giovedì 10 marzo 2011

150 ANNI D'ITALIA E D'ITALIANI (19) - L'UNITA' D'ITALIA E LA QUESTIONE MERIDIONALE (QUINTA ED ULTIMA PARTE)

12 febbraio 2011
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del discorso pronunciato venerdì 11 febbraio da mons. Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) intervenendo a Conegliano (TV) sul tema “L’unità d’Italia e la questione meridionale: il Magistero della Chiesa e il compito dei cristiani”.
Ripresa conclusiva
A uno sguardo d’insieme sullo scorcio storico ed ecclesiale percorso, la prima considerazione da fare riguarda proprio l’oggetto messo a tema nel titolo, ovvero il magistero della Chiesa in rapporto alla questione meridionale. Esso si intreccia con la vita della Chiesa in tutte le sue articolazioni ed esprime la sollecitudine pastorale verso un aspetto peculiare dell’Italia nella sua dimensione sociale e culturale, pur dentro una visione d’insieme dei problemi e in una maturazione storicamente elaborata della coscienza di essi. Il magistero sociale dei vescovi italiani – in costante comunione e ascolto del magistero pontificio – diventa così un esempio significativo di esercizio del discernimento pastorale sulla vita sociale della nazione alla luce dei principi ispiratori della dottrina sociale della Chiesa. L’essere arrivato gradualmente alla formale presa in carico del problema e l’accelerazione temporale che la sequenza degli interventi denota, testimonia nel magistero un servizio di vigilanza e di guida che domanda di essere accolto, assecondato e accompagnato nell’assunzione da parte dei fedeli tutti della responsabilità a cui il Signore chiama nella storia.
È davvero in gioco, innanzitutto, anche in questo caso – ed è la seconda considerazione – l’identità e la missione della Chiesa. Non a caso abbiamo cercato di guardare i temi dell’unità nazionale e della questione meridionale dal punto di vista della Chiesa e non viceversa. Non è questione di spingere in secondo piano i problemi concreti di una collettività e di tante persone, ma di fedeltà alla propria vocazione originaria e quindi anche di aderenza alle istanze concrete per affrontarle e rispondere ad esse. Come abbiamo già notato, il contributo proprio della Chiesa, non solo nella sua espressione magisteriale, è in prima battuta sempre conforme alla sua identità sacramentale e alla sua missione spirituale e pastorale. Quando la Chiesa fa questo fornisce l’aiuto più significativo possibile alle questioni anche di ordine sociale proprio in quanto tali. E la parola che essa pronuncia sulle questioni concrete producono tutto il loro effetto in quanto accolte nello spirito e nell’ottica in cui vengono pronunciate e proposte. Essa guarda sempre a tutta intera la persona, come singolo e inseparabilmente come comunità, e sa di promuoverne il bene quando ricorda e cerca di assicurare che il bene complessivo di ogni essere umano e di tutti gli esseri umani rimanga l’orizzonte di ogni progetto e di ogni sforzo di riforma e di progresso sociale.
Bisogna poi non trascurare che in un crescendo senza arresti, ben presto già a cavallo tra Ottocento e Novecento, non solo il rapporto tra Chiesa e unità d’Italia si è rappacificato, ma addirittura alla distanza di oggi, e già da tempo, la situazione si può definire capovolta, poiché la coscienza e l’impegno della Chiesa per l’unità della nazione risultano ben più avvertiti e determinati di quelli che si possono riscontrare in istanze pur autorevoli della società nel suo insieme. È in questa ottica che viene anche letta la questione meridionale, appunto come questione nazionale. E non nel senso, innanzitutto, che una parte del Paese si deve prendere cura di un’altra, ma piuttosto che nel senso che il Paese intero nel suo insieme deve saper affrontare tutti e singoli i suoi problemi, tanto più quando la loro ricaduta ha una portata generale; e in questo caso si tratta di prendere atto tutti delle responsabilità di ciascuno, non per recriminare ma per assumerle onorevolmente e insieme. In questo senso la riforma in senso federalista non è una minaccia per il sud, ma è un banco di prova per il Paese di essere un solo Paese, appunto, una nazione e una patria: un mondo coerente e unitario in cui tutti siamo nati e in cui ci sentiamo e vogliamo essere un’unica famiglia. Si tratta di raccogliere la sfida di riconoscerci tutti italiani e di decidere di continuare a volerlo essere. Detto questo, bisogna imparare a tradurre ciò che l’ultimo documento dei vescovi mette bene in evidenza, ovvero l’esigenza di coniugare il senso di responsabilità, e quindi di farsi carico dei problemi e degli impegni necessari da parte della classe dirigente meridionale e dell’intera società civile meridionale, e l’esigenza che le istituzioni centrali dello Stato nazionale siano in grado di pretendere come condizione questo impegno dalle regioni meridionali, per poter conferire gli strumenti necessari volti ad assicurare i servizi vitali alla collettività nel suo insieme.
Infine, ai cattolici tutti tocca farci carico di questo impegno là dove siamo posti, con coscienza credente, con competenza etica e professionale, con la capacità di tenere le distanze da tutto ciò che tradisce inseparabilmente la nostra identità e la soluzione dei problemi nel perseguimento del bene comune. Nel mondo globalizzato, dobbiamo guardarci dalla chiusura nella illusoria difesa di interessi particolaristici, come pure dall’abbandono di sé e degli altri ad una logica di puro profitto, dimentichi del proprio volto e della propria storia. Siamo ad un punto in cui i problemi o si affrontano insieme, oppure non solo non si risolvono, ma si aggravano. Come Chiesa non rinunceremo a dire la nostra parola e a fare la nostra parte, come vescovi e come comunità di credenti.
Note
1 «Si definisce dunque questione meridionale l’insieme dei gravi e complessi problemi suscitati in seguito al compimento dell’unità d’Italia, dall’arretratezza economica e sociale in cui versavano le regioni del mezzogiorno e il succedersi dei dibattiti, tuttora aperti e attuali, sorti fra gli intellettuali e politici di vario orientamento ideologico e politico, circa i mezzi più adatti per risolvere tali problemi e rendere quanto più possibile omogenee le condizioni di vita di tutte le regioni italiane» (così il dizionario Battaglia).
2 «Di tutte le sfide che l’Italia deve affrontare, quella del Mezzogiorno, dopo 150 anni dall’unificazione nazionale, resta la più difficile. Anche perché nell’intera Europa occidentale non esiste nessun altro paese “duale” come i, nostro, anche in termini dimensionali, essendo la popolazione del Sud e delle Isole grande all’incirca come quella di Grecia e Portogallo insieme. […] Le statistiche Eurostat ci dicono che, a parità di potere d’acquisto, il Pil pro capite del Nord Italia è superiore a quello della Svezia mentre il Pil pro capite dell’intero Centro Nord Italia […] è nettamente superiore a quello di Germania o Francia. Per contro, il Pil pro capite del Sud e delle Isole è inferiore al Portogallo.» Dati analoghi si possono riscontrare in ordine alla ricchezza finanziaria delle famiglie e all’Indice di povertà e di esclusione. «La questione di fondo è però come riprogettare una strategia per il nostro Mezzogiorno che punti non soltanto a ridurre il divario insopportabile con il resto d’Italia ma possa rappresentare anche un’occasione per aggiungere margini significativi al potenziale complessivo di crescita dell’intero paese» (M. Fortis, L’Italia si farà da Roma in giù, in «Il Sole 24 ore», 29 gennaio 2011). Cf. P. Barucci,Condizioni nuove per una politica meridionalistica, in Chiesa nel Sud Chiese del sud. Nel futuro da credenti responsabili, a cura di A. Russo, EDB, Bologna 2009, 17-32.
3 P. Villari, Le lettere meridionali ed altri scritti sulla questione sociale in Italia, I ed., Firenze, Le Monnier, 1878.
4 Scrive S.F. Romano, Storia della questione meridionale, Pantea, Palermo 1945, 42: «quegli anni terribili restarono molto a lungo nella memoria delle popolazioni meridionali come quelli in cui per la prima volta esse avevano sperimentato l’Italia. Nella memoria della classe dirigente italiana invece, quegli anni restarono come quelli in cui per la prima volta si erano presentate insieme l’emergenza e la necessità. E furono quelle popolazioni, già da secoli emarginate ed oppresse, il capro espiatorio della prima prova di fermezza e di conquistata coscienza nazionale offerta dai responsabili della nuova Italia».
5 M. Sbriccoli, La commissione di inchiesta sul brigantaggio e la legge Pica, in Il Parlamento italiano, Nuova CEI, Milano 1988, II, 141
6 Si veda la prima serie della rivista «Meridiana» e, riassuntivamente, P. Bevilacqua, Breve storia dell’Italia meridionale dall’Ottocento ad oggi, Donzelli, Roma 1993.
7 Meridionalisti cattolici. Antologia di scritti (1946-1960), a cura di Diomede Ivone, Studium, Roma 2008, 287. Dello stesso autoreMeridionalismo cattolico, 1945-1955, Vita e Pensiero, Milano 2003.
8 E.C. Banfield, The moral basis of a backward society, Research center in economic development and cultural change, Glencoe Ill. 1958, corredato dalle fotografie dell’autore, trad. it.: Le basi morali di una società arretrata, Il Mulino, Bologna 1961.
9 E proseguiva: «Seconda condizione: dare consistenza economica alle regioni che la costituzione ha approvato come entità amministrative autonome, in modo che le giunte regionali concorrano con il governo centrale a ristabilire il necessario equilibrio economico e fiscale già alterato a danno del mezzogiorno delle isole fin dai primi decenni del risorgimento e poi distrutto dal sistema fascista. Terza condizione: l’iniziativa e attività meridionale. Siano i meridionali a far risorgere il mezzogiorno, i siciliani a far risorgere la Sicilia, i sardi a far risorgere la Sardegna. Nego che sia l’inerzia uno dei nostri difetti; Bari, Pescara, Catania, Salerno e molti altri centri smentiscono che si tratti di inerzia. Si tratta spesso di miopia; non si cercano larghi ¬orizzonti e piani proiettati nel futuro, si pensa ai vantaggi immediati, non si cerca il coordinamento fra le iniziative, perché l’individualismo prevalente si trasforma perfino in gelosia e lotta. Si vedono le difficoltà e si ingigantiscono perché la fiducia reciproca, tanto necessaria per la riunione delle forze, sia provincialmente che regionalmente, manca o viene meno. La critica sciupa l’entusiasmo: i facili impieghi tolgono il gusto del rischio. Tutto ciò è superabile: basta che il mezzogiorno si organizzi su tre piani: il politico a mezzo di partiti seri e decisi; l’amministrativo a mezzo delle regioni che sorgono a questo scopo: l’economico a mezzo di imprese libere e serie, favorite, ma non imbrigliate, da governi centrali e regionali. In questa ripresa nazionale agli amici del nord domandiamo comprensione e solidarietà; non indulgere in risentimenti e gelosie. D’altra parte sarà bene che il mezzogiorno faccia da sé e stabilisca esso stesso le basi del proprio risorgimento» (L. Sturzo, Politica di questi anni. Consensi e critiche (1946-1948), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2003, 321-322).
10 Per il seguito della mia esposizione mi sono avvalso di due studi, di imminente pubblicazione, del prof. V. De Marco, La Chiesa in Italia tra fine ‘800 e avvento del fascismo [Bozza di relazione introduttiva ad un convegno che si terrà a Potenza su mons. Augusto Bertazzoni];Vescovi del Sud per i problemi del Sud nel secondo dopoguerra.
11 «La visione che di tutto il processo di unificazione ebbel’episcopato dell’ex-Regno delle Due Sicilie (almeno della parte continentale qui presa in esame) fu esclusivamente religiosa» (B. Pellegrino, Vescovi «borbonici» e Stato «liberale» (1860-1861), Laterza, Bari 1992, 6).
12 G. Formigoni, L’Italia dei cattolici. Dal Risorgimento a oggi, il Mulino, Bologna 20102, 45. Luigi Sturzo, nel XIX Congresso cattolico, tenutosi a Bologna nel 1903, collegò “la questione cattolica” con la “questione meridionale” intesa come una “questione nazionale”. L’ultimo giorno dei lavori tenne una conferenza nella sala dei Fiorentini, il 13 novembre 1903, dove si riunivano i democratici cristiani, nella quale afferma: «Noi non ci conosciamo; e lo stacco si rende tanto più reale, quanto ancora non si è trovato una ragione specifica di lavoro di tutti i cattolici d’Italia anche a favore di una questione che non è semplicemente politica, ma che è fondamentalmente questione di conoscenza e di condizione di animo. Penetrare nell’intimo del nostro problema meridionale è per molti, per moltissimi, come penetrare in una contrada inesplorata, della quale i geografi non hanno maggiore competenza di colui che nella carta d’Africa del Vaticano pose hic sunt leones; così per molti la geografia d’Italia arriva a Roma e poscia il resto è segnato con le parole hic sunt meridionales» (L. Sturzo, La battaglia meridionalista, a cura di L. De Rosa, Laterza, Roma-Bari 1979, 44-45).
Di fronte alla persistenza di stereotipi che impediscono una corretta conoscenza della realtà meridionale e che «concorrono a determinare un urto degli animi assai più disastroso che l’urto degli interessi», egli si propone di offrire un’analisi «accurata, coscienziosa, sobria» della questione meridionale come «un vitalissimo problema di vita nazionale» alla cui soluzione anche i cattolici dell’alta e media Italia devono partecipare «con senno, solidarietà e amore fraterno».
13 P. Borzomati, Magistero della Chiesa e Mezzogiorno d’Italia, in Il discorso della Chiesa sulla società, a cura di C. Naro, Sciascia, Caltanissetta-Roma 1992, 231-347, 241.
14 V. De Marco, Vescovi del Sud per i problemi del Sud nel secondo dopoguerra.
15 G. Rumi, Questione meridionale e questione settentrionale nella riflessione dei vescovi italiani, 425, cit. in V. De Marco, Vescovi del Sud per i problemi del Sud nel secondo dopoguerra.
16 R. Violi, La Chiesa e il Mezzogiorno, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, vol. II, Culture, nuovi soggetti, identità, a cura di F. Lussana e G. Marramao, Rubbettino, Soveria M. (Cz) 2003, 498, cit. in V. De Marco, Vescovi del Sud per i problemi del Sud nel secondo dopoguerra.
17 Ib.
18 Ib.
19 La bozza del testo affronta problemi come l’abbandono della terra, l’urbanizzazione, la disoccupazione, la criminalità organizzata, l’emigrazione. Tra gli strascichi polemici bisogna segnalare una larvata critica verso l’episcopato del Nord, indifferente al problema e al suo carattere nazionale.
20 Cf. A. Sorrentino, Ricordando la Lettera pastorale dell’episcopato meridionale sui «Problemi del Mezzogiorno», Potenza, 19 ottobre 1973.
21 Conferenza episcopale calabra, L’episcopato contro la mafia disonorante piaga della società, Reggio Calabria 1975.
22 Giovanni Paolo II, Incontro con la popolazione in Piazza Plebiscito, 9 novembre 1990.
23 Cf. Messaggio dei Vescovi della Campania sul problema della disoccupazione, Editoriale Comunicazioni sociali, Napoli 1996.
24 Cf. Conferenza Episcopale Siciliana, Finché non sorga come stella la sua giustizia, Riflessione dei Vescovi di Sicilia nel 50° anniversario dello Statuto della Regione siciliana, Palermo 1996.
25 Cf. Conferenza episcopale calabra, Lettera alle nostre Chiese di Calabria nel fascino dei nostri santi meridionali, Catanzaro, 6 ottobre 2002.
26 Cf. Conferenza episcopale lucana, Le attese della povera gente, Atti della seconda convocazione generale del laicato di Basilicata, Potenza 2 giugno 2008.
(5-FINE)

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