mercoledì 4 novembre 2009

SPECIALE ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE" - CHE COSA DICE ALLA CINA LA NUOVA ENCICLICA / 2 (68.ESIMA PARTE)

Le riflessioni di una laica cattolica
15 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione delle riflessioni di una laica cattolica dell'Hebei che - su invito di “Mondo e Missione” - ha promosso un Forum tra studiosi cinesi sull'ultima enciclica di Benedetto XVI.

Teresa Enhui Xiao è una cattolica cinese, laica, che ha compiuto studi di letteratura ed è membro dell'associazione degli scrittori della provincia dell’Hebei. Dopo alcuni anni di studi teologici a Roma, è tornata in Cina. Opera a Shanghai a stretto contatto con l’editrice cattolica locale.
3. La centralità della carità
L’Enciclica afferma all’inizio: “La carità nella verità è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera”(1). La carità è il dono più grande che Dio abbia dato agli uomini, è sua promessa e nostra speranza.(2); la carità è “espressione autentica di umanità e come elemento di fondamentale importanza nelle relazioni umane, anche di natura pubblica”(3). Caritas in veritate è il principio intorno a cui ruota la dottrina sociale della Chiesa. L’Enciclica afferma che chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. La giustizia è inseparabile dalla carità, intrinseca ad essa. La giustizia è la prima via della carità, la misura minima di essa, parte integrante di quell'amore. La carità esige la giustizia. Essa s'adopera per la costruzione della “città dell'uomo” secondo diritto e giustizia (cf 6). Facendo un passo avanti, il Papa indica: ” Accanto al bene individuale, c'è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. È il bene di quel ‘noi-tutti’, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale” (7). D'altra parte, la carità supera la giustizia e la completa nella logica del dono e del perdono. Senza la gratuità non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia. La “città dell'uomo” “non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione.”. Tale dottrina è servizio della carità, ma nella verità, il bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella direzione di «veritas in caritate », ma anche di «caritas in veritate ». “La verità va cercata, trovata ed espressa nell'economia della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità” (2). “Senza verità si cade in una visione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori - talora nemmeno i significati - con cui giudicarla e orientarla. La fedeltà all'uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà e della possibilità di uno sviluppo umano integrale.” (9) L’Enciclica approfondisce due grandi verità cristiane: “La prima è che tutta la Chiesa, in tutto il suo essere e il suo agire, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell'uomo. ...La seconda verità è che l'autentico sviluppo dell'uomo riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione” (11). L’Enciclica sottolinea che la verità dello sviluppo si trova nell’integrità, e il vero sviluppo consiste nello sviluppo di tutto l'uomo e di ogni uomo. Lo sviluppo in fondo è lo sviluppo delle persone. Non ci sono sviluppo pieno e bene comune universale senza il bene spirituale e morale delle persone. Quindi il Papa osserva: “Lo sviluppo non sarà mai garantito compiutamente da forze in qualche misura automatiche e impersonali, siano esse quelle del mercato o quelle della politica internazionale. Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello del bene comune” ( 71). L'Enciclica esprime molta concretezza: “Non avremo solo reso un servizio alla carità, illuminata dalla verità, ma avremo anche contribuito ad accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale”(2). Ci chiede di dare il nostro contributo alla credibilità della verità, fare di noi stessi testimonianza alla verità, come Cristo, Egli stesso è la Verità (1), perché Egli “s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione” (1) alla verità. Egli è Cristo, Salvatore, che ha innalzato noi a una dignità sublime i (GS 22), svela pienamente l’uomo a se stesso, in quella vocazione ultima e divina, di diventare figli di Dio. Il Papa ci chiede di essere cristiani veri, piccoli cristi noi stessi, piccoli salvatori del mondo. Gli uomini retti sono coloro che sanno “non vedere nell'altro sempre soltanto l'altro, ma riconoscere in lui l'immagine divina, giungendo così a scoprire veramente l'altro e a maturare un amore che diventa cura dell'altro e per l'altro”(11). Ciò è permesso solo dall'incontro con Dio. Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l'amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l'autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato.
4. Il futuro è “guardare in alto”

Nel 2007 il premier cinese Wen Jiabao ha scritto una poesia per gli studenti universitari: “Guardare al cielo” nella quale agli studenti che un popolo avrà speranza solo quando avrà persone che sono attente al cielo. Un popolo che guarda solo ai propri piedi, perderà il futuro. Invita gli studenti a guardare spesso al cielo, contemplarlo, cercare il senso dell'essere umano, non solo studiare scienza e tecnologia, ma tenere conto del destino del mondo e del Paese. L’insegnamento dell’Enciclica va nella medesima direzione: “Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace.”(79)
(2-FINE)

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