Di padre Piero Gheddo
22 febbraio 2010
22 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
La Quaresima è il tempo della conversione, per prepararci alla Pasqua e risorgere con Cristo. Siamo chiamati a convertirci dal peccato a Dio,cioè cambiare vita e diventare “uomini nuovi” secondo il cuore di Dio.
Il Vangelo è sempre provocatorio per la nostra vita e oggi ci presenta Gesù che, prima di iniziare la sua missione e la vita pubblica, dopo il Battesimo nel Giordano viene portato dagli Angeli nel deserto dove rimane quaranta giorni nell’isolamento, nel digiuno, nella mortificazione e nella contemplazione di Dio.
L’immagine del deserto sintetizza tutto il significato della Quaresima. Ho viaggiato due volte nel deserto del Sahara, giorno e notte. L’uomo si trova solo con se stesso, attorno solo sabbia e rocce.
Ho dormito una notte all’aperto nel deserto. In quell’atmosfera purissima, vedete le stelle così vicine, che vi sembra di poterle toccare con la mano. Non è possibile, in quell’isolamento, non pensare a Dio, l’idea della conversione a Dio è spontanea, naturale, immediata.
Gesù che era Dio non doveva convertirsi a Dio, ma ha voluto compiere il cammino di ogni uomo, di ogni fedele che crede in Lui, vincendo le tre tentazioni che anche noi dobbiamo superare con l’aiuto di Dio:
- la tentazione dell’impurità e della ricchezza col digiuno e la mortificazione;
- la tentazione della superbia, del potere, della fama, del dominio sugli altri col silenzio e la meditazione;
- la tentazione di sentirci eguali a Dio, padroni di noi stessi, di decidere noi stessi quel che è bene e quel che è male, con la preghiera e l’adorazione di Dio Padre, Creatore e Giudice.
Per risorgere con Cristo nella Pasqua, dobbiamo convertirci a Dio. Tre punti:
1) Il concetto del peccato, che è così definito: “La scelta volontaria, cosciente e deliberata del male e non del bene, la trasgressione volontaria dei Comandamenti di Dio”. In pratica, con il peccato l’uomo si mette al posto di Dio, decide lui cosa è bene per sé e cosa è male.
La parola “peccato” oggi non è più usata. Si dice delitto, crimine, ma il peccato è un’altra cosa. Il crimine è la violazione della legge dell’uomo, il peccato è la violazione della legge di Dio. Esempio. Il peccato di impurità non è un delitto, ma è un peccato; il peccato di superbia non è un delitto ma un peccato; la mancanza di carità verso un povero non è delitto ma peccato; il divorzio e l’aborto sono ammessi dallo Stato, ma rimangono un peccato contro Dio.
Noi non siamo solo cittadini italiani, siamo anzitutto figli di Dio e seguaci di Cristo. Ecco l’opposto del peccato, imitare Gesù nella sua vita e nel suo Vangelo. Non dobbiamo accontentarci di dire: io non faccio nulla di male, non ho ammazzato, non ho rubato, non ho tradito mia moglie, vengo a Messa tutte le domeniche… Questa è la parte positiva, ma non basta.
Debbo innamorarmi di Gesù, quanto più io amo il Signore Gesù, tanto più il peccato mi appare come il sommo male dell’uomo e questo pensiero, questa convinzione mi aiutano nel mio cammino di conversione a Dio. La fuga dal peccato significa desiderio di santità.
Negli anni Settanta, per otto anni sono andato come aiutante del cappellano nelle carceri di San Vittore a Milano. Parlavo con i carcerati che hanno tempo e vogliono comunicare le loro pene e sofferenze. Tornando a casa alla sera, pregavo il Signore e pensavo: se anch’io fossi nato in famiglie come queste cosa sarei oggi?
2) Per vincere le nostre tentazioni e tendenze cattive e quindi il peccato, dobbiamo andare contro-corrente rispetto alla mentalità comune e a noi stessi. Questo significa: mortificazione, rinunzie, lotta contro le tendenze cattive che ci vengono dal “peccato originale”.
Anche il concetto di “mortificazione” scompare dal linguaggio comune e prevale il concetto di divertimento. La vita è un divertimento, divertirsi è l’imperativo della nostra società. Mi stupisce sempre quando intervistano attori, calciatori, personaggi pubblici, personaggi televisivi.
Alla domanda: “Il suo lavoro le costa fatica?” inevitabilmente rispondono: “No, anzi, mi diverte!”. Una grossa bugia pensando alle fatiche e alle rinunzie che sono costretti a fare. Ma debbono dire che si divertono per apparire alla moda, appagati, contenti, felici. Molti giovani, non educati alla mortificazione, hanno questo concetto: vivere vuol dire divertirsi.
Quando noi eravamo giovani, vi ricordate?, ci educavano a fare dei “fioretti”, delle piccole mortificazioni. In Quaresima, nel mese di maggio, ogni giorno dovevamo fare una rinunzia, un gesto di penitenza, una mortificazione.
I ragazzi d’oggi mi fanno pena: hanno tutto, ottengono tutto e non sono mai contenti, non sono più abituati a fare delle rinunzie. Conosco diversi disoccupati, che però accettano solo il lavoro che gli piace, che è vicino a casa, che non ha orari impossibili. Poi arrivano a quarant’anni e sono sempre disoccupati.
La società moderna, specialmente televisione, stampa ed esempi delle personalità alla ribalta, li educano a questa mentalità nefasta per la loro vita. Nulla si crea di buono senza fatica, senza rinunzie, senza mortificazioni delle nostre tendenze, pigrizie.
3) L’ideale del cristiano è di imitare Gesù Cristo, modello inimitabile. Questa è la vita cristiana, una continua novità, un ricominciare ogni giorno da capo con nuovo entusiasmo.
Vivere integralmente il Vangelo significa rimanere giovani di spirito e anche di corpo, si acquista ottimismo, coraggio, fiducia in Dio e in se stessi, capacità di non patire troppo per le difficoltà e sofferenze inevitabili e di rinnovare il nostro entusiasmo per l’ideale che stiamo vivendo e realizzando.
Ecco il nostro impegno della Quaresima. Un esame di coscienza per una buona confessione dei nostri peccati e il proponimento di non commetterli più. Dio ci conceda queste grazie e ci aiuti a purificarci per prepararci alla Pasqua di Cristo.
Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di "Mondo e Missione" e di Italia Missionaria, è il fondatore di AsiaNews. Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente. Dal 1994 è direttore dell'Ufficio storico del Pime e postulatore di varie cause di canonizzazione. Insegna nel seminario pre-teologico del Pime a Roma. E' autore di oltre 70 libri.
Il Vangelo è sempre provocatorio per la nostra vita e oggi ci presenta Gesù che, prima di iniziare la sua missione e la vita pubblica, dopo il Battesimo nel Giordano viene portato dagli Angeli nel deserto dove rimane quaranta giorni nell’isolamento, nel digiuno, nella mortificazione e nella contemplazione di Dio.
L’immagine del deserto sintetizza tutto il significato della Quaresima. Ho viaggiato due volte nel deserto del Sahara, giorno e notte. L’uomo si trova solo con se stesso, attorno solo sabbia e rocce.
Ho dormito una notte all’aperto nel deserto. In quell’atmosfera purissima, vedete le stelle così vicine, che vi sembra di poterle toccare con la mano. Non è possibile, in quell’isolamento, non pensare a Dio, l’idea della conversione a Dio è spontanea, naturale, immediata.
Gesù che era Dio non doveva convertirsi a Dio, ma ha voluto compiere il cammino di ogni uomo, di ogni fedele che crede in Lui, vincendo le tre tentazioni che anche noi dobbiamo superare con l’aiuto di Dio:
- la tentazione dell’impurità e della ricchezza col digiuno e la mortificazione;
- la tentazione della superbia, del potere, della fama, del dominio sugli altri col silenzio e la meditazione;
- la tentazione di sentirci eguali a Dio, padroni di noi stessi, di decidere noi stessi quel che è bene e quel che è male, con la preghiera e l’adorazione di Dio Padre, Creatore e Giudice.
Per risorgere con Cristo nella Pasqua, dobbiamo convertirci a Dio. Tre punti:
1) Il concetto del peccato, che è così definito: “La scelta volontaria, cosciente e deliberata del male e non del bene, la trasgressione volontaria dei Comandamenti di Dio”. In pratica, con il peccato l’uomo si mette al posto di Dio, decide lui cosa è bene per sé e cosa è male.
La parola “peccato” oggi non è più usata. Si dice delitto, crimine, ma il peccato è un’altra cosa. Il crimine è la violazione della legge dell’uomo, il peccato è la violazione della legge di Dio. Esempio. Il peccato di impurità non è un delitto, ma è un peccato; il peccato di superbia non è un delitto ma un peccato; la mancanza di carità verso un povero non è delitto ma peccato; il divorzio e l’aborto sono ammessi dallo Stato, ma rimangono un peccato contro Dio.
Noi non siamo solo cittadini italiani, siamo anzitutto figli di Dio e seguaci di Cristo. Ecco l’opposto del peccato, imitare Gesù nella sua vita e nel suo Vangelo. Non dobbiamo accontentarci di dire: io non faccio nulla di male, non ho ammazzato, non ho rubato, non ho tradito mia moglie, vengo a Messa tutte le domeniche… Questa è la parte positiva, ma non basta.
Debbo innamorarmi di Gesù, quanto più io amo il Signore Gesù, tanto più il peccato mi appare come il sommo male dell’uomo e questo pensiero, questa convinzione mi aiutano nel mio cammino di conversione a Dio. La fuga dal peccato significa desiderio di santità.
Negli anni Settanta, per otto anni sono andato come aiutante del cappellano nelle carceri di San Vittore a Milano. Parlavo con i carcerati che hanno tempo e vogliono comunicare le loro pene e sofferenze. Tornando a casa alla sera, pregavo il Signore e pensavo: se anch’io fossi nato in famiglie come queste cosa sarei oggi?
2) Per vincere le nostre tentazioni e tendenze cattive e quindi il peccato, dobbiamo andare contro-corrente rispetto alla mentalità comune e a noi stessi. Questo significa: mortificazione, rinunzie, lotta contro le tendenze cattive che ci vengono dal “peccato originale”.
Anche il concetto di “mortificazione” scompare dal linguaggio comune e prevale il concetto di divertimento. La vita è un divertimento, divertirsi è l’imperativo della nostra società. Mi stupisce sempre quando intervistano attori, calciatori, personaggi pubblici, personaggi televisivi.
Alla domanda: “Il suo lavoro le costa fatica?” inevitabilmente rispondono: “No, anzi, mi diverte!”. Una grossa bugia pensando alle fatiche e alle rinunzie che sono costretti a fare. Ma debbono dire che si divertono per apparire alla moda, appagati, contenti, felici. Molti giovani, non educati alla mortificazione, hanno questo concetto: vivere vuol dire divertirsi.
Quando noi eravamo giovani, vi ricordate?, ci educavano a fare dei “fioretti”, delle piccole mortificazioni. In Quaresima, nel mese di maggio, ogni giorno dovevamo fare una rinunzia, un gesto di penitenza, una mortificazione.
I ragazzi d’oggi mi fanno pena: hanno tutto, ottengono tutto e non sono mai contenti, non sono più abituati a fare delle rinunzie. Conosco diversi disoccupati, che però accettano solo il lavoro che gli piace, che è vicino a casa, che non ha orari impossibili. Poi arrivano a quarant’anni e sono sempre disoccupati.
La società moderna, specialmente televisione, stampa ed esempi delle personalità alla ribalta, li educano a questa mentalità nefasta per la loro vita. Nulla si crea di buono senza fatica, senza rinunzie, senza mortificazioni delle nostre tendenze, pigrizie.
3) L’ideale del cristiano è di imitare Gesù Cristo, modello inimitabile. Questa è la vita cristiana, una continua novità, un ricominciare ogni giorno da capo con nuovo entusiasmo.
Vivere integralmente il Vangelo significa rimanere giovani di spirito e anche di corpo, si acquista ottimismo, coraggio, fiducia in Dio e in se stessi, capacità di non patire troppo per le difficoltà e sofferenze inevitabili e di rinnovare il nostro entusiasmo per l’ideale che stiamo vivendo e realizzando.
Ecco il nostro impegno della Quaresima. Un esame di coscienza per una buona confessione dei nostri peccati e il proponimento di non commetterli più. Dio ci conceda queste grazie e ci aiuti a purificarci per prepararci alla Pasqua di Cristo.
Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di "Mondo e Missione" e di Italia Missionaria, è il fondatore di AsiaNews. Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente. Dal 1994 è direttore dell'Ufficio storico del Pime e postulatore di varie cause di canonizzazione. Insegna nel seminario pre-teologico del Pime a Roma. E' autore di oltre 70 libri.
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