mercoledì 11 novembre 2009

SPECIALE ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE" - WELFARE NEL QUADRO DELL'ENCICLICA / 2 (70.ESIMA PARTE)

1° novembre 2009
Tratto da ZENIT.org

Continua la pubblicazione del testo pronunciato dal Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, in occasione della due giorni di formazione, promossa dall’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà sul tema: “Crisi, occasione per un nuovo welfare”, dal 17 al 18 settembre a Sarteano (SI), all’Abbazia di Spineto.

3. Implicazione sociale del Mistero trinitario
La Caritas in Veritate ha di mira lo sviluppo integrale dell’uomo a partire da questa antropologia adeguata in cui la persona e la società sono viste a partire dall’origine, da ciò che precede il puro fare.
Il fatto che la vita sia dono, affondi le radici in un’origine che la precede, finisce per investire tutte le attività umane compresa quella economica. Solo così si comprende il peso anche tecnico, riferito cioè alla “ragione economica” (CV, 32, 36), che viene dato alla gratuità. Senza di essa il «mercato non esplica la sua funzione» (CV, 35). La Caritas in Veritate guarda in questo senso al mistero della Trinità come paradigma . Romano Guardini affermava che, nella Trinità, l’Amore è comunanza di tutto fino all’identità dell’essenza e della vita ma, nello stesso tempo, è perfetta custodia di sé da parte della Persona. Questi elementi ci parlano di una perfezione di unità e di comunità in Dio cui corrisponde la sua fecondità. Da qui una decisiva implicazione per la vita sociale: «La Trinità insegna che tutto proprio tutto potrebbe essere, e al massimo grado, comune, dovrebbe essere comune. Una cosa sola non dovrebbe esserlo, e con ciò si contrappone alla dedizione il suo contrappeso: la personalità. Questa deve rimanere inviolata nella sua indipendenza. Il suo sacrificio non può essere né desiderato, né offerto, né accettato. Con questo l’atteggiamento (l’etica) essenziale di ogni comunità è chiaramente circoscritta. La dedizione deve essere permessa ed offerta nel modo e nella misura giusta, e imperfetta è quella comunità in cui uno nasconde se stesso e le sue cose all’altro. Ma il diritto alla personalità è sacro ed inviolabile e deve rimanere inviolato: non appena è varcato questo confine, una comunità diventa subito contro natura, immorale, di qualsiasi tipo essa sia» .
4. Una nuova cittadinanza
A partire da questa svolta antropologica e dalle sue implicazioni sociali, la nuova cittadinanza comporta un ripensamento della democrazia e, soprattutto, del ruolo dello Stato. Questo è chiamato a specializzarsi in compiti di sussidio rispetto alla società civile e di garante delle regole del gioco per individui e soggetti sociali.
Si apre esattamente a questo livello il tema della sussidiarietà, concettualmente sviluppatosi all’interno della dottrina sociale cattolica , a partire dalla sua originaria tematizzazione all’interno dell’enciclica “Quadragesimo Anno” (1931) per arrivare alla recentissima ripresa della Caritas in Veritate. Proprio in quest’ultima enciclica Benedetto XVI ne fornisce una definizione che aiuta a coglierne le caratteristiche basilari: «Sussidiarietà è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona e i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perchè favorisce la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità» (CV, 56). Si tratta dunque di un paradigma applicabile sin negli aspetti più specifici dell’agire sociale ed economico e che può giungere a criteriare il dibattito sull’assetto istituzionale europeo .
In consonanza con questa visione il lessico della sussidiarietà fa perno sulla coppia persona/dono e fiducia/comunità. Una concezione che rifonda personalisticamente (in modo pertanto relazionale) l’idea di Stato. Non lo intende più come fattore unificante sovraordinato alla molteplicità di individui concepiti come atomi isolati, bensì come fattore al servizio sussidiario del libero gioco associativo di persone e comunità. Queste non sono tese anzitutto ad un utilitarismo interessato ma, e prima di tutto, alla generazione di un bene comune. Ciò è decisivo per elaborare una nuova concezione di giustizia assai diversa da quella sottostante allo Stato hobbesiano.
La novità di Caritas in Veritate sta nel porsi dall’interno della “ragione economica” (CV, 32, 36) per affermare che tale principio è applicabile anche al mercato: «Anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica» (CV, 58) . Diventa così evidente che il principio di sussidiarietà si presta ad essere interpretato come elemento imprescindibile per il superamento delle storture della modernità.
Questa impostazione si traduce necessariamente in una profonda rilettura delle politiche sociali. Sono chiamate a sperimentare formule di partnership tra pubblico e privato in cui alla modalità regolativa di tipo gerarchico viene sostituita una regolazione reticolare capace di rispettare i differenti codici simbolici presenti nella società così come le diverse forme organizzative. In questa configurazione delle politiche sociali lo Stato e le pubbliche amministrazioni locali perdono il ruolo di gestori diretti dei servizi per acquisire uno specifico stile di governo.

(2-Continua)

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