giovedì 10 marzo 2011

"MELISSANO RINASCE" SU -LO SCIROCCO- DEL MESE DI MARZO / IL CANDIDATO SINDACO CHIEDE LA COLLABORAZIONE DI TUTTI I CITTADINI

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Tratto da "Lo Scirocco" di Marzo 2011, Anno 3, Numero 7.

VENERDI' 11 MARZO 2011 / PRIMO INCONTRO DI DUE DELLA SETTIMANA SOCIALE 2011 ORGANIZZATA DALL'AZIONE CATTOLICA PARROCCHIALE DI MELISSANO

L’AZIONE CATTOLICA PARROCCHIALE “Don Quintino Sicuro” di Melissano propone a tutti la SETTIMANA SOCIALE, momento di riflessione e confronto con tutti i cittadini per individuare insieme la strada migliore per costruire il Bene Comune.
Il tema scelto per questa settimana UN MONDO DI VALORI CHE HA VALORE ci aiuterà a costruire il presente facendo tesoro del nostro passato.
Questo percorso avrà due momenti di confronto importante: VENERDI’ 11 MARZO (ore 19 nel Salone di Gesù Redentore) ci sarà un incontro sul VALORE DELLE TRADIZIONI. Ascolteremo la relazione del Prof. Fernando Scozzi e i ragazzi dell’Azione Cattolica presenteranno il loro lavoro di ricerca sulle tradizioni del nostro paese che racchiudono la storia, la fede e la cultura della nostra comunità.
Interverranno:
Sac. Don Antonio PERRONE, Assistente spirituale dell’Associazione;
Silvia PISANELLO, Presidente Parrocchiale di Azione Cattolica;
Prof. Fernando SCOZZI, Presidente Associazione “Amici don Quintino”.
L’incontro successivo curato dal settore Giovani e dal settore Adulti di Azione Cattolica si terrà il 28 MARZO.

150 ANNI D'ITALIA E D'ITALIANI (19) - L'UNITA' D'ITALIA E LA QUESTIONE MERIDIONALE (QUINTA ED ULTIMA PARTE)

12 febbraio 2011
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del discorso pronunciato venerdì 11 febbraio da mons. Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) intervenendo a Conegliano (TV) sul tema “L’unità d’Italia e la questione meridionale: il Magistero della Chiesa e il compito dei cristiani”.
Ripresa conclusiva
A uno sguardo d’insieme sullo scorcio storico ed ecclesiale percorso, la prima considerazione da fare riguarda proprio l’oggetto messo a tema nel titolo, ovvero il magistero della Chiesa in rapporto alla questione meridionale. Esso si intreccia con la vita della Chiesa in tutte le sue articolazioni ed esprime la sollecitudine pastorale verso un aspetto peculiare dell’Italia nella sua dimensione sociale e culturale, pur dentro una visione d’insieme dei problemi e in una maturazione storicamente elaborata della coscienza di essi. Il magistero sociale dei vescovi italiani – in costante comunione e ascolto del magistero pontificio – diventa così un esempio significativo di esercizio del discernimento pastorale sulla vita sociale della nazione alla luce dei principi ispiratori della dottrina sociale della Chiesa. L’essere arrivato gradualmente alla formale presa in carico del problema e l’accelerazione temporale che la sequenza degli interventi denota, testimonia nel magistero un servizio di vigilanza e di guida che domanda di essere accolto, assecondato e accompagnato nell’assunzione da parte dei fedeli tutti della responsabilità a cui il Signore chiama nella storia.
È davvero in gioco, innanzitutto, anche in questo caso – ed è la seconda considerazione – l’identità e la missione della Chiesa. Non a caso abbiamo cercato di guardare i temi dell’unità nazionale e della questione meridionale dal punto di vista della Chiesa e non viceversa. Non è questione di spingere in secondo piano i problemi concreti di una collettività e di tante persone, ma di fedeltà alla propria vocazione originaria e quindi anche di aderenza alle istanze concrete per affrontarle e rispondere ad esse. Come abbiamo già notato, il contributo proprio della Chiesa, non solo nella sua espressione magisteriale, è in prima battuta sempre conforme alla sua identità sacramentale e alla sua missione spirituale e pastorale. Quando la Chiesa fa questo fornisce l’aiuto più significativo possibile alle questioni anche di ordine sociale proprio in quanto tali. E la parola che essa pronuncia sulle questioni concrete producono tutto il loro effetto in quanto accolte nello spirito e nell’ottica in cui vengono pronunciate e proposte. Essa guarda sempre a tutta intera la persona, come singolo e inseparabilmente come comunità, e sa di promuoverne il bene quando ricorda e cerca di assicurare che il bene complessivo di ogni essere umano e di tutti gli esseri umani rimanga l’orizzonte di ogni progetto e di ogni sforzo di riforma e di progresso sociale.
Bisogna poi non trascurare che in un crescendo senza arresti, ben presto già a cavallo tra Ottocento e Novecento, non solo il rapporto tra Chiesa e unità d’Italia si è rappacificato, ma addirittura alla distanza di oggi, e già da tempo, la situazione si può definire capovolta, poiché la coscienza e l’impegno della Chiesa per l’unità della nazione risultano ben più avvertiti e determinati di quelli che si possono riscontrare in istanze pur autorevoli della società nel suo insieme. È in questa ottica che viene anche letta la questione meridionale, appunto come questione nazionale. E non nel senso, innanzitutto, che una parte del Paese si deve prendere cura di un’altra, ma piuttosto che nel senso che il Paese intero nel suo insieme deve saper affrontare tutti e singoli i suoi problemi, tanto più quando la loro ricaduta ha una portata generale; e in questo caso si tratta di prendere atto tutti delle responsabilità di ciascuno, non per recriminare ma per assumerle onorevolmente e insieme. In questo senso la riforma in senso federalista non è una minaccia per il sud, ma è un banco di prova per il Paese di essere un solo Paese, appunto, una nazione e una patria: un mondo coerente e unitario in cui tutti siamo nati e in cui ci sentiamo e vogliamo essere un’unica famiglia. Si tratta di raccogliere la sfida di riconoscerci tutti italiani e di decidere di continuare a volerlo essere. Detto questo, bisogna imparare a tradurre ciò che l’ultimo documento dei vescovi mette bene in evidenza, ovvero l’esigenza di coniugare il senso di responsabilità, e quindi di farsi carico dei problemi e degli impegni necessari da parte della classe dirigente meridionale e dell’intera società civile meridionale, e l’esigenza che le istituzioni centrali dello Stato nazionale siano in grado di pretendere come condizione questo impegno dalle regioni meridionali, per poter conferire gli strumenti necessari volti ad assicurare i servizi vitali alla collettività nel suo insieme.
Infine, ai cattolici tutti tocca farci carico di questo impegno là dove siamo posti, con coscienza credente, con competenza etica e professionale, con la capacità di tenere le distanze da tutto ciò che tradisce inseparabilmente la nostra identità e la soluzione dei problemi nel perseguimento del bene comune. Nel mondo globalizzato, dobbiamo guardarci dalla chiusura nella illusoria difesa di interessi particolaristici, come pure dall’abbandono di sé e degli altri ad una logica di puro profitto, dimentichi del proprio volto e della propria storia. Siamo ad un punto in cui i problemi o si affrontano insieme, oppure non solo non si risolvono, ma si aggravano. Come Chiesa non rinunceremo a dire la nostra parola e a fare la nostra parte, come vescovi e come comunità di credenti.
Note
1 «Si definisce dunque questione meridionale l’insieme dei gravi e complessi problemi suscitati in seguito al compimento dell’unità d’Italia, dall’arretratezza economica e sociale in cui versavano le regioni del mezzogiorno e il succedersi dei dibattiti, tuttora aperti e attuali, sorti fra gli intellettuali e politici di vario orientamento ideologico e politico, circa i mezzi più adatti per risolvere tali problemi e rendere quanto più possibile omogenee le condizioni di vita di tutte le regioni italiane» (così il dizionario Battaglia).
2 «Di tutte le sfide che l’Italia deve affrontare, quella del Mezzogiorno, dopo 150 anni dall’unificazione nazionale, resta la più difficile. Anche perché nell’intera Europa occidentale non esiste nessun altro paese “duale” come i, nostro, anche in termini dimensionali, essendo la popolazione del Sud e delle Isole grande all’incirca come quella di Grecia e Portogallo insieme. […] Le statistiche Eurostat ci dicono che, a parità di potere d’acquisto, il Pil pro capite del Nord Italia è superiore a quello della Svezia mentre il Pil pro capite dell’intero Centro Nord Italia […] è nettamente superiore a quello di Germania o Francia. Per contro, il Pil pro capite del Sud e delle Isole è inferiore al Portogallo.» Dati analoghi si possono riscontrare in ordine alla ricchezza finanziaria delle famiglie e all’Indice di povertà e di esclusione. «La questione di fondo è però come riprogettare una strategia per il nostro Mezzogiorno che punti non soltanto a ridurre il divario insopportabile con il resto d’Italia ma possa rappresentare anche un’occasione per aggiungere margini significativi al potenziale complessivo di crescita dell’intero paese» (M. Fortis, L’Italia si farà da Roma in giù, in «Il Sole 24 ore», 29 gennaio 2011). Cf. P. Barucci,Condizioni nuove per una politica meridionalistica, in Chiesa nel Sud Chiese del sud. Nel futuro da credenti responsabili, a cura di A. Russo, EDB, Bologna 2009, 17-32.
3 P. Villari, Le lettere meridionali ed altri scritti sulla questione sociale in Italia, I ed., Firenze, Le Monnier, 1878.
4 Scrive S.F. Romano, Storia della questione meridionale, Pantea, Palermo 1945, 42: «quegli anni terribili restarono molto a lungo nella memoria delle popolazioni meridionali come quelli in cui per la prima volta esse avevano sperimentato l’Italia. Nella memoria della classe dirigente italiana invece, quegli anni restarono come quelli in cui per la prima volta si erano presentate insieme l’emergenza e la necessità. E furono quelle popolazioni, già da secoli emarginate ed oppresse, il capro espiatorio della prima prova di fermezza e di conquistata coscienza nazionale offerta dai responsabili della nuova Italia».
5 M. Sbriccoli, La commissione di inchiesta sul brigantaggio e la legge Pica, in Il Parlamento italiano, Nuova CEI, Milano 1988, II, 141
6 Si veda la prima serie della rivista «Meridiana» e, riassuntivamente, P. Bevilacqua, Breve storia dell’Italia meridionale dall’Ottocento ad oggi, Donzelli, Roma 1993.
7 Meridionalisti cattolici. Antologia di scritti (1946-1960), a cura di Diomede Ivone, Studium, Roma 2008, 287. Dello stesso autoreMeridionalismo cattolico, 1945-1955, Vita e Pensiero, Milano 2003.
8 E.C. Banfield, The moral basis of a backward society, Research center in economic development and cultural change, Glencoe Ill. 1958, corredato dalle fotografie dell’autore, trad. it.: Le basi morali di una società arretrata, Il Mulino, Bologna 1961.
9 E proseguiva: «Seconda condizione: dare consistenza economica alle regioni che la costituzione ha approvato come entità amministrative autonome, in modo che le giunte regionali concorrano con il governo centrale a ristabilire il necessario equilibrio economico e fiscale già alterato a danno del mezzogiorno delle isole fin dai primi decenni del risorgimento e poi distrutto dal sistema fascista. Terza condizione: l’iniziativa e attività meridionale. Siano i meridionali a far risorgere il mezzogiorno, i siciliani a far risorgere la Sicilia, i sardi a far risorgere la Sardegna. Nego che sia l’inerzia uno dei nostri difetti; Bari, Pescara, Catania, Salerno e molti altri centri smentiscono che si tratti di inerzia. Si tratta spesso di miopia; non si cercano larghi ¬orizzonti e piani proiettati nel futuro, si pensa ai vantaggi immediati, non si cerca il coordinamento fra le iniziative, perché l’individualismo prevalente si trasforma perfino in gelosia e lotta. Si vedono le difficoltà e si ingigantiscono perché la fiducia reciproca, tanto necessaria per la riunione delle forze, sia provincialmente che regionalmente, manca o viene meno. La critica sciupa l’entusiasmo: i facili impieghi tolgono il gusto del rischio. Tutto ciò è superabile: basta che il mezzogiorno si organizzi su tre piani: il politico a mezzo di partiti seri e decisi; l’amministrativo a mezzo delle regioni che sorgono a questo scopo: l’economico a mezzo di imprese libere e serie, favorite, ma non imbrigliate, da governi centrali e regionali. In questa ripresa nazionale agli amici del nord domandiamo comprensione e solidarietà; non indulgere in risentimenti e gelosie. D’altra parte sarà bene che il mezzogiorno faccia da sé e stabilisca esso stesso le basi del proprio risorgimento» (L. Sturzo, Politica di questi anni. Consensi e critiche (1946-1948), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2003, 321-322).
10 Per il seguito della mia esposizione mi sono avvalso di due studi, di imminente pubblicazione, del prof. V. De Marco, La Chiesa in Italia tra fine ‘800 e avvento del fascismo [Bozza di relazione introduttiva ad un convegno che si terrà a Potenza su mons. Augusto Bertazzoni];Vescovi del Sud per i problemi del Sud nel secondo dopoguerra.
11 «La visione che di tutto il processo di unificazione ebbel’episcopato dell’ex-Regno delle Due Sicilie (almeno della parte continentale qui presa in esame) fu esclusivamente religiosa» (B. Pellegrino, Vescovi «borbonici» e Stato «liberale» (1860-1861), Laterza, Bari 1992, 6).
12 G. Formigoni, L’Italia dei cattolici. Dal Risorgimento a oggi, il Mulino, Bologna 20102, 45. Luigi Sturzo, nel XIX Congresso cattolico, tenutosi a Bologna nel 1903, collegò “la questione cattolica” con la “questione meridionale” intesa come una “questione nazionale”. L’ultimo giorno dei lavori tenne una conferenza nella sala dei Fiorentini, il 13 novembre 1903, dove si riunivano i democratici cristiani, nella quale afferma: «Noi non ci conosciamo; e lo stacco si rende tanto più reale, quanto ancora non si è trovato una ragione specifica di lavoro di tutti i cattolici d’Italia anche a favore di una questione che non è semplicemente politica, ma che è fondamentalmente questione di conoscenza e di condizione di animo. Penetrare nell’intimo del nostro problema meridionale è per molti, per moltissimi, come penetrare in una contrada inesplorata, della quale i geografi non hanno maggiore competenza di colui che nella carta d’Africa del Vaticano pose hic sunt leones; così per molti la geografia d’Italia arriva a Roma e poscia il resto è segnato con le parole hic sunt meridionales» (L. Sturzo, La battaglia meridionalista, a cura di L. De Rosa, Laterza, Roma-Bari 1979, 44-45).
Di fronte alla persistenza di stereotipi che impediscono una corretta conoscenza della realtà meridionale e che «concorrono a determinare un urto degli animi assai più disastroso che l’urto degli interessi», egli si propone di offrire un’analisi «accurata, coscienziosa, sobria» della questione meridionale come «un vitalissimo problema di vita nazionale» alla cui soluzione anche i cattolici dell’alta e media Italia devono partecipare «con senno, solidarietà e amore fraterno».
13 P. Borzomati, Magistero della Chiesa e Mezzogiorno d’Italia, in Il discorso della Chiesa sulla società, a cura di C. Naro, Sciascia, Caltanissetta-Roma 1992, 231-347, 241.
14 V. De Marco, Vescovi del Sud per i problemi del Sud nel secondo dopoguerra.
15 G. Rumi, Questione meridionale e questione settentrionale nella riflessione dei vescovi italiani, 425, cit. in V. De Marco, Vescovi del Sud per i problemi del Sud nel secondo dopoguerra.
16 R. Violi, La Chiesa e il Mezzogiorno, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, vol. II, Culture, nuovi soggetti, identità, a cura di F. Lussana e G. Marramao, Rubbettino, Soveria M. (Cz) 2003, 498, cit. in V. De Marco, Vescovi del Sud per i problemi del Sud nel secondo dopoguerra.
17 Ib.
18 Ib.
19 La bozza del testo affronta problemi come l’abbandono della terra, l’urbanizzazione, la disoccupazione, la criminalità organizzata, l’emigrazione. Tra gli strascichi polemici bisogna segnalare una larvata critica verso l’episcopato del Nord, indifferente al problema e al suo carattere nazionale.
20 Cf. A. Sorrentino, Ricordando la Lettera pastorale dell’episcopato meridionale sui «Problemi del Mezzogiorno», Potenza, 19 ottobre 1973.
21 Conferenza episcopale calabra, L’episcopato contro la mafia disonorante piaga della società, Reggio Calabria 1975.
22 Giovanni Paolo II, Incontro con la popolazione in Piazza Plebiscito, 9 novembre 1990.
23 Cf. Messaggio dei Vescovi della Campania sul problema della disoccupazione, Editoriale Comunicazioni sociali, Napoli 1996.
24 Cf. Conferenza Episcopale Siciliana, Finché non sorga come stella la sua giustizia, Riflessione dei Vescovi di Sicilia nel 50° anniversario dello Statuto della Regione siciliana, Palermo 1996.
25 Cf. Conferenza episcopale calabra, Lettera alle nostre Chiese di Calabria nel fascino dei nostri santi meridionali, Catanzaro, 6 ottobre 2002.
26 Cf. Conferenza episcopale lucana, Le attese della povera gente, Atti della seconda convocazione generale del laicato di Basilicata, Potenza 2 giugno 2008.
(5-FINE)

mercoledì 9 marzo 2011

10 MARZO 2011 / CERIMONIA DI PREMIAZIONE DEI VINCITORI DEL PREMIO "FLAVIA INGUSCIO", SESTA EDIZIONE

Il premiato di una delle precedendi edizioni
Melissano, Centro Culturale “Quintino Scozzi” (Piazza Immacolata).
Iniziativa promossa dalla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, Sezione Provinciale di Lecce, Delegazione di Melissano “Flavia Inguscio”.

IL SETTIMO VIDEO MESSAGGIO DI "MELISSANO RINASCE" (GUARDA I PRECEDENTI FILMATI IN FONDO A QUESTA PAGINA WEB)

UN SENTITO RINGRAZIAMENTO DA "MELISSANO PENSIERI LIBERI" ALLE ASSOCIAZIONI, AI GRUPPI SCOLASTICI, AI GRUPPI DI LIBERI CITTADINI

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IL CARNEVALE MELISSANESE è frutto e trionfo di tante ASSOCIAZIONI, GRUPPI SCOLASTICI e GRUPPI DI LIBERI CITTADINI che MPL (Melissano Pensieri Liberi) ringrazia sentitamente.
Paroloni ed auto-attestazioni di merito lasciamoli A CHI E' ABITUATO a strumentalizzarci!

MELISSANO IN MASCHERA 2011 / TRIONFO DI ASSOCIAZIONI E GRUPPI CITTADINI (TERZA PARTE)












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MELISSANO IN MASCHERA 2011 / TRIONFO DI ASSOCIAZIONI E GRUPPI CITTADINI (SECONDA PARTE)












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150 ANNI D'ITALIA E D'ITALIANI (18) - L'UNITA' D'ITALIA E LA QUESTIONE MERIDIONALE (QUARTA PARTE)

12 febbraio 2011
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del discorso pronunciato venerdì 11 febbraio da mons. Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) intervenendo a Conegliano (TV) sul tema “L’unità d’Italia e la questione meridionale: il Magistero della Chiesa e il compito dei cristiani”.
Sarà il magistero di Giovanni Paolo II, a partire dal discorso ai vescovi campani del 21 novembre 1981, in cui parla della questione meridionale come di una questione ecclesiale nazionale, a sollecitare una riflessione nell’episcopato che viene presentata al Consiglio permanente del gennaio 1988 e si orienta, non senza difficoltà, a una ripresa dell’iniziativa dell’episcopato meridionale di quarant’anni prima da parte, questa volta, di tutto l’episcopato italiano. Il documento, in effetti, fu elaborato e pubblicato il 18 ottobre 1989, con il titolo Chiesa italiana e Mezzogiorno. Sviluppo nella solidarietà.
I vescovi si presentano mossi da una preoccupazione di tipo etico, avendo di mira «un impegno di sviluppo autonomo e integrale delle regioni meridionali» (n. 4). Sono consapevoli che «il Mezzogiorno d’Italia non è una realtà omogenea» e che la questione meridionale è «una questione nazionale» (n. 7), denotando una crisi che è di tutto il Paese. Inoltre il ritardo del Mezzogiorno non è da ricercare sul piano del benessere materiale e del solo reddito, ma «nella capacità di produzione e nell’occupazione» (n. 8). La diagnosi della situazione si svolge trattando del lavoro, delle distorsioni dello sviluppo, della persistenza di valori tipici del sud, di un suo ethos, ma anche dei rapporti di dipendenza da meccanismi interni distorti ad opera della mediazione politica e dei gruppi di potere locale in genere, generando una «modernizzazione senza un vero e proprio sviluppo» (n. 13). Forte è la denuncia della criminalità organizzata, definita «una malattia, un cancro» (n. 14), a cui rispondere con la legalità, la «trasparenza etica di chi governa» e «un comportamento onesto di ogni cittadino» (ib.). Di fronte a tale quadro, il compito primario della Chiesa si ripresenta come servizio alla formazione delle coscienze. «Bisogna superare il vittimismo e la rassegnazione, riattivare la moralità, la certezza del diritto, la stabilità nelle regole della convivenza sociale, la sicurezza della vita quotidiana […]. Sono necessari, e doverosi, l’aiuto e la solidarietà dell’intera nazione, ma in primo luogo sono i meridionali i responsabili di ciò che il sud sarà nel futuro» (n. 15).
Il richiamo agli elementi costitutivi della dottrina sociale della Chiesa fa appello alla necessità di una prospettiva etica e di un giudizio su una situazione che «non è il frutto di una fatalità storica, ma di precise causalità» (n. 16), richiama le esigenze di un’etica economica e incoraggia il vero sviluppo come sviluppo di tutto l’uomo. Se ne trae la conseguenza di una necessaria «coerente politica meridionalistica» (n. 19), che miri al territorio e che richieda «un diverso protagonismo della società civile meridionale» (n. 21).
Le linee pastorali suggeriscono una solidarietà reciproca fra le varie parti del Paese che permetta una conoscenza reciproca, e quindi una nuova evangelizzazione che abbia attenzione soprattutto a una pietà popolare purificata. «L’evangelizzazione non mira in alcun modo al soffocamento delle manifestazioni della “pietà popolare”, ma soltanto alla sua purificazione, che ne metta in evidenza gli aspetti positivi, quali il profondo senso della trascendenza, la fiducia illimitata in Dio provvidente, la “via del cuore” nella percezione di Dio, l’esperienza del mistero della croce nella sua drammaticità, ma anche nella sua valenza salvifica, la confidenza filiale nella Madonna, il senso tipicamente cattolico dell’intercessione dei santi. Al contempo ne qualifichi la gestualità e il riferimento alla natura, impedendo che diventi “l’alternativa dei poveri” alla liturgia. Senza questa purificazione data da una nuova evangelizzazione, la pietà popolare, pur essendo aperta e orientata alla trascendenza, può ridursi a essere domanda senza risposta, croce senza risurrezione, gestualità senza contenuti, memoria di pure emozioni, solidarietà senza comunione» (n. 26). Non c’è da trascurare, in questa prospettiva, l’esigenza di saldare fede e storia, l’impegno politico e in generale il ruolo dei laici, tra i quali i giovani e le donne in particolare. Non manca, insieme ad altri temi, un riferimento al fenomeno delle migrazioni.
«Tale documento – disse a suo riguardo Giovanni Paolo II a Napoli nel novembre 1990 – può ben essere considerato la traduzione non solo pastorale, ma anche politica, nel senso più alto del termine, del progetto di organizzazione della speranza nella vasta area del Mezzogiorno»[22]. È questo il primo documento dell’intero episcopato italiano e segnala uno sforzo di organicità nel trattare la questione, senza perdere di vista l’ottica specifica dell’iniziativa episcopale con il suo carattere etico e pastorale. Sullo sfondo di uno sviluppo storico più che secolare si coglie la maturazione dell’identità di un episcopato nazionale che si fa carico, con senso di responsabilità pastorale, dei problemi e della vita del Paese. Nella distinzione degli ambiti di competenza, tuttavia, la fede, e quindi la comunità ecclesiale a partire dai suoi pastori, non può considerare in modo dissociato la vita dei suoi fedeli, come pure di tutti i cittadini, ma vi deve cogliere l’inestricabile intreccio di coscienza credente e responsabilità civile, di fede e storia.
Gli episcopati regionali non mancarono di prendere iniziative, orientate ad un impegno pastorale più intenso, testimoniato dal Messaggio alle Chiese del Mezzogiorno delle conferenze episcopali di Basilicata, Calabria, Campania e Puglia dell’11 gennaio 1996, il documento dei vescovi campani sulla disoccupazione dello stesso anno[23], come pure il documento per i cinquant’anni dello Statuto regionale da parte dei Vescovi siciliani [24], la Lettera pastorale del Vescovi calabresi del 13 febbraio 2005 [25], il documento conclusivo del convegno dei laici della Basilicata del 2008[26]. E poi, ancora, sono da segnalare convegni pastorali di varie regioni ecclesiastiche e convegni di studio promossi dalla Facoltà teologica dell’Italia meridionale.
Questo stesso movimento di riflessione, di iniziativa pastorale e di studio conduce alla proposta dell’episcopato meridionale all’episcopato italiano di intervenire nuovamente in occasione dei vent’anni dalla pubblicazione di Chiesa italiana e Mezzogiorno. Il Consiglio permanente del gennaio 2008 affida ai presidenti della conferenze episcopali regionali del meridione d’Italia di promuovere un incontro di studio che prepari la stesura del documento. Il convegno sarà celebrato a Napoli il 12 e 13 febbraio 2009. L’elaborazione del documento richiederà circa un anno. Il 21 febbraio di quest’anno esso è stato pubblicato con il titolo Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno.
In esso si può rilevare la significativa continuità con il precedente. Ciò dice l’intendimento dei vescovi innanzitutto a tenere alta l’attenzione sulla questione meridionale. La circostanza denota la viva sensibilità dell’episcopato per la questione e per il connesso tema della nazione e della sua unità, ma permette anche di segnalare alcuni cambiamenti, pure significativi, verificatisi negli ultimi venti anni. In generale si può notare uno spostamento di accento dall’etico all’ecclesiologico, allo spirituale, al pastorale. Si confida meno su ricette di azione pastorale e più su alcune scelte di fondo, coerentemente con le esigenze ben più essenziali che si sono evolute e sono maturate negli ultimi decenni.
Il perdurare della questione meridionale nel quadro dei mutamenti che si sono prodotti sul piano della crisi economica, delle trasformazioni politico-istituzionali e dell’evoluzione socio-culturale rende plausibile la decisione di tornare sull’argomento. Viene messo in gioco un atteggiamento di fiducia, «per dare un contributo alla comune fatica del pensare», alla «responsabilità del pensare insieme e gli uni per gli altri», a un «peculiare pensiero solidale», capace di attivare «la tensione alla verità da cercare, conoscere e attuare», nel tentativo di «valorizzare al meglio il patrimonio di cui tutti disponiamo, cioè la nostra intelligenza, la capacità di capire i problemi e di farcene carico, la creatività nel risolverli» (n. 2). L’indicazione di stile e di metodo è la condivisione, disegnata sul calco dell’impronta eucaristica.
Nel descrivere lo scenario, già significativamente mutato nel giro di venti anni, insieme alle annotazioni già riportate, a cui va aggiunto sul piano politico-istituzionale il rilievo dato al processo di riforma in senso federalistico, vanno segnalati la globalizzazione dei mercati, la situazione dei Paesi che danno sulle sponde del Mediterraneo e il nuovo rapporto che si profila tra Europa e Mediterraneo, la questione ecologica, ma anche le zone di consolidata povertà, disoccupazione ed emigrazione. Torna ad essere evidenziato il passaggio incompiuto alla modernità per effetto di una mancata elaborazione del processo di modernizzazione, che spiega la persistenza di fenomeni come il particolarismo familistico, il fatalismo, la violenza, ma anche l’assimilazione dell’individualismo e del nichilismo che non si contrappongono ma integrano «forme tradizionali di socializzazione, di falsa onorabilità e di omertà diffusa» (n. 6). Importante rilevare, infine, accanto a una condanna ferma e articolata della criminalità organizzata, il ruolo delle classi dirigenti, spesso invischiati in «meccanismi perversi o semplicemente malsani nell’amministrazione della cosa pubblica», mentre ci sarebbe bisogno di «una cultura politica che nutra l’attività degli amministratori di visioni adeguate e di solidi orizzonti etici per il servizio al bene comune» (n. 5). Il problema non tocca soltanto la classe dirigente, ma anche il senso civico del comune cittadino. Così, la resistenza ad ogni possibile trasformazione per effetto di cause endogene, unita all’egoismo individuale e corporativo che è diffuso in tutto il Paese, con l’effetto di trasformare il Meridione «in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo» (n. 5), produce l’effetto di un blocco di ogni sua possibilità di sviluppo.
In realtà non mancano segni di speranza: manifestazioni di un nuovo protagonismo della società civile e della comunità ecclesiale, della quale è espressione eloquente il progetto Policoro, come la possibilità di far leva su valori e risorse di cui ancora generosamente dispongono le popolazioni meridionali. In questa prospettiva vanno recepite le indicazioni pastorali, le quali puntano su alcuni motivi qualificanti, fuori dagli schemi ripetitivi di un mero richiamo a tutti i compiti e i ministeri nella comunità ecclesiale. In linea con il senso del ministero pastorale, i vescovi innanzitutto affermano che il primo e più importante contributo anche su una questione così complessa e radicata che la Chiesa possa dare è assolvere fedelmente e diligentemente alla sua missione. Ciò vale da due punti di vista. Innanzitutto:
Le comunità cristiane costituiscono un inestimabile patrimonio e un fattore di sviluppo e di coesione di cui si avvale l’intero tessuto sociale. Lo sono in quanto realtà ecclesiali, edificate dalla Parola di Dio, dall’Eucaristia e dalla comunione fraterna, dedite alla formazione delle coscienze e alla testimonianza della verità e dell’amore. Fedeli alla loro identità, costituiscono anche un prezioso tessuto connettivo nel territorio, un centro nevralgico di progettualità culturale, una scuola di passione e di dedizione civile. Nelle comunità cristiane si sperimentano relazioni significative e fraterne, caratterizzate dall’attenzione all’altro, da un impegno educativo condiviso […]. Questo è il rinnovamento sociale cristiano (n. 14).
E poi:
Il cristiano non si rassegna mai alle dinamiche negative della storia: nutrendo la virtù della speranza, da sempre coltiva la consapevolezza che il cambiamento è possibile e che, perciò, anche la storia può e deve convertirsi e progredire (n. 14).
In questo orizzonte, le prospettive di azione ecclesiale sono dettate dalla condivisione ecclesiale, a tutti i livelli (all’interno delle Chiese e tra le Chiese, negli ambiti regionali e su scala nazionale, coinvolgendo presbiteri e consacrati, ma anche laici), dalla promozione di una cultura umana ed etica, dall’assunzione della missione educativa.
(4-Continua)

NUOVI SPUNTI SULLA "CARITAS IN VERITATE" (118) - LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA E' LA RISPOSTA ALLA CRISI

Lezione di economia di Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello IOR
27 febbraio 2011
Tratto da ZENIT.org
La crisi economica e le sue radici, la legge naturale ignorata, la creazione di un benessere puramente materiale e la delocalizzazione sono alcune delle problematiche collegate all'Enciclica Caritas in Veritate che sono state al centro di una lezione magistrale del presidente dell'Istituto per le Opere di Religione (IOR), Ettore Gotti Tedeschi, al termine del seminario “Economia sociale e di mercato: una nuova visione”, mercoledì nella sede di Via Poli della Camera dei Deputati.
Gotti tedeschi ha ricordato che l'economia di mercato è stata definita dall'economista italiano Luigi Einaudi “una terza via tra capitalismo e socialismo, che assicura la libertà dell'individuo frenando il suo istinto egoistico, attraverso criteri imposti di sussidarietà e di solidarietà. Né statalismo né capitalismo esagerato”.
“Ma perché funzioni – questa è la mia opinione - deve fondarsi sulla Dottrina Sociale della Chiesa, non solo perché ha esperienza, ma perché ha valore”, ha detto.
Il banchiere ha considerato che “la Dottrina Sociale della Chiesa è stata il modo per rendere effettiva la carità, anche se - come dice il Papa nell’Enciclica - la carità svincolata dalla verità non sta in piedi”.
La Dottrina Sociale della Chiesa, per poter funzionare, ha tuttavia bisogno di due grandi pilastri: “insegnare, perché la Chiesa sia maestra, e che lo Stato non sia troppo avido”.
Il presidente dello IOR ha spiegato che “l’economia sociale di mercato, come primo grande obiettivo, deve utilizzare le risorse disponibili nel modo più efficiente e trarre in modo efficace i risultati. Come secondo obiettivo, deve assicurare un progresso integrale, tenendo presente l’unità anima e corpo dell'uomo. Per finire, deve distribuire la ricchezza creata, non tanto per una questione di carità, ma per sostenibilità”. “L’uomo economico sa che non ci può essere un’economia con molti poveri e pochi ricchi”, ha precisato.
“Questi obiettivi che sono stati incorporati dalla Dottrina Sociale della Chiesa sono stati raggiunti?”, si è chiesto. “No – ha risposto –; abbiamo sprecato le risorse, abbiamo fatto uno sviluppo economico soltanto materiale e non abbiamo distribuito la ricchezza. Quindi l’economia è fallita in tutto”.
“Perché negli ultimi trent’anni non si è osservata la Dottrina Sociale della Chiesa”, ha indicato. “In cosa non è stata interpretata? Fondamentalmente in tre aspetti: la legge naturale è stata ignorata totalmente, si è cercato un benessere soltanto materialsitico e invece di distribuzione si è fatta delocalizzazione”.
“Leggete questa Enciclica, la Caritas in Veritate”, ha invitato Gotti Tedeschi. “Molti pensano che sia noiosissima perché hanno letto un riassunto sui giornali. Qui il Santo Padre spiega perché ci troviamo nell’attuale crisi economica. Se venisse letta e discussa, che vantaggio sarebbe per l’umanità!”.
Crisi di senso
“L’Enciclica dice che se la libertà viene prima della verità, l’uomo raramente - l’uomo immaturo - arriva alla verità, e quindi non sa distinguere tra fini e mezzi e confonde l’uso degli strumenti. E gli strumenti sono neutrali. Non c’è la banca etica, non c’è la finanza etica, c’è l’uomo etico che fa la finanza in modo morale ed etico. Il medico e il filosofo lo devono fare in modo etico, cioè dando senso alle sue azioni”.
E ha aggiunto: “Se la vita non ha senso, è inutile chiedere al banchiere il senso della banca. Ma perché ve la prendete con i banchieri se la vita non ha senso, se siamo animali che ci limitiamo a mangiare e altre cose? Come si può pensare che un uomo che fa il banchiere, il finanziere, il medico, il politico, dia un senso? Se la vita non ha senso, godiamoci la vita”.
“Nell’introduzione dell’Enciclica, il Papa dice che se l’uomo non inizia a ragionare e a dar senso alla sua vita, gli strumenti, la politica, la medicina, prendono il sopravvento e autonomia morale. Lo strumento non può avere autonomia morale, è l’uomo che dà senso all'uso degli strumenti”.
Si è quindi riferito all’importanza di questo testo dal punto di vista economico. “Doveva uscire nel 2007 ed è stata rimandata al 2009, perché la crisi stava modificando tutti gli scenari. L’Enciclica è un richiamo pastorale e dottrinale fuori dal tempo, ma nel tempo deve prende in considerazione i problemi specifici”.
“E Benedetto XVI nella Caritas in Veritate ricorda cosa ha detto Paolo VI nella Populorun progressio e nella Humanae Vitae: che non si può prescindere dalle azioni umane e dal rispetto totale della vita, e che non si può fare un piano di sviluppo economico se il progresso è soltanto materiale, perché l’uomo non è soltanto un animale materiale”.
Eutanasia e bilancio
Gotti Tedeschi ha quindi ricordato che “abbiamo negato la dignità della vita e realizzato un progresso soltanto materialistico. E oggi è in discussione la legge sul fine vita. Provocatoriamente dirò: no, è economia, perché non si possono mantenere i vecchi, che costano troppo, se non nascono i bambini, è una questione di bilancio”.
“Quando le persone escono dal ciclo produttivo costano in sanità e pensione. Che succede nella struttura di una società che non ha ricambio generazionale con due figli a coppia? Se la struttura rimane uguale, come fa ad aumentare il PIL?”.
Il relatore a questo punto ha spiegato che “se il numero di popolazione resta inalterato, il PIL aumenta soltanto se aumentano i consumi pro capite; anche i bambini devono consumare, e ci vogliono tante vacanze per i vecchietti. Ma la popolazione che numericamente resta uguale produce l’aumento dei costi fissi da supportare, perché aumenta più la popolazione che costa rispetto a quella che produce, e il sistema sociale deve assorbire la crescita dei costi fissi”.
Come si copre questa spesa? In Italia, ha detto, “con le tasse. Nel 1975, con una crescita del 4 per cento l’anno le tasse erano il 25 per cento del PIL, oggi sono il 50 per cento. Quindi i consumatori hanno meno potere d’acquisto e le aziende meno possibilità di investire. Vale a dire, c’è meno risparmio. Il denaro costa di più e si devono aumentare i derivati”.
“Questo è contenuto nell’Enciclica – ha ribadito Gotti Tedeschi –. E nei principi dice che abbiamo negato: la vita e uno sviluppo integrale”.
Falsa crescita
Per di più, “in un mondo occidentale a tasso di crescita zero abbiamo fatto consumare di più la persona per aumentare il PIL. Come la si fa spendere di più? Facendola guadagnare di più. Ma se il ciclo economico e piatto? Intanto non si fa più risparmio. Negli ultimi 25 anni il tasso di risparmio è sceso dal 25 per cento al 6 per cento”.
Quindi, “per aumentare la produttività si impiegano più macchine e alti volumi di produzione. E fin qui questo fenomeno è accettabile. Ma abbiamo fatto la delocalizzazione. Una serie di beni che in Europa avevano un prezzo, fatti in Asia costano la metà. Quindi è un modo per aumentare il potere d’acquisto”. Il paradosso è che bisogna “consumare sempre di più in Occidente e produrre sempre di meno, mentre in Asia aumentano la produzione e non consumano”.
Quale l’eccesso di questo sistema? “Quando si è passati da un consumo alto al consumo a debito. Guadagno 100, spendo 100, il mio PIL è 100. E per aumentare il proprio PIL si chiede un prestito in banca. Un anno di stipendio futuro lo spendo oggi, e il mio PIL è aumentato del 100 per cento, ma anche il debito delle famiglie”.
Il relatore ha presentato alcuni dati: “Dal 1990 al 2008 , dato certo, la spesa delle famiglie americane è passata dal 68 per cento al 98 per cento grazie all’indebitamento. Ma se la famiglia non paga, la banca fallisce. E quindi negli Stati Uniti hanno nazionalizzato il debito dei privati. Il sistema passa così da un debito del 200 per cento del 1998 al 300 per cento nel 2008”.
Ma è possibile ridurre il debito? Gotti Tedeschi ha ricordato che i tre sistemi sono un default come quello argentino, l’inflazione - una nuova bolla - e quello che insegna il Papa: l’austerità.
“Si ritorni a risparmiare per formare la base monetaria, e a costruire - ha detto -. In più, il 60 per cento delle cose che si consumano non crea mano d’opera”.
E ha ricordato il caso italiano di alcune imprese nelle quali l’amministratore delegato ha detto “O mi permettete di lavorare in questo modo o delocalizzo”.
Dal punto di vista economico, “l’uomo ha tre dimensioni: produttore, consumatore, risparmiatore. Fino a 20 anni fa le dimensioni erano coerenti. Ora lavoro e produco un prodotto, ma ne compro uno simile in Asia, migliore e che costa di meno. Dopo tre anni la mia azienda che produceva quel prodotto fallisce, e quindi non risparmio più e non spendo più”.
“Questo è il paradosso della globalizzazione consumistica. E' quello che il Papa chiama sviluppo economico non integrato. Perché l’uomo ha pensato di non avere un'anima, soltanto un corpo ed ecco l’influenza del nichilismo e del relativismo”.
“Come diceva l’ex Ministro Umberto Veronesi, 'è inutile pensare che l’uomo abbia una scintilla di divino, quando l’uomo solamente è un animale intelligente’. Mangiate e divertitevi, e poi si lamentano se qualcuno lo fa un po’ troppo”.
L'Italia è stata sussidiaria?, si è chiesto il presidente dello IOR. “Fino al 1995, quasi il 65 per cento del PIL era in mano allo Stato: Eni, Iri ecc. Le banche erano pubbliche tranne due banchette. E la più grande impressa privata è stata definita così: quando guadagna è privata, quando perde è pubblica”.
Gotti Tedeschi ha ricordato che “per entrare nell’euro dovevamo privatizzare. Ma abbiamo privatizzato? Per privatizzare c’è uno che vende e uno che compra e paga. Che si vendeva? imprese molto grandi e inefficienti, e chi è che le compra? Gli stranieri no. E come fanno gli italiani? Ci siamo inventati di far finanziare l’acquisto dalle banche. Se le avessimo regalate non avremmo assorbito quella massa di soldi, che avrebbero potuto andare alle vere imprese trainanti, le Pmi”.
“Un esempio soltanto: non dico che sia la verità. Alla fine della guerra fredda, Washington spendeva un 4,5 per cento del PIL in armamenti, e dopo l’11 settembre questa spesa è salita all’11 per cento. Come si fa ad assorbire questa spesa se non si inventano i subprime? Bush nell’ultimo G8 lo ha riconosciuto: si è speso di più di quanto si poteva”.

INCONTRO ALLA PASQUA (2) - BENEDETTO XVI°: "LA QUARESIMA E' ACCOMPAGNARE GESU' CHE SALE A GERUSALEMME"

Per l'Udienza generale nel Mercoledì delle Ceneri
09 marzo 2011
Tratto da ZENIT.org
Di seguito la meditazione sul significato del tempo quaresimale e in particolare sul Mercoledì delle Ceneri, tenuta da Papa Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale nell'Aula Paolo VI.
Cari fratelli e sorelle,
Oggi, segnati dall’austero simbolo delle Ceneri, entriamo nel Tempo di Quaresima, iniziando un itinerario spirituale che ci prepara a celebrare degnamente i misteri pasquali. La cenere benedetta imposta sul nostro capo è un segno che ci ricorda la nostra condizione di creature, ci invita alla penitenza e ad intensificare l’impegno di conversione per seguire sempre di più il Signore.
La Quaresima è un cammino, è accompagnare Gesù che sale a Gerusalemme, luogo del compimento del suo mistero di passione, morte e risurrezione; ci ricorda che la vita cristiana è una "via" da percorrere, consistente non tanto in una legge da osservare, ma nella persona stessa di Cristo, da incontrare, da accogliere, da seguire. Gesù, infatti, ci dice: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23). Ci dice, cioè, che per giungere con Lui alla luce e alla gioia della risurrezione, alla vittoria della vita, dell’amore, del bene, anche noi dobbiamo prendere la croce di ogni giorno, come ci esorta una bella pagina dell’Imitazione di Cristo: "Prendi, dunque, la tua croce e segui Gesù; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto per te, affinché anche tu portassi la tua croce e desiderassi di essere anche tu crocifisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagno anche nella gloria" (L. 2, c. 12, n. 2). Nella Santa Messa della Prima Domenica di Quaresima pregheremo: "O Dio nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi ai tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita" (Colletta). E’ un’invocazione che rivolgiamo a Dio perché sappiamo che solo Lui può convertire il nostro cuore. Ed è soprattutto nella Liturgia, nella partecipazione ai santi misteri, che noi siamo condotti a percorrere questo cammino con il Signore; è un metterci alla scuola di Gesù, ripercorrere gli eventi che ci hanno portato la salvezza, ma non come una semplice commemorazione, un ricordo di fatti passati. Nelle azioni liturgiche, Cristo si rende presente attraverso l’opera dello Spirito Santo, quegli avvenimenti salvifici diventano attuali. C’è una parola-chiave che ricorre spesso nella Liturgia per indicare questo: la parola "oggi"; ed essa va intesa in senso originario e concreto, non metaforico. Oggi Dio rivela la sua legge e a noi è dato di scegliere oggi tra il bene e il male, tra la vita e la morte (cfr Dt 30,19); oggi "il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15); oggi il Cristo è morto sul Calvario ed è risuscitato dai morti; è salito al cielo e siede alla destra del Padre; oggi ci è dato lo Spirito Santo; oggi è tempo favorevole. Partecipare alla Liturgia significa allora immergere la propria vita nel mistero di Cristo, nella sua permanente presenza, percorrere un cammino in cui entriamo nella sua morte e risurrezione per avere la vita.
Nelle domeniche di Quaresima, in modo del tutto particolare in quest’anno liturgico del ciclo A, siamo introdotti a vivere un itinerario battesimale, quasi a ripercorrere il cammino dei catecumeni, di coloro che si preparano a ricevere il Battesimo, per ravvivare in noi questo dono e per far in modo che la nostra vita recuperi le esigenze e gli impegni di questo Sacramento, che è alla base della nostra vita cristiana. Nel Messaggio che ho inviato per questa Quaresima, ho voluto richiamare il nesso particolare che lega il Tempo quaresimale al Battesimo. Da sempre la Chiesa associa la Veglia Pasquale alla celebrazione del Battesimo, passo per passo: in esso si realizza quel grande mistero per cui l’uomo, morto al peccato, è reso partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e riceve lo Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti (cfr Rm 8,11). Le Letture che ascolteremo nelle prossime domeniche e alle quali vi invito a prestare speciale attenzione, sono riprese proprio dalla tradizione antica, che accompagnava il catecumeno nella scoperta del Battesimo: sono il grande annuncio di ciò che Dio opera in questo Sacramento, una stupenda catechesi battesimale rivolta a ciascuno di noi. La Prima Domenica, chiamata Domenica della tentazione, perché presenta le tentazioni di Gesù nel deserto, ci invita a rinnovare la nostra decisione definitiva per Dio e ad affrontare con coraggio la lotta che ci attende per rimanergli fedeli. Sempre c'è di nuovo questa necessità di decisione, di resistere al male, di seguire Gesù. In questa Domenica la Chiesa, dopo aver udito la testimonianza dei padrini e dei catechisti, celebra l’elezione di coloro che sono ammessi ai Sacramenti pasquali. La Seconda Domenica è detta di Abramo e della Trasfigurazione. Il Battesimo è il sacramento della fede e della figliolanza divina; come Abramo, padre dei credenti, anche noi siamo invitati a partire, ad uscire dalla nostra terra, a lasciare le sicurezze che ci siamo costruite, per riporre la nostra fiducia in Dio; la meta si intravede nella trasfigurazione di Cristo, il Figlio amato, nel quale anche noi diventiamo "figli di Dio". Nelle Domeniche successive viene presentato il Battesimo nelle immagini dell’acqua, della luce e della vita. La Terza Domenica ci fa incontrare la Samaritana (cfr Gv 4,5-42). Come Israele nell’Esodo, anche noi nel Battesimo abbiamo ricevuto l’acqua che salva; Gesù, come dice alla Samaritana, ha un’acqua di vita, che estingue ogni sete; e quest’acqua è il suo stesso Spirito. La Chiesa in questa Domenica celebra il primo scrutinio dei catecumeni e durante la settimana consegna loro il Simbolo: la Professione della fede, il Credo. La Quarta Domenica ci fa riflettere sull’esperienza del "Cieco nato" (cfr Gv 9,1-41). Nel Battesimo veniamo liberati dalle tenebre del male e riceviamo la luce di Cristo per vivere da figli della luce. Anche noi dobbiamo imparare a vedere la presenza di Dio nel volto di Cristo e così la luce. Nel cammino dei catecumeni si celebra il secondo scrutinio. Infine, la Quinta Domenica ci presenta la risurrezione di Lazzaro (cfr Gv 11,1-45). Nel Battesimo noi siamo passati dalla morte alla vita e siamo resi capaci di piacere a Dio, di far morire l’uomo vecchio per vivere dello Spirito del Risorto. Per i catecumeni, si celebra il terzo scrutinio e durate la settimana viene consegnata loro l’orazione del Signore: il Padre nostro.
Questo itinerario della Quaresima che siamo invitati a percorre nella Quaresima è caratterizzato, nella tradizione della Chiesa, da alcune pratiche: il digiuno, l’elemosina e la preghiera. Il digiuno significa l’astinenza dal cibo, ma comprende altre forme di privazione per una vita più sobria. Tutto questo però non è ancora la realtà piena del digiuno: è il segno esterno di una realtà interiore, del nostro impegno, con l’aiuto di Dio, di astenerci dal male e di vivere del Vangelo. Non digiuna veramente chi non sa nutrirsi della Parola di Dio.
Il digiuno, nella tradizione cristiana, è legato poi strettamente all’elemosina. San Leone Magno insegnava in uno dei suoi discorsi sulla Quaresima: "Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve ora praticarlo con maggiore sollecitudine e devozione, perché si adempia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nell’astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati. A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell’elemosina, la quale sotto il nome unico di ‘misericordia’ abbraccia molte opere buone. Immenso è il campo delle opere di misericordia. Non solo i ricchi e i facoltosi possono beneficare gli altri con l’elemosina, ma anche quelli di condizione modesta e povera. Così, disuguali nei beni di fortuna, tutti possono essere pari nei sentimenti di pietà dell’anima" (Discorso 6 sulla Quaresima, 2: PL 54, 286). San Gregorio Magno ricordava, nella sua Regola Pastorale, che il digiuno è reso santo dalle virtù che l’accompagnano, soprattutto dalla carità, da ogni gesto di generosità, che dona ai poveri e ai bisognosi il frutto di una nostra privazione (cfr 19,10-11).
La Quaresima, inoltre, è un tempo privilegiato per la preghiera. Sant’Agostino dice che il digiuno e l’elemosina sono "le due ali della preghiera", che le permettono di prendere più facilmente il suo slancio e di giungere sino a Dio. Egli afferma: "In tal modo la nostra preghiera, fatta in umiltà e carità, nel digiuno e nell’elemosina, nella temperanza e nel perdono delle offese, dando cose buone e non restituendo quelle cattive, allontanandosi dal male e facendo il bene, cerca la pace e la consegue. Con le ali di queste virtù la nostra preghiera vola sicura e più facilmente viene portata fino al cielo, dove Cristo nostra pace ci ha preceduto" (Sermone 206, 3 sulla Quaresima: PL 38,1042). La Chiesa sa che, per la nostra debolezza, è faticoso fare silenzio per mettersi davanti a Dio, e prendere consapevolezza della nostra condizione di creature che dipendono da Lui e di peccatori bisognosi del suo amore; per questo, in Quaresima, invita ad una preghiera più fedele ed intensa e ad una prolungata meditazione sulla Parola di Dio. San Giovanni Crisostomo esorta: "Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà con la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza" (Omelia 6 sulla Preghiera: PG 64,466).
Cari amici, in questo cammino quaresimale siamo attenti a cogliere l’invito di Cristo a seguirlo in modo più deciso e coerente, rinnovando la grazia e gli impegni del nostro Battesimo, per abbandonare l’uomo vecchio che è in noi e rivestirci di Cristo, per giungere rinnovati alla Pasqua e poter dire con san Paolo "non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). Buon cammino quaresimale a voi tutti! Grazie!
[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto voi, fedeli di Montecalvo Irpino, qui convenuti nel ricordo di san Pompilio Maria Pirrotti, e vi esorto a rendere ovunque una generosa testimonianza cristiana, seguendo le orme del vostro Patrono e sostenuti dalla materna intercessione di Maria, che voi venerate con il titolo di Madonna dell’Abbondanza. Saluto con affetto voi, pellegrini della parrocchia S. Matteo in Asiago, e vi incoraggio a seguire con fedeltà Gesù e il suo Vangelo, per essere cristiani autentici in famiglia e in ogni altro ambiente. Saluto i Membri della Fondazione "Mondo Unito" e li invito a proseguire con generosità il loro impegno in favore di progetti di solidarietà e di pace.
Porgo, infine, il mio saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il tempo quaresimale, che oggi iniziamo, conduca ciascuno ad una conoscenza sempre più intima di Cristo, perché possiate, nelle diverse situazioni in cui vi trovate, avere i suoi stessi sentimenti e fare tutto in comunione con Lui.

martedì 8 marzo 2011

MELISSANO IN MASCHERA 2011 / TRIONFO DI ASSOCIAZIONI E GRUPPI CITTADINI (PRIMA PARTE)










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Nei prossimi giorni, a partire da oggi,
saranno pubblicate oltre 150 foto
dei gruppi mascherati e dei carri allegorici

08 MARZO 2011 / "MELISSANO RINASCE" OFFRE UN OMAGGIO FLOREALE A DECINE E DECINE DI DONNE DELLA NOSTRA MELISSANO












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