martedì 11 maggio 2010

RIFORME / FEDERALISMO, L'ALTOLA' DELLA CEI: "COSI' COM'E' E' DESTINATO A FALLIRE"

Vescovi a tutto campo su revisioni costituzionali, economia e immigrazione: "Si rischia di rafforzare il centralismo e indebolire la sussidiarietà".
Il vice presidente della commissione antimafia, Granata: "Alto e nobile il richiamo per nuove politiche di cittadinanza"
Tratto dal Sito Internet
www.repubblica.it
"Il federalismo fiscale è destinato a fallire". E' severa la bocciatura che arriva dalla Cei e dal laicato cattolico organizzato sull'attuale fase di sviluppo del processo federalista. Per i vescovi il sistema fiscale "è l'architrave" del processo federalista ma così come è stato concepito "rischia di moltiplicare il centralismo senza aprire la porta alla sussidiarietà e ai poteri decentrati sul territorio". Una trasformazione che riguarda un Paese "che si trova oggi ad affrontare le prove della globalizzazione da media potenza declinante". La lezione dei vescovi è tutta in queste parole: intraprendere, educare, includere le nuove presenze, slegare la mobilità sociale, completare la transizione istituzionale.
La critica dei vescovi è contenuta nel documento preparatorio della prossime "Settimane sociali", appuntamento storico del cattolicesimo italiano che si terrà a Reggio Calabria a ottobre. Un testo frutto di mesi di elaborazione e di consultazione di diocesi, realtà associative, personalità del mondo della politica e dell'economia.
Tra le varie questioni esaminate, spicca, appunto, il federalismo. Tema accompagnato da una domanda: "Nelle attuali condizioni politico-istituzionali, trova soddisfazione il principio di sussidiarietà?". Chiara la risposta: "Al momento si prevedono dosi massicce di uniformità anche per i territori fiscalmente autosufficienti, rimettendo in moto un meccanismo centralistico che non fa crescere poteri e responsabilità, che rende un servizio incerto al principio di solidarietà e dimentica i pregi sistemici del principio di sussidiarietà".
"Ciò si manifesta - si legge ancora nel documento - nel caso della sanità e richiama più in generale la necessità di garantire i livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale. Il diritto alla vita diviene un esercizio retorico senza quello a un'adeguata assistenza sanitaria". Per i vescovi siamo in presenza di "spinte contrapposte" che si faranno sentire nella stesura dei decreti legislativi. "In questa fase - si osserva ancora - potrà prevalere una coalizione di interessi favorevole a un nuovo equilibrio tra promozione delle differenze e riduzione delle diseguaglianze oppure quella opposta. Abbiamo soggetti e interessi pronti a sostenere un equilibrato modello italiano di federalismo fiscale, anche oltre il perimetro degli interessi economici".
Ed è a questo punto che arriva la rivendicazione del ruolo del mondo cattolico. Che, per patrimonio culturale e per configurazione organizzativa, "dispone della cultura e delle strutture appropriate per diventare uno dei principali attori di sostegno del processo di redistribuzione dei poteri e delle risorse tra i diversi livelli di governo". In linea con la posizione della Cei si è detto anche il presidente della commissione lavoro della Camera Silvano Moffa, del Pdl. "Condivido la riflessione della Cei - ha detto Moffa -, un federalismo fiscale che non sia accompagnato da un tasso di solidarietà e da una costruzione che miri a superare le disuguaglianze e a far sì che ci sia davvero coesione sociale può effettivamente creare dei rischi di ulteriori divaricazioni e separazioni in un sistema paese che di tutto ha bisogno tranne che di dividersi".
La Cei chiede che venga completata "la transizione istituzionale". Con un avvertimento: "Non dobbiamo sbagliare la prospettiva: è l'incertezza del modello così come lo vediamo oggi realizzato a generare continue tensioni per l'equilibrio costituzionale, non il suo auspicabile coerente completamento". Su questo tema i vescovi rivendicano il loro protagonismo. "Come cattolici, non possiamo guardare alla transizione delle istituzioni politiche con gli occhi dell'osservatore esterno", afferma il comitato preparatore delle settimane sociali - Va attribuita un decisa priorità al problema della forma di governo, inclusi i suoi contrappesi e una conforme legge elettorale".
Altro tema preso in esame è quello del debito pubblico destinato a pesare sulle future generazioni: "Le risorse pubbliche rappresentano l'altro versante di un sacrificio già superiore alla media: massima deve essere la tensione, perché massima sia la resa di ogni singolo elemento della spesa nel quadro del controllo dei saldi della finanza pubblica. Nella prospettiva del bene comune, questa ci appare come un'istanza etica, al pari di quella di generare risorse aggiuntive".
Per quanto riguarda l'immigrazione la Cei chiede che sia concessa la cittadinanza ai figli degli stranieri. Condizione "di una piena integrazione delle seconde generazioni nella società italiana". Giudizio negativo, invece, per l'attuale legge che "ha finito per trasformarsi in una probatio perversa per migliaia di ragazzi e ragazze, le cui famiglie hanno dovuto seguire un percorso d'emersione dalla irregolarità attraverso sanatorie e regolarizzazioni".
Fabio Granata, vice presidente della commissione antimafia ed esponente Pdl vicino al presidente Fini ha definito "Alto e nobile il richiamo della Cei per nuove politiche di cittadinanza". "Il Parlamento, nella sua piena autonomia, discuta liberamente di una norma che promuova integrazione e cittadinanza e apra ai nuovi italiani, sopratutto ai bambini nati in Italia da stranieri regolarmente residenti da almeno 5 anni'', ha detto il parlamentare. ''Oltre 650.000 nuovi italiani - ha ricorda il parlamentare Pdl - possono dare nuova linfa alla nazione e contribuire ad aprire una nuova epoca''.

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