Di Antonio Rispoli
Tratto dal Sito Internet
www.julienews.it
Anche se fosse un pugile coriaceo come il Rocky Balboa dei film, ormai il Giornale avrebbe dovuto stancarsi di incassare botte, sotto forme di sentenza di condanna dai vari Tribunali italiani. Ma quello che nella vita di un giornalista è una eventualità, per il quotidiano di Berlusconi sta diventando una normalità. Negli ultimi giorni sono arrivate a decisione, presso il Tribunale di Monza, altre tre sentenze, che condannano il Giornale a varie pene pecuniare per i giornalisti e al risarcimento dei danni al leader dell'Italia dei Valori, Antonio DI Pietro.
La prima riguarda un articolo del 7 gennaio 2009, in cui si attaccava l'ex Pm perchè lui usava dei trucchi per non essere mai intercettato. E nell'articolo si faceva riferimento alla circostanza che lui usava un cellulare intestato all'autista di Pacini Battaglia, mentre era ancora nella magistratura. Fatto che non è vero, in quanto il presunto utilizzo - peraltro mai dimostrato - risale al 1995, mentre Di Pietro si era dimesso nel 1994, cosa di cui i giornalisti erano informati. Per cui sono stati condannati a 240 mila euro di risarcimento danni (la sanzione penale per un giornalista accusato di diffamazione a mezzo stampa arriva ad una multa di 500 euro, raramente viene condannato alla reclusione).
La seconda sentenza riguarda un articolo che parlava dei presunti utilizzi non legittimi dei soldi del partito, da parte di Di Pietro, per comprarsi case o per altri utilizzi personali. L'articolo parlava del fatto che Antonio Di Pietro, la moglie Susanna Mazzoleni e la tesoriera dell'Idv, nonchè segretaria di Di Pietro, Silvana Mura, avrebbero incassato i soldi dei rimborsi elettorali ed in generale dei soldi del partito per acquistare immobili che poi sono finiti nella società immobiliare An.to.cri, di proprietà della famiglia Di Pietro. Su questo c'era anche una intervista all'avvocato Mario Di Domenico, che affonda il colpo con precise accuse. Ma, secondo il Tribunale, si tratta di accuse false, dimostrate tali da una sentenza del Tribunale di Roma, che non poteva non essere a conoscenza Di Domenico, visto che è stato lo stesso avvocato a presentare la sentenza. E per queste false accuse, il Giornale è stato condannato a pagare 60 mila euro di risarcimento danni.
La terza condanna è per una intervista fatta ad Elio Veltri, dal titolo: "Vi racconto i maneggi del mio ex amico Di Pietro. Quando tesserò 241 criminali". Anche qui si accusa l'ex Pm di avere tesserato molti malavitosi nelle file dell'Italia dei Valori, soprattutto in Calabria. Ma soprattutto si accusano Di Pietro, Mazzoleni e Mura di mettere i soldi del finanziamento pubblico non nel partito, ma in una omonima associazione, cosa che il Tribunale di Roma ha ritenuto illeggittima. In realtà il Tribunale si era espresso proprio in senso contrario, dichiarando la legittimità dell'operazione, cosa di cui Veltri - è documentato probatoriamente - era a conoscenza. E per questo Il Giornale e Veltri sono stati condannati a risarcire Di Pietro con 44 mila euro.
Da notare tre cose: la prima è che queste notizie non vengono mai rese note dalla TV, mentre lo sono gli articoli, generando una disinformazione che andrebbe condannata più severamente; la seconda è che queste condanne non significano niente per i giornalisti, dato che ogni anno Il Giornale riceve un sostanzioso fondo cassa per pagare queste cause, che sono perse in partenza; la terza è che tra tutte e tre le cause, il leader dell'Italia dei Valori incasserà quasi 350 mila euro di risarcimento danni. Nessuna sorpresa se poi si compra un altro appartamento.
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Anche se fosse un pugile coriaceo come il Rocky Balboa dei film, ormai il Giornale avrebbe dovuto stancarsi di incassare botte, sotto forme di sentenza di condanna dai vari Tribunali italiani. Ma quello che nella vita di un giornalista è una eventualità, per il quotidiano di Berlusconi sta diventando una normalità. Negli ultimi giorni sono arrivate a decisione, presso il Tribunale di Monza, altre tre sentenze, che condannano il Giornale a varie pene pecuniare per i giornalisti e al risarcimento dei danni al leader dell'Italia dei Valori, Antonio DI Pietro.
La prima riguarda un articolo del 7 gennaio 2009, in cui si attaccava l'ex Pm perchè lui usava dei trucchi per non essere mai intercettato. E nell'articolo si faceva riferimento alla circostanza che lui usava un cellulare intestato all'autista di Pacini Battaglia, mentre era ancora nella magistratura. Fatto che non è vero, in quanto il presunto utilizzo - peraltro mai dimostrato - risale al 1995, mentre Di Pietro si era dimesso nel 1994, cosa di cui i giornalisti erano informati. Per cui sono stati condannati a 240 mila euro di risarcimento danni (la sanzione penale per un giornalista accusato di diffamazione a mezzo stampa arriva ad una multa di 500 euro, raramente viene condannato alla reclusione).
La seconda sentenza riguarda un articolo che parlava dei presunti utilizzi non legittimi dei soldi del partito, da parte di Di Pietro, per comprarsi case o per altri utilizzi personali. L'articolo parlava del fatto che Antonio Di Pietro, la moglie Susanna Mazzoleni e la tesoriera dell'Idv, nonchè segretaria di Di Pietro, Silvana Mura, avrebbero incassato i soldi dei rimborsi elettorali ed in generale dei soldi del partito per acquistare immobili che poi sono finiti nella società immobiliare An.to.cri, di proprietà della famiglia Di Pietro. Su questo c'era anche una intervista all'avvocato Mario Di Domenico, che affonda il colpo con precise accuse. Ma, secondo il Tribunale, si tratta di accuse false, dimostrate tali da una sentenza del Tribunale di Roma, che non poteva non essere a conoscenza Di Domenico, visto che è stato lo stesso avvocato a presentare la sentenza. E per queste false accuse, il Giornale è stato condannato a pagare 60 mila euro di risarcimento danni.
La terza condanna è per una intervista fatta ad Elio Veltri, dal titolo: "Vi racconto i maneggi del mio ex amico Di Pietro. Quando tesserò 241 criminali". Anche qui si accusa l'ex Pm di avere tesserato molti malavitosi nelle file dell'Italia dei Valori, soprattutto in Calabria. Ma soprattutto si accusano Di Pietro, Mazzoleni e Mura di mettere i soldi del finanziamento pubblico non nel partito, ma in una omonima associazione, cosa che il Tribunale di Roma ha ritenuto illeggittima. In realtà il Tribunale si era espresso proprio in senso contrario, dichiarando la legittimità dell'operazione, cosa di cui Veltri - è documentato probatoriamente - era a conoscenza. E per questo Il Giornale e Veltri sono stati condannati a risarcire Di Pietro con 44 mila euro.
Da notare tre cose: la prima è che queste notizie non vengono mai rese note dalla TV, mentre lo sono gli articoli, generando una disinformazione che andrebbe condannata più severamente; la seconda è che queste condanne non significano niente per i giornalisti, dato che ogni anno Il Giornale riceve un sostanzioso fondo cassa per pagare queste cause, che sono perse in partenza; la terza è che tra tutte e tre le cause, il leader dell'Italia dei Valori incasserà quasi 350 mila euro di risarcimento danni. Nessuna sorpresa se poi si compra un altro appartamento.
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