500mila firme
per un'Italia
diversa
di Mauro Favale
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Tratto dal Sito Internet
www.repubblica.it
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"Migliaia di persone che chiedono al governo di ritirare una legge non sono una rumorosa minoranza, sono la democrazia". Roberto Saviano ringrazia i lettori di Repubblica. Quel mezzo milione e oltre (ieri sera il conteggio diceva 505.018) che in tre settimane ha firmato il suo appello contro il processo breve. Cinquecentomila nomi e cognomi lasciati su Repubblica. it per dire no alla "norma del privilegio".
Perché il disegno di legge sul cosiddetto processo breve è stato fin da subito percepito come l'ennesima "legge ad personam".
Per questo, Saviano, nel suo appello pubblicato per la prima volta il 15 novembre, scriveva così: "Ritiri la legge sul processo breve e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei".
Per scongiurare questo rischio è partita su Repubblica una mobilitazione rilanciata anche dai social network Facebook e Youtube. Il risultato sono oltre mezzo milione di sottoscrizioni. "Cinquecentomila firme sono un risultato incredibile - dice oggi Saviano - la dimostrazione che questa legge non può essere approvata perché moltissime persone la vedono come un pericolo per il diritto e la giustizia". Una "dote" di firme che lo scrittore di Gomorra vorrebbe "consegnare idealmente al presidente del Consiglio e ai presidenti delle Camere". Perché, spiega, "sappiano che c'è un'Italia che non vuole leggi ad personam".
In un messaggio Saviano ringrazia tutti i firmatari dell'appello. Già nei giorni scorsi aveva letto in questa adesione "una voglia di democrazia". "Vi diranno - spiega - che è solo una minoranza e che firmare non costa nulla. Mi piacerebbe rispondere che una firma è la premessa dell'impegno, la voglia di partecipare. Di promettere in qualche modo che il proprio nome è lì a sostenere un'idea di paese diverso, una difesa del diritto e non di un territorio politico. Perché - conclude - la giustizia non è né di destra né di sinistra".
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