«Credo che la campagna elettorale deve rendere conto dello stile della lotta politica e di quali sono i contenuti fondamentali. Per noi la lotta contro la precarietà è stata come una stella cometa, è stata la possibilità di illuminare la notte buia della vita di tante persone». Così il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (Sel), ha commentato nella serata di ieri l’approvazione da parte del consiglio regionale pugliese di due disegni di legge che stabilizzano centinaia e centinaia di persone, 8.000 solo nella sanità, ma anche nel settore della forestazione e di quello irriguo.
«In tanti angoli della pubblica amministrazione - ha detto Vendola - ci sono famiglie che vivono con il cappio al collo e quel cappio al collo è un contratto a tempo determinato. Quel cappio al collo è fatto talvolta neanche di giornate di lavoro ma soltanto di alcune ore di lavoro in giornate che sono esercizi acrobatici di sopravvivenza». «Allora - continua il presidente - consentire a chi vive in una sorta di elemosina permanente, in una richiesta continua e anche disperata, a chi vive come in una porta girevole, entrando e uscendo continuamente dal mercato del lavoro, di percepirsi non come merce a disposizione di chissà chi ma di essere portatore di un diritto, il diritto alla vita, il diritto al lavoro, il diritto alla famiglia, alla sicurezza, alla propria libertà, il diritto a non dover chinare la testa nei confronti di nessun potente o prepotente: questo - ha aggiunto - è il lavoro, il lavoro come è scritto nell’articolo 1 della Costituzione». «Non un regalo - ha commentato ancora - che una parte politica fa a qualcuno ma il diritto che consente l’esercizio delle libertà democratiche». . Vendola ha anche espresso il rimpianto «di non essere riuscito ad aiutare tutti».
«Le inchieste della magistratura ci hanno consentito di vedere ancora con più allarme quanto fosse impegnativo il compito in cui eravamo impegnati. Cioè la moralizzazione dei sistemi sanitari non si fa con un colpo di bacchetta magica, è un ciclo complesso», ha poi detto Vendola.
In conclusione, Vendola ha ringraziato il presidente Pietro Pepe e l’ufficio di presidenza del consiglio regionale e, sul piano della materia sanitaria, ha segnalato il lavoro dell’assessore Tommaso Fiore.
«In tanti angoli della pubblica amministrazione - ha detto Vendola - ci sono famiglie che vivono con il cappio al collo e quel cappio al collo è un contratto a tempo determinato. Quel cappio al collo è fatto talvolta neanche di giornate di lavoro ma soltanto di alcune ore di lavoro in giornate che sono esercizi acrobatici di sopravvivenza». «Allora - continua il presidente - consentire a chi vive in una sorta di elemosina permanente, in una richiesta continua e anche disperata, a chi vive come in una porta girevole, entrando e uscendo continuamente dal mercato del lavoro, di percepirsi non come merce a disposizione di chissà chi ma di essere portatore di un diritto, il diritto alla vita, il diritto al lavoro, il diritto alla famiglia, alla sicurezza, alla propria libertà, il diritto a non dover chinare la testa nei confronti di nessun potente o prepotente: questo - ha aggiunto - è il lavoro, il lavoro come è scritto nell’articolo 1 della Costituzione». «Non un regalo - ha commentato ancora - che una parte politica fa a qualcuno ma il diritto che consente l’esercizio delle libertà democratiche». . Vendola ha anche espresso il rimpianto «di non essere riuscito ad aiutare tutti».
«Le inchieste della magistratura ci hanno consentito di vedere ancora con più allarme quanto fosse impegnativo il compito in cui eravamo impegnati. Cioè la moralizzazione dei sistemi sanitari non si fa con un colpo di bacchetta magica, è un ciclo complesso», ha poi detto Vendola.
In conclusione, Vendola ha ringraziato il presidente Pietro Pepe e l’ufficio di presidenza del consiglio regionale e, sul piano della materia sanitaria, ha segnalato il lavoro dell’assessore Tommaso Fiore.
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