L'attore, tra i padri fondatori del varietà formato tv, avrebbe compiuto 88 anni a maggio. Prima con Tognazzi, poi con la moglie Sandra Mondaini, è stato un principe della risata leggera e mai volgare. Al cinema recitò accanto a Totò.
Di Claudia Morgoglione
Tratto dal Sito Internet
www.repubblica.it
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ADDIO a un gran signore del piccolo schermo, un volto celebre che ha fatto davvero la storia della tv italiana, fin dalla sua nascita: Raimondo Vianello è morto - intorno alle 7 - all'ospedale San Raffaele di Milano, dove era stato ricoverato qualche giorno fa. Accanto a lui, anche se gravemente ammalata, Sandra Mondaini: la prima a piangere una scomparsa che lascia un vuoto enorme, nel mondo dello spettacolo. Dalle mitiche gag con Ugo Tognazzi, ai decenni di esibizione in coppia con la moglie, lo humour leggero dell'attore e conduttore, la sua levità, hanno fondato e poi arricchito il varietà televisivo.
Nato a Roma il 7 maggio del 1922, figlio di ammiraglio, cresciuto a Spalato, aderisce alla Repubblica di Salò, e per questo viene rinchiuso nel campo di prigionia di Coltano (dove c'erano, tra gli altri, anche Walter Chiari ed Enrico Maria Salerno). Finita la guerra, non sembra appassionarsi molto alle possibilità legate alla sua laurea in giurisprudenza. E coltiva già un umorismo di tipo britannico, sottile e sornione. L'inizio della carriera nello showbiz è però abbastanza casuale: alto, biondo, allampanato, viene scelto per interpretare un soldato nella rivista Cantachiaro di Garinei e Giovannini. Un debutto in sordina, il suo, ma all'insegna di un marchio di grande qualità nell'ambito dell'intrattenimento, la premiata ditta G&G. E' il 1950, lui ha 28 anni.
Da allora, praticamente, non si ferma più. Perché, subito dopo la sua prima volta sul palcoscenico, comincia a lavorare con partner blasonati: Carlo Dapporto, Macario, Gino Bramieri. E soprattutto Ugo Tognazzi, con cui comincia a fare coppia fissa, artisticamente parlando. E' il primo dei due incontri decisivi, nella sua carriera. Ma il secondo, avvenuto nel 1959, è cruciale anche per la sua vita privata: conosce infatti Sandra Mondaini, la sposa, e comincia un sodalizio sentimentale e professionale che durerà una vita.
Ma torniamo a quegli effervescenti anni Cinquanta. Nel 1954 Vianello è il mattatore, insieme a Tognazzi, del divertentissimo show Un, due, tre. I loro sketch, spesso irriverenti nei confronti dei potenti, fanno discutere, oltre che ridere. E quando, nel '59, arriva sul piccolo schermo la parodia del presidente Gronchi che scivola a una serata col collega francese De Gaulle, la censura non perde tempo, e il programma viene sospeso.
Negli anni Sessanta, però, le apparizioni televisive riprendono. Accanto alla moglie, che è attrice come lui; e che come lui è dotata di una verve comica che ne fa una partner perfetta. Ed ecco formata la premiata ditta Raimondo & Sandra, che tutti conoscono a amano. Sono loro due le star di Studio Uno, a metà del decennio; e poi, nei primi Settanta, di Sai che ti dico?, Tante scuse, e più avanti (nel '77) Noi...no.
Pochi anni, e il fenomeno delle tv private, riunite in un network nazionale dall'imprenditore-costruttore Silvio Berlusconi, esplode. E dopo Mike Bongiorno, è Vianello uno dei primi divi a trasferirsi in casa del Biscione: lo ricordiamo, ad esempio, come conduttore del programma Il gioco dei Nove. E soprattutto nelle sit-com Casa Vianello e Cascina Vianello, che sulle reti Fininvest poi diventate Mediaset è un appuntamento fisso. Ma le reti berlusconiane utilizzano il suo talento, la sua capacità di sdrammatizzare gli animi più accesi, anche nelle trasmissioni sportive, come Pressing.
La Rai, però, lo richiama quando è già un signore ben oltre la soglia del settant'anni. Nel 1998, infatti, conduce il Festival di Sanremo: elegante come sempre, distaccato quanto basta. Un personaggio inattuale, forse, in una tv che stava cambiando pelle, con l'avvento imminente dei reality e dei talent show. Ma il suo umorismo rimarrà per sempre un classico della comicità made in Italy, senza volgarità e senza esagerazioni.
E al di là della televisione, Vianello va ricordato anche per le sue non frequentissime interpretazioni su grande schermo. Due delle quali accanto a un genio della risata come Totò: una, da semi-esordiente, in Totò Sceicco; un'altra, da star della tv ormai affermata, in Totò Diabolicus (1962). Ed è un peccato che i registi di cinema non abbiano sfruttato di più le sue potenzialità.
I funerali di Raimondo Vianello si svolgeranno sabato alle 11, nella Chiesa di Dio Padre a Segrate (Milano). La camera ardente sarà allestita domani negli studi Mediaset a Cologno Monzese. Dopo le esequie la salma verrà trasferita a Roma, per essere tumulata nella tomba di famiglia al cimitero del Verano.
Nato a Roma il 7 maggio del 1922, figlio di ammiraglio, cresciuto a Spalato, aderisce alla Repubblica di Salò, e per questo viene rinchiuso nel campo di prigionia di Coltano (dove c'erano, tra gli altri, anche Walter Chiari ed Enrico Maria Salerno). Finita la guerra, non sembra appassionarsi molto alle possibilità legate alla sua laurea in giurisprudenza. E coltiva già un umorismo di tipo britannico, sottile e sornione. L'inizio della carriera nello showbiz è però abbastanza casuale: alto, biondo, allampanato, viene scelto per interpretare un soldato nella rivista Cantachiaro di Garinei e Giovannini. Un debutto in sordina, il suo, ma all'insegna di un marchio di grande qualità nell'ambito dell'intrattenimento, la premiata ditta G&G. E' il 1950, lui ha 28 anni.
Da allora, praticamente, non si ferma più. Perché, subito dopo la sua prima volta sul palcoscenico, comincia a lavorare con partner blasonati: Carlo Dapporto, Macario, Gino Bramieri. E soprattutto Ugo Tognazzi, con cui comincia a fare coppia fissa, artisticamente parlando. E' il primo dei due incontri decisivi, nella sua carriera. Ma il secondo, avvenuto nel 1959, è cruciale anche per la sua vita privata: conosce infatti Sandra Mondaini, la sposa, e comincia un sodalizio sentimentale e professionale che durerà una vita.
Ma torniamo a quegli effervescenti anni Cinquanta. Nel 1954 Vianello è il mattatore, insieme a Tognazzi, del divertentissimo show Un, due, tre. I loro sketch, spesso irriverenti nei confronti dei potenti, fanno discutere, oltre che ridere. E quando, nel '59, arriva sul piccolo schermo la parodia del presidente Gronchi che scivola a una serata col collega francese De Gaulle, la censura non perde tempo, e il programma viene sospeso.
Negli anni Sessanta, però, le apparizioni televisive riprendono. Accanto alla moglie, che è attrice come lui; e che come lui è dotata di una verve comica che ne fa una partner perfetta. Ed ecco formata la premiata ditta Raimondo & Sandra, che tutti conoscono a amano. Sono loro due le star di Studio Uno, a metà del decennio; e poi, nei primi Settanta, di Sai che ti dico?, Tante scuse, e più avanti (nel '77) Noi...no.
Pochi anni, e il fenomeno delle tv private, riunite in un network nazionale dall'imprenditore-costruttore Silvio Berlusconi, esplode. E dopo Mike Bongiorno, è Vianello uno dei primi divi a trasferirsi in casa del Biscione: lo ricordiamo, ad esempio, come conduttore del programma Il gioco dei Nove. E soprattutto nelle sit-com Casa Vianello e Cascina Vianello, che sulle reti Fininvest poi diventate Mediaset è un appuntamento fisso. Ma le reti berlusconiane utilizzano il suo talento, la sua capacità di sdrammatizzare gli animi più accesi, anche nelle trasmissioni sportive, come Pressing.
La Rai, però, lo richiama quando è già un signore ben oltre la soglia del settant'anni. Nel 1998, infatti, conduce il Festival di Sanremo: elegante come sempre, distaccato quanto basta. Un personaggio inattuale, forse, in una tv che stava cambiando pelle, con l'avvento imminente dei reality e dei talent show. Ma il suo umorismo rimarrà per sempre un classico della comicità made in Italy, senza volgarità e senza esagerazioni.
E al di là della televisione, Vianello va ricordato anche per le sue non frequentissime interpretazioni su grande schermo. Due delle quali accanto a un genio della risata come Totò: una, da semi-esordiente, in Totò Sceicco; un'altra, da star della tv ormai affermata, in Totò Diabolicus (1962). Ed è un peccato che i registi di cinema non abbiano sfruttato di più le sue potenzialità.
I funerali di Raimondo Vianello si svolgeranno sabato alle 11, nella Chiesa di Dio Padre a Segrate (Milano). La camera ardente sarà allestita domani negli studi Mediaset a Cologno Monzese. Dopo le esequie la salma verrà trasferita a Roma, per essere tumulata nella tomba di famiglia al cimitero del Verano.
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