non difendere un diritto di tutti
Di Roberta Sciamplicotti
23 novembre 2009
Di Roberta Sciamplicotti
23 novembre 2009
Tratto da ZENIT.org
La Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) ha espresso la sua perplessità nei confronti del decreto Ronchi, tramutato in legge il 19 novembre scorso, nel quale, tra le altre disposizioni, si stabilisce la privatizzazione del servizio idrico.
“Temiamo che sotteso a questa legge ci sia il concetto di acqua come bene di rilevanza economica e non come un bene comune”, ha commentato la Presidenza Nazionale della Federazione, sostenendo che la privatizzazione non è “la panacea contro le attuali inefficienze”.
Di fronte a questa situazione, la Commissione di Formazione Politica della Federazione ha redatto un documento per dare, soprattutto ai giovani, un quadro della situazione e gli strumenti necessari per capire meglio la problematica.
La nuova disposizione legislativa stabilisce che soggetti privati - mediante una gara d’appalto - diventino gestori dell’erogazione del servizio idrico integrato. La proprietà della rete rimarrà pubblica, ma il servizio verrebbe curato da privati.
La questione suscita “perplessità sia formali che sostanziali”.
I dubbi metodologici, ricorda il documento, sono fondamentalmente due: “quale era la necessità di porre il voto di fiducia - e quindi stroncare il dibattito parlamentare - su una questione così delicata come la liberalizzazione (o privatizzazione?) dei servizi idrici? Inoltre, per quale motivo inserire questo provvedimento in un decreto omnibus, e non invece scorporarlo da esso, così come, invece, è stato fatto durante il dibattimento in aula per altre tematiche delicate, come la gestione del gas, dell’energia elettrica, dei trasporti regionali e delle farmacie comunali?”.
Anche se le tariffe per l’acqua in Italia sono tra le più basse d’Europa (poco meno di 20 € al mese per famiglia), “non si può nascondere che le condizioni in cui versa la rete idrica italiana siano rovinose”, ammette la FUCI, ricordando problemi quali la “vetustà delle strutture”, che unita alla “mancanza di fondi e di volontà politica” per compiere “interventi sostanziali sulla struttura esistente” fa sì che questa sia ormai “ridotta a un colabrodo”.
La privatizzazione, ricorda la Federazione, “non sembra il metodo più adatto”, soprattutto in una questioen così delicata come quella idrica, considerando che “ancora più del petrolio, saranno le risorse idriche a determinare nel prossimo futuro le scelte dei grandi colossi mondiali, sia politici che economici. Se dell’oro nero potremo comunque fare a meno, senza acqua non c’è vita”.
Per questo, la FUCI ribadisce “il valore dell’acqua come bene comune”, esortando i cittadini a “un uso responsabile dell’acqua, limitandone gli sprechi anche modificando comportamenti e abitudini poco virtuose” e ai governanti a “intervenire per garantire l’accesso a tutti a questa risorsa”.
Nonostante sia stato richiesto da molte Nazioni, prosegue il testo, al momento l’acqua è considerata come un bisogno umano di base, non un diritto umano di base.
“Anche l’ultimo Forum Mondiale sull’Acqua, svoltosi nel marzo scorso in Turchia si è concluso con l’ennesimo nulla di fatto, così come questo punto non risulta in agenda nei prossimi summit internazionali, compresa l’imminente Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici e sul riscaldamento globale”.
La voce della Chiesa
La Chiesa cattolica, ricorda la FUCI, si è espressa più volte sul tema dell'acqua. L’articolo 485 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, ad esempio, afferma che “per la sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale”.
“La sua distribuzione - aggiunge l'articolo - rientra, tradizionalmente, fra le responsabilità di enti pubblici, perché l'acqua è stata sempre considerata come un bene pubblico, caratteristica che va mantenuta qualora la gestione venga affidata al settore privato”.
La Chiesa, quindi, “non esclude che il servizio venga derogato a privati, ma questi non devono agire secondo le regole del mercato”, sottolinea la Federazione.
Lo stesso Benedetto XVI si è espresso al riguardo in più occasioni, l'ultima delle quali il 16 novembre scorso nel discorso pronunciato alla FAO, nel quale ha invitato a “maturare una coscienza solidale, che consideri l’alimentazione e l'accesso all'acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”.
In questo contesto, la FUCI ribadisce che l’acqua “è una risorsa dal valore inestimabile, anche dove è presente in abbondanza”, e per questo “va gestita con un’attenzione orientata al bene della comunità e dell’ambiente, fattori che spesso vanno in conflitto con il guadagno personale”.
“Visto che le aziende private, in quanti tali, hanno come scopo precipuo quello di massimizzare i ricavi e non quello di garantire un diritto a tutti - conclude il documento -, appare opportuno che la gestione di risorse delicate come l’acqua rimanga sotto il controllo e la responsabilità della collettività”.
“Temiamo che sotteso a questa legge ci sia il concetto di acqua come bene di rilevanza economica e non come un bene comune”, ha commentato la Presidenza Nazionale della Federazione, sostenendo che la privatizzazione non è “la panacea contro le attuali inefficienze”.
Di fronte a questa situazione, la Commissione di Formazione Politica della Federazione ha redatto un documento per dare, soprattutto ai giovani, un quadro della situazione e gli strumenti necessari per capire meglio la problematica.
La nuova disposizione legislativa stabilisce che soggetti privati - mediante una gara d’appalto - diventino gestori dell’erogazione del servizio idrico integrato. La proprietà della rete rimarrà pubblica, ma il servizio verrebbe curato da privati.
La questione suscita “perplessità sia formali che sostanziali”.
I dubbi metodologici, ricorda il documento, sono fondamentalmente due: “quale era la necessità di porre il voto di fiducia - e quindi stroncare il dibattito parlamentare - su una questione così delicata come la liberalizzazione (o privatizzazione?) dei servizi idrici? Inoltre, per quale motivo inserire questo provvedimento in un decreto omnibus, e non invece scorporarlo da esso, così come, invece, è stato fatto durante il dibattimento in aula per altre tematiche delicate, come la gestione del gas, dell’energia elettrica, dei trasporti regionali e delle farmacie comunali?”.
Anche se le tariffe per l’acqua in Italia sono tra le più basse d’Europa (poco meno di 20 € al mese per famiglia), “non si può nascondere che le condizioni in cui versa la rete idrica italiana siano rovinose”, ammette la FUCI, ricordando problemi quali la “vetustà delle strutture”, che unita alla “mancanza di fondi e di volontà politica” per compiere “interventi sostanziali sulla struttura esistente” fa sì che questa sia ormai “ridotta a un colabrodo”.
La privatizzazione, ricorda la Federazione, “non sembra il metodo più adatto”, soprattutto in una questioen così delicata come quella idrica, considerando che “ancora più del petrolio, saranno le risorse idriche a determinare nel prossimo futuro le scelte dei grandi colossi mondiali, sia politici che economici. Se dell’oro nero potremo comunque fare a meno, senza acqua non c’è vita”.
Per questo, la FUCI ribadisce “il valore dell’acqua come bene comune”, esortando i cittadini a “un uso responsabile dell’acqua, limitandone gli sprechi anche modificando comportamenti e abitudini poco virtuose” e ai governanti a “intervenire per garantire l’accesso a tutti a questa risorsa”.
Nonostante sia stato richiesto da molte Nazioni, prosegue il testo, al momento l’acqua è considerata come un bisogno umano di base, non un diritto umano di base.
“Anche l’ultimo Forum Mondiale sull’Acqua, svoltosi nel marzo scorso in Turchia si è concluso con l’ennesimo nulla di fatto, così come questo punto non risulta in agenda nei prossimi summit internazionali, compresa l’imminente Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici e sul riscaldamento globale”.
La voce della Chiesa
La Chiesa cattolica, ricorda la FUCI, si è espressa più volte sul tema dell'acqua. L’articolo 485 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, ad esempio, afferma che “per la sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale”.
“La sua distribuzione - aggiunge l'articolo - rientra, tradizionalmente, fra le responsabilità di enti pubblici, perché l'acqua è stata sempre considerata come un bene pubblico, caratteristica che va mantenuta qualora la gestione venga affidata al settore privato”.
La Chiesa, quindi, “non esclude che il servizio venga derogato a privati, ma questi non devono agire secondo le regole del mercato”, sottolinea la Federazione.
Lo stesso Benedetto XVI si è espresso al riguardo in più occasioni, l'ultima delle quali il 16 novembre scorso nel discorso pronunciato alla FAO, nel quale ha invitato a “maturare una coscienza solidale, che consideri l’alimentazione e l'accesso all'acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”.
In questo contesto, la FUCI ribadisce che l’acqua “è una risorsa dal valore inestimabile, anche dove è presente in abbondanza”, e per questo “va gestita con un’attenzione orientata al bene della comunità e dell’ambiente, fattori che spesso vanno in conflitto con il guadagno personale”.
“Visto che le aziende private, in quanti tali, hanno come scopo precipuo quello di massimizzare i ricavi e non quello di garantire un diritto a tutti - conclude il documento -, appare opportuno che la gestione di risorse delicate come l’acqua rimanga sotto il controllo e la responsabilità della collettività”.
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