27 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del Messaggio per la Quaresima di quest'anno di mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto.
6. Il testimone della resurrezione Andando con Pietro al sepolcro la mattina di Pasqua (20,1-8), Giovanni corre per andare a vedere Gesù: è mosso dalla sete di chi ama. Arriva per primo e aspetta: è il rispetto dell’amore, che sa far posto all’altro. Vede e crede: sarà il testimone oculare, colui che ha visto e può perciò contagiare l’amore che apre gli occhi della fede e fa riconoscere il Signore. Dichiarerà in maniera toccante all’inizio della prima lettera: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena” (1 Giovanni 1,1-4). Chi ha conosciuto e visto e toccato l’Amato, non può tenerselo per sé: ne diventa il testimone innamorato e irradiante. La fede vive nell’amore diffusivo di sé. La testimonianza scaturisce dalla sovrabbondanza del cuore toccato dal Maestro e ardente di amore…
7. Il discepolo dell’attesa Il misterioso dialogo fra Gesù e Pietro riguardo al discepolo amato (Giovanni 21,20-24) ne mette in luce un tratto peculiare: Giovanni è colui che attende il ritorno di Gesù. Il discepolo dell’amore è proteso nella speranza verso la gioia dell’incontro faccia a faccia. Il ricordo dell’Amato non è in lui nostalgia o rimpianto, ma tenerezza, speranza, vigilanza, attesa. L’amore non vive di passato, ma schiude al futuro e lo tira nel presente per il suo stesso ardore. Chi è innamorato di Dio è anche inseparabilmente testimone di speranza, perché sa che il futuro sta nelle mani dell’Amato, fedele per sempre. Proprio così è e resta un cercatore di Dio (come ricorda la Lettera ai cercatori di Dio dei Vescovi Italiani, che consiglio a tutti, credenti e non credenti, per aprirsi alle sorprese del Vivente!).
8. Il contemplativo dell’amore Giovanni è ormai vecchio: vive raccolto in Dio. Si presenta come fratello e compagno nella tribolazione a causa del suo amore fedele a Gesù. Vive la gioia dell’incontro liturgico nel giorno del Signore. È allora che è rapito in estasi, in Spirito (Apocalisse 1,9-19). Vede la voce: come solo il contemplativo sa fare, sa “vedere” attraverso le parole della rivelazione, ha l’intelligenza del simbolo, il gusto delle cose di Dio. E la rivelazione che vede è il grande messaggio di richiamo, di consolazione e di speranza per le “sette Chiese”, simbolo di tutta la Chiesa in ogni tempo e in ogni luogo (come dice il numero sette), che sono provate dalla persecuzione esterna e dalla prova interna della fede legata a quello che appare a molti il ritardo della venuta del Signore. Il discepolo dell’amore, carico di vita e di esperienza di fede, sa orientare gli occhi suoi e altrui all’Agnello immolato in piedi, al Cristo morto e risorto, mostrando come la prova presente è nient’altro che un lavare le proprie vesti nel sangue dell’Agnello per entrare con Lui nella sua gloria. La fede del discepolo dell’amore introduce alla speranza dell’amore vittorioso, della gioia senza tramonto della Gerusalemme celeste: “Colui che attesta queste cose dice: ‘Sì, verrò presto!’ Amen. Vieni, Signore Gesù” (22,20).
9. Il settimo sigillo: la settima caratteristica del discepolo amato è avvolta nel silenzio di Dio. È quanto l’iniziativa sorprendente del Signore prepara dall’eterno per ognuno di noi ed a cui dobbiamo aprirci nella docilità del cuore e nella perseveranza della fede orante ed amorosa. Possiamo aiutarci a farlo rispondendo alle domande che Giovanni pone alla vita di ognuno di noi. Sono le domande a cui vorrei chiedervi di dare risposta nella preghiera, nella penitenza e nei gesti dell’amore di questa Quaresima, offrendo in modo speciale tutto a Dio per la santificazione dei sacerdoti e per le vocazioni sacerdotali: sono pronto a rispondere all’invito di Gesù: “Vieni e vedi” o voglio vedere prima di affidarmi? Amo il Signore? Accetto di lasciarmi amare da Lui? Vivo il mio amore a Cristo nell’amore agli altri, alla Chiesa? Sono testimone dell’Amato? È vivo in me il desiderio di Dio, l’attesa del Suo volto? Ho la speranza dell’amore che sa attendere e invocare? Comunico agli altri la speranza anche nelle ore più buie della vita e della storia?
10. Proviamo a dare risposta a queste domande dopo aver invocato così il Maestro, il Dio con noi e per noi: Signore Gesù, Tu vieni a noi nel Tuo Spirito come il Vivente, che sovverte e inquieta i nostri progetti e le nostre difese. Aiutaci, Ti preghiamo, a non crocefiggere Te sulla croce delle nostre attese, ma a crocefiggere le nostre attese sulla Tua croce. Fa’ che ci lasciamo turbare da Te, perché, rinnegando noi stessi, possiamo prendere la nostra croce ogni giorno e seguirTi. Tu sai che noi non sappiamo dirTi la parola dell’amore totale: ma noi sappiamo che anche il nostro povero amore Ti basta, per fare di noi dei discepoli fedeli fino alla fine. È questo umile amore che T’offriamo: prendilo, Signore, e dì ancora e in modo nuovo la Tua parola per noi: “Seguimi”. Allora, la nostra vita si aprirà al futuro della Tua croce, per andare non dove avremmo voluto o sognato o sperato, ma dove Tu vorrai per ciascuno di noi, abbandonati a Te, come il discepolo dell’amore e dell’attesa, in una confidenza infinita. Allora, non saremo più noi a portare la croce, ma sarà la Tua croce a portare noi, colmando il nostro cuore di pace, e i nostri giorni di speranza e di amore. Amen! Alleluia!
6. Il testimone della resurrezione Andando con Pietro al sepolcro la mattina di Pasqua (20,1-8), Giovanni corre per andare a vedere Gesù: è mosso dalla sete di chi ama. Arriva per primo e aspetta: è il rispetto dell’amore, che sa far posto all’altro. Vede e crede: sarà il testimone oculare, colui che ha visto e può perciò contagiare l’amore che apre gli occhi della fede e fa riconoscere il Signore. Dichiarerà in maniera toccante all’inizio della prima lettera: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena” (1 Giovanni 1,1-4). Chi ha conosciuto e visto e toccato l’Amato, non può tenerselo per sé: ne diventa il testimone innamorato e irradiante. La fede vive nell’amore diffusivo di sé. La testimonianza scaturisce dalla sovrabbondanza del cuore toccato dal Maestro e ardente di amore…
7. Il discepolo dell’attesa Il misterioso dialogo fra Gesù e Pietro riguardo al discepolo amato (Giovanni 21,20-24) ne mette in luce un tratto peculiare: Giovanni è colui che attende il ritorno di Gesù. Il discepolo dell’amore è proteso nella speranza verso la gioia dell’incontro faccia a faccia. Il ricordo dell’Amato non è in lui nostalgia o rimpianto, ma tenerezza, speranza, vigilanza, attesa. L’amore non vive di passato, ma schiude al futuro e lo tira nel presente per il suo stesso ardore. Chi è innamorato di Dio è anche inseparabilmente testimone di speranza, perché sa che il futuro sta nelle mani dell’Amato, fedele per sempre. Proprio così è e resta un cercatore di Dio (come ricorda la Lettera ai cercatori di Dio dei Vescovi Italiani, che consiglio a tutti, credenti e non credenti, per aprirsi alle sorprese del Vivente!).
8. Il contemplativo dell’amore Giovanni è ormai vecchio: vive raccolto in Dio. Si presenta come fratello e compagno nella tribolazione a causa del suo amore fedele a Gesù. Vive la gioia dell’incontro liturgico nel giorno del Signore. È allora che è rapito in estasi, in Spirito (Apocalisse 1,9-19). Vede la voce: come solo il contemplativo sa fare, sa “vedere” attraverso le parole della rivelazione, ha l’intelligenza del simbolo, il gusto delle cose di Dio. E la rivelazione che vede è il grande messaggio di richiamo, di consolazione e di speranza per le “sette Chiese”, simbolo di tutta la Chiesa in ogni tempo e in ogni luogo (come dice il numero sette), che sono provate dalla persecuzione esterna e dalla prova interna della fede legata a quello che appare a molti il ritardo della venuta del Signore. Il discepolo dell’amore, carico di vita e di esperienza di fede, sa orientare gli occhi suoi e altrui all’Agnello immolato in piedi, al Cristo morto e risorto, mostrando come la prova presente è nient’altro che un lavare le proprie vesti nel sangue dell’Agnello per entrare con Lui nella sua gloria. La fede del discepolo dell’amore introduce alla speranza dell’amore vittorioso, della gioia senza tramonto della Gerusalemme celeste: “Colui che attesta queste cose dice: ‘Sì, verrò presto!’ Amen. Vieni, Signore Gesù” (22,20).
9. Il settimo sigillo: la settima caratteristica del discepolo amato è avvolta nel silenzio di Dio. È quanto l’iniziativa sorprendente del Signore prepara dall’eterno per ognuno di noi ed a cui dobbiamo aprirci nella docilità del cuore e nella perseveranza della fede orante ed amorosa. Possiamo aiutarci a farlo rispondendo alle domande che Giovanni pone alla vita di ognuno di noi. Sono le domande a cui vorrei chiedervi di dare risposta nella preghiera, nella penitenza e nei gesti dell’amore di questa Quaresima, offrendo in modo speciale tutto a Dio per la santificazione dei sacerdoti e per le vocazioni sacerdotali: sono pronto a rispondere all’invito di Gesù: “Vieni e vedi” o voglio vedere prima di affidarmi? Amo il Signore? Accetto di lasciarmi amare da Lui? Vivo il mio amore a Cristo nell’amore agli altri, alla Chiesa? Sono testimone dell’Amato? È vivo in me il desiderio di Dio, l’attesa del Suo volto? Ho la speranza dell’amore che sa attendere e invocare? Comunico agli altri la speranza anche nelle ore più buie della vita e della storia?
10. Proviamo a dare risposta a queste domande dopo aver invocato così il Maestro, il Dio con noi e per noi: Signore Gesù, Tu vieni a noi nel Tuo Spirito come il Vivente, che sovverte e inquieta i nostri progetti e le nostre difese. Aiutaci, Ti preghiamo, a non crocefiggere Te sulla croce delle nostre attese, ma a crocefiggere le nostre attese sulla Tua croce. Fa’ che ci lasciamo turbare da Te, perché, rinnegando noi stessi, possiamo prendere la nostra croce ogni giorno e seguirTi. Tu sai che noi non sappiamo dirTi la parola dell’amore totale: ma noi sappiamo che anche il nostro povero amore Ti basta, per fare di noi dei discepoli fedeli fino alla fine. È questo umile amore che T’offriamo: prendilo, Signore, e dì ancora e in modo nuovo la Tua parola per noi: “Seguimi”. Allora, la nostra vita si aprirà al futuro della Tua croce, per andare non dove avremmo voluto o sognato o sperato, ma dove Tu vorrai per ciascuno di noi, abbandonati a Te, come il discepolo dell’amore e dell’attesa, in una confidenza infinita. Allora, non saremo più noi a portare la croce, ma sarà la Tua croce a portare noi, colmando il nostro cuore di pace, e i nostri giorni di speranza e di amore. Amen! Alleluia!
(2-FINE)
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