Di mons. Giampaolo Crepaldi,
Arcivescovo di Trieste
10 gennaio 2010
10 gennaio 2010
Tratto da ZENIT.org
L’edizione 2010 del tradizionale Messaggio del papa per la Giornata mondiale della pace, reso noto dal cardinale Martino, era fortemente atteso.
Nei paesi dell’Europa centro settentrionale e specialmente in Germania la sua enciclica Caritas in veritate è stata oggetto di severe critiche proprio sulla questione dell’ambiente e in particolare dei cambiamenti climatici.
Era quindi logico che si attendesse questo Messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno, dedicato appunto al tema “Se vuoi coltivare la pace custodisci il creato”.
Benedetto XVI non ha disatteso l’appuntamento, ribadendo però il proprio insegnamento e, quindi, scontentando probabilmente ancora una volta tutti coloro che tendono a caricare i temi ideologici di eccessive forzature ideologiche.
Il punto centrale del Messaggio è a mio parere un passaggio del paragrafo 13 dove il Papa dice che “una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona”.
La Chiesa - continua - esprime perplessità “dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo”, perché elimina la differenza tra l’uomo e gli altri esseri, “favorendo una visione egualitaristica della dignità di tutti gli esseri viventi.
Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo”.
Secondo la Chiesa all’uomo va confermato “il ruolo di custode e amministratore”, ruolo di cui non deve abusare ma a cui non deve nemmeno abdicare: “Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana”.
Benedetto XVI non nega che le questioni ambientali abbiano un impatto sulla povertà, né che richiedano profondi ripensamenti del modello di sviluppo, né che comportino la presa in esame di una maggiore sobrietà, ma ripropone la convinzione che se non c’è un ripensamento dell’umanità su se stessa e se non si torna a leggere nella natura un discorso su di noi (il “creato”, appunto e non solo un mucchio di pietre) non si riuscirà ad acquisire una nuova responsabilità morale prima ancora che politica.
Sia chi disprezza la natura materiale, sia chi la rispetta più dell’uomo come se fosse in se stessa qualcosa di divino, in fondo non ne legge il messaggio e non accumula sapienza. Si tratta, in fondo, di atteggiamenti ambedue solo tecnici.
Nei paesi dell’Europa centro settentrionale e specialmente in Germania la sua enciclica Caritas in veritate è stata oggetto di severe critiche proprio sulla questione dell’ambiente e in particolare dei cambiamenti climatici.
Era quindi logico che si attendesse questo Messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno, dedicato appunto al tema “Se vuoi coltivare la pace custodisci il creato”.
Benedetto XVI non ha disatteso l’appuntamento, ribadendo però il proprio insegnamento e, quindi, scontentando probabilmente ancora una volta tutti coloro che tendono a caricare i temi ideologici di eccessive forzature ideologiche.
Il punto centrale del Messaggio è a mio parere un passaggio del paragrafo 13 dove il Papa dice che “una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona”.
La Chiesa - continua - esprime perplessità “dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo”, perché elimina la differenza tra l’uomo e gli altri esseri, “favorendo una visione egualitaristica della dignità di tutti gli esseri viventi.
Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo”.
Secondo la Chiesa all’uomo va confermato “il ruolo di custode e amministratore”, ruolo di cui non deve abusare ma a cui non deve nemmeno abdicare: “Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana”.
Benedetto XVI non nega che le questioni ambientali abbiano un impatto sulla povertà, né che richiedano profondi ripensamenti del modello di sviluppo, né che comportino la presa in esame di una maggiore sobrietà, ma ripropone la convinzione che se non c’è un ripensamento dell’umanità su se stessa e se non si torna a leggere nella natura un discorso su di noi (il “creato”, appunto e non solo un mucchio di pietre) non si riuscirà ad acquisire una nuova responsabilità morale prima ancora che politica.
Sia chi disprezza la natura materiale, sia chi la rispetta più dell’uomo come se fosse in se stessa qualcosa di divino, in fondo non ne legge il messaggio e non accumula sapienza. Si tratta, in fondo, di atteggiamenti ambedue solo tecnici.
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