazioni sono pronte a far scattare la mobilitazione contro il nucleare nel Salento. Ci sono le associazioni ambientaliste storiche, da Lega Ambiente all’Arci; ma ci sono anche le parrocchie, gli organismi del volontariato e i circoli culturali; ci sono gli scout dell’Agesci e i difensori della natura di “Coppula tisa”.
«La Puglia», sottolineano gli antinuclearisti, «in tema di produzione energetica e di problematiche per la salute, soprattutto con la centrale di Cerano, ha già dato, punterà i piedi, e se necessario disobbedirà al governo, anche se saranno attuate azioni coercitive tipo invio dell’esercito. La Puglia, secondo le associazioni, rischia di avere due centrali, una a Sud e l’altra in Capitanata.
Teresa Bellanova, parlamentare del Pd, parla di un Pdl schizofrenico, con Palese che vota contro e Fitto favorevole in prima fila. Anche Rifondazione esprime il disappunto contro il ricorso alla Consulta. La febbre nel Salento sale. Sarà la campagna elettorale, sarà la storia, quella degli inizi degli anni Ottanta, che si ripete. I tempi e i passi del governo però diventano sempre più coordinati. Ieri la notizia del ricorso alla Corte costituzionale contro le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che decidono all’unanimità di dichiarare il proprio territorio off limits per il nucleare.
La Costituzione prevede che l’energia è materia di legislazione concorrente tra regioni e stato. Non può essere, quindi, solo la regione a decidere in modo esclusivo. Si stringe anche il tempo per l’approvazione del decreto sui criteri di selezione dei territori che ospiteranno le quattro centrali che sorgeranno in Italia entro il 2020.
Che il Salento possa essere una delle aree per l'insediamento di una centrale sta scritto in tanti rapporti scientifici a cominciare dagli anni Settanta. La prima mappa, infatti, fu elaborata dal Cnen (Comitato nazionale per l’energia nucleare); su questa mappa ha lavorato anche l’Enea (Ente nazionale per le energie alternative) che eliminò i siti costieri a rischio di inondazione (soprattutto in provincia di Foggia e al confine tra la Puglia e la Basilicata). Nella mappa del Cnen compaiono diversi siti possibili, a nord di Porto Cesareo (costa Avetrana e Manduria), a sud di Gallipoli, a nord di Otranto e a sud di Brindisi. Anche la costa di Nardò è tra quelle selezionate.
Su questa mappa lavorò l’Enea, all’inizio degli anni Ottanta, quando la regione inserì la scelta nucleare tra gli obiettivi del piano regionale di sviluppo. In realtà, l’opzione del nucleare era alternativa al carbone. La mega centrale di Cerano fu costruita perché la strenua opposizione delle comunità locali (Avetrana, Manduria e la stessa Porto Cesareo) determinò il fallimento dell scelta regionale.
Lo stesso Nicola Quarta, il presidente della regione tra il 1979 e il 1983, più volte ha chiarito che la centrale di Cerano era alternativa al nucleare. «La Puglia - ha ribadito in diverse interviste - non può ospitare altre centrali, di nessun tipo». E’ un argomento che allo stato delle cose non determina l’esclusione del Salento dalle aree suscettibili di insediamenti. Mentre gli esponenti del governo mantengono un atteggiamento riservatissimo nella rete circolano le ipotesi più disparate. Le associazioni ambientaliste sono convinte che qualcosa succederà. C’è chi ritiene che nell’area dell’Arneo possa essere localizzato il deposito delle scorie. Ad Avetrana, il coordinamento degli oppositori alla centrale non si è mai sciolto. Sono cambiati i coordinatori, ma l’attenzione è rimasta. L’attuale responsabile si chiama Antonio Forte, convinto che «dal 1986 ad oggi nulla è cambiato ». Avetrana fu l’e picentro della protesta. Il 20 marzo del 1982 scesero in piazza 15mila persone provenienti soprattutto dai centri del Salento. Sindaci e lo stesso arcivescovo di Oria, Armando Franco, sostennero la protesta. Le foto ingiallite di quella manifestazione circolano ancora sul web.
www.lagazzettadelmezzogiorno.it
Oltre 50 associazioni sono pronte a far scattare la mobilitazione contro il nucleare nel Salento. Ci sono le associazioni ambientaliste storiche, da Lega Ambiente all’Arci; ma ci sono anche le parrocchie, gli organismi del volontariato e i circoli culturali; ci sono gli scout dell’Agesci e i difensori della natura di “Coppula tisa”.
«La Puglia», sottolineano gli antinuclearisti, «in tema di produzione energetica e di problematiche per la salute, soprattutto con la centrale di Cerano, ha già dato, punterà i piedi, e se necessario disobbedirà al governo, anche se saranno attuate azioni coercitive tipo invio dell’esercito. La Puglia, secondo le associazioni, rischia di avere due centrali, una a Sud e l’altra in Capitanata.
Teresa Bellanova, parlamentare del Pd, parla di un Pdl schizofrenico, con Palese che vota contro e Fitto favorevole in prima fila. Anche Rifondazione esprime il disappunto contro il ricorso alla Consulta. La febbre nel Salento sale. Sarà la campagna elettorale, sarà la storia, quella degli inizi degli anni Ottanta, che si ripete. I tempi e i passi del governo però diventano sempre più coordinati. Ieri la notizia del ricorso alla Corte costituzionale contro le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che decidono all’unanimità di dichiarare il proprio territorio off limits per il nucleare.
La Costituzione prevede che l’energia è materia di legislazione concorrente tra regioni e stato. Non può essere, quindi, solo la regione a decidere in modo esclusivo. Si stringe anche il tempo per l’approvazione del decreto sui criteri di selezione dei territori che ospiteranno le quattro centrali che sorgeranno in Italia entro il 2020.
Che il Salento possa essere una delle aree per l'insediamento di una centrale sta scritto in tanti rapporti scientifici a cominciare dagli anni Settanta. La prima mappa, infatti, fu elaborata dal Cnen (Comitato nazionale per l’energia nucleare); su questa mappa ha lavorato anche l’Enea (Ente nazionale per le energie alternative) che eliminò i siti costieri a rischio di inondazione (soprattutto in provincia di Foggia e al confine tra la Puglia e la Basilicata). Nella mappa del Cnen compaiono diversi siti possibili, a nord di Porto Cesareo (costa Avetrana e Manduria), a sud di Gallipoli, a nord di Otranto e a sud di Brindisi. Anche la costa di Nardò è tra quelle selezionate.
Su questa mappa lavorò l’Enea, all’inizio degli anni Ottanta, quando la regione inserì la scelta nucleare tra gli obiettivi del piano regionale di sviluppo. In realtà, l’opzione del nucleare era alternativa al carbone. La mega centrale di Cerano fu costruita perché la strenua opposizione delle comunità locali (Avetrana, Manduria e la stessa Porto Cesareo) determinò il fallimento dell scelta regionale.
Lo stesso Nicola Quarta, il presidente della regione tra il 1979 e il 1983, più volte ha chiarito che la centrale di Cerano era alternativa al nucleare. «La Puglia - ha ribadito in diverse interviste - non può ospitare altre centrali, di nessun tipo». E’ un argomento che allo stato delle cose non determina l’esclusione del Salento dalle aree suscettibili di insediamenti. Mentre gli esponenti del governo mantengono un atteggiamento riservatissimo nella rete circolano le ipotesi più disparate. Le associazioni ambientaliste sono convinte che qualcosa succederà. C’è chi ritiene che nell’area dell’Arneo possa essere localizzato il deposito delle scorie. Ad Avetrana, il coordinamento degli oppositori alla centrale non si è mai sciolto. Sono cambiati i coordinatori, ma l’attenzione è rimasta. L’attuale responsabile si chiama Antonio Forte, convinto che «dal 1986 ad oggi nulla è cambiato ». Avetrana fu l’e picentro della protesta. Il 20 marzo del 1982 scesero in piazza 15mila persone provenienti soprattutto dai centri del Salento. Sindaci e lo stesso arcivescovo di Oria, Armando Franco, sostennero la protesta. Le foto ingiallite di quella manifestazione circolano ancora sul web.
Nessun commento:
Posta un commento