XXXIV Domenica
del Tempo Ordinario
22 novembre 2009
Di padre Angelo del Favero
20 novembre 2009
Di padre Angelo del Favero
20 novembre 2009
Tratto da ZENIT.org
Oggi, ultima Domenica dell’anno liturgico, celebriamo la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, centro del cosmo e della storia, Vita e Verità di tutto ciò che esiste, principio e compimento di ogni uomo (Gv 18,33b-37).
Spontaneamente il pensiero va al “Giudizio universale” della Cappella Sistina, in cui il Signore è poderosamente rappresentato al centro di una scena grandiosa, con il braccio destro levato in alto a separare per sempre i buoni dai cattivi. Ma la regalità del Signore è più modestamente annunciata a Natale: “Dov’è colui che è nato, il Re dei Giudei?” (Mt 2,2); una domanda che è l’eco delle parole regali pronunciate dall’angelo Gabriele nove mesi prima: “Concepirai un figlio...sarà grande..il Signore Dio gli darà il trono di Davide..e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,31-33).
Sì, il Re dell’Universo che contempliamo oggi è Lui, il divino Concepito, il Figlio di Dio nel grembo di Maria; un piccolissimo Re che annuncia una verità tanto nascosta quanto palese: le sorti dell’umanità e della storia dipendono dal riconoscimento che l’uomo è uomo sin dal concepimento, e che perciò al concepito va sottomessa ogni cosa, perché è lui il criterio del bene comune.
Se il concepito verrà riconosciuto quale centro del cosmo e della storia, criterio, misura e pietra angolare della civiltà della vita e dell’amore, allora si compirà quella regalità cosmica di Cristo che celebriamo oggi e che l’evangelista Giovanni annuncia come trionfo del “Verbo della vita”, stabilito fin dal principio: “In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,1-5).
Il brano evangelico odierno fa parte della pericope intitolata “Gesù di fronte a Pilato” (Gv 18,28-38). Conviene rileggere il testo dall’inizio: “Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: 'Che accusa portate contro quest’uomo?'. Gli risposero: 'Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato'. Allora Pilato disse loro: 'Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!'. Gli risposero i Giudei: 'A noi non è consentito mettere a morte nessuno'. Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: 'Sei tu il re dei Giudei?'. Gesù rispose: 'Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?'. Pilato disse: 'Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?'. Rispose Gesù: 'Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù'. Allora Pilato gli disse: 'Dunque tu sei re?'. Rispose Gesù: 'Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce'. Gli dice Pilato: 'Che cos’è la verità?'”.
Il dialogo fra Gesù e Pilato avviene nel pretorio, l’edificio pubblico occupato dal procuratore romano nei processi. E’ un dialogo che rimane sospeso. Alle domande viene risposto con altre domande. Se Gesù avesse voluto aiutare Pilato a comprendere la risposta al suo dubbio, avrebbe forse detto: non chiedere “Che cos’è la verità?”, ma: “Chi è la verità?”.
Ma ora siamo anzitutto noi a porci una domanda: che uomo era Pilato? E’ necessario saperlo, perché solo così risponderemo ad una seconda domanda che, come messaggio, ci interpella dal Vangelo: dove si trova oggi Pilato? Il suo ritratto, infine, ci permetterà di rispondere adeguatamente ad una terza e più decisiva domanda: chi è oggi il Gesù che Pilato indica alla folla dopo averlo fatto schernire e flagellare dicendo: “Ecco l’uomo!” (Gv 19,5)?
Il filosofo ebreo Filone d’Alessandria così dipinge Pilato: “Uomo di natura inflessibile e, in aggiunta alla sua arroganza, duro, capace solo di concussioni, violenze, rapine, brutalità, torture, esecuzioni senza processo e crudeltà spaventose e illimitate”, e lo storico filo-romano Giuseppe Flavio conferma questo giudizio di uomo spietato. Pilato odiava gli Ebrei e li provocava con dure repressioni.
L’evangelista Giovanni, mosso dall’interesse teologico, ci mostra invece un Pilato diverso, pensoso, attento a Gesù e alla sua parola, consapevole che gli è stato consegnato dal Sinedrio per invidia, vittima designata di una sentenza capitale che poteva essere resa esecutiva solo con la firma del procuratore romano. E’ il Pilato del film “La Passione” di Mel Gibson.
Per rispondere ora alla domanda: “dove si trova oggi Pilato?”, prendo il versetto iniziale “Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio” (Gv 18,28), e lo trasformo così: “Condussero poi Gesù nel consultorio”. L’equivalenza di luogo e di morte è del tutto giustificata, dal momento che il certificato attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta di abortire rilasciato dal medico del consultorio (o della struttura socio sanitaria, o dal medico di fiducia), altro non è che la firma pilatesca che autorizza la sentenza capitale nei confronti del bambino che deve nascere, riferendosi anche e soprattutto al quale Gesù ha detto: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
Rendiamoci conto che il duro ritratto storico di Pilato che ho riportato da Filone, corrisponde oggettivamente alla spietata efferatezza di ciò che troppo spesso viene deciso nel consultorio, e che sarà eseguito qualche giorno dopo in ospedale: la condanna a morte e l’esecuzione capitale del bambino, eseguita dal medico abortista per mezzo di strumenti e atti che costituiscono una vera e propria tortura, brutale, crudele, spaventosa, implacabile mentre il bambino cerca invano di “mettersi in salvo” nel grembo di sua madre. Chi non lo sa guardi l’ecografia di un aborto al terzo mese, per conoscere la pura, scientifica, disumana verità della così ipocritamente detta “interruzione volontaria di gravidanza”.
Torniamo al Vangelo. La domanda finale di Pilato: “Che cos’è la verità?” (Gv 18,38), omessa oggi dal lezionario, è fondamentale per la nostra riflessione.
A questa domanda, come ho accennato, si può rispondere solamente se la si trasforma in quest’altra: “Chi è la verità?”. Posta così, la domanda ha a che fare con la concretezza di ogni persona umana e perciò diventa: qual è la verità della vita di ogni uomo?
Recentemente, Mons. Elio Sgreccia ha affermato al riguardo: “G. Marcel notava: il carattere sacro dell’essere umano apparirà con maggior chiarezza quando ci accosteremo all’essere umano nella sua nudità e nella sua debolezza, all’essere umano disarmato così come lo incontriamo nel bambino, nell’anziano, nel povero. Noi potremo dire nel nascituro neoconcepito”.
La domanda sull’uomo concepito interpella oggi le nazioni, i governi, i politici, i magistrati, i mass media, gli scienziati, i sacerdoti, gli operatori sociali, gli educatori, i genitori e la coscienza di ogni persona, in particolare quella dei medici e degli operatori dei Consultori familiari.
La Chiesa ha sempre annunciato che la verità della vita è Cristo, il suo Autore.
Giovanni Paolo II l’ha riaffermato in un’intera enciclica: “Proprio nella carne di ogni uomo, Cristo continua a rivelarsi e ad entrare in comunione con noi, così che il rifiuto della vita dell’uomo, nelle sue diverse forme, è realmente rifiuto di Cristo. E’ questa la verità affascinante ed insieme esigente che Cristo ci svela e che la sua Chiesa ripropone instancabilmente: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”(Mt 18,5); “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40) (E.V., n.104).
Queste parole presuppongono quella informazione-formazione sulla verità scientifica della vita umana che in ogni Consultorio e in ogni caso va comunicata per prima: alla coppia, alla mamma incinta di qualunque età, agli adolescenti ignari, ad ogni persona che vi si rivolge per via di una maternità inattesa o indesiderata.
Verità sintetizzo in tre punti cardinali:
- la gravidanza inizia nell’istante della fecondazione, e non alcuni giorni dopo nella parete uterina;
- “concepito” (termine usato anche dalla legge 194, che non parla mai di aborto) non è il participio passato del verbo concepire, ma il nome dell’essere umano a partire dal concepimento: una persona, un uomo, un figlio, un bambino;
- “interruzione volontaria di gravidanza” significa l’uccisione volontaria e programmata di un bambino.
Il consultorio non è e non deve essere un “pretorio” cui rivolgersi per fissare direttamente la data dell’aborto, ma il luogo dove trionfa la regalità della vita, un centro affettivo ed effettivo di aiuto a quella “vita-sola-in-due-persone” che è la mamma incinta, in grado di assicurare con ogni mezzo il diritto e la felicità di non abortire in nessun caso: solidarietà vera, perfetta e assolutamente necessaria, dal momento che non abortire significa sopravvivenza personale anche per la mamma del bambino.
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.
Spontaneamente il pensiero va al “Giudizio universale” della Cappella Sistina, in cui il Signore è poderosamente rappresentato al centro di una scena grandiosa, con il braccio destro levato in alto a separare per sempre i buoni dai cattivi. Ma la regalità del Signore è più modestamente annunciata a Natale: “Dov’è colui che è nato, il Re dei Giudei?” (Mt 2,2); una domanda che è l’eco delle parole regali pronunciate dall’angelo Gabriele nove mesi prima: “Concepirai un figlio...sarà grande..il Signore Dio gli darà il trono di Davide..e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,31-33).
Sì, il Re dell’Universo che contempliamo oggi è Lui, il divino Concepito, il Figlio di Dio nel grembo di Maria; un piccolissimo Re che annuncia una verità tanto nascosta quanto palese: le sorti dell’umanità e della storia dipendono dal riconoscimento che l’uomo è uomo sin dal concepimento, e che perciò al concepito va sottomessa ogni cosa, perché è lui il criterio del bene comune.
Se il concepito verrà riconosciuto quale centro del cosmo e della storia, criterio, misura e pietra angolare della civiltà della vita e dell’amore, allora si compirà quella regalità cosmica di Cristo che celebriamo oggi e che l’evangelista Giovanni annuncia come trionfo del “Verbo della vita”, stabilito fin dal principio: “In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,1-5).
Il brano evangelico odierno fa parte della pericope intitolata “Gesù di fronte a Pilato” (Gv 18,28-38). Conviene rileggere il testo dall’inizio: “Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: 'Che accusa portate contro quest’uomo?'. Gli risposero: 'Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato'. Allora Pilato disse loro: 'Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!'. Gli risposero i Giudei: 'A noi non è consentito mettere a morte nessuno'. Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: 'Sei tu il re dei Giudei?'. Gesù rispose: 'Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?'. Pilato disse: 'Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?'. Rispose Gesù: 'Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù'. Allora Pilato gli disse: 'Dunque tu sei re?'. Rispose Gesù: 'Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce'. Gli dice Pilato: 'Che cos’è la verità?'”.
Il dialogo fra Gesù e Pilato avviene nel pretorio, l’edificio pubblico occupato dal procuratore romano nei processi. E’ un dialogo che rimane sospeso. Alle domande viene risposto con altre domande. Se Gesù avesse voluto aiutare Pilato a comprendere la risposta al suo dubbio, avrebbe forse detto: non chiedere “Che cos’è la verità?”, ma: “Chi è la verità?”.
Ma ora siamo anzitutto noi a porci una domanda: che uomo era Pilato? E’ necessario saperlo, perché solo così risponderemo ad una seconda domanda che, come messaggio, ci interpella dal Vangelo: dove si trova oggi Pilato? Il suo ritratto, infine, ci permetterà di rispondere adeguatamente ad una terza e più decisiva domanda: chi è oggi il Gesù che Pilato indica alla folla dopo averlo fatto schernire e flagellare dicendo: “Ecco l’uomo!” (Gv 19,5)?
Il filosofo ebreo Filone d’Alessandria così dipinge Pilato: “Uomo di natura inflessibile e, in aggiunta alla sua arroganza, duro, capace solo di concussioni, violenze, rapine, brutalità, torture, esecuzioni senza processo e crudeltà spaventose e illimitate”, e lo storico filo-romano Giuseppe Flavio conferma questo giudizio di uomo spietato. Pilato odiava gli Ebrei e li provocava con dure repressioni.
L’evangelista Giovanni, mosso dall’interesse teologico, ci mostra invece un Pilato diverso, pensoso, attento a Gesù e alla sua parola, consapevole che gli è stato consegnato dal Sinedrio per invidia, vittima designata di una sentenza capitale che poteva essere resa esecutiva solo con la firma del procuratore romano. E’ il Pilato del film “La Passione” di Mel Gibson.
Per rispondere ora alla domanda: “dove si trova oggi Pilato?”, prendo il versetto iniziale “Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio” (Gv 18,28), e lo trasformo così: “Condussero poi Gesù nel consultorio”. L’equivalenza di luogo e di morte è del tutto giustificata, dal momento che il certificato attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta di abortire rilasciato dal medico del consultorio (o della struttura socio sanitaria, o dal medico di fiducia), altro non è che la firma pilatesca che autorizza la sentenza capitale nei confronti del bambino che deve nascere, riferendosi anche e soprattutto al quale Gesù ha detto: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
Rendiamoci conto che il duro ritratto storico di Pilato che ho riportato da Filone, corrisponde oggettivamente alla spietata efferatezza di ciò che troppo spesso viene deciso nel consultorio, e che sarà eseguito qualche giorno dopo in ospedale: la condanna a morte e l’esecuzione capitale del bambino, eseguita dal medico abortista per mezzo di strumenti e atti che costituiscono una vera e propria tortura, brutale, crudele, spaventosa, implacabile mentre il bambino cerca invano di “mettersi in salvo” nel grembo di sua madre. Chi non lo sa guardi l’ecografia di un aborto al terzo mese, per conoscere la pura, scientifica, disumana verità della così ipocritamente detta “interruzione volontaria di gravidanza”.
Torniamo al Vangelo. La domanda finale di Pilato: “Che cos’è la verità?” (Gv 18,38), omessa oggi dal lezionario, è fondamentale per la nostra riflessione.
A questa domanda, come ho accennato, si può rispondere solamente se la si trasforma in quest’altra: “Chi è la verità?”. Posta così, la domanda ha a che fare con la concretezza di ogni persona umana e perciò diventa: qual è la verità della vita di ogni uomo?
Recentemente, Mons. Elio Sgreccia ha affermato al riguardo: “G. Marcel notava: il carattere sacro dell’essere umano apparirà con maggior chiarezza quando ci accosteremo all’essere umano nella sua nudità e nella sua debolezza, all’essere umano disarmato così come lo incontriamo nel bambino, nell’anziano, nel povero. Noi potremo dire nel nascituro neoconcepito”.
La domanda sull’uomo concepito interpella oggi le nazioni, i governi, i politici, i magistrati, i mass media, gli scienziati, i sacerdoti, gli operatori sociali, gli educatori, i genitori e la coscienza di ogni persona, in particolare quella dei medici e degli operatori dei Consultori familiari.
La Chiesa ha sempre annunciato che la verità della vita è Cristo, il suo Autore.
Giovanni Paolo II l’ha riaffermato in un’intera enciclica: “Proprio nella carne di ogni uomo, Cristo continua a rivelarsi e ad entrare in comunione con noi, così che il rifiuto della vita dell’uomo, nelle sue diverse forme, è realmente rifiuto di Cristo. E’ questa la verità affascinante ed insieme esigente che Cristo ci svela e che la sua Chiesa ripropone instancabilmente: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”(Mt 18,5); “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40) (E.V., n.104).
Queste parole presuppongono quella informazione-formazione sulla verità scientifica della vita umana che in ogni Consultorio e in ogni caso va comunicata per prima: alla coppia, alla mamma incinta di qualunque età, agli adolescenti ignari, ad ogni persona che vi si rivolge per via di una maternità inattesa o indesiderata.
Verità sintetizzo in tre punti cardinali:
- la gravidanza inizia nell’istante della fecondazione, e non alcuni giorni dopo nella parete uterina;
- “concepito” (termine usato anche dalla legge 194, che non parla mai di aborto) non è il participio passato del verbo concepire, ma il nome dell’essere umano a partire dal concepimento: una persona, un uomo, un figlio, un bambino;
- “interruzione volontaria di gravidanza” significa l’uccisione volontaria e programmata di un bambino.
Il consultorio non è e non deve essere un “pretorio” cui rivolgersi per fissare direttamente la data dell’aborto, ma il luogo dove trionfa la regalità della vita, un centro affettivo ed effettivo di aiuto a quella “vita-sola-in-due-persone” che è la mamma incinta, in grado di assicurare con ogni mezzo il diritto e la felicità di non abortire in nessun caso: solidarietà vera, perfetta e assolutamente necessaria, dal momento che non abortire significa sopravvivenza personale anche per la mamma del bambino.
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.
Nessun commento:
Posta un commento