Di padre Renato Zilio
9 dicembre 2010
9 dicembre 2010
Tratto da ZENIT.org
Un leader, un capo carismatico accompagna in questo tempo i nostri passi. È un vero profeta, Giovanni il Battista. Il suo contesto è il deserto, un ambiente di terra secca e arida. Per quarant’anni, però, questo si era trasformato in un cammino straordinario di ricerca di Dio per il suo popolo. Questo percorso stanco e tonificante fa emergere tutti i propri idoli. Illumina, anzi, il vero senso di questa parola e del suo contrario, l’icona.
Idolo e icona hanno la stessa origine. Vivono entrambi una relazione con lo sguardo, con il sacro e con il bello, ma sono animati da una dinamica opposta. L’idolo concentra tutte le forze, l’attenzione, il potere: è autoreferenziale per eccellenza. L’icona, al contrario, rinvia a qualcosa di più grande. È un raggio della luce della Divinità, una finestra aperta sul Trascendente.
Si diventa un idolo quando si vive un protagonismo eccessivo o un attivismo esagerato, quando ci si mette al centro dell'ammirazione, dell’attività o dell’obbedienza di altri. Ansiosamente e dappertutto si cerca sempre un piedistallo. Si è idolo quando ci s'identifica con Dio o con la sua volontà, quando ci si arroga ogni forza.
Giovanni indica con la forza travolgente del fiume Giordano quanto è importante per un leader essere umile, essere semplicemente un segno che addita la grandezza o la crescita di altri. Il vero leader, infatti, sarà sempre un’icona. Colui che precede gli altri e cerca insieme a loro qualcosa di più grande e di più bello. Perfino la sessualità vivrà sempre l’ambivalenza tra queste identità. Solo quando essa saprà esprimere quel senso grandioso della vita come danza e come lotta da fare insieme, sarà un’icona insuperabile.
Essere leader significa possedere il carisma della speranza e della fiducia. Non sarà egli, infatti, un realista o un amministratore, semplicemente. Un leader si distingue dal suo sguardo perché è differente da quello di chiunque altro. I suoi occhi brillano; ha una visione davanti a lui. Vede il mondo che sarà domani e sa captare il futuro che sta nascendo. Avverte i bisogni nuovi e vitali di un popolo che cammina. Ne intravvede l’orizzonte e ciò diventa una forza che muove sé e gli altri.
Il leader sa risvegliare le forze migliori nei suoi. Le chiama alla vita, al cammino, alle sfide. Egli non abbatte, ma suscita, incoraggia, stimola potentemente. La nostra preghiera quotidiana dovrebbe essere:“Signore, presta i tuoi occhi ai nostri leader!”.
Ho incontrato esseri umani che sono icone. Solidi e forti da incantarti; così fragili da commuoverti. Fanno posto a Dio in ogni suo fruscio di vento e fanno appello a Lui ad ogni istante. Avverti, così, una tridimensionalità che impressiona: lui, te e Dio accanto a lui. Tutto lo penetra e lo interpella. Ascolto e discernimento sono in lui atteggiamenti profondi, quasi naturali. Ti fa esistere come sei, nella tua alterità e differenza. Ciò ricorda l’ammirazione biblica del Siracide: “L’ideale del saggio è un orecchio che ascolta”.
Altri, invece, reagiscono curiosamente. Appena manifesti una visione differente, un interrogativo, il tuo punto di vista scattano subito meccanismi di difesa. Ti senti solo davanti a lui; Dio è scomparso. Forse è scomparso anche lo spirito che trovi ad ogni passo del Vangelo: l’amore per una minoranza in mezzo ad un popolo, per l’originalità in un essere umano o per la novità nell’incontro con Dio. È scomparso il senso dell’altro in ogni sua dimensione. Emerge, così, insensibilmente il senso dell’idolo.
“Se pensi come me, sei mio fratello”, riflette un saggio africano. “Se pensi diversamente da me sei due volte mio fratello, perché grazie alla ricchezza che mi porti e a quella che ti do, ci arricchiamo reciprocamente”. Sembrano parole di Giovanni il Battista, un leader che non aveva mai avuto paura di crescere. E di guardare lontano.
Padre Renato Zilio è un missionario scalabriniano. Ha compiuto gli studi letterari presso l'Università di Padova, e gli studi teologici a Parigi, conseguendo un master in teologia delle religioni. Ha fondato e diretto il Centro interculturale di Ecoublay nella regione parigina e diretto a Ginevra la rivista "Presenza italiana". Dopo l'esperienza al Centro Studi Migrazioni Internazionali (Ciemi) di Parigi e quella missionaria a Gibuti (Corno d'Africa), vive attualmente a Londra al Centro interculturale Scalabrini di Brixton Road. Ha scritto “Vangelo dei migranti” (Emi Edizioni, Bologna 2010) con prefazione del Card. Roger Etchegaray.
Idolo e icona hanno la stessa origine. Vivono entrambi una relazione con lo sguardo, con il sacro e con il bello, ma sono animati da una dinamica opposta. L’idolo concentra tutte le forze, l’attenzione, il potere: è autoreferenziale per eccellenza. L’icona, al contrario, rinvia a qualcosa di più grande. È un raggio della luce della Divinità, una finestra aperta sul Trascendente.
Si diventa un idolo quando si vive un protagonismo eccessivo o un attivismo esagerato, quando ci si mette al centro dell'ammirazione, dell’attività o dell’obbedienza di altri. Ansiosamente e dappertutto si cerca sempre un piedistallo. Si è idolo quando ci s'identifica con Dio o con la sua volontà, quando ci si arroga ogni forza.
Giovanni indica con la forza travolgente del fiume Giordano quanto è importante per un leader essere umile, essere semplicemente un segno che addita la grandezza o la crescita di altri. Il vero leader, infatti, sarà sempre un’icona. Colui che precede gli altri e cerca insieme a loro qualcosa di più grande e di più bello. Perfino la sessualità vivrà sempre l’ambivalenza tra queste identità. Solo quando essa saprà esprimere quel senso grandioso della vita come danza e come lotta da fare insieme, sarà un’icona insuperabile.
Essere leader significa possedere il carisma della speranza e della fiducia. Non sarà egli, infatti, un realista o un amministratore, semplicemente. Un leader si distingue dal suo sguardo perché è differente da quello di chiunque altro. I suoi occhi brillano; ha una visione davanti a lui. Vede il mondo che sarà domani e sa captare il futuro che sta nascendo. Avverte i bisogni nuovi e vitali di un popolo che cammina. Ne intravvede l’orizzonte e ciò diventa una forza che muove sé e gli altri.
Il leader sa risvegliare le forze migliori nei suoi. Le chiama alla vita, al cammino, alle sfide. Egli non abbatte, ma suscita, incoraggia, stimola potentemente. La nostra preghiera quotidiana dovrebbe essere:“Signore, presta i tuoi occhi ai nostri leader!”.
Ho incontrato esseri umani che sono icone. Solidi e forti da incantarti; così fragili da commuoverti. Fanno posto a Dio in ogni suo fruscio di vento e fanno appello a Lui ad ogni istante. Avverti, così, una tridimensionalità che impressiona: lui, te e Dio accanto a lui. Tutto lo penetra e lo interpella. Ascolto e discernimento sono in lui atteggiamenti profondi, quasi naturali. Ti fa esistere come sei, nella tua alterità e differenza. Ciò ricorda l’ammirazione biblica del Siracide: “L’ideale del saggio è un orecchio che ascolta”.
Altri, invece, reagiscono curiosamente. Appena manifesti una visione differente, un interrogativo, il tuo punto di vista scattano subito meccanismi di difesa. Ti senti solo davanti a lui; Dio è scomparso. Forse è scomparso anche lo spirito che trovi ad ogni passo del Vangelo: l’amore per una minoranza in mezzo ad un popolo, per l’originalità in un essere umano o per la novità nell’incontro con Dio. È scomparso il senso dell’altro in ogni sua dimensione. Emerge, così, insensibilmente il senso dell’idolo.
“Se pensi come me, sei mio fratello”, riflette un saggio africano. “Se pensi diversamente da me sei due volte mio fratello, perché grazie alla ricchezza che mi porti e a quella che ti do, ci arricchiamo reciprocamente”. Sembrano parole di Giovanni il Battista, un leader che non aveva mai avuto paura di crescere. E di guardare lontano.
Padre Renato Zilio è un missionario scalabriniano. Ha compiuto gli studi letterari presso l'Università di Padova, e gli studi teologici a Parigi, conseguendo un master in teologia delle religioni. Ha fondato e diretto il Centro interculturale di Ecoublay nella regione parigina e diretto a Ginevra la rivista "Presenza italiana". Dopo l'esperienza al Centro Studi Migrazioni Internazionali (Ciemi) di Parigi e quella missionaria a Gibuti (Corno d'Africa), vive attualmente a Londra al Centro interculturale Scalabrini di Brixton Road. Ha scritto “Vangelo dei migranti” (Emi Edizioni, Bologna 2010) con prefazione del Card. Roger Etchegaray.
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