Il governatore vuole affidare
lo scranno ad Introna,
il Pd a Maniglio: guerra aperta
dentro la maggioranza, mentre
domani s’incontrano Vendola e Blasi.
Lo scontro rischia di approdare in aula
06 Maggio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.lecceprima.it
È un braccio di ferro serrato quello ingaggiato all’interno della maggioranza regionale di centrosinistra tra il Pd e il governatore, Nichi Vendola, oggi nuovamente distanti, a causa di un nome che divide: chi sullo scranno della presidenza del consiglio? Per il Pd, necessariamente un proprio uomo, cioè, Antonio Maniglio, capogruppo uscente del partito; per Vendola, l’ex assessore regionale di SeL, Onofrio Introna, perché il Pd ha già avuto sei rappresentanti nella giunta.
Ma è proprio dalla composizione della giunta che è nata la complessa querelle: il Pd, prima del voto, aveva auspicato un ticket Vendola-Blasi, col segretario regionale al posto di vicepresidente. Tuttavia, una discussione interna al partito, era approdata alla soluzione che fosse inopportuno moltiplicare i ruoli della propria guida sul territorio, anche se si lasciava aperto uno spiraglio al coinvolgimento di Blasi nell’esecutivo, mai arrivato. Da qui, la presa di posizione del Pd che, venendo meno Blasi come vicepresidente, dovesse essere comunque un rappresentante del partito ad occupare la poltrona: le indicazioni convergevano sul nome di Maniglio, appunto. Vendola, che ha destinato comunque quel ruolo al Pd, ha inteso, però, affidarlo all’uscente Loredana Capone, che si annovera nella “pattuglia dei fedelissimi” del governatore.
L’aver creato, pertanto, una giunta, anche in quota Pd, di esponenti fortemente vicini al governatore più che al loro partito, ha indispettito il partito di Bersani e Blasi, che contava di poter incidere maggiormente nell’“allestimento” di assessorati e deleghe. Così non è stato e la presidenza del consiglio regionale si sta letteralmente trasformando in una resa dei conti, non più tanto velata, tra un partito che recrimina posti alla luce del sole, evidentemente non pago delle scelte del governatore. Il quadro che si dispiega all’orizzonte rischia di mettere in serio pericolo i già traballanti equilibri interni alla ristretta maggioranza vendoliana, dopo l’espressione della Corte d’Appello di Bari, che ha annullato il secondo premio di governabilità.
Se il Pd non molla e cerca di sabotare la nomina di Introna alla presidenza del consiglio, Vendola è pronto al pugno duro, forte del consenso personale e di una linea politica di maggiore autonomia rispetto alle richieste dei partiti, tanto da prospettare l’ipotesi di rimettere mano alla giunta, se necessario, sostituendo la vicepresidenza della giunta, assegnata alla Pd Loredana Capone, con il rientro al suo posto dello stesso Introna.
Il partito di Blasi, d’altro canto, vuole evidenziare l’anomalia dell’affidamento di un ruolo di garanzia ad un esponente dello stesso partito del capo del governo, e su questo punto gode del supporto del Pdl, che intravede segnali di fratture da sfruttare al meglio. Venerdì mattina, il governatore Vendola e Sergio Blasi s’incontreranno, ma non è detto che sarà un momento chiarificatore o risolutore. Anzi, spirano venti di forti tensioni, che potrebbero estendersi anche nelle votazioni in consiglio.
Oggi, intanto, si ritornerà a discutere delle elezioni regionali nel Lazio, con il responso del Tar capitolino, in cui si tratteranno i 21 ricorsi presentati sulla legittimità dei seggi di “governabilità” assegnati alla maggioranza di Renata Polverini: in Puglia, il premio è stato negato, ma si segue con interesse per la similitudine che intercorre tra gli statuti delle due regioni. L’accoglimento delle tesi sostenute in Lazio dall’opposizione, contraria ai 2 seggi in più, farebbe cadere i numeri della maggioranza di centrodestra; in caso contrario, nuova linfa alle aspirazioni dei ricorrenti di centrosinistra pugliesi che rivendicano il doppio premio di governabilità e gli 8 seggi aggiuntivi negati dalla Corte d’Appello, nei giorni scorsi.
E, intanto, prosegue la discussione anche sul federalismo fiscale: Adriana Poli Bortone, dicendosi favorevole al 5 per mille all’Ateneo salentino, ha manifestato qualche preoccupazione: “Non vorrei che i parametri di valutazione per gli atenei fossero il preludio all’applicazione del federalismo fiscale. Questa ulteriore perplessità si aggiunge a quelle già manifestate circa gli scriteriati parametri che sottraggono fondi alle università del Mezzogiorno. Dunque reputo opportuno sostenere le nostre università attraverso il 5 per mille della dichiarazione dei redditi, ma sono convinta che non possono essere solo i contributi volontari a sopperire alle gravi mancanze di una classe dirigente che si sta dimenticando del Sud”.
“Privarci anche della cultura e della ricerca - conclude - credo che sia l’ultimo cadeau di un governo che non ha fatto altro che chiedere sacrifici e rinunce al Sud, un ‘governo anti-Robin Hood’ che toglie ai poveri per dare ai ricchi e lo vuole fare in tutte le forme, cercando di spianare la strada ad un federalismo che farà aumentare il divario tra Nord e Sud”.
www.lecceprima.it
È un braccio di ferro serrato quello ingaggiato all’interno della maggioranza regionale di centrosinistra tra il Pd e il governatore, Nichi Vendola, oggi nuovamente distanti, a causa di un nome che divide: chi sullo scranno della presidenza del consiglio? Per il Pd, necessariamente un proprio uomo, cioè, Antonio Maniglio, capogruppo uscente del partito; per Vendola, l’ex assessore regionale di SeL, Onofrio Introna, perché il Pd ha già avuto sei rappresentanti nella giunta.
Ma è proprio dalla composizione della giunta che è nata la complessa querelle: il Pd, prima del voto, aveva auspicato un ticket Vendola-Blasi, col segretario regionale al posto di vicepresidente. Tuttavia, una discussione interna al partito, era approdata alla soluzione che fosse inopportuno moltiplicare i ruoli della propria guida sul territorio, anche se si lasciava aperto uno spiraglio al coinvolgimento di Blasi nell’esecutivo, mai arrivato. Da qui, la presa di posizione del Pd che, venendo meno Blasi come vicepresidente, dovesse essere comunque un rappresentante del partito ad occupare la poltrona: le indicazioni convergevano sul nome di Maniglio, appunto. Vendola, che ha destinato comunque quel ruolo al Pd, ha inteso, però, affidarlo all’uscente Loredana Capone, che si annovera nella “pattuglia dei fedelissimi” del governatore.
L’aver creato, pertanto, una giunta, anche in quota Pd, di esponenti fortemente vicini al governatore più che al loro partito, ha indispettito il partito di Bersani e Blasi, che contava di poter incidere maggiormente nell’“allestimento” di assessorati e deleghe. Così non è stato e la presidenza del consiglio regionale si sta letteralmente trasformando in una resa dei conti, non più tanto velata, tra un partito che recrimina posti alla luce del sole, evidentemente non pago delle scelte del governatore. Il quadro che si dispiega all’orizzonte rischia di mettere in serio pericolo i già traballanti equilibri interni alla ristretta maggioranza vendoliana, dopo l’espressione della Corte d’Appello di Bari, che ha annullato il secondo premio di governabilità.
Se il Pd non molla e cerca di sabotare la nomina di Introna alla presidenza del consiglio, Vendola è pronto al pugno duro, forte del consenso personale e di una linea politica di maggiore autonomia rispetto alle richieste dei partiti, tanto da prospettare l’ipotesi di rimettere mano alla giunta, se necessario, sostituendo la vicepresidenza della giunta, assegnata alla Pd Loredana Capone, con il rientro al suo posto dello stesso Introna.
Il partito di Blasi, d’altro canto, vuole evidenziare l’anomalia dell’affidamento di un ruolo di garanzia ad un esponente dello stesso partito del capo del governo, e su questo punto gode del supporto del Pdl, che intravede segnali di fratture da sfruttare al meglio. Venerdì mattina, il governatore Vendola e Sergio Blasi s’incontreranno, ma non è detto che sarà un momento chiarificatore o risolutore. Anzi, spirano venti di forti tensioni, che potrebbero estendersi anche nelle votazioni in consiglio.
Oggi, intanto, si ritornerà a discutere delle elezioni regionali nel Lazio, con il responso del Tar capitolino, in cui si tratteranno i 21 ricorsi presentati sulla legittimità dei seggi di “governabilità” assegnati alla maggioranza di Renata Polverini: in Puglia, il premio è stato negato, ma si segue con interesse per la similitudine che intercorre tra gli statuti delle due regioni. L’accoglimento delle tesi sostenute in Lazio dall’opposizione, contraria ai 2 seggi in più, farebbe cadere i numeri della maggioranza di centrodestra; in caso contrario, nuova linfa alle aspirazioni dei ricorrenti di centrosinistra pugliesi che rivendicano il doppio premio di governabilità e gli 8 seggi aggiuntivi negati dalla Corte d’Appello, nei giorni scorsi.
E, intanto, prosegue la discussione anche sul federalismo fiscale: Adriana Poli Bortone, dicendosi favorevole al 5 per mille all’Ateneo salentino, ha manifestato qualche preoccupazione: “Non vorrei che i parametri di valutazione per gli atenei fossero il preludio all’applicazione del federalismo fiscale. Questa ulteriore perplessità si aggiunge a quelle già manifestate circa gli scriteriati parametri che sottraggono fondi alle università del Mezzogiorno. Dunque reputo opportuno sostenere le nostre università attraverso il 5 per mille della dichiarazione dei redditi, ma sono convinta che non possono essere solo i contributi volontari a sopperire alle gravi mancanze di una classe dirigente che si sta dimenticando del Sud”.
“Privarci anche della cultura e della ricerca - conclude - credo che sia l’ultimo cadeau di un governo che non ha fatto altro che chiedere sacrifici e rinunce al Sud, un ‘governo anti-Robin Hood’ che toglie ai poveri per dare ai ricchi e lo vuole fare in tutte le forme, cercando di spianare la strada ad un federalismo che farà aumentare il divario tra Nord e Sud”.
Nessun commento:
Posta un commento