della Commissione diocesana
Di Chiara Santomiero
11 aprile 2010
Di Chiara Santomiero
11 aprile 2010
Tratto da ZENIT.org
Icona o reliquia?
Monsignor Ghiberti: Il primo ad usare la terminologia dell'icona è stato il cardinale Ballestrero e lo hanno rimproverato di usare un escamotage, un concetto per evitare di parlare di reliquia nel momento in cui si proclamavano i risultati dell'analisi del carbonio 14 che spostava la datazione della Sindone al Medioevo, così da salvaguardarne la sacralità. Si tratta di una polemica ingiustificata. Quello di icona è un concetto utile non per evitare il problema dell'autenticità, perché anche quando questa fosse dimostrata, non ci sarebbero difficoltà ad usarlo. Semmai il problema è oggi poter usare il concetto di reliquia, cioè di oggetto che avrebbe avuto contatto con Gesù.
Nel gioco tra i due concetti, quello di icona ha qualcosa in più e qualcosa in meno. In più ha il vantaggio di non doversi esprimere riguardo al contatto fisico con il corpo di Gesù - senza negarlo, non si pronuncia su questo aspetto -; in meno, si avverte come un concetto un po' più lontano. Il concetto di reliquia ha lo svantaggio di anticipare, nel sentire comune, conclusioni che non ci sono state ancora date. Anche se in un'accezione ampia del termine, reliquia può indicare qualcosa che ha avuto riferimento con un santo ma senza necessariamente un contatto fisico. In questo senso, è un termine che si può utilizzare anche per la Sindone, specificando il significato con il quale lo si usa.
La teologia dell'icona ha una grande densità di significato in quanto esprime, secondo la tradizione dell'uso che ha avuto nella Scrittura e nella cristianità antica, il concetto di una somiglianza che tende addirittura all'identificazione con il punto di partenza.
Si può dire che questa incertezza sull'autenticità della Sindone ha in sé una funzione educativa che Dio offre ai credenti?
Monsignor Ghiberti: E' uno degli aspetti della povertà che è caratteristica del mistero dell'Incarnazione. Se qualcosa ci dice questo mistero è il nascondimento della divinità nella corporeità, l'aspetto più tangibile della presenza di una persona umana. Nel darci la Sindone come aiuto alla fede ma senza liberarlo dalle incertezze scientifiche, Dio ci invita a concentrarci sull'essenziale del messaggio che è il rimando a suo Figlio, incarnato in un corpo, morto e resuscitato. Anche la povertà del segno è nello stile di Gesù che si serve di strumenti "deboli" per convertire i cuori.
Da una parte c'è il milione e mezzo di pellegrini prenotati per l'ostensione, dall'altra c'è scetticismo verso la Sindone tra molti credenti: perché nell'incertezza è più facile credere che non sia autentica piuttosto che il contrario?
Monsignor Ghiberti: Bisognerebbe chiedersi se molti credenti credano davvero a verità di fede come la Resurrezione e la presenza reale di Gesù nell'Eucarestia. E' molto difficile quando si tratta di accogliere bene in coscienza i contenuti di queste affermazioni fondamentali della fede, dire "io credo". Anche alcuni che vanno in chiesa regolarmente pensano forse che siano modi di dire.
L'aspetto dello straordinario, man mano che si procede negli anni, diventa qualcosa che invita a relativizzare; ognuno vive una quantità di esperienze che non recano in sé lo straordinario e ciò che non è passato nella mia esperienza lo metto facilmente tra parentesi o lo escludo. Qualcosa di analogo avviene con la fede. Nel momento in cui sento l'invito a credere, se dico di sì, so che è un invito ad andare al di là, solo che man mano che il tempo passa, lo tiro in qua il cuore che avevo buttato al di là. Quando, come alla mia età, si avvicinano i momenti conclusivi della vita, il pensiero di un futuro nel quale questa mia realtà ha una trasformazione beatificante non è facile da confermare e da accettare. Credere è un processo di conquista che ha le sue difficoltà e le sue gioie a tutte le età e non mi stupisce che riguardo alla Sindone capiti qualcosa di analogo. E' più preoccupante per le verità di fede. La Sindone posso metterla tra parentesi: magari faccio male perché perdo un aiuto, ma il Signore non mi chiederà conto di questo come mi chiederà se ho rinunciato a una o più verità di fede. Si tratta però di ambiti che presentano delle somiglianze. Sta accadendo che ciò che serve per la fede ha le stesse difficoltà che ha la fede stessa di essere accettata.
Che cosa raccomandare ai pellegrini, quale atteggiamento, come accostarsi a questo mistero?
Monsignor Ghiberti: Per lasciarsi sorprendere da questa realtà bisogna impegnarsi per il silenzio, rinunciare ai commenti, vivere questo momento in modo personale. Bisogna inoltre curare la preparazione, non arrivare del tutto sprovveduti.
Affinché non si limiti a una semplice emozione, c'è la possibilità di fermarsi nella cappella dell'adorazione e nella penitenzieria per un momento di adorazione o per la confessione. Molti rientrano dal portone centrale del duomo per soffermarsi davanti alla Sindone con più calma, sebbene da lontano.
Si tratta di cogliere un rimando all'amore infinito di Gesù: questo è il messaggio che sta al di sopra di tutte le considerazioni possibili.
Icona o reliquia?
Monsignor Ghiberti: Il primo ad usare la terminologia dell'icona è stato il cardinale Ballestrero e lo hanno rimproverato di usare un escamotage, un concetto per evitare di parlare di reliquia nel momento in cui si proclamavano i risultati dell'analisi del carbonio 14 che spostava la datazione della Sindone al Medioevo, così da salvaguardarne la sacralità. Si tratta di una polemica ingiustificata. Quello di icona è un concetto utile non per evitare il problema dell'autenticità, perché anche quando questa fosse dimostrata, non ci sarebbero difficoltà ad usarlo. Semmai il problema è oggi poter usare il concetto di reliquia, cioè di oggetto che avrebbe avuto contatto con Gesù.
Nel gioco tra i due concetti, quello di icona ha qualcosa in più e qualcosa in meno. In più ha il vantaggio di non doversi esprimere riguardo al contatto fisico con il corpo di Gesù - senza negarlo, non si pronuncia su questo aspetto -; in meno, si avverte come un concetto un po' più lontano. Il concetto di reliquia ha lo svantaggio di anticipare, nel sentire comune, conclusioni che non ci sono state ancora date. Anche se in un'accezione ampia del termine, reliquia può indicare qualcosa che ha avuto riferimento con un santo ma senza necessariamente un contatto fisico. In questo senso, è un termine che si può utilizzare anche per la Sindone, specificando il significato con il quale lo si usa.
La teologia dell'icona ha una grande densità di significato in quanto esprime, secondo la tradizione dell'uso che ha avuto nella Scrittura e nella cristianità antica, il concetto di una somiglianza che tende addirittura all'identificazione con il punto di partenza.
Si può dire che questa incertezza sull'autenticità della Sindone ha in sé una funzione educativa che Dio offre ai credenti?
Monsignor Ghiberti: E' uno degli aspetti della povertà che è caratteristica del mistero dell'Incarnazione. Se qualcosa ci dice questo mistero è il nascondimento della divinità nella corporeità, l'aspetto più tangibile della presenza di una persona umana. Nel darci la Sindone come aiuto alla fede ma senza liberarlo dalle incertezze scientifiche, Dio ci invita a concentrarci sull'essenziale del messaggio che è il rimando a suo Figlio, incarnato in un corpo, morto e resuscitato. Anche la povertà del segno è nello stile di Gesù che si serve di strumenti "deboli" per convertire i cuori.
Da una parte c'è il milione e mezzo di pellegrini prenotati per l'ostensione, dall'altra c'è scetticismo verso la Sindone tra molti credenti: perché nell'incertezza è più facile credere che non sia autentica piuttosto che il contrario?
Monsignor Ghiberti: Bisognerebbe chiedersi se molti credenti credano davvero a verità di fede come la Resurrezione e la presenza reale di Gesù nell'Eucarestia. E' molto difficile quando si tratta di accogliere bene in coscienza i contenuti di queste affermazioni fondamentali della fede, dire "io credo". Anche alcuni che vanno in chiesa regolarmente pensano forse che siano modi di dire.
L'aspetto dello straordinario, man mano che si procede negli anni, diventa qualcosa che invita a relativizzare; ognuno vive una quantità di esperienze che non recano in sé lo straordinario e ciò che non è passato nella mia esperienza lo metto facilmente tra parentesi o lo escludo. Qualcosa di analogo avviene con la fede. Nel momento in cui sento l'invito a credere, se dico di sì, so che è un invito ad andare al di là, solo che man mano che il tempo passa, lo tiro in qua il cuore che avevo buttato al di là. Quando, come alla mia età, si avvicinano i momenti conclusivi della vita, il pensiero di un futuro nel quale questa mia realtà ha una trasformazione beatificante non è facile da confermare e da accettare. Credere è un processo di conquista che ha le sue difficoltà e le sue gioie a tutte le età e non mi stupisce che riguardo alla Sindone capiti qualcosa di analogo. E' più preoccupante per le verità di fede. La Sindone posso metterla tra parentesi: magari faccio male perché perdo un aiuto, ma il Signore non mi chiederà conto di questo come mi chiederà se ho rinunciato a una o più verità di fede. Si tratta però di ambiti che presentano delle somiglianze. Sta accadendo che ciò che serve per la fede ha le stesse difficoltà che ha la fede stessa di essere accettata.
Che cosa raccomandare ai pellegrini, quale atteggiamento, come accostarsi a questo mistero?
Monsignor Ghiberti: Per lasciarsi sorprendere da questa realtà bisogna impegnarsi per il silenzio, rinunciare ai commenti, vivere questo momento in modo personale. Bisogna inoltre curare la preparazione, non arrivare del tutto sprovveduti.
Affinché non si limiti a una semplice emozione, c'è la possibilità di fermarsi nella cappella dell'adorazione e nella penitenzieria per un momento di adorazione o per la confessione. Molti rientrano dal portone centrale del duomo per soffermarsi davanti alla Sindone con più calma, sebbene da lontano.
Si tratta di cogliere un rimando all'amore infinito di Gesù: questo è il messaggio che sta al di sopra di tutte le considerazioni possibili.
(2-FINE)
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