domenica 28 febbraio 2010

ELEZIONI REGIONALI 2010 (26) - LECCE, ECCO "ITALIA DEI VALORI - LISTA DI PIETRO" PER NICHI VENDOLA PRESIDENTE

IDV - LISTA DI PIETRO
CARLINO FIORENZO
COPPOLA GIANFRANCO
CORRADO ANNAMARIA
DI DONFRANCESCO GAETANO
GIANFREDA AURELIO ANTONIO
IACOBELLI GIUSEPPE
LUPARELLI SONIA
MADARO CARLO
PEDACI FERDINANDO
RIZZO ANTONIO LEONARDO
ROLLO MARIA FATIMA
SANSONETTI SABRINA
SCIGLIUZZO TOMMASO
VAGLIO ORAZIO LUIGI

ELEZIONI REGIONALI 2010 (25) - IN TUTTA LA PUGLIA L'ESERCITO DEI CANDIDATI

Sei liste per Vendola, sei per Palese
e due per la Poli Bortone:
fuori Cosimo Mele, l’ex deputato Udc,
ma tra i nomi alcuni ritorni in contrasto
con la linea delle liste pulite a lungo promosse
27 Febbraio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.lecceprima.it
Si sono chiuse le liste per le prossime regionali: dopo lo sprint di Rizzi, primo a consegnarle nella mattinata di ieri, anche Palese, Vendola e Poli Bortone presentano i nomi in campo. La prima considerazione riguarda alcune figure discusse: ad esempio, sarà in campo con la Puglia prima di tutto, Tato Greco, indagato a Bari, nel caso Tarantini del quale è considerato dall’accusa accusa socio occulto in una delle sue aziende, per fatti che fanno riferimento al 2000; a Taranto, correrà con Palese, anche Mario Cito, figlio dell’ex deputato e sindaco di Taranto Giancarlo, già condannato a quattro anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Non ci sarà, invece, dopo le polemiche delle ultime ore, Cosimo Mele, ex deputato Udc, coinvolto nello scandalo a base di sesso e droga. Due scelte, dunque, in controtendenza, con quanto affermato dal leader nazionale del Pdl, Silvio Berlusconi, che voleva fuori dalle liste anche i semplici indagati. Sei le liste che sosterranno Rocco Palese, così come per Vendola, mentre due (Io Sud-Mpa e Udc) quelle che supporteranno Adriana Poli Bortone.
Le liste di Vendola
Sergio Blasi, segretario regionale del Pd ed ex sindaco di Melpignano, guiderà il suo partito in provincia di Lecce: con lui tre consiglieri uscenti del Pd come Antonio Maniglio, Giuseppe Taurino ed Enzo Russo, nonché la vicepresidente regionale, Loredana Capone. Come largamente anticipato, la lista del presidente Vendola sarà capeggiata dall’assessore uscente, Dario Stefàno, con la presenza di big come Carlo Salvemini, Stefania Mandurino, Luigi Sansò ed Antonio Galati. L’Idv schiera il consigliere regionale Aurelio Gianfreda e l'ex pretore di Maglie ed ex assessore provinciale Carlo Madaro. Infine, la lista “La Sinistra e l'ambiente” punta sul consigliere regionale di Rifondazione comunista Piero Manni e sul segretario regionale dei Comunisti italiani, Giuseppe Merico.
Nelle altre province tanti i nomi importanti: a Bari, il Pd schiera due assessori regionali uscenti, Mario Loizzo e Guglielmo Minervini, insieme ai consiglieri regionali uscenti, Nicola Canonico e Sergio Povia, il consigliere provinciale Michele Monno, l’assessore della giunta Emiliano Antonio Decaro e l’imprenditore (già candidato alle ultime Europee) Gerardo Degennaro. Capolista de “La Puglia per Vendola” l’ex presidente della provincia, Enzo Divella, insieme al vicesindaco di Bari, Alfonso Pisicchio. Con “Sinistra Ecologia e Libertà”, il giornalista Rai, Raffaele Nigro, insieme ad assessori uscenti come Onofrio Introna, Michele Losappio e Magda Terrevoli. La Dederazione della Sinistra (Prc-Pdci-Verdi) punta sull’ex assessore regionale Mimmo Lomelo, e l’ex sottosegretario del governo Prodi, Laura Marchetti. Nota la candidatura di Lorenzo Nicastro nell’Idv.
Nella Bat, in campo Pina Marmo, consigliere regionale uscente del Pd, il sindaco dimissionario di Andria, Vincenzo Zaccaro, che lascia il Pd per SeL. Nel brindisino riconferma per Fabiano Amati, Vincenzo Cappellini, Vincenzo Montanaro, Giuseppe Romano nel Pd e riconferma per Pietro Mita nella Federazione di Sinistra. Nella “Puglia per Vendola” si candidano il regista Gino Cesaria e l’ex presidente della Camera di Commercio, Giovanni Brigante. Nel foggiano, il Pd ricandida tre dei quattro uscenti, tra cui l'assessore regionale Elena Gentile. Nella SeL i capilista sono gli uscenti Arcangelo Sannicandro e Pino Lonigro. Una donna, Anna Nuzziello guida i Moderati di Puglia per Vendola. A Taranto, in campo Michele Pelillo, assessore regionale al Bilancio, ma anche Michele Mazzarano, segretario regionale organizzativo del partito. Per l’Idv, in campo il vicepresidente della Provincia, Emanuele Fisicaro, già alto ufficiale della Guardia di Finanza.

ELEZIONI REGIONALI 2010 (24) - ECCO LE LISTE E I NOMI DEL CENTROSINISTRA CHE SOSTENGONO NICHI VENDOLA

Partito Democratico
Blasi Sergio, Maniglio Antonio, Antonica Alessandra, Capone Loredana, Castellano Wilson Giuseppe, Giausa Marino, Francesco Giulio, Nichil Rocco Luigi, Riso Rocco, Rizzo Cinzia Rosa, Rotundo Antonio, Russo Enzo, Taurino Giuseppe Maria, Vantaggiato Chiara Florida, Venuti Remigio Michele.
Sinistra Ecologia Libertà
Calò Luigi, Chiarello Francesco, Cordella Anna, Dell’Atti Francesco, Lezzi Antonio, Maraschio Anna Grazia, Margarito Donato, Merico Franco, Pellegrino Donato, Raho Claudia, Sanasi Annarita, Saponaro Cosimo, Scognamillo Giovanni, Stefanizzi Mario.
La Puglia per Vendola
Stefàno Dario, Balducci Paola, Culiersi Roberta, De Giorgi Federica, Donateo Maria Stefania, Galati Antonio, Gravante Massimo Salvatore, Mariano Antonio Costantino, Marciante Antonio, Paladini Roberto, Palma Giuseppe Luigi, Porcari Italo, Salvemini Carlo Maria, Sanzò Luigi.
Federazione Sinistra e Verdi
Manni Pietro detto Piero, Anchora Antonio, Bitonti Antonio, Cagnazzo Dario Luigi, D’Argento Vito, Della Gatta Marco detto Luana Ricci, Ianne Gaetano, Malitesta Alessandro, Merico Giuseppe, Nuzzoli Giuseppe Antonio, Pedio Sergio, Scazzi Cosimo detto Mimmo, Gabrieli Luigi, De Giorgi Daniela in Leone.
Italia dei Valori - Lista Di Pietro
Carlino Fiorenzo, Coppola Gianfranco, Corrado Anna Maria, Di Donfrancesco Gaetano, Gianfreda Aurelio Antonio, Iacobelli Giuseppe, Luparelli Sonia, Madaro Carlo, Pedaci Ferdinando, Rizzo Antonio Leonardo, Rollo Maria Fatima, Sansonetti Sabrina, Scigliuzzo Tommaso, Vaglio Orazio Luigi.
Lista Pannella Bonino
D’Elia Sergio, Mancuso Roberto, Napoli Giuseppe, Antonaci Salvatore, Biasco Loredana, Bongo Giovanni Maria Paolo, Corrao Serena Laura Maria, De Notariis Francesco Donato, De Pascalis Giovanni, Di Corato Mario, Iudici Angelo, Manieri Valeria, Orlandini Antonio Cosimo Damiano, Stomeo Catia.

ELEZIONI REGIONALI 2010 (23) - LISTE E NOMI: E' ORMAI CACCIA AL VOTO

Qualche passaggio controverso
nelle ultime ore utili alle liste:
giallo su Mele che alla fine riappare
e su Lia, grande assente con la Poli.
28 Febbraio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.lecceprima.it
Un thriller. Questo sono state le liste elettorali per le prossime regionali consegnate ieri: se in Puglia non si sono visti gli scenari apertisi nel Lazio col caso Polverini, qualche giallo, però, non è mancato neanche da queste parti. Nelle liste della Poli Bortone, ad esempio, dove tra annunci e smentite, alla fine qualche sorpresa è arrivata: la prima riguarda Cosimo Mele, che due giorni fa era in lista, nonostante qualche mal di pancia dell’Udc, il partito che lo aveva lanciato in parlamento, prima che poi il deputato si lanciasse a sua volta nello scandalo del festino a base di coca e sesso.
Ebbene Mele nelle ultime ore utili sembrava fuori dalla lista della Poli, con la vittoria della tesi dello scudo crociato, che aveva propugnato l’inopportunità della sua candidatura: invece, scorrendo i nomi che compongono l’armata della senatrice, Mele c’è. Chi doveva esserci, invece, come Antonio Lia, ex sindaco di Specchia, e fedelissimo della Poli, alla fine non c’è, con somma sorpresa di tutti i commentatori: è lui il grande assente dell’ultima ora. Molte le donne presenti nelle liste del Terzo Polo, al contrario, secondo la senatrice, di quanto proposto dagli altri soggetti in campo. In serata, la Poli ha sollevato qualche dubbio sulla legittimità delle altre liste, in quanto nessun’altra, eccezion fatta per Io Sud e i Radicali, avrebbero presentato le firme in tribunale.
Nel centrosinistra, Vendola si dice compiaciuto delle sue liste, che denotano, a suo giudizio, la “capacità espansiva” e il segno di una “coalizione vincente”, in contrapposizione con quanto emergerebbe secondo il governatore in altre coalizione, con riferimento evidente al centrodestra pugliese. Ma qualche polemica si è registrata nel foggiano proprio nel centrosinistra e nel Pd, in particolare: la componente Marino in una nota contesta le candidature che “brutalizzano il partito”, con riferimento all’elusione del principio di rispetto della parità di genere. In buona sostanza, sarebbe mancato il 30% di quota femminile previsto nella composizione della lista.
Nel Salento intanto si aprono i comitati elettorali pro Vendola: ieri è stato il turno di Squinzano, stasera toccherà a Galatina, dove in Piazza Alighieri, gli “operai” della Fabbrica, professionisti e cittadini di varia provenienza, si danno appuntamento e si dicono “pronti al volo!”. Spazio anche alla musica, con gli artisti della Banda Adriatica.
Dal canto suo, Rocco Palese si dice pronto a scommettere sulle proprie liste e sul gradimento che i pugliesi avranno sui nomi in esse contenuti: il candidato del centrodestra punta sulle imprese, dopo il ticket firmato con Nicola De Bartolomeo e critica i “no” di Vendola al mondo dell’imprenditoria e più in generale il “malgoverno”, riproponendo politiche attente alle famiglie e alla persona umana.
Tempo di inaugurazione di comitato anche per Antonio Buccoliero, alle 18, in via Oberdan 77/79, a Lecce: “L’inaugurazione - dichiara - rappresenterà non solo l’avvio ufficiale della mia campagna elettorale, ma sarà soprattutto l’occasione per incontrare amici e simpatizzanti, che hanno voglia di confrontarsi in prima persona con quelle tematiche di stringente attualità, che devono rappresentare il faro per illuminare una campagna elettorale, che sia proficua, leale, ma soprattutto attenta e rispondente alle istanze dei cittadini”.
“Quella politica del fare - prosegue -, di cui credo di essermi fatto promotore in questi cinque anni di attività da consigliere regionale, può essere possibile soltanto nel momento in cui non viene mai meno un confronto franco e diretto con il territorio, soprattutto con i giovani, che tanto possono dare in termini di produttività non solo materiale, ma soprattutto morale. L’auspico sincero è che questa campagna elettorale possa rappresentare davvero per tutti un’occasione di reale attenzione al Salento, alle sue carenze, ma anche alle sue tante risorse”. Di seguito le liste complete nella provincia di Lecce.

ATTUALITA' / PIAZZA DEL POPOLO SI TINGE DI VIOLA, "INDIPENDENTI E PER LA LEGALITA'"

A Roma esultano gli organizzatori
della manifestazione autoconvocata:
"Siamo 200mila".
Cartelli e striscioni contro Berlusconi

e contro l'opposizione.
E lo slogan "Dimissioni".
Non sono mancate le bandiere dei partiti.

Ignazio Marino e Rosy Bindi (Pd):
"E' importante essere qui".
Di Giovanni Gagliardi
Tratto dal Sito Internet
www.repubblica.it
"Mi chiedono di dire quanti siamo, mi chiedono i numeri, io rispondo chissenefrega! La piazza è completamente piena, piena quanto lo era per la manifestazione sulla libertà di stampa. Quanti erano allora? 200 mila? Noi siamo quanti loro", ha detto esultando dal palco di Piazza del Popolo a Roma, Gianfranco Mascia, uno dei portavoce del popolo viola. "Ma i numeri non sono importanti - aveva detto poco prima - importante è essere qui".
"In modo indipendente dai partiti" - aggiungono poi dal palco gli organizzatori - a favore della legalità e per ribadire, ancora una volta, che la "legge è uguale per tutti" e per "difendere la Costituzione" in particolare laddove definisce la forma della democrazia, la tutela del lavoro, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, il diritto ad essere informati e il dovere di informare, e contro l'approvazione della norma sul legittimo impedimento, definite "leggi ad personam del premier" e a sostegno degli organi di garanzia costituzionale.
Mascia ha sottolineato più volte che la manifestazione è 'completamente autofinanziata', e ha annunciato che da oggi "la nostra parola d'ordine non è più la stessa: passiamo da 'Basta' ad 'Ancora'. Un modo per spiegare che "il popolo Viola non si ferma oggi ma va avanti". E per "passare dalla protesta alla proposta".
Tante bandiere, magliette e sciarpe viola hanno riempito piazza del Popolo. Tanti cartelli e striscioni: "Opposizione se ci sei batti un colpo", "la legge è uguale per tutti", "più che viola cianotica" e poi un pupazzo che raffigura Berlusconi con la scritta "piccolo uomo, grande corruttore". E poi gli slogan (uno su tutti: "dimissioni"), "contro le scelte del goverrno e del presidente Berlusconi" "reo" - secondo la piazza - di costruire una giustizia personale e di non sottoporsi al giudizio dettato dalla Costituzione. E gli applausi che hanno accompagnato gli interventi dal palco e quelli pre-registrati di Giorgio Bocca, di Roberto Saviano, di alcuni lavoratori. E ancora, tra gli altri, quelli di Travaglio, Flores d'Arcais, Guida Scorza, Norma Rangeri, Gianni Minà, Gioacchino Genchi, Ernesto Ruffini.
Ma oltre alle bandiere viola non sono mancate quelle dei partiti che formano la coalizione di centro sinistra. Ecco allora le bandiere del Pd, di Sinistra ecologia e libertà, dei Radicali e di Rifondazione Comunista, anche se le più numerose sono quelle dell'Idv. Ed è proprio con il senatore dell'Italia dei valori, Stefano Pedica, che c'è stato qualche momento di tensione proprio sotto il palco con un uomo del servizio d'ordine del movimento che chiedeva di far posto alle bandiere viola. Dal palco, poi, uno degli organizzatori ha chiesto a tutti i rappresentanti dei partiti (''pur benvenuti'', ha sottolineato) a scalare qualche posto indietro.
In piazza anche diversi esponenti politici fra i quali la candidata alla guida della regione Lazio, Emma Bonino, il leader storico dei Radicali, Marco Pannella e il leader dei Verdi Angelo Bonelli. "C'è fame di legalità - ha detto Bonelli - rispetto a chi accusa i magistrati di essere talebani. Oggi è Berlusconi il vero talebano, colui che vuole legare le mani ai magistrati, alla polizia, impedendo le intercettazioni per far sì che gli italiani non sappiano che in Senato siede un senatore legato alla n'drangheta".
Duro anche l'affondo di Antonio di Pietro, che è tornato a tirare in ballo Napolitano, commentando il suo appello per la giustizia: "Noi rispettiamo il capo dello Stato ma in questo momento c'è un talebano a palazzo Chigi che uccide la democrazia, annichilisce la legalità, fa carta straccia della Costituzione". "Per questo noi ci sentiamo in 'resistenza' nella piazza e dentro il Parlamento. E quando si fa 'resistenza' - ha concluso il leader dell'Idv - non si possono abbassare i toni, si deve alzare la voce prima che sia troppo tardi".
"E' importante essere qui come Partito Democratico che, rispetto alla precedente edizione della manifestazione, ha dato adesione piena", ha spiegato il senatore del Pd, Ignazio Marino, con la sciarpa viola al collo, in piazza assieme a Rosy Bindi. "Credo - ha detto la vicepresidente del Pd - che anche da questa piazza possa venire un invito a tutti a ritrovare un impegno per il bene comune e l'interesse generale del nostro Paese".
27 febbraio 2010

ATTUALITA' / 007 UCCISO A KABUL: DOMANI SALMA A ROMA, MARTEDI' FUNERALI A GALATINA

Tratto dal Sito Internet
www.lagazzettadelmezzogiorno.it
Si è conclusa poco fa a Kabul, sotto una pioggia battente, la breve cerimonia funebre di saluto dell'agente segreto italiano Piero Colazzo e del regista francese Severin Blanchet, uccisi nell'attacco terroristico dell'altro giorno. Entrambe le bare sono state caricate su un C-130 italiano che, secondo le previsioni, dovrebbe giungere a Ciampino domani mattina.
Un ricordo commosso dalla Brigata Paracadutisti Folgore a Pietro Colazzo, il funzionario dei servizi di sicurezza italiani ucciso venerdì a Kabul in un attentato, «per l'importanza che ha rivestito nel periodo passato insieme in Afghanistan».
Ad officiare la breve cerimonia - giusto la benedizione e una preghiera - è stato il padre Barnabita Giuseppe Moretti, responsabile per conto della Santa Sede della 'missio sui iuris' afghana. In un hangar dell'aeroporto, prospiciente alla pista, si sono riuniti gli amici e i colleghi di Colazzo (presente anche l'incaricato d'affari dell'ambasciata italiana, Samuela Isopi) e diversi connazionali del regista francese. Al termine un picchetto militare ha reso gli onori, mentre le bare - avvolte nelle rispettive bandiere - sono state portate fuori a spalla.
A sorreggere quella italiana militari dell'Esercito, dell'Aeronautica, dell'Arma dei carabinieri e i finanzieri che partecipano alla missione europea. I feretri sono stati quindi sistemati in due blindati francesi, che li hanno condotti fino al C-130: dietro, sempre sotto la pioggia battente, un corteo di diverse decine di persone. L'arrivo del velivolo militare a Ciampino è previsto per domani mattina alle 8.30.
MARTEDI' I FUNERALI A GALATINA
Sono in programma per martedì a Galatina, la cittadina pugliese di cui era originario, i funerali del funzionario dei servizi segreti Pietro Antonio Colazzo, ucciso nell'attentato di Kabul, la cui salma arriverà domani mattina in Italia.
Il velivolo dell'Aeronautica militare con il feretro del funzionario dell'Aise atterrerà, salvo imprevisti, alle 8.30 a Ciampino. Successivamente dovrebbe essere eseguita l'autopsia, su disposizione della procura di Roma che ha aperto un'inchiesta. Una camera ardente sarà poi allestita presso l'ospedale militare del Celio dalle 15 alle 18. Il feretro raggiungerà quindi Galatina per i funerali, che si svolgeranno in duomo alle 15.
L'OMAGGIO DELLA FOLGORE
L'omaggio arriva dal colonnello Aldo Zizzo, comandante del 186/o Reggimento, che insieme al generale Roberto Castellano, comandante di Brigata, ha ricevuto nel pomeriggio a Siena il Premio Santa Caterina d'Oro, riconoscimento che commemora i sei soldati caduti nell'attentato in Afghanistan del 17 settembre scorso. «Il nostro pensiero va a Piero, che ha perso la vita l'altro ieri - ha detto Zizzo -: ebbe un ruolo fondamentale per farci sganciare dalla valle del Musay. È importante ricordare chi continua a morire in Afghanistan».
Quattro dei sei soldati morti a settembre appartenevano al 186/o Reggimento: tra questi il tenente Antonio Fortunato, la cui moglie Gianna, accompagnata dal figlio Martin che ai funerali commosse tutti correndo verso la bara del padre, ha ricevuto stasera la medaglia d'oro al merito da parte dell'Associazione dei Cateriniani nel mondo. «È stato durissimo - ha detto Zizzo - tornare in caserma senza quattro nostri uomini e per loro continuiamo a combattere».

FIORELLO A EMANUELE FILIBERTO: "IO SARO' IL PRINCIPE TERRONE"

SPECIALE / LA SVOLTA DELL'OMICIDIO BASILE (37) - ACCUSE INFAMANTI DI PEDOFILIA AL PRETE: LUI DENUNCIA

Don Stefano Rocca di Ugento
ha ricevuto alcune missive
con scritte contro di lui,
poco dopo essere stato ascoltato
in Procura sul caso dell'omicidio Basile.
Tramite il suo legale ha sporto denuncia
27 Febbraio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.lecceprima.it
Ultimo clamoroso colpo di scena ad Ugento. Accuse di pedofilia e di omosessualità sono state rivolte, tramite una missiva anonima al parroco Don Stefano Rocca, sempre in prima fila quando si trattava di invitare la collettività a rompere il silenzio sull’omicidio di Peppino Basile. Questa mattina il parroco ha trovato all’interno della cassetta postale della chiesa un plico anonimo. Al suo interno vi erano delle fotocopie di alcuni fogli di giornale. Si trattava di un articolo del periodico “Panorama” del giugno scorso, riguardante un richiamo del Papa riguardo gli scandali che hanno visto coinvolti preti per abusi, pedofilia, omosessualità e concubinato.
A margine una scritta in stampatello “Vale anche per te… don Stefano Rocca”. Un altro servizio è stato preso dal quotidiano “Il Giornale”, dove Sua Santità afferma che i gay non possono prendere i voti. Anche qui, un’altra scritta inquietante “Noi ragazzi non abbiamo dimenticato!!!! Sconterai le tue malefatte!”. Angosciato, la prima cosa che ha fatto don Stefano è stata presentarsi insieme al suo legale, l’avvocato Silvio Caroli, presso la caserma dei carabinieri di Taurisano per sporgere denuncia. C’è però una circostanza che lascia pensare: la busta è stata spedita giovedì scorso, cioè un giorno prima che il parroco venisse ascoltato dai pubblici ministeri Simona Filoni e Giovanni De Palma, che stanno indagando sull’omicidio Basile.
Ieri don Stefano è stato interrogato per cinque ore dagli inquirenti, che hanno cercato ulteriori conferme relative all’ipotesi accusatoria, chiarendo anche alcune circostanze addotte dalla difesa. Può darsi che si tratti due episodi senza alcun collegamento, ma a priori non si può escludere neanche il contrario. Saranno le indagini a stabilirlo. Non è la prima volta che don Stefano viene preso di mira, nel corso delle indagini per l’omicidio è stato raggiunto addirittura da minacce di morte. Anche dopo l’arresto dei Colitti, nonno e nipote, ritenuti presunti assassini dell’ex consigliere provinciale, i colpi di scena ad Ugento continuano senza sosta.
L. C.

L'ALTRA OMELIA (29) - QUARESIMA: DOVE L'AMORE TRASFIGURA LA VITA

Seconda Domenica di Quaresima
28 febbraio 2010
Di padre Angelo del Favero
26 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
“Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco: due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: 'Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia'. Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: 'Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!'. Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto” (Lc 9,28-36).
“Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi.(…) La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!” (Fil 3,17-4,1).

La Trasfigurazione è un evento che Gesù vuole per soccorrere la debolezza della fede dei discepoli, ormai prossimi allo scandalo del fallimento totale del loro Maestro, fine ignominiosa dei loro sogni messianici. Questo collegamento con la Passione del Signore è evidente in Luca, se si confrontano i fatti del Monte degli Ulivi (Lc 22,39-46) con quelli del Monte Tabor: in entrambi i casi Gesù sale sul monte a pregare portando con sé Pietro, Giacomo e Giovanni; sull’uno e sull’altro monte il suo aspetto subisce una trasfigurazione inaudita: gloriosa sul Tabor, angosciosa sul Monte degli Ulivi; e in ambedue i casi, sorprendentemente, i discepoli, anziché star svegli, cadono in un sonno profondo. Luca mette in parallelo Monti così opposti per farci comprendere la verità di ognuno dei due, quella definitiva del Monte di Gerusalemme, da dove il Signore Risorto sale al Cielo per entrare vincitore nella sua gloria, e noi con Lui.
Il messaggio fa parte dell’esperienza quotidiana: viene l’ora, sull’orologio della vita di tutti, in cui il cuore si ritrova nel buio del dramma pasquale, una notte talmente oscura da far pensare, con ogni evidenza, che Dio e la sua luce ci hanno abbandonato. Ma ecco che qualcosa o qualcuno spunta nelle tenebre, ed esse vengono rischiarate come uscendo da un tunnel. Allora il cuore s’accorge che si trattava solo di un’eclissi nei propri occhi, e scopre che il Sole divino stava sempre là, e ora vede la verità, e tutto è cambiato e trasfigurato in una gran pace.
A differenza di Marco e di Matteo che scrivono: “fu trasfigurato davanti a loro” (Mc 9,2 - Mt 17,2), Luca descrive il Signore sul Tabor dicendo semplicemente che: “il suo volto cambiò d’aspetto”; espressione più familiare alla nostra esperienza. Anche lui accenna poi allo splendore incomparabile delle vesti di Gesù, simbolo della sua persona, ed è il solo a precisare che questa intera Trasfigurazione accade durante l’incontro con il Padre nella preghiera, allo stesso modo in cui si illumina il volto di chi apre la porta, quando vede sulla soglia la persona amata.
La Trasfigurazione, oltre a dimostrare la natura divina di Gesù, è così anche il segno visibile della sua relazione filiale con il Padre, relazione che è luce del suo volto e sostanza della sua divinità, come rivela Giovanni nel Prologo: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso (=rivolto a) Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1).
Il discepolo che Gesù amava, che era presente sul Monte Tabor, nel suo Vangelo non racconta la Trasfigurazione, ma già nel Prologo sembra farci volgere lo sguardo al Tabor con queste parole: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,4-5). La vita divina nascosta corporalmente nella persona del Signore, Giovanni l’ha vista come il sole in una stanza che abbia le pareti di cristallo.
E’ la “prova” dell’incarnazione del Verbo: con essa, per il tramite della natura umana assunta dal Figlio di Dio, la Luce è entrata nella creazione ottenebrata dal peccato, vi ha portato la vita stessa di Dio-Amore, e ci ha fatto partecipi della relazione che unisce come in un abbraccio le tre divine Persone. Per entrare nel vortice ineffabile di questo flusso amoroso, a ognuno di noi è chiesta l’obbedienza filiale della fede, cioè l’ascolto fiducioso del bambino che pende dalle labbra del genitore che lo tiene in braccio: “Questo è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo!” (Lc 9,35).
Tutto ciò non è davvero troppo lontano dalla nostra esperienza, se solo volgiamo lo sguardo alla relazione tra una mamma e il suo bambino, punteggiata com’è, sin dal primo giorno, da momenti di reciproca, amorosa “trasfigurazione”. Non c’è nulla di più puro su questa terra della luce che promana dal volto sorridente di un bambino nel momento in cui quello radioso della mamma si china su di lui: è il riflesso della luce purissima di Dio, Creatore di ogni uomo.
Quest’icona materna, così semplice e familiare nella sua bellezza, è anche immagine della verità profonda della preghiera. La natura della preghiera, infatti, è di essere vero e proprio incontro con il Dio trinitario che ci ha creato, e com’è vero che non esiste dialogo se uno se ne sta da solo, così non c’è vera ed efficace preghiera senza incontro. E come un uomo non può incontrare un altro uomo senza la mediazione del proprio corpo (il sorriso del volto, la voce amica, il contatto della mano), così è solo lungo la via della sacra Umanità di Cristo che ci è dato incontrare il Padre nostro.
Su tutto ciò, il mistero della Trasfigurazione, lungi dall’essere “accessorio” per la nostra vita di fede (quasi una parentesi straordinaria mentre si torna alla vita normale: “Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto” – Lc 9,36), rivela qualcosa di essenziale del nostro rapporto con Dio, e ci consente di fare la stessa scoperta che trasfigurò la vita della carmelitana santa Teresa di Gesù, Dottore della Chiesa e maestra di preghiera.
Teresa è vissuta quasi cinque secoli fa, ma il suo messaggio è più che mai urgente oggi, in questo nostro mondo che vuole fare a meno del Crocifisso. Un messaggio che deriva anzitutto dalla sua esperienza di preghiera, per la quale ella potrebbe far sua, oggi, l’esortazione paolina: “Fatevi insieme miei imitatori..” (Fil 3,17).
E l’imitazione consiste anzitutto nel far nostra la sua certezza meravigliosa: i Cieli, cioè il regno di Dio, sono dentro di noi, e non solo è possibile entrarvi quando vogliamo, ma anche rimanervi “attendati” in perenne compagnia del “buon Gesù”, com’è vero che ogni battezzato è costituito dimora vivente della santa Trinità.
“E’ bello per noi essere qui!”: è l’esclamazione ontologica della persona umana, in compagnia battesimale con il Padre, il Figlio e con lo Spirito Santo; un’amicizia ineffabile e per tutti, nascosta nella nube della fede, ma non per questo anonima al cuore, se accettiamo di perseverare fedelmente e ad ogni costo, con Gesù e con Teresa, nel cammino dell’orazione.
Dico “ad ogni costo” anche perché Teresa è la prima ad aver sperimentato la fatica dell’aridità e della perseveranza nella preghiera. Alla santa riformatrice del Carmelo, infatti, era stato consigliato di rinunciare allo sforzo di pensare il Signore, presente dentro di sé, “come uomo”. Ma è proprio l’umanità di Cristo che ci mette in comunione profonda con Dio e ci permette di contemplare lo splendore della sua Persona divina, come i discepoli sul Tabor!
Perciò Teresa non seguì il consiglio dei teologi del tempo, rimanendo saldamente ancorata al fondamento della presenza “incarnata” del Signore, secondo l’esortazione di Paolo: “Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!” (Fil 4,1). Pensando a Gesù, le pareva, tuttavia, di trovarsi nella situazione di un cieco, che mentre sa di avere davanti qualcuno, non riesce a immaginare il suo volto, dato che non può vederlo. Allora, appoggiando semplicemente il pensiero e l’affetto sui fatti del Vangelo, Teresa fece la scoperta che il punto centrale della preghiera, la sua realtà e verità fondamentale, è l’incontro-comunione della nostra umanità con quella del Signore, al modo stesso degli sposi. Tale sponsalità, in forza del mistero dell’Incarnazione, è un “già” che opera in profondità anche nella fatica della preghiera, affinchè sempre più sia colmata l’infinita distanza del “non ancora” dell’unione perfetta.
Quello che è accaduto nell’incarnazione di Cristo è una sorta di nodo ontologico che nella persona divina del Figlio di Dio è stato stretto indissolubilmente tra la natura umana di ognuno di noi e la natura divina di Cristo. In forza di questa verità e realtà, tutto ciò che appartiene al mio essere è stato trasfigurato, “preso dentro” l’amore della Trinità, come una spugna fa con l’acqua, e la vita di orazione è l’artefice di tale divinizzazione della persona umana, dono e compito dello Spirito Santo.
Alfine, è per questo fine di Amore che siamo stati creati, e solo custodendo il dono della preghiera, cioè ascoltando la Parola di Dio, possiamo sperimentare che in Cristo, uomo come noi, “è bello per noi essere qui”, pur nella tristezza dei nostri tempi.
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

INCONTRO ALLA PASQUA (11) - GIOVANNI, IL CONTEMPLATIVO DELL'AMORE, SECONDA ED ULTIMA PARTE

27 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del Messaggio per la Quaresima di quest'anno di mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto.
6. Il testimone della resurrezione Andando con Pietro al sepolcro la mattina di Pasqua (20,1-8), Giovanni corre per andare a vedere Gesù: è mosso dalla sete di chi ama. Arriva per primo e aspetta: è il rispetto dell’amore, che sa far posto all’altro. Vede e crede: sarà il testimone oculare, colui che ha visto e può perciò contagiare l’amore che apre gli occhi della fede e fa riconoscere il Signore. Dichiarerà in maniera toccante all’inizio della prima lettera: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena” (1 Giovanni 1,1-4). Chi ha conosciuto e visto e toccato l’Amato, non può tenerselo per sé: ne diventa il testimone innamorato e irradiante. La fede vive nell’amore diffusivo di sé. La testimonianza scaturisce dalla sovrabbondanza del cuore toccato dal Maestro e ardente di amore…
7. Il discepolo dell’attesa Il misterioso dialogo fra Gesù e Pietro riguardo al discepolo amato (Giovanni 21,20-24) ne mette in luce un tratto peculiare: Giovanni è colui che attende il ritorno di Gesù. Il discepolo dell’amore è proteso nella speranza verso la gioia dell’incontro faccia a faccia. Il ricordo dell’Amato non è in lui nostalgia o rimpianto, ma tenerezza, speranza, vigilanza, attesa. L’amore non vive di passato, ma schiude al futuro e lo tira nel presente per il suo stesso ardore. Chi è innamorato di Dio è anche inseparabilmente testimone di speranza, perché sa che il futuro sta nelle mani dell’Amato, fedele per sempre. Proprio così è e resta un cercatore di Dio (come ricorda la Lettera ai cercatori di Dio dei Vescovi Italiani, che consiglio a tutti, credenti e non credenti, per aprirsi alle sorprese del Vivente!).
8. Il contemplativo dell’amore Giovanni è ormai vecchio: vive raccolto in Dio. Si presenta come fratello e compagno nella tribolazione a causa del suo amore fedele a Gesù. Vive la gioia dell’incontro liturgico nel giorno del Signore. È allora che è rapito in estasi, in Spirito (Apocalisse 1,9-19). Vede la voce: come solo il contemplativo sa fare, sa “vedere” attraverso le parole della rivelazione, ha l’intelligenza del simbolo, il gusto delle cose di Dio. E la rivelazione che vede è il grande messaggio di richiamo, di consolazione e di speranza per le “sette Chiese”, simbolo di tutta la Chiesa in ogni tempo e in ogni luogo (come dice il numero sette), che sono provate dalla persecuzione esterna e dalla prova interna della fede legata a quello che appare a molti il ritardo della venuta del Signore. Il discepolo dell’amore, carico di vita e di esperienza di fede, sa orientare gli occhi suoi e altrui all’Agnello immolato in piedi, al Cristo morto e risorto, mostrando come la prova presente è nient’altro che un lavare le proprie vesti nel sangue dell’Agnello per entrare con Lui nella sua gloria. La fede del discepolo dell’amore introduce alla speranza dell’amore vittorioso, della gioia senza tramonto della Gerusalemme celeste: “Colui che attesta queste cose dice: ‘Sì, verrò presto!’ Amen. Vieni, Signore Gesù” (22,20).
9. Il settimo sigillo: la settima caratteristica del discepolo amato è avvolta nel silenzio di Dio. È quanto l’iniziativa sorprendente del Signore prepara dall’eterno per ognuno di noi ed a cui dobbiamo aprirci nella docilità del cuore e nella perseveranza della fede orante ed amorosa. Possiamo aiutarci a farlo rispondendo alle domande che Giovanni pone alla vita di ognuno di noi. Sono le domande a cui vorrei chiedervi di dare risposta nella preghiera, nella penitenza e nei gesti dell’amore di questa Quaresima, offrendo in modo speciale tutto a Dio per la santificazione dei sacerdoti e per le vocazioni sacerdotali: sono pronto a rispondere all’invito di Gesù: “Vieni e vedi” o voglio vedere prima di affidarmi? Amo il Signore? Accetto di lasciarmi amare da Lui? Vivo il mio amore a Cristo nell’amore agli altri, alla Chiesa? Sono testimone dell’Amato? È vivo in me il desiderio di Dio, l’attesa del Suo volto? Ho la speranza dell’amore che sa attendere e invocare? Comunico agli altri la speranza anche nelle ore più buie della vita e della storia?
10. Proviamo a dare risposta a queste domande dopo aver invocato così il Maestro, il Dio con noi e per noi: Signore Gesù, Tu vieni a noi nel Tuo Spirito come il Vivente, che sovverte e inquieta i nostri progetti e le nostre difese. Aiutaci, Ti preghiamo, a non crocefiggere Te sulla croce delle nostre attese, ma a crocefiggere le nostre attese sulla Tua croce. Fa’ che ci lasciamo turbare da Te, perché, rinnegando noi stessi, possiamo prendere la nostra croce ogni giorno e seguirTi. Tu sai che noi non sappiamo dirTi la parola dell’amore totale: ma noi sappiamo che anche il nostro povero amore Ti basta, per fare di noi dei discepoli fedeli fino alla fine. È questo umile amore che T’offriamo: prendilo, Signore, e dì ancora e in modo nuovo la Tua parola per noi: “Seguimi”. Allora, la nostra vita si aprirà al futuro della Tua croce, per andare non dove avremmo voluto o sognato o sperato, ma dove Tu vorrai per ciascuno di noi, abbandonati a Te, come il discepolo dell’amore e dell’attesa, in una confidenza infinita. Allora, non saremo più noi a portare la croce, ma sarà la Tua croce a portare noi, colmando il nostro cuore di pace, e i nostri giorni di speranza e di amore. Amen! Alleluia!

(2-FINE)

INCONTRO ALLA PASQUA (10) - GIOVANNI, IL CONTEMPLATIVO DELL'AMORE, PRIMA PARTE

27 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
Di seguito il Messaggio per la Quaresima di quest'anno di mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto.
In quest’Anno Sacerdotale, indetto da Papa Benedetto XVI nel centocinquantesimo anniversario della nascita al cielo del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney (1786-1859), dedico alla figura dell’Apostolo Giovanni, che la tradizione identifica col “discepolo che Gesù amava”, il messaggio per la Quaresima, tempo forte di preghiera e di riflessione, di conversione e di carità operosa. Vorrei così offrire un piccolo aiuto alla conoscenza e all’imitazione del discepolo dell’amore, modello non solo per tutti i sacerdoti e i consacrati, ma anche per ogni battezzato che voglia prendere sul serio la chiamata alla sequela di Gesù nel sacerdozio battesimale. Che la grazia del Signore renda sempre più luminoso, vero e fecondo il nostro cammino comune nell’imitazione e nella testimonianza di Cristo! Che il Signore doni alla nostra Chiesa numerosi e santi sacerdoti e tanti giovani desiderosi di diventarlo sull’esempio del discepolo amato…
1. Il discepolo dell’amore L’Autore del quarto Vangelo resta avvolto da una grande discrezione: gli ultimi versetti del capitolo 21 lo identificano con il “discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: ‘Signore, chi è che ti tradisce?’” (v. 20). Di lui Pietro chiede a Gesù: “Signore, e lui?”. E Gesù gli risponde: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te?” (vv. 21-22). Con questo Gesù non vuol dire che quel discepolo non sarebbe morto (v. 23), ma che è per eccellenza il discepolo dell’attesa, proteso all’incontro con l’Amato andato a prepararci un posto nel seno del Padre. Questo discepolo è evidentemente uno dei tre più intimi del Signore, che sono Pietro, Giacomo e Giovanni. Non è Pietro, in quanto si accompagna a lui (come nella visita al sepolcro al mattino del giorno dopo il sabato: Giovanni 20,2-10); non è Giacomo, fatto uccidere di spada da Erode molto presto, come ci dice At 12,2 (intorno al 44). Dunque, è Giovanni. Già questo essere avvolto dalla discrezione ce ne fa intravedere le caratteristiche: è il contemplativo dell’amore, il discepolo tradizionalmente indicato come il più giovane, perché presenta i tratti dell’audacia e della tenerezza che proprio i giovani sono capaci di avere (è l’unico che resta ai piedi della Croce, l’amato per eccellenza) e vede l’invisibile, perché guarda con gli occhi dell’amore. Così lo percepisce la tradizione cristiana, come testimonia ad esempio Clemente di Alessandria (210): “Vedendo che gli altri avevano riferito solo i fatti materiali, Giovanni, l’ultimo di tutti, incoraggiato dai suoi amici e divinamente ispirato dallo Spirito santo, scrisse il vangelo spirituale”. Dal cuore dell’Amato scaturisce la buona novella dell’amore…
2. Alcuni tratti storici Giovanni è figlio di Zebedeo e proviene dall’ambiente della Galilea. Insieme a Giacomo, suo fratello, era socio di una piccola azienda di pesca, di cui facevano parte altri due fratelli, Simone e Andrea. Probabilmente, Giovanni aveva seguito inizialmente il Battista, e potrebbe essere quello dei due discepoli non nominato (l’altro è Andrea, che subito dopo va a chiamare suo fratello Simone), che erano accanto a Giovanni quando questi indicò in Gesù che passava l’Agnello di Dio (Giovanni 1,35), e che seguirono Gesù. La discrezione con cui si presenta non impedisce che traspaiano i momenti salienti della sua storia di fede e d’amore al Cristo: la vocazione (Giovanni 1,35-39); la presenza accanto al Maestro nell’Ultima Cena (13,23); la domanda sul traditore (13,25s); il dialogo con Gesù accanto alla Madre ai piedi della Croce (19,26s); la visita con Pietro al sepolcro la mattina di Pasqua (20,2-10). A lui anziano è attribuita l’Apocalisse, nella quale sono innegabili gli influssi della sua attitudine simbolica e contemplativa. Del suo cammino di fede ripercorriamo sette tratti, che parlano specialmente alla vita spesa nella sequela di Gesù e su cui vorrei invitare tutti a verificarsi …
3. La vocazione Giovanni è un vero cercatore di Dio: è andato dal Battista, ma quando il Battista indica Gesù come l’Agnello di Dio, non esita a lasciarlo per andare da Gesù. La domanda: “Maestro, dove abiti?”, dice il desiderio di restare con lui (cf. 1,35-39). Giovanni ha capito che seguire Gesù è trovare la dimora vera della propria vita. La risposta di Gesù è un invito a fidarsi, a credere senza vedere: “Venite e vedrete”. Prima si va, poi si vede! I due fanno così: per Giovanni è talmente grande l’impressione di quell’incontro, che segnerà per sempre la sua vita, che ne ricorda l’ora precisa con un’accuratezza cronachistica: “Erano circa le quattro del pomeriggio”. La vocazione è l’incontro con Qualcuno, non con qualcosa, un incontro che avviene nel tempo e nello spazio, in un’ora decisiva e in un contesto che ci restano scritti nel cuore. È così che matura la decisione di seguire Gesù per stare con Lui e vivere di Lui...
4. L’intimità con Gesù Nel cosiddetto “libro dell’addio” (i capitoli 13-17 del Quarto Vangelo), nel momento drammatico in cui si consuma il tradimento di Giuda, ora dell’amore supremo (“li amò sino alla fine”: 13,1) e di supremo dolore (è giunta “l’ora”), Giovanni è colui che sta vicino a Gesù più di ogni altro. Egli dimostra con la sua vita che fede e amore sono inseparabili, come lo sono amore e dolore, vicinanza all’Amato e partecipazione al suo soffrire. I segni dell’amore sono chiari: è il discepolo amato (v. 23), figura d’ogni discepolo dell’amore, che sta nel seno di Gesù (v. 23), come il Figlio sta e si muove nel seno del Padre ((cf. 1,18). È alla domanda di Giovanni che Gesù rivela la sua conoscenza del traditore, che continua però ad essere amato da Lui, come dimostra l’offerta del boccone (v. 26: gesto di predilezione e di riguardo), che seguirà Giuda anche nella notte, senza lasciarlo (v. 30: l’amore non abbandona l’amato infedele). La confidenza mostra l’intimità di Giovanni con Gesù: la fede è un essere così innamorati di Dio, da entrare nella relazione più profonda con Lui, dove ci si dice tutto, in una trasparenza totale di dolore e amore.
5. Il destinatario del testamento del Signore Il dialogo con Gesù ai piedi della Croce (19,26s) rivela il tesoro che il Maestro affida al discepolo. È l’ora in cui tutto viene a compiersi. In quest’ora suprema e definitiva, Giovanni è con la Madre di Gesù ai piedi della Croce. È il testamento del Profeta abbandonato, che si rivolge alla “donna”, figura d’Israele e della Chiesa e Madre sua, ed al discepolo dell’amore, figura d’ogni discepolo, stabilendo fra loro un rapporto così profondo, che il discepolo prende la donna nel cuore del suo cuore. Gesù lascia in testamento all’amato un triplice tesoro: Israele, la Chiesa, la Madre. Il discepolo dell’amore amerà la “santa radice” Israele come l’ha amata Gesù, amerà la Chiesa come il frutto della passione di Gesù, amerà la Madre come sua. Gesù lascia il discepolo in una rete di rapporti d’amore, che al tempo stesso gli affida: la fede è accogliere patti di pace, legami di unità, e viverli nella fedeltà dei giorni, in obbedienza al Signore crocifisso. La sequela dell’Amato si compie nella Chiesa dell’Amore...

(1-Continua)

sabato 27 febbraio 2010

AVVISO PUBBLICO PER L'AMMISSIONE AL SERVIZIO DI ASSISTENZA DOMICILIARE (SAD)

AMBITO TERRITORIALE SOCIALE
DI GALLIPOLI
COMUNI DI GALLIPOLI,
ALEZIO, ALLISTE, MELISSANO,
RACALE, SANNICOLA,
TAVIANO E TUGLIE
Finalità
Intervenire nell’assistenza domiciliare in favore di persone anziane a rischio di emarginazione sociale, bisognose di sostegno psico-sociale e di cura della persona (come da prestazioni definite nel capitolato d’appalto) residenti nei Comuni dell’Ambito.
Tipologia di aiuto
A) PRESTAZIONI DI TIPO DOMESTICO:
- governo della casa;
- lavaggio e cambio della biancheria;
- preparazione pasti caldi
B) PRESTAZIONI DI TIPO SOCIO-ASSISTENZIALE
- cura dei rapporti con i familiari e la comunità;
- aiuto nell'igiene personale, compresa la vestizione, l'assunzione dei pasti, la deambulazione e gli atti quotidiani di vita;
- aiuto, anche mediante accompagnamento, per disbrigo di pratiche amministrative;
- cura dei rapporti con i familiari e la comunità;
- accompagnamento e compagnia alle persone che hanno difficoltà a muoversi per aiutarli negli spostamenti;
C) ATTIVITA’ DI SOCIALIZZAZIONE
- attività proposte dall’affidatario del servizio
D) ATTIVITA’ VARIE
- Ritiro dalla ASL e consegna a domicilio materiale sanitario
- Accompagnamento c/o strutture sanitarie e riabilitative
- Fornitura pasti a domicilio su esplicita richiesta dell’utente
Destinatari e requisiti di accesso
Sono individuati come destinatari dell’intervento i soggetti anziani residenti nei Comuni dell’Ambito.
Le prestazioni sono destinate a nr. 60 anziani ultrasessantacinquenni, residenti negli 8 Comuni dell'Ambito.
Possono fruire del SAD:
- anziani soli, o coppie di anziani soli autosufficienti, parzialmente autosufficienti o non autosufficienti portatori di patologie per le quali non è previsto l'accesso al servizio ADI;
- anziani autosufficienti, parzialmente autosufficienti o non autosufficienti, inseriti in un nucleo familiare;
- anziani impediti a compiere gli atti quotidiani della vita.
I soggetti che beneficiano del Servizio di Assistenza domiciliare partecipano al costo dello stesso nella misura appresso indicata, sulla base del valore dell’ISEE del nucleo familiare:
a. valore dell’ISEE del nucleo familiare non superiore ad € 7.500
- quota di compartecipazione: nessuna;
b. valori dell’ISEE del nucleo familiare compresi tra € 7.501 e 30.000:
• valori ISEE tra € 7.501 e 10.000 - quota di compartecipazione: 20% del costo del servizio
• valori ISEE tra € 10.001 e 20.000 - quota di compartecipazione: 30% “ “
• valori ISEE tra € 20.001 e 30.000 - quota di compartecipazione: 50% “ “
c. valore dell’ISEE del nucleo familiare superiore ad € 30.000
- quota di compartecipazione: a totale carico dell’utente;
Criteri di valutazione e attribuzione del punteggio
Ulteriori criteri di valutazione delle domande di ammissione al servizio di Assistenza Domiciliare sono
i seguenti:
Condizioni familiari:
• anziano che vive solo e senza figli = 10 punti
• anziano che vive solo e con figli che vivono fuori comune di residenza = 9 punti
• anziano coabitante con coniuge e senza figli = 8 punti
• anziano coabitante con coniuge e con figli che vivono fuori comune di residenza = 6 punti
• anziano che vive solo con figli che vivono nel comune di residenza = 4 punti
• anziano coabitante con coniuge e con figli che vivono nel comune di residenza = 2 punti
• anziano con coppia coabitante con figli,parenti o affini = 0 punti
Stato di salute:
• anziano non autosufficiente che vive solo = 10 punti
• anziano non autosufficiente con coniuge non autosufficiente o invalido = 10 punti
• anziano invalido che vive solo = 8 punti
• anziano non autosufficiente con coniuge autosufficiente = 6 punti
• anziano invalido con coniuge autosufficiente = 4 punti
• anziano che vive solo autosufficiente = 2 punti
• anziano con coniuge autosufficienti = 0 punti
Valore dell’ ISEE del nucleo familiare:
• non superiore ad € 7.500 punti 5;
• tra € 7.501 e 10.000 punti 3;
• tra € 10.001 e 20.000 punti 2;
• tra € 20.001 e 30.000 punti 1;
• oltre € 30.000 punti 0.
2. A parità di punteggio la precedenza in graduatoria è data dalla maggiore età.
Modalità e termini di presentazione delle domande
La domanda di accesso al servizio di Assistenza Domiciliare dovrà essere compilata utilizzando il
modulo allegato al presente Avviso, e dovrà essere presentato entro le ore del all’Ufficio Protocollo del Comune di residenza.
Non verranno prese in considerazione le domande non complete di tutta la documentazione richiesta.
Istruttoria, formazione della graduatoria e ammissione al servizio
L’Assistente Sociale cura l’istruttoria delle domande ricevute e la formazione della
graduatoria unica di Ambito mediante l’applicazione dei punteggi come sopra riportati, per la valutazione di ciascuna domanda. La graduatoria è approvata con provvedimento del Responsabile dell’Ufficio di Piano.
La graduatoria verrà pubblicata all’Albo Pretorio dei Comuni dell’Ambito e sul sito web del
Ai soli beneficiari viene data la comunicazione dell’avvenuta ammissione al servizio.
In caso di coppie è sufficiente la presentazione della richiesta da parte di un solo componente.
L'ammissione al servizio ha luogo nei limiti delle risorse finanziarie disponibili.
Documentazione
Alla domanda dovrà essere allegata la seguente documentazione:
1. stato di famiglia del nucleo familiare interessato;
2. verbali delle Commissioni Sanitarie (invalidità civile, L. n. 104/1992) ovvero idonea certificazione sanitaria rilasciato da strutture del SSN;
3. certificato ISEE del nucleo familiare di data non anteriore ad un semestre dalla data di pubblicazione del presente Avviso e comunque in corso di validità;
Controlli
Il servizio sociale professionale o il servizio di segretario sociale può provvedere, attraverso una visita domiciliare, alla verifica dei requisiti.
Per eventuali informazioni rivolgersi ai Servizi Sociali dei Comuni di residenza oppure, nei giorni di martedì e giovedì, dalle ore 15,00 alle 18,00, all’Ufficio di Piano con sede alla Via A. De Pace n.78 - Gallipoli
Gallipoli,
IL RESPONSABILE DELL’UFFICIO DI PIANO
Dott. Guido DE MAGISTRI

CONGRESSO IDV (37) - INTERVENTO DI MARCO ESPOSITO

CONGRESSO IDV (36) - INTERVENTO DI GIOVANNA ANASTASI

CONGRESSO IDV (35) - INTERVENTO DI LORENZO DIANA


MONS. SUPERBO: UNA NUOVA COSCIENZA PER FORMARE POLITICI NUOVI

26 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
Per rilanciare la speranza in Italia occorre creare i presupposti per una nuova classe politica. E' quanto sostiene mons. Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza e Vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana per l'Italia meridionale.
Nel commentare alla Radio Vaticana alcuni passaggi del recente documento della CEI dal titolo “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” il presule ha spiegato che “i politici non si improvvisano dall’oggi al domani, ma si tratta di una coscienza profondamente cristiana, radicata nella comunità, che si affaccia sul mondo civile e sente come sua responsabilità la costruzione di una città terrena a misura d’uomo”.
Questa coscienza, ha aggiunto, “crea poi - secondo le vocazioni del Signore e le qualità di ognuno - uomini politici seri e nuovi nel modo di porsi, che è un modo di porsi unico: servizio umile al bene comune e senza altre prospettive né di gruppo né di parte né di interesse personale”.
Nel documento, i Vescovi italiani pongono l'accento sulla necessità di investire nella educazione e nella formazione delle persone, perché “lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune”.
Oltre a questo, aggiungono, occorre “favorire in tutti i modi nuove forme di partecipazione e di cittadinanza attiva, aiutando i giovani ad abbracciare la politica, intesa come servizio al bene comune ed espressione più alta della carità sociale”.
“Noi desideriamo che l’Italia non solo si preoccupi per il Sud, ma che accolga anche quanto di bene il Sud può dare a tutta l’Italia”, ha concluso mons. Agostino Superbo.

OSTENSIONE DELLE RELIQUIE DI SANT'ANTONIO DI PADOVA, PATRONO DI MELISSANO (8.a ED ULTIMA PARTE) - ANTONIO: BELLO, SAPIENTE E GRAN CAMMINATORE

Ecco il ritratto che emerge
dalla storia e dall’analisi delle spoglie
Di Aldo Comello
Tratto dal Sito Internet
http://mattinopadova.gelocal.it
È morto. È morto il Padre Santo». Sono i bambini a dare la notizia, i bambini che come stormi di uccelli seguivano le prediche di Antonio in mezzo ai campi perché nessuna chiesa avrebbe potuto contenere tanta gente. I bambini di strada innocenti e feroci, innamorati di questo giovane frate che parla la lingua dei poveri, sono gli stessi che assistono alle esecuzioni e scherniscono i condannati. Corrono le piccole vedette dal borgo dell'Arcella verso la città dei campanili e delle torri.
Era il 13 giugno del 1231. Il Santo era stato colpito da un grave malore, soffriva di febbri reumatiche o di malaria, una malattia contratta anni prima in Marocco o in una delle sterminate peregrinazioni che l'avevano portato in Francia a combattere le eresie degli Albigesi o a Roma alla corte papale di Gregorio IX come ambasciatore degli ordini penitenziali allora in fermento. Ma com'era Antonio? Antonio l'uomo, il personaggio storico? Che aspetto aveva? Padre Antonino Poppi ricorda la ricognizione del 1981 nel corso della quale fu fatta un- 'accurata analisi delle spoglie. «Era uomo di statura notevole per l'epoca, 1 metro e 71 e di bel aspetto. Il volto affilato, le mani lunghe e sottili. Era un gran camminatore.
L'esame delle ossa delle gambe ne ha rivelato la robustezza e anche l'abitudine a restare a lungo inginocchiato in preghiera, come dimostra l'ispessimento delle tibie». Morì nel piccolo convento dell'Arcella e la popolazione del borgo avrebbe voluto inumare lì il corpo anche se pare che Antonio avesse espresso il desiderio di ritornare nella chiesa doveva aveva iniziato la sua predicazione padovana. Scoppiarono tumulti, che la querelle si sarebbe risolta a colpi di catapulta. Poi prevalse la carità e il Santo trovò la pace nella chiesetta suburbana di S.Maria Mater Domini dove oggi sorge la basilica. Allora, però, era una chiesuola con il tetto di canne.
Fernando di Lisbona, questo il suo nome al secolo, nasce nel capoluogo lusitano nel 1195. Il padre si chiama Martino di Alfonso. Secondo la cronaca di Rolandino, la famiglia dell'uomo dei miracoli era «de genere nobilium atque potentium». Antonio entra nell'ordine degli agostiniani, riceve una preparazione teologica straordinaria, ha il dono della Parola, predicatore infaticabile. Voce suadente e armoniosa che però, nel fervore della predica, acquista toni taglienti. Nel 1220 la sua vita subisce una svolta: la vista dei cinque cadaveri dei missionari francescani trucidati in Marocco lo convince a vestire il saio e a partire per l'Africa. Qui ò toccato dalla sorte che gli fa mutare rotta. In Marocco cade gravemente ammalato ed ò costretto ad imbarcarsi di nuovo per rientrare in patria, ma una tempesta trascina il veliero sulle coste della Sicilia. Dopo un periodo di convalescenza Antonio si incammina diretto a nord, lo aspettano strade dissestate ma anche paludi e foreste impenetrabili.
11 febbraio 2010

SPECIALE ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE" - LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA NELL'ENCICLICA (86.ESIMA PARTE)

Di mons. Angelo Casile
25 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
La Caritas in veritate contiene delle precise affermazioni sulla natura della dottrina sociale della Chiesa, definita come «caritas in veritate in re sociali: annuncio della verità dell’amore di Cristo nella società. Tale dottrina è servizio della carità, ma nella verità» (CV 5).
Ciò significa che la dottrina sociale è anzitutto: «elemento essenziale di evangelizzazione… annuncio e testimonianza di fede... strumento e luogo imprescindibile di educazione ad essa» (CV 15), «servizio alla verità che libera. Aperta alla verità, da qualsiasi sapere provenga, la dottrina sociale della Chiesa l’accoglie, compone in unità i frammenti in cui spesso la ritrova, e la media nel vissuto sempre nuovo della società degli uomini e dei popoli» (CV 9).
Seguendo l’insegnamento della Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II e riprendendo quanto già affermato sul magistero nella continuità della vita della Chiesa,1 Benedetto XVI afferma che non esiste una dottrina sociale «preconciliare e una postconciliare, diverse tra loro, ma un unico insegnamento, coerente e nello stesso tempo sempre nuovo» (CV 12).
La dottrina sociale «illumina con una luce che non muta i problemi sempre nuovi che emergono» e «fa parte della Tradizione sempre vitale della Chiesa» in quanto si rifà alle opere e alle parole di Gesù, ed «è costruita sopra il fondamento trasmesso dagli Apostoli ai Padri della Chiesa e poi accolto e approfondito dai grandi Dottori cristiani» (CV 12). Non si può leggere la dottrina sociale «fuori dal contesto del vangelo e del suo annuncio.
La dottrina sociale, come mostra questa enciclica, nasce e si interpreta alla luce della rivelazione» e impegna «in primo luogo il cristiano a “incarnare” la sua fede»2. Il punto di vista della dottrina sociale della Chiesa non è la realtà sociale sociologicamente intesa, ma la fede apostolica che annuncia il «Dio dal volto umano» (CV 55).
Scrive Benedetto XVI: Lo sviluppo «ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio» (CV 79). La dottrina sociale perché diventi promozione di sviluppo integrale ha bisogno di uomini nuovi e di cristiani autentici capaci di rinnovare con l’aiuto di Dio se stessi e la società: «Dio rinnova il cuore dell’uomo perché questi possa dedicarsi a vivere nella carità e nella giustizia. Perciò i cristiani non stanno semplicemente alla finestra a guardare o a protestare, contagiati dalla moderna cultura della denuncia, ma si lasciano convertire per costruire, in Dio, una cultura nuova».3
La dottrina sociale nella sua prospettiva interdisciplinare permette «alla fede, alla teologia, alla metafisica e alle scienze di trovare il loro posto entro una collaborazione a servizio dell’uomo. È soprattutto qui che la dottrina sociale della Chiesa attua la sua dimensione sapienziale» (n. 31).
Attorno al principio “caritas in veritate”, «ruota l’intera dottrina sociale della Chiesa. Solo con la carità, illuminata dalla ragione e dalla fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di valenza umana e umanizzante».4
L’importanza della dottrina sociale della Chiesa si fa oggi sempre più evidente, in un tempo segnato da profondi e radicali cambiamenti, che ci chiede bussole efficaci, punti di riferimento per confrontarci con la complessità che ci circonda e tali orientamenti sono tanto più essenziali quando più si opera nel campo della formazione all’impegno sociale e politico.
NOTE
1) Cfr Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi (22 dicembre 2005): Insegnamenti I (2005), 1023-1032.
2) Così ribadiva il Card. Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, nel suo intervento di presentazione dell’enciclica il 7 luglio scorso.
3) Idem.
4) Benedetto XVI, Discorso all’Udienza generale, 8 luglio 2009. Potrebbe essere utile approfondire altre piste: Si può consultare il testo AA.VV., Carità Globale. Commento alla Caritas in veritate, Editrice AVE, Roma 2009.
Mons. Angelo Casile è Direttore dell'Ufficio Nazionale per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Conferenza Episcopale Italiana.

INCONTRO ALLA PASQUA (9) - IL PAPA APRE LA QUARESIMA: SIAMO "POLVERE, SI', MA AMATA"

Presiede la Messa
di imposizione delle ceneri
17 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
Benedetto XVI ha ricevuto le ceneri, nella messa per l'inizio della Quaresima, questo mercoledì pomeriggio, e ha ricordato che l'uomo è “polvere, sì, ma amata” da Dio.
Nella Basilica di Santa Sabina di Roma affidata ai Padri Domenicani, il Papa ha presentato il rito di benedizione e di imposizione delle ceneri come “un gesto di umiltà, che significa: mi riconosco per quello che sono, una creatura fragile, fatta di terra e destinata alla terra, ma anche fatta ad immagine di Dio e destinata a Lui”.
Ed ha aggiunto: “Polvere, sì, ma amata, plasmata dal suo amore, animata dal suo soffio vitale, capace di riconoscere la sua voce e di rispondergli; libera e, per questo, capace anche di disobbedirgli, cedendo alla tentazione dell’orgoglio e dell’autosufficienza”.
Come un semplice fedele, il Papa ha ricevuto le ceneri sul capo dal Cardinale slovacco Jozeph Tomko, Prefetto emerito della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e titolare di Santa Sabina.
A sua volta, il Santo Padre le ha imposte a numerosi Cardinali tra i quali il Segretario di Stato Tarciso Bertone, il Vicario di Roma Agostino Vallini, e il suo predecessore Camillo Ruini.
Prima il Papa aveva presieduto un’assemblea di preghiera nella forma delle "Stazioni" romane, nella Chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino, dei Monaci Benedettini. Dopo c'è stata la tradizionale processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina per la celebrazione del rito.
L’uso di celebrare in Quaresima la Messa “stazionale” risale ai secoli VII-VIII, quando il Papa celebrava l’Eucaristia assistito da tutti i preti delle Chiese di Roma, in una delle 43 Basiliche stazionali della Città.
Dopo una preghiera iniziale si snodava la Processione da una Chiesa ad un’altra al canto delle Litanie dei Santi, che si concludeva con la celebrazione dell’Eucaristia.
Alla fine della Messa i preti prendevano il pane eucaristico (fermentum) e lo portavano ai fedeli che non avevano potuto partecipare, ad indicare la comunione e l’unità fra tutti i membri della Chiesa.
L’imposizione delle ceneri era un rito riservato dapprima ai penitenti pubblici, che avevano chiesto di venir riconciliati durante la Quaresima. Tuttavia, per umiltà e riconoscendosi sempre bisognosi di riconciliazione, il Papa, il clero e poi tutti i fedeli vollero successivamente associarsi a quel rito ricevendo anch’essi le ceneri.
La Stazione Quaresimale indica la dimensione pellegrinante del popolo di Dio che, in preparazione alla Settimana Santa, intensifica il deserto quaresimale e sperimenta la lontananza dalla “Gerusalemme” verso la quale si dirigerà la Domenica delle Palme, perché il Signore possa completare - nella Pasqua - la sua missione terrena e realizzare il disegno del Padre.
Nel'omelia, il Santo Padre ha presentato l’intero itinerario quaresimale, che avrà come culmine la Pasqua, “ponendo a suo fondamento l’onnipotenza d’amore di Dio, la sua assoluta signoria su ogni creatura, che si traduce in indulgenza infinita, animata da costante e universale volontà di vita”.
“In effetti - ha sottolineato -, perdonare qualcuno equivale a dirgli: non voglio che tu muoia, ma che tu viva; voglio sempre e soltanto il tuo bene”.
“La salvezza, infatti, è dono, è grazia di Dio, ma per avere effetto nella mia esistenza richiede il mio assenso, un’accoglienza dimostrata nei fatti, cioè nella volontà di vivere come Gesù, di camminare dietro a Lui”.
“Seguire Gesù nel deserto quaresimale è dunque condizione necessaria per partecipare alla sua Pasqua, al suo 'esodo'”, ha continuato.
“Adamo fu cacciato dal Paradiso terrestre, simbolo della comunione con Dio - ha sottolineato il Papa -; ora, per ritornare a questa comunione e dunque alla vera vita, la vita eterna, bisogna attraversare il deserto, la prova della fede. Non da soli, ma con Gesù! Lui - come sempre - ci ha preceduto e ha già vinto il combattimento contro lo spirito del male”.
“Ecco il senso della Quaresima - ha quindi concluso -, tempo liturgico che ogni anno ci invita a rinnovare la scelta di seguire Cristo sulla via dell’umiltà per partecipare alla sua vittoria sul peccato e sulla morte”.
Come ogni anno, il Papa ha indirizzato un messaggio ai cattolici di tutto il mondo in vista di questa Quaresima che ha come tema: “La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo”.

INCONTRO ALLA PASQUA (8) - BENEDETTO XVI: CONVERTIRSI SIGNIFICA "ANDARE CONTROCORRENTE"

In occasione dell'Udienza generale
per il Mercoledì delle Ceneri
17 febbraio 2010
Tratto da ZENIT.org
Il periodo quaresimale deve essere un periodo per “andare controcorrente” e “cambiare direzione nel cammino della vita”. E' quanto ha detto Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale di mercoledì nell'Aula Paolo VI.
All’inizio del cammino quaresimale, il Papa ha invitato i fedeli a cogliere “la sorprendente novità” sprigionata dal richiamo alla conversione che “mette a nudo e denuncia la facile superficialità che caratterizza molto spesso il nostro vivere”.
Il Papa ha spiegato che per conversione si intende “una vera e propria inversione di marcia”, in cui ci si lascia trasformare dal mistero pasquale di Gesù.
“Conversione - ha detto - è andare controcorrente, dove la 'corrente' è lo stile di vita superficiale, incoerente ed illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale”.
“Con la conversione, invece, si punta alla misura alta della vita cristiana, ci si affida al Vangelo vivente e personale, che è Cristo Gesù”.
“Non è una semplice decisione morale - ha aggiunto -, che rettifica la nostra condotta di vita, ma è una scelta di fede, che ci coinvolge interamente nella comunione intima con la persona viva e concreta di Gesù”.
La conversione, ha continuato il Papa, è il “sì totale di chi consegna la propria esistenza al Vangelo, rispondendo liberamente a Cristo che per primo si offre all’uomo come via, verità e vita”.
Del resto, ha sottolineato, l'appello alla conversione e a credere al Vangelo “non sta solo all’inizio della vita cristiana”, ma ne accompagna tutti i passi.
“Ogni giorno - ha continuato - è momento favorevole e di grazia, perché ogni giorno ci sollecita a consegnarci a Gesù, ad avere fiducia in Lui, a rimanere in Lui, a condividerne lo stile di vita”.
“Ogni giorno - ha ribadito -, anche quando non mancano le difficoltà e le fatiche, le stanchezze e le cadute, anche quando siamo tentati di abbandonare la strada della sequela di Cristo e di chiuderci in noi stessi, nel nostro egoismo, senza renderci conto della necessità che abbiamo di aprirci all’amore di Dio in Cristo, per vivere la stessa logica di giustizia e di amore”.
“L’uomo è polvere - ha ricordato il Santo Padre - e in polvere ritornerà, ma è polvere preziosa agli occhi di Dio, perché Dio ha creato l’uomo destinandolo all’immortalità”.
Anche Gesù, ha sottolineato, ha “liberamente voluto condividere con ogni uomo la sorte della fragilità, in particolare attraverso la sua morte in croce”.
“Ma proprio questa morte, colma del suo amore per il Padre e per l’umanità, è stata la via per la gloriosa risurrezione, attraverso la quale Cristo è diventato sorgente di una grazia donata a quanti credono in Lui e vengono resi partecipi della stessa vita divina”.
Ecco allora che “il piccolo gesto dell’imposizione delle ceneri ci svela la singolare ricchezza del suo significato”, con il suo invito a immergerci più consapevolmente nel mistero pasquale di Gesù, nella sua morte e risurrezione “mediante la partecipazione all’Eucaristia e alla vita di carità”.
Al momento dei saluti finali, Benedetto XVI ha infine invitato i malati ad offrire le loro sofferenze “insieme con Cristo per la conversione di quanti ancora si trovano lontano da Dio” ed ha augurato agli sposi novelli “di costruire con coraggio e generosità” la propria famiglia “sulla salda roccia dell’amore divino”.

giovedì 25 febbraio 2010

DI FRONTE AL FRANTOIO IPOGEO UNA PERICOLOSISSIMA CABINA ELETTRICA "APERTA AL PUBBLICO" (SEGNALATA AI VIGILI URBANI OGGI MEZZOGIORNO)





Clicca sulle immagini
per ingrandirle e gustarle meglio

NOVITA' ANTICO FRANTOIO IPOGEO SITO IN LOCALITA' "LI CURTI" - OCCHIU 'NU 'BBITE, CORE 'NU 'DDHOLE! (TERZA ED ULTIMA PARTE)



Clicca sulle immagini
per ingrandirle e gustarle meglio
Vogliamo immaginare che si stia preparando un altro cancelletto per quest'ultimo ingresso nella foresta di Cappuccetto Rosso?
Dopo di ciò, caro Sindaco, ti chiederemo le chiavi, non abbiamo scorno nel farlo!
Erbaccia alta, murales, sporcizia, lavori fermi ed abbandono: cosa fanno i nostri amministratori per risolvere il problema? Sigillano l'area per i non addetti ai lavori e per impedire che altri "immortalino" lo schifo.
Dopo la pubblica denuncia su questo blog, dopo l'ampio reportage fotografico, dopo il comunicato stampa al "Nuovo Quotidiano di Lecce" e a "La Gazzetta di Lecce" che non hanno pubblicato ancora nulla per "mancanza di spazio", si è pensato bene di spendere altri soldini e chiudere la porta in faccia ai visitatori incuriositi, con tanto di lucchettino in bronzo luccicante.

VISITARE PER CREDERE!!!

NOVITA' ANTICO FRANTOIO IPOGEO SITO IN LOCALITA' "LI CURTI" - OCCHIU 'NU 'BBITE, CORE 'NU 'DDHOLE! (SECONDA PARTE)


Clicca sulle immagini
per ingrandirle e gustarle meglio
Osservate cosa è cambiato rispetto a qualche giorno fa: qualcuno è entrato dimenticando di chiudere la porta interna e con la luce, lo spettacolo si fa più interessante...
Erbaccia alta, murales, sporcizia, lavori fermi ed abbandono: cosa fanno i nostri amministratori per risolvere il problema? Sigillano l'area per i non addetti ai lavori e per impedire che altri "immortalino" lo schifo.
Dopo la pubblica denuncia su questo blog, dopo l'ampio reportage fotografico, dopo il comunicato stampa al "Nuovo Quotidiano di Lecce" e a "La Gazzetta di Lecce" che non hanno pubblicato ancora nulla per "mancanza di spazio", si è pensato bene di spendere altri soldini e chiudere la porta in faccia ai visitatori incuriositi, con tanto di lucchettino in bronzo luccicante.

VISITARE PER CREDERE!!!

NOVITA' ANTICO FRANTOIO IPOGEO SITO IN LOCALITA' "LI CURTI" - OCCHIU 'NU 'BBITE, CORE 'NU 'DDHOLE! (PRIMA PARTE)






Clicca sulle immagini
per ingrandirle e gustarle meglio
Erbaccia alta, murales, sporcizia, lavori fermi ed abbandono: cosa fanno i nostri amministratori per risolvere il problema? Sigillano l'area per i non addetti ai lavori e per impedire che altri "immortalino" lo schifo.
Dopo la pubblica denuncia su questo blog, dopo l'ampio reportage fotografico, dopo il comunicato stampa al "Nuovo Quotidiano di Lecce" e a "La Gazzetta di Lecce" che non hanno pubblicato ancora nulla per "mancanza di spazio", si è pensato bene di spendere altri soldini e chiudere la porta in faccia ai visitatori incuriositi, con tanto di lucchettino in bronzo luccicante.
VISITARE PER CREDERE!!!
Questo era il comunicato stampa:
"Decine, decine, decine e decine di migliaia di euro spesi per ristrutturarlo e riportarlo alla luce. Per lasciarlo chiuso e fermo tra i lavori.
CHIUSO AL PUBBLICO!
Come i giardini del Parco Santaloja, aperti per due o tre festini estivi al profumo di pizzica e tarallucci e vino; come il laghetto “Cellini” chiuso e dimenticato tra sole e luna (forse avranno buttato in acqua anche le chiavi del cancello d’ingresso!).
Così si presenta all’occhio dei passanti l’esterno del frantoio ipogeo sito in località “Li Curti” (zona alle spalle della Chiesa di Gesù Redentore), di cui tutti se ne sciacquano la bocca (usate colluttorio migliore da oggi in poi, il mercato ne offre tanti!).
Murales, erbaccia alta, sporcizia, materiale di rivestimento danneggiato, lavori a metà già da troppi anni: il tutto rigorosamente rinchiuso in una graticola ferrea con una vista panoramica esterna davvero eccezionale che ha come ornamento decorativo lunghe ali di marciapiedi che neanche in Sierra Leone si trovano.
Cari Amministratori del Comune di Melissano, quando balbettate di buone notizie per le famiglie melissanesi vi riferite anche a questi ottimi risultati, frutto della vostra volontà di consegnare ai melissanesi queste strutture recuperate?
Stefano Giuseppe Scarcella
Consigliere Comunale
Referente locale dell'Italia dei Valori"