martedì 26 gennaio 2010

SPECIALE ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE" - LA NUOVA ENCICLICA E LA PASTORALE PER I MIGRANTI / 5-FINE (80.ESIMA PARTE)

24 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del discorso pronunciato il 5 ottobre scorso dall’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenendo a Vicenza a un incontro promosso dalla Fondazione Migrantes diocesana.
6. Ricaduta economica
E’ comunque interessante notare che il rapporto tra le culture ha la sua ricaduta anche in campo economico. Nell’enciclica stessa si ricorda che “l'appiattimento delle culture sulla dimensione tecnologica, se nel breve periodo può favorire l'ottenimento di profitti, nel lungo periodo ostacola l'arricchimento reciproco e le dinamiche collaborative”, in quanto “il lavoratore tende ad adattarsi passivamente ai meccanismi automatici, anziché liberare creatività” (N. 32). E lo sviluppo tecnologico è nato proprio “dalla creatività umana quale strumento della libertà della persona” (N. 70). Occorre tuttavia tener presente i pericoli che la tecnicizzazione (N. 48 e anche N. 32) e la tecnica stessa, con volto ambiguo (v. N. 69-71), rappresentano. La dottrina sociale della Chiesa ritiene comunque che “anche all'interno dell'attività economica e non soltanto fuori di essa” si possono vivere “rapporti autenticamente umani, di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità” (N. 36).
Tali rapporti facilitano il riconoscimento del “contributo significativo [che i lavoratori stranieri danno] allo sviluppo economico del Paese ospite con il loro lavoro”, mentre essi collaborano a “quello del Paese d’origine grazie alle rimesse finanziarie” (N. 62). Il lavoratore straniero è dunque “ponte” economico, ma non solo, tra i Paesi di origine e di arrivo. Il suo lavoro collega gli esseri umani, ma anche le nazioni, tra di loro, in un rapporto d’interdipendenza, fatto già noto al tempo dei Padri della Chiesa.15
Va comunque sottolineato che il lavoratore straniero è persona, “immagine di Dio”. Egli infatti è soggetto del lavoro e le varie azioni che egli compie, indipendentemente dal tipo di attività, devono portare alla realizzazione della sua umanità, all’adempimento della vocazione ad esser persona. Non è il genere di lavoro che si compie a determinare il suo valore, ma il fatto che chi lo attua è una persona.16 Quindi non si può considerare il lavoratore migrante “come una merce o una mera forza lavoro”, né trattarlo “come qualsiasi altro fattore di produzione”. Egli “possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione” (N. 62, cfr. EMCC, N. 5).
La ricerca di lavoro, che porta sempre più uomini e donne a varcare le frontiere delle loro nazioni, con o senza autorizzazione dei Paesi di arrivo, coinvolge praticamente tutti gli Stati nel fenomeno migratorio, come terra di origine, di transito e/o di destino. Pertanto il Papa può scrivere che “siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato” (N. 62). Tale politica esige “una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano”, coadiuvata “da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati” (ib.). Vale la pena qui ricordare che, a questo riguardo, un passo importante da compiere, da parte dei Governi che non l’hanno ancora fatto, è la ratifica della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite nella sua risoluzione 45/158 del 18 dicembre 1990, e entrata in vigore il 1 luglio 2003. Ne abbiamo già sopra accennato ed è richiesta sia di Giovanni Paolo II che di Benedetto XVI.
7. Conclusione
Caritas in Veritate, ponendoci dinnanzi alle grandi sfide del nostro tempo, mette in guardia contro il rischio “che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano” (N. 9). L’autentico sviluppo, infatti, proviene dalla “condivisione dei beni e delle risorse”, che “non è assicurata dal solo progresso tecnico e da mere relazioni di convenienza, ma dal potenziale di amore che vince il male con il bene (cfr Rm 12,21) e apre alla reciprocità delle coscienze e delle libertà” (ib.). A questo proposito già anche l’EMCC sollevava la “questione etica … della ricerca di un nuovo ordine economico internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra, che contribuirebbe … a ridurre e moderare ì flussi … delle popolazioni in difficoltà”. Si riconobbe infatti che tale nuovo ordine richiede una nuova visione “della comunità mondiale, considerata come famiglia di popoli, a cui finalmente sono destinati i beni della terra, in una prospettiva del bene comune universale” (EMCC, N. 8).
In effetti, “nessun Paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo” (N. 62). Nella nostra “società in via di globalizzazione, il bene comune e l'impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell'intera famiglia umana, vale a dire della comunità dei popoli e delle Nazioni, così da dare forma di unità e di pace alla città dell'uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio” (N. 7). Sottolineamo “città senza barriere di Dio”.
Note
1 Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in veritate, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009.
2 Cfr. Benedetto XVI, “Discorso alla Curia Romana in occasione della Presentazione degli Auguri Natalizi”, 22 dicembre 2005: L’Osservatore Romano, 23 dicembre 2005, pp. 4-6. V. anche Agostino Marchetto, Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Contrappunto per la sua storia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005, con edizione in lingua spagnola, dell’EDICEP, in attesa della prossima pubblicazione in lingua inglese e (parziale) in lingua russa.
3 Cfr. Benedetto XVI, “Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2006”: L’Osservatore Romano, 29 ottobre 2005, p. 4; Agostino Marchetto, “Le migrazioni: segno dei tempi”: La Sollecitudine della Chiesa verso i Migranti (Collana Quaderni Universitari del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005, pp. 28-40.
4 Cfr. Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Erga Migrantes Caritas Christi, N. 6, 9, 11, 30, 33, 36, 39-43, 64, 79, 83, 96, 101-102: aas XCVI (2004) 765, 766-767, 768, 777-778, 779, 780, 783-785, 794, 800-801, 802, 809, 811.
5 Cfr. EMCC, N. 2, 9, 30, 34-36 e il nostro “Messaggio pastorale per la Giornata Mondiale del Turismo 2007”: People on the Move XXXIX, N. 104, agosto 2007, p. 251, e quello di quest’anno.
6 Cfr. People on the Move XXXVIII, N. 101 Suppl., agosto 2006: Atti della XVII Sessione Plenaria, 15-17 maggio 2006, su “Migrazione e Itineranza da e per i Paesi a maggioranza islamica”.
7 Ampiamente esaminato in occasione del I e del II Forum Mondiale su “Migrazione e Sviluppo”, rispettivamente a Bruxelles, dal 9 all’11 luglio 2007, e a Manila, dal 28 al 29 ottobre 2008. V. i miei “Interventi”, durante i due incontri, su People on the Move, rispettivamente Vol. XXXIX, N. 104, agosto 2007, pp. 309-310, e Vol. XL, N. 108, dicembre 2008, pp. 299-300.
8 Cfr. International Organization for Migration, World Migration Report 2008, Ginevra 2008, Textbook 1.5, pp. 36-38.
9 cfr. ib., pp. 61-64.
10 Cfr. Agostino Marchetto, “Integration of Young People with a Migration Background. Christian Motives and Contribution of the Churches”: People on the Move XL, N. 108, dicembre 2008, pp. 139-148.
11 Id., “Religion, Migration and National Identity”: People on the Move XLI, N. 109, aprile 2009, pp. 29-35.
12 Giovanni Paolo II, “Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2005”, N. 1: L’Osservatore Romano, 9-10 dicembre 2004, p. 4.
13 cfr. ib.
14 Cfr. Stefano Zamagni, “I Rifugiati dai Paesi a maggioranza islamica”, Atti della XVII Sessione Plenaria del nostro Pontificio Consiglio, 15-17 maggio 2006: People on the Move XXXVIII, N. 101 Suppl., agosto 2006, pp. 233-237.
15 Cfr. S. Giovanni Crisostomo affermava: “Se il fabbro non volesse servire alcuno, trarrebbe in rovina sé, i suoi e quelli che abbisognano del suo lavoro, e lo stesso dicasi del sarto, del contadino, del mugnaio, del maestro e così via” (in ep. I ad Cor., hom. 10,4: PG 61, 87).
16 Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Laborem Exercens, N. 6: AAS LXXIII (1981) 589-590.

(5-FINE)

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