24 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del discorso pronunciato il 5 ottobre scorso dall’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenendo a Vicenza a un incontro promosso dalla Fondazione Migrantes diocesana.
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del discorso pronunciato il 5 ottobre scorso dall’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenendo a Vicenza a un incontro promosso dalla Fondazione Migrantes diocesana.
3. Solidarietà e reciprocità
A questo punto varrà ricordare il costante richiamo alla solidarietà, nella nuova enciclica, (v. N. 19, 25, 27s., 35s., 38s., 41, 43 e 59: “solidarietà universale”; N. 44, 47: “solidarietà della presenza, dell’accompagnamento, della formazione e del rispetto”; N. 49s., 53s., 60: “solidarietà sociale”; N. 73: “sviluppo solidale dei popoli”; N. 76: “nuove solidarietà”) e alla reciprocità (N. 36, 38, 57). Per entrambi questi argomenti, con applicazione ai migranti, rimando alla nostra Istruzione Erga migrantes caritas Christi (d’ora in poi EMCC).4
Particolare taglio ivi ha il “principio della reciprocità” (EMCC, N. 64).
In ogni caso, già al N. 21 della presente enciclica, il Papa parla degli “imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti”, con rimando, al N. 25, al “grave pericolo per i diritti dei lavoratori, per i diritti fondamentali dell’uomo e per la solidarietà attuata nelle tradizionali forme dello Stato sociale”.
4. La dimensione culturale dello sviluppo
Proseguendo l’analisi, sempre tenendo in considerazione la nostra prospettiva, di particolare valore e interesse risulta l’elemento culturale dello sviluppo, che per noi significa dialogo interculturale, portato anche da migrazioni e turismo5.
Nel capitolo II il Papa dichiara così che il “mondo ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore” (N. 21).
Sull’elemento cultura, come causa dello sviluppo, Benedetto XVI si sofferma in alcuni numeri dell’enciclica (N. 22, 25). Nel N. 26, poi, specialmente, dà attenzione “all’intima consapevolezza della specifica identità dei vari interlocutori” e al duplice pericolo della “mercificazione degli scambi culturali”: eclettismo-relativismo e appiattimento culturale. “Così le culture non sanno più trovare la loro misura in una natura che le trascende, finendo a ridurre l’uomo a solo dato culturale” (N. 26).
Siamo nel mezzo, dunque, di una “crisi culturale e morale dell’uomo” (ib.), che va superata in un impegno a “favorire un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza, del processo di integrazione planetaria” (N. 42). “Ciò [il cogliere la globalizzazione in tutte le sue dimensioni] consentirà di vivere ed orientare la globalizzazione dell’umanità in termini di relazionalità, di comunione e di condivisione” (ib.).
Si potrebbe proporre, proprio in contesto culturale (“La creatura umana in quanto tale si realizza nelle relazioni interpersonali”: N. 53), la questione dell’identità personale e anche quella dei vari popoli (cfr. ib.), poiché “l’unità della famiglia umana non annulla in sé le persone, i popoli e le culture, ma li rende più trasparenti, l’uno verso l’altro, maggiormente uniti nelle loro legittime diversità” (ib., cfr. N. 54). Non è questa affermazione di particolare importanza nella integrazione, non assimilazione, degli immigrati? (V. N. 59, e indicazione della legge naturale: N. 59, 68 e 75.)
Il numero 55 riprende, con base nella rivelazione cristiana, il tema dell’unità del genere umano, che “presuppone un’interpretazione metafisica dell’humanum in cui la relazionalità è elemento essenziale. Anche altre culture e altre religioni insegnano la fratellanza e la pace e, quindi, sono di grande importanza per lo sviluppo umano integrale”.
A tale proposito ci sia permesso ricordare l’aspetto del dialogo interreligioso, che si dilata naturalmente per il fatto della presenza degli immigrati appartenenti ad altre Chiese, Comunità ecclesiali e Confessioni, di cui tratta l’Erga migrantes caritas Christi. Certo questo non fa dimenticare le contro testimonianze a cui si riferisce lo stesso N. 55 e il pericolo del sincretismo religioso, “fattore di dispersione e disimpegno”.
In effetti “la libertà religiosa non significa indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali” (N. 55). A tale proposito, nel documento, il Santo Padre lamenta la sua mancanza (N. 56), e noi ce ne facemmo umilmente, ma con forza, eco al pensare ai cristiani che non ne godono, specialmente in alcuni Paesi in cui gli immigrati sono centinaia di migliaia.6
Naturalmente tale libertà va inserita nel contesto dei diritti umani. In effetti “nel laicismo e nel fondamentalismo si perde la possibilità di un dialogo fecondo e di una proficua collaborazione tra la ragione e la fede religiosa. La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede … A sua volta, la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione” (N. 56, cfr. N. 74 e 75).
In ogni caso vi è necessità di “incentivare la collaborazione fraterna tra credenti e non credenti nella condivisa prospettiva di lavorare per la giustizia e la pace dell’umanità” (N. 57, cfr. Gaudium et Spes, N. 12), e anche tra credenti di altre religioni e gli uomini di buona volontà (cfr. N. 57).
Per quanto riguarda la vita, ancora in campo migratorio, vorremmo citare il N. 15 del documento, che si riferisce all’Humanae vitae, con richiamo ai “forti legami esistenti tra etica della vita ed etica sociale”, e conferma, grazie pure ad Evangelii nuntiandi, che “per parte sua ha un rapporto molto intenso con lo sviluppo”. Da ciò il grande rilievo della dottrina sociale della Chiesa “come elemento essenziale di evangelizzazione”. Essa “è annuncio e testimonianza di fede. E’ strumento e luogo imprescindibile di educazione ad essa” (N. 15).
In tale contesto richiamiamo anche il N. 28, in cui ci si riferisce all’importanza del rispetto per la vita, con condanna delle “pratiche di controllo demografico da parte dei governi, che spesso diffondono la contraccezione e giungono a imporre anche l’aborto”, e ciò riguarda pure gli immigrati, fra i quali si diffonde questa piaga.
Il Santo Padre così attesta: “L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo … nel rispetto del diritto fondamentale di ogni popolo e di ogni persona alla vita” (ib., cfr. pure N. 51 sulla ecologia umana). Tutto questo è vincolato altresì alla “crescita demografica” e alla denatalità (cfr. N. 69, 74 e 75), trattata anche in tema di migrazioni, e ciò riguarda pure la famiglia migrante e la sua unità (cfr. N. 44).
5. Cause delle migrazioni
Non può qui mancare il riferimento di Benedetto XVI alle cause che inducono milioni di uomini e donne ad emigrare, come l’“estrema insicurezza di vita, che è conseguenza della carenza di alimentazione” (N. 27), la questione dell’acqua, dell’agricoltura (ib.), dell’ambiente (N. 48), e dell’energia (N. 49), naturalmente nella combinazione di diritti e doveri (v. N. 43), e con attenzione al nesso diretto tra “povertà e disoccupazione” e al “lavoro decente” (N. 63), che è diritto di tutti i lavoratori anche di quelli irregolari (v. N. 64 e “Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie”).
Da tener presente, comunque, è l’attestazione pontificia che “c’è spazio per tutti, su questa nostra terra: su di essa l’intera famiglia umana deve trovare le risorse necessarie per vivere dignitosamente, con l’aiuto della natura stessa, dono di Dio ai suoi figli, e con l’impegno del proprio lavoro e della propria inventiva” (N. 50). In ogni caso bisognerà adottare “nuovi stili di vita” (N. 51), e ciò è strettamente connesso con l’educazione (v. N. 61), senza dimenticare la necessità di realizzare “un nuovo ordine economico-produttivo, socialmente responsabile e a misura d’uomo” (N. 41).
Altra causa di migrazione è la globalizzazione stessa, di cui il macrofenomeno della mobilità umana è espressione. Non possiamo qui naturalmente seguire lo sviluppo del pensiero pontificio sulla globalizzazione, con lettura approfondita specialmente dei numeri 42 (“un’umanità che diviene sempre più interconnessa”, con “possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza a livello planetario come in precedenza non era mai avvenuto … Bisogna correggerne le disfunzioni … La globalizzazione è fenomeno multidimensionale e polivalente…”), 66 (“responsabilità sociale del consumatore”) e 67 (“riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale”).
Ci limitiamo dunque solo a rilevare l’importanza del governo della globalizzazione, che dev’essere di tipo sussidiario e poliarchico (N. 57), mentre si spezza una lancia a favore della presenza di una vera Autorità politica mondiale, fra l’altro “per regolamentare i flussi migratori” (N. 67).
A questo punto varrà ricordare il costante richiamo alla solidarietà, nella nuova enciclica, (v. N. 19, 25, 27s., 35s., 38s., 41, 43 e 59: “solidarietà universale”; N. 44, 47: “solidarietà della presenza, dell’accompagnamento, della formazione e del rispetto”; N. 49s., 53s., 60: “solidarietà sociale”; N. 73: “sviluppo solidale dei popoli”; N. 76: “nuove solidarietà”) e alla reciprocità (N. 36, 38, 57). Per entrambi questi argomenti, con applicazione ai migranti, rimando alla nostra Istruzione Erga migrantes caritas Christi (d’ora in poi EMCC).4
Particolare taglio ivi ha il “principio della reciprocità” (EMCC, N. 64).
In ogni caso, già al N. 21 della presente enciclica, il Papa parla degli “imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti”, con rimando, al N. 25, al “grave pericolo per i diritti dei lavoratori, per i diritti fondamentali dell’uomo e per la solidarietà attuata nelle tradizionali forme dello Stato sociale”.
4. La dimensione culturale dello sviluppo
Proseguendo l’analisi, sempre tenendo in considerazione la nostra prospettiva, di particolare valore e interesse risulta l’elemento culturale dello sviluppo, che per noi significa dialogo interculturale, portato anche da migrazioni e turismo5.
Nel capitolo II il Papa dichiara così che il “mondo ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore” (N. 21).
Sull’elemento cultura, come causa dello sviluppo, Benedetto XVI si sofferma in alcuni numeri dell’enciclica (N. 22, 25). Nel N. 26, poi, specialmente, dà attenzione “all’intima consapevolezza della specifica identità dei vari interlocutori” e al duplice pericolo della “mercificazione degli scambi culturali”: eclettismo-relativismo e appiattimento culturale. “Così le culture non sanno più trovare la loro misura in una natura che le trascende, finendo a ridurre l’uomo a solo dato culturale” (N. 26).
Siamo nel mezzo, dunque, di una “crisi culturale e morale dell’uomo” (ib.), che va superata in un impegno a “favorire un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza, del processo di integrazione planetaria” (N. 42). “Ciò [il cogliere la globalizzazione in tutte le sue dimensioni] consentirà di vivere ed orientare la globalizzazione dell’umanità in termini di relazionalità, di comunione e di condivisione” (ib.).
Si potrebbe proporre, proprio in contesto culturale (“La creatura umana in quanto tale si realizza nelle relazioni interpersonali”: N. 53), la questione dell’identità personale e anche quella dei vari popoli (cfr. ib.), poiché “l’unità della famiglia umana non annulla in sé le persone, i popoli e le culture, ma li rende più trasparenti, l’uno verso l’altro, maggiormente uniti nelle loro legittime diversità” (ib., cfr. N. 54). Non è questa affermazione di particolare importanza nella integrazione, non assimilazione, degli immigrati? (V. N. 59, e indicazione della legge naturale: N. 59, 68 e 75.)
Il numero 55 riprende, con base nella rivelazione cristiana, il tema dell’unità del genere umano, che “presuppone un’interpretazione metafisica dell’humanum in cui la relazionalità è elemento essenziale. Anche altre culture e altre religioni insegnano la fratellanza e la pace e, quindi, sono di grande importanza per lo sviluppo umano integrale”.
A tale proposito ci sia permesso ricordare l’aspetto del dialogo interreligioso, che si dilata naturalmente per il fatto della presenza degli immigrati appartenenti ad altre Chiese, Comunità ecclesiali e Confessioni, di cui tratta l’Erga migrantes caritas Christi. Certo questo non fa dimenticare le contro testimonianze a cui si riferisce lo stesso N. 55 e il pericolo del sincretismo religioso, “fattore di dispersione e disimpegno”.
In effetti “la libertà religiosa non significa indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali” (N. 55). A tale proposito, nel documento, il Santo Padre lamenta la sua mancanza (N. 56), e noi ce ne facemmo umilmente, ma con forza, eco al pensare ai cristiani che non ne godono, specialmente in alcuni Paesi in cui gli immigrati sono centinaia di migliaia.6
Naturalmente tale libertà va inserita nel contesto dei diritti umani. In effetti “nel laicismo e nel fondamentalismo si perde la possibilità di un dialogo fecondo e di una proficua collaborazione tra la ragione e la fede religiosa. La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede … A sua volta, la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione” (N. 56, cfr. N. 74 e 75).
In ogni caso vi è necessità di “incentivare la collaborazione fraterna tra credenti e non credenti nella condivisa prospettiva di lavorare per la giustizia e la pace dell’umanità” (N. 57, cfr. Gaudium et Spes, N. 12), e anche tra credenti di altre religioni e gli uomini di buona volontà (cfr. N. 57).
Per quanto riguarda la vita, ancora in campo migratorio, vorremmo citare il N. 15 del documento, che si riferisce all’Humanae vitae, con richiamo ai “forti legami esistenti tra etica della vita ed etica sociale”, e conferma, grazie pure ad Evangelii nuntiandi, che “per parte sua ha un rapporto molto intenso con lo sviluppo”. Da ciò il grande rilievo della dottrina sociale della Chiesa “come elemento essenziale di evangelizzazione”. Essa “è annuncio e testimonianza di fede. E’ strumento e luogo imprescindibile di educazione ad essa” (N. 15).
In tale contesto richiamiamo anche il N. 28, in cui ci si riferisce all’importanza del rispetto per la vita, con condanna delle “pratiche di controllo demografico da parte dei governi, che spesso diffondono la contraccezione e giungono a imporre anche l’aborto”, e ciò riguarda pure gli immigrati, fra i quali si diffonde questa piaga.
Il Santo Padre così attesta: “L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo … nel rispetto del diritto fondamentale di ogni popolo e di ogni persona alla vita” (ib., cfr. pure N. 51 sulla ecologia umana). Tutto questo è vincolato altresì alla “crescita demografica” e alla denatalità (cfr. N. 69, 74 e 75), trattata anche in tema di migrazioni, e ciò riguarda pure la famiglia migrante e la sua unità (cfr. N. 44).
5. Cause delle migrazioni
Non può qui mancare il riferimento di Benedetto XVI alle cause che inducono milioni di uomini e donne ad emigrare, come l’“estrema insicurezza di vita, che è conseguenza della carenza di alimentazione” (N. 27), la questione dell’acqua, dell’agricoltura (ib.), dell’ambiente (N. 48), e dell’energia (N. 49), naturalmente nella combinazione di diritti e doveri (v. N. 43), e con attenzione al nesso diretto tra “povertà e disoccupazione” e al “lavoro decente” (N. 63), che è diritto di tutti i lavoratori anche di quelli irregolari (v. N. 64 e “Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie”).
Da tener presente, comunque, è l’attestazione pontificia che “c’è spazio per tutti, su questa nostra terra: su di essa l’intera famiglia umana deve trovare le risorse necessarie per vivere dignitosamente, con l’aiuto della natura stessa, dono di Dio ai suoi figli, e con l’impegno del proprio lavoro e della propria inventiva” (N. 50). In ogni caso bisognerà adottare “nuovi stili di vita” (N. 51), e ciò è strettamente connesso con l’educazione (v. N. 61), senza dimenticare la necessità di realizzare “un nuovo ordine economico-produttivo, socialmente responsabile e a misura d’uomo” (N. 41).
Altra causa di migrazione è la globalizzazione stessa, di cui il macrofenomeno della mobilità umana è espressione. Non possiamo qui naturalmente seguire lo sviluppo del pensiero pontificio sulla globalizzazione, con lettura approfondita specialmente dei numeri 42 (“un’umanità che diviene sempre più interconnessa”, con “possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza a livello planetario come in precedenza non era mai avvenuto … Bisogna correggerne le disfunzioni … La globalizzazione è fenomeno multidimensionale e polivalente…”), 66 (“responsabilità sociale del consumatore”) e 67 (“riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale”).
Ci limitiamo dunque solo a rilevare l’importanza del governo della globalizzazione, che dev’essere di tipo sussidiario e poliarchico (N. 57), mentre si spezza una lancia a favore della presenza di una vera Autorità politica mondiale, fra l’altro “per regolamentare i flussi migratori” (N. 67).
(2-Continua)
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