mercoledì 29 dicembre 2010

L'INTERVISTA / PARLA VITTORIO COLITTI JR "HO MENTITO PER PAURA, DA QUI I GUAI"

29 Dicembre 2010
Tratto dal Sito Internet
www.quotidianodipuglia.it
di Erasmo Marinazzo
Per la prima volta dall’inizio di questa storia hanno avuto l’aspetto di una famiglia normale, i Colitti di Ugento. Vittorio, 19 anni, assolto l’altro ieri sera dal Tribunale per i minorenni dall’accusa di aver aiutato il nonno ad ammazzare il vicino di casa e consigliere comunale e provinciale di Italia dei Valori, Peppino Basile.
Il padre Stefano che per primo soccorse Peppino moribondo la notte del 15 giugno del 2008. E la madre Vittoria De Giorgi che tante volte è rimasta a piangere fuori dall’aula in cui si è celebrato il processo del figlio. Ma la tensione e le lacrime per la signora Vittoria, sono ricomparse ieri sera durante il breve incontro avuto con i giornalisti nello studio dell’avvocato Francesca Conte, che ha difeso Vittorio con il collega Roberto Bray.
Signor Stefano, lei che Peppino Basile lo conosceva abbastanza bene che idea si è fatto sugli autori dell’omicidio?
«Peppino si era fatto tanti nemici per quel suo modo aggressivo di fare e di cui si parlava spesso. E poi per carattere si occupava spesso degli affari degli altri. L’idea che mi sono fatta io è questa. Che è poi quella che si diceva in paese».
Vittorio, i tuoi guai sono cominciati e sono proseguiti perchè tutte le volte che sei stato sentito da carabinieri e polizia hai cambiato versione sull’orario di rientro a casa. Perchè tanta incertezza?
«Ma io non ero stato mai in una caserma. E poi vedere un morto ammazzato è una cosa che ti traumatizza, non è cosa di tutti giorni. Tra l’altro lì a terra davanti a casa c’era il compare Peppino. Però non mi rendevo conto dei guai in cui mi stavo andando a ficcare raccontando ora un orario e poi un altro. Ma devo dire anche che l’ho fatto perchè temevo che qualcuno pensasse che avessi visto qualcosa: avevo paura per la mia incolumità».
Signor Stefano, non ebbe qualche buon consiglio da padre per suo figlio?
«Ma io non sapevo che fosse rientrato tardi a casa, più o meno in prossimità dell’ora in cui venne ammazzato Basile».
Signora Vittoria, il pubblico ministero Simona Filoni nelle repliche del giorno della sentenza ha riferito che durante un interrogatorio lei e sua suocera Antonia Marigliano scoppiaste in lacrime e poi vi lasciate con la promessa di pensarci. Pensarci a cosa?
«Di pensarci lo disse lei, il pubblico ministero».
Signor Stefano, durante le indagini e nel processo è stato spesso detto che ad Ugento ed in via Nizza in particolare si fosse creato un clima di omertà sul delitto Basile. Lei che lo soccorse per primo, concorda?
«Posso parlare per me, non per gli altri: appena fui svegliato dalle urla corsi in strada. Ero nudo, in mutande perchè ero troppo preoccupato per perdere tempo a vestirmi. Uscì per strada con l’intenzione di aiutare chiunque mi fossi trovato davanti, uno sconosciuto come il compare Peppino. L’ho fatto io ma credo che l’avrebbe fatto chiunque dei miei vicini. Scesi di corsa, se poi non vidi chi uccise Peppino non posso farci nulla. Ma questa non è omertà, ma questioni di secondi: gli assassini potrebbero aver girato l’angolo poco prima del mio arrivo».
Vittorio, in questi due anni e mezzo don Stefano Rocca ha spesso affermato di pregare per far emergere la verità. Avresti qualcosa da dirgli ora?
«Sì. Che le sue preghiere sono state esaudite».
Vittorio, in attesa di un eventuale appello, che farai nella vita?
«Mi voglio diplomare e lavorare come cuoco».

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