sabato 30 gennaio 2010

LA MORTE BREVE DEL PROCESSO. INTERVISTA AD ANTONIO INGROIA


Tratto dal Sito Internet
www.beppegrillo.it
Molti magistrati sono stati minacciati di morte: Antonio Ingroia, Sergio Lari, Gaetano Paci, Nico Gozzo e Giovanbattista Tona. Non tutti sanno chi sono questi magistrati o conoscono le inchieste di cui si occupano. Il blog con l'iniziativa: "Adottiamo un magistrato" vuole dar loro visibilità. Antonio Ingroia introduce una nuova definizione del "processo breve", quella della "morte breve del processo". In sostanza, non si punta a diminuire i tempi processuali, ma a eliminare la possibilità di una sentenza. A Roma si lavora da vent'anni alla riforma della giustizia, dai tempi di Mani Pulite in cui i partiti si accorsero di essere soggetti alla legge. Un lavoro intenso, faticoso, bipartisan, che ogni anno rende sempre più difficile processare e condannare i politici. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Intervista ad Antonio Ingroia, magistrato
Blog: riforma della giustizia, si tratta del processo breve, che sembra essere un accorciamento dei tempi di prescrizione.
Ingroiaa: sì, infatti credo che l’unica cosa felice dal punto di vista dell’idea del legislatore sia stata soltanto quella dell’etichetta, ossia viene messa un’etichetta accattivante a questa legge, "processo breve", partendo dal presupposto ovvio che tutti i cittadini vogliono il processo breve, ma lo vogliono, naturalmente, anche i magistrati un processo breve. Non è certo dalla magistratura che verrà una posizione contro una vera legge del processo breve.
Una vera riforma della Giustizia
Blog: la soluzione è il trasferimento d’ufficio dei magistrati, che è la proposta del Ministro Alfano per ridurre le vacanze di organico?
Ingroia: non è questa certo la soluzione: la soluzione è quella che sembra che il governo stia finalmente intraprendendo, grazie alla spinta della magistratura associata, alle minacce di sciopero e così via, ossia quella di ripristinare la possibilità per i magistrati di prima nomina, i cosiddetti uditori giudiziari, di venire anche nelle sedi difficili, mentre credo che siano del tutto incomprensibili le ragioni di questo ostracismo nei confronti dei giovani magistrati, ritenuti degli irresponsabili a cui non si potrebbe affidare un compito di Pubblico Ministero.
Il processo breve
e la legge sulle intercettazioni
Blog: lei è autore del libro: “ C’era una volta l’intercettazione”, in cui ha fatto l’analisi di un altro progetto in cantiere. Lei dice: “c’è il rischio di perdere un importante strumento d’indagine, che già sembrava una cosa molto grave: adesso la legge sul processo breve rischia proprio di ridurre la portata dell’efficacia di quella che è la destinazione dell’indagine, ossia il processo”. Sono due cose connesse?
Ingroia: diciamo che anche la legge sulle intercettazioni avrà come effetto quello di inserire un ulteriore strumento di ingiustizia, perché? Perché le intercettazioni, come le indagini degli ultimi anni hanno dimostrato, sono state uno straordinario strumento d’indagine, soprattutto in un certo tipo di procedimenti: i procedimenti dove si è svelata la criminalità del potere, la criminalità dei potenti, molti dei quali sono incappati nelle intercettazioni telefoniche e nelle intercettazioni ambientali, che hanno svelato le malefatte.
L'impunità dei colletti bianchi
Blog: alcuni suoi colleghi dicono che nei tribunali si macina l’acqua, oppure che sono posti dove entrano tonnellate di carta e escono tonnellate di carta: è possibile che vada bene alla classe politica una giustizia che funziona così?
Ingroia: non mi piace fare considerazioni squisitamente politiche, registro soltanto il dato di fatto che le grida d’allarme su una giustizia che non funziona si levano soprattutto dalla magistratura da anni e le risposte sono delle risposte del tutto inadeguate e spesso offensive, accusando i magistrati di essere fannulloni, corporativi, disorganizzati, quando chi conosce - e ce ne sono tanti anche in Parlamento - come funziona la macchina della giustizia sa quali sarebbero le riforme giuste per far riprendere velocità a un motore che sembra inceppato.

ALLEANZE SUI PROGRAMMI E SULLE PERSONE


26 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.antoniodipietro.it
Ecco il video ed il testo dell'intervento di Antonio Di Pietro durante la conferenza stampa a Montecitorio, al termine del colloquio con Pier Luigi Bersani.
Giornalista: Presidente, oggi è stata ritrovata una sintonia con il Partito Democratico?
Antonio Di Pietro: L'Italia dei Valori e il Partito Democratico sentono la responsabilità di costruire un'alternativa, ed io ho chiesto a Bersani di costruirla assieme prima che sia troppo tardi, prima che un regime partitocratico e piduista, che toglie ai poveri per dare ai disonesti, si appropri del Paese. Il 5, 6 e 7 febbraio l'Italia dei Valori celebra il suo congresso nazionale dove rilanceremo una proposta di "governo del domani", che costruiremo assieme per un'istituzione che si impegni di più per l'occupazione, il lavoro, la difesa dell'ambiente e del territorio, e meno degli speculatori ed evasori, a cui personalmente darei più sanzioni. La prospettiva di questa nuova coalizione che lanciamo è il rispetto del programma, della credibilità delle persone per ripristinare la fiducia nel rapporto tra partiti e cittadini. Sono tre elementi fondanti e fondamentali di questa nuova coalizione. Un impegno forte verso quelle persone che hanno avuto problemi con la giustizia e verso quelle che hanno fallito politicamente affinché si facciano da parte e lascino spazio alla società civile, anche nelle scelte dei candidati come è avvenuto alle primarie.
Casini fa il suo gioco, e non voglio entrare nel merito del gioco dell'UDC. Ribadisco agli elettori che è bene votare chi, prima del voto, indica il programma, le persone con cui intende realizzarlo e in che modo. Concludo dicendo che se un partito sta da una parte e dall'altra non si sa se è maschio o femmina.

CON IL POPOLO VIOLA A DIFESA DELLA COSTITUZIONE

28 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.italiadeivalori.it
Il 30 gennaio scenderemo di nuovo in piazza con il Popolo Viola per difendere la Costituzione.
Il ministro Brunetta vuole cambiare l’articolo 1 perche', secondo lui, non vuole dire niente che una Repubblica sia fondata sul lavoro.
Il ministro della Giustizia, Alfano, sotto dettatura di Berlusconi, prova sistematicamente a stravolgere l’articolo 3: "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, a meno che non siano presidente del Consiglio, della Camera, del Senato o della Repubblica". Per fortuna, la Corte costituzionale gli ha spiegato che se la legge è uguale per tutti, non si possono fare eccezioni. Ma, evidentemente, i membri del Governo non digeriscono proprio tutta questa uguaglianza. E adesso ci stanno ritentando con il processo breve e il legittimo impedimento. Insomma, provano a far rientrare dalla finestra, quello che è stato buttato fuori dalla porta!
Bondi e la Gelmini sognano una riforma dell’articolo 9: "la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, ma i ricercatori devono restare precari e le famiglie devono adeguarsi silenziosamente ai tagli di fondi e personale".
Il sottosegretario Bonaiuti e l’ex-ministro delle Telecomunicazioni, Maurizio Gasparri, vorrebbero che l’articolo 21 dicesse: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, ma se questo pensiero sarà diverso da quello del Governo non verrà trasmesso in televisione".
Tutti questi tentativi di riscrivere la Costituzione sono un segno di vandalismo istituzionale. Il Governo parla di riforme condivise: questa è la cipria con cui nasconde il bubbone delle leggi ad personam.
Comunque, l’aggressione più forte è nei confronti della divisione e autonomia dei tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Il Governo cerca di azzerare la funzione del Parlamento andando avanti a colpi di decreti legge, sottraendo così il potere legislativo ai legittimi proprietari, cioè Camera e Senato. E, allo stesso tempo, attacca continuamente la Magistratura sia verbalmente sia nei fatti approvando norme che non solo attentato all’autonomia e all’indipendenza dei giudici, ma ne esautorano la funzione.
Insomma, questo Governo, che ha un progetto piduista diametralmente opposto ai principi fondanti della nostra Carta costituzionale, va fermato. Per questo, l’Italia dei Valori si mobilita insieme al Popolo Viola e tutti quei cittadini che chiedono il rispetto della democrazia e vogliono che Berlusconi vada a casa.
A Roma il sit-in si svolgerà alle 15 in Piazza Santi Apostoli, mentre a Milano l'incontro dei manifestanti è previsto alle 16 in Piazza Mercanti. In ogni sit-in (la lista delle città e gli orari in cui si svolgeranno è disponibile sul sito http://30gennaio2010.wordpress.com) saranno distribuite copie della Costituzione.

ELEZIONI REGIONALI 2010 (11) - IL CENTROSINISTRA E LA RICERCA DELL'ANIMA

26 Gennaio 2010
Di Massimo Donadi
Tratto dal Sito Internet
www.italiadeivalori.it
Congratulazioni a Nichi Vendola che, con la sua caparbietà e passione, ha prima imposto al Partito Democratico quel grande esercizio democratico che sono le primarie e ieri ha dimostrato che quando la politica, aperta e trasparente, sa essere vicina ai cittadini vince ogni ostacolo. A lui va il nostro pieno appoggio, nella convinzione che ora vi siano le condizioni migliori per riconfermare il centrosinistra alla guida di una regione importante come la Puglia. Ma dalle primarie pugliesi arriva un segnale ben più significativo.
Vi è nel centrosinistra, soprattutto nel PD, una significativa maggioranza della classe dirigente convinta di due cose, entrambe sbagliate. La prima è che in questo paese vi sia una inevitabile e fisiologica prevalenza elettorale del centrodestra. La seconda, in larga misura conseguenza della prima, che le alleanze abbiano una valenza esclusivamente elettoralistica, e che vadano, quindi, costruite a tavolino, volta per volta, come una specie di alchimia, mettendo insieme sigle, interessi, gruppi sociali, poteri.In quest’ottica, la scelta di un’alleanza preferenziale con l’UDC, della quale la Puglia doveva essere il laboratorio, per poi replicarla a livello nazionale, rispondeva a questa logica angusta. Un’alleanza di convenienza, fatta nella convinzione che per vincere si debbano prendere tout court pezzi del centrodestra e spostarli da questa parte, senza che a questo corrisponda un progetto politico per la gente o l’elaborazione di una visione culturale complessiva. Anzi, questa “alleanza a freddo”, proprio in quanto nasceva dai due errori di fondo di cui ho appena detto, portava in sé anche il germe del superamento del bipolarismo, concetto così caro a Casini, ma anche a D’Alema e ad una parte non marginale della dirigenza PD.
D’altra parte il ragionamento - se non fosse sbagliato nelle premesse - non farebbe una grinza: posto che la maggioranza degli elettori è di centrodestra, e non di centrosinistra, in un confronto bipolare, perderemo sempre. Meglio allora tornare al proporzionale dove “ognuno fa per sé” e le alleanze si fanno il giorno dopo il voto…. a tavolino! Per fortuna gli elettori pugliesi del centrosinistra hanno bocciato, forse oltre ogni previsione, non solo e non tanto il candidato del PD, ma questa politica senza anima e senza cuore.
Gli elettori italiani, in questi ultimi anni, hanno premiato il centrodestra anche perché, dopo la caduta del primo governo Prodi, il centrosinistra non è riuscito più a mettere in campo una coalizione degna di questo nome. Con un progetto chiaro e, soprattutto, condiviso. Quello che gli elettori hanno bocciato, al contrario, era proprio una coalizione avvertita come precaria, instabile, rissosa e conflittuale, oppure frutto proprio di quelle alchimie o convenienze elettoralistiche che non solo non salveranno mai il centrosinistra, ma lo condanneranno in perpetuo ad una dimensione minoritaria, come lo è (in ultima analisi) la cultura di chi le propone.
Questo è il grande compito che, se vogliamo tornare a vincere, dobbiamo svolgere, tutti ed insieme, senza perdere tempo. Ripartire dai valori, dalle idealità, da un progetto di ampio respiro dove una pluralità di soggetti politici si mette in discussione per offrire al paese un modello di governo valido per i prossimi 10 anni. Se vorrà anche l’UDC, ma secondo una scelta chiara e coerente. Bisogna ripartire da una politica fatta soprattutto di anima e cuore. Ma anche di cultura di governo. Quella cultura fatta di responsabilità e di positivo pragmatismo che non può più essere sacrificata a visioni ideologiche della politica.
L’IDV è pronta a questa sfida. Vedremo se, nei prossimi giorni, anche il PD avrà il coraggio di cambiare marcia e ripartire dal cuore e dall’anima.

ELEZIONI REGIONALI 2010 (10) - ITALIA DEI VALORI: SOSTERREMO CON FORZA NICHI VENDOLA

Tratto dal Sito Internet
www.idvlecce.com
"Faccio i miei personali auguri a Nichi Vendola per la sua vittoria alle primarie frutto di una grande determinazione e caparbietà. Gli elettori del centrosinistra pugliese hanno dato in maniera chiara il proprio consenso a Nichi Vendola, candidato presidente per le prossime elezioni regionali, riconfermandolo. L'Idv Puglia senza indugio alcuno sosterra il candidato Presidente Vendola perchè rispettiamo la volontà popolare emersa dalle primarie e uniti vogliamo arginare la destra berlusconiana. A dichiararlo è l'on. Pierfelice Zazzera, coordinatore regionale dell'Italia dei Valori Puglia. "Da oggi comincia il lavoro però più difficile: bisogna vincere le elezioni regionali. L'IDV ha criticato le scelte politiche del governo regionale in materia di sanità in questi cinque anni - conclude Zazzera - ma ora chiediamo a Vendola di non commettere gli errori del passato e di scegliersi meglio la squadra di governo. Noi dell'IDV vogliamo aiutarlo ed essere allo stesso tempo garanzia per i cittadini".

ELEZIONI REGIONALI 2010 (9) - GENTILE (IDV): "PRIMARIE IN PUGLIA: VINCE IL CARISMA DI NICHI VENDOLA"

COMUNICATO STAMPA
27 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.puglia.antoniodipietro.it
L’esito delle primarie in Puglia ha incoronato Nichi Vendola come candidato per il centro-sinistra a Presidente della Regione Puglia nella prossima tornata elettorale di fine marzo 2010; mentre si consumava il rito delle primarie, il centro destra, dal canto suo, ufficializzava la candidatura di Rocco Palese a Governatore della Regione. L’esperienza delle primarie, con i relativi esiti, ci consegna, dal lato politico, una lettura della vicenda, nel suo insieme, che può essere così sintetizzata: ha vinto il confronto, invero per la seconda volta, chi evidentemente è riuscito meglio a sintonizzarsi con le emozioni ed i sentimenti della gente. Non v’è dubbio che, da questo punto di vista, Vendola sia dotato di quel carisma, indispensabile all’uomo politico, per colpire le corde del sentimento comune. Boccia, pur presentandosi con maggiore carica innovativa, soprattutto sotto il profilo delle riconosciute esperienze e competenze, non è andato oltre il 30 %, ma quel che più rileva, sotto il profilo della lettura politica del dato, è che gli elettori del PD hanno coscientemente disatteso le indicazioni delle gerarchie di partito tutte mobilitate, a cominciare da D’Alema, Bersani e Latorre, a sostegno dell’opzione Boccia. Questa vicenda ha evidenziato la clamorosa sconfitta di quanti ritenevano possibile regimare e gerarchizzare il consenso popolare. Il dato più concreto è costituito dalla constatazione per cui è assolutamente velleitario pensare di poter calare dall’alto scelte che non incontrano il favore o il gradimento degli elettori. Sonora bocciatura, dunque, della linea dalemiana e rafforzamento indiscutibile della leadership di Nichi Vendola che allunga sul PD una seria ipoteca personale. Tornando al tema delle prossime elezioni regionali, il centro-destra ha tirato fuori in extremis la candidatura di Rocco Palese, espressione interna degli ultimi 15 anni di Governo pugliese, sia in maggioranza che opposizione; sicura la caratura tecnica, tutta da scoprire la forza carismatica, sotto l’aspetto politico, che la sua candidatura sarà in grado di imprimere nella prossima campagna elettorale. È certo che si prospetta una partita apertissima a qualsiasi risultato; qualche considerazione a parte meritano gli aspetti legati alle alleanze che si andranno a definire. L’UDC, che come noto, si era detta disponibile ad un’alleanza con il centro-sinistra, ma per voce del del suo leader Pierferdinando Casini, pare oggi, volersi sfilare da questo impegno orientando lo scudo crociato verso un'alleanza con la Io Sud della Poli Bortone. Della nuova squadra dovrebbe far parte anche Il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, che non ha mai nascosto elogi verso l'eventuale candidatura della Poli Bortone. Quanto all’IDV, come introdotto da Di Pietro, il partito avrebbe sostenuto il candidato scelto dal PD e quindi il vincitore delle primarie che hanno poi visto il trionfo di Vendola, ma una seria riflessione sarà a breve avviata nelle stanze di via Calefati, al fine di strutturare l’alleanza con quel centro-sinistra, su cui si sono appuntati, gli strali della denuncia politica da parte di autorevoli rappresentanti regionali e nazionali dell’IDV. In sostanza ci sarà da chiedersi se sia possibile allearsi con il Governatore uscente, senza prima aver chiarito le varie problematiche derivanti da un settore nevralgico, come la sanità, che più volte l'ha visto coinvolto in numerose inchieste giudiziarie, rese famose dalla cronaca giornalistica quotidiana. Vendola dovrà impegnarsi a rinnegare un passato, nella gestione sanitaria regionale, fatto di molte ombre e contiguità con la precedente amministrazione di centro-destra e assumere, con determinazione, l’ulteriore impegno ad un cambio di rotta che ac colga innanzitutto le molteplici notazioni critiche dell’IDV. Va, quindi, incardinato da subito un tavolo di serrato confronto con il governatore Vendola, dal quale ricevere formali assicurazioni su una reale inversione tendenziale nell’azione di governo regionale, in quei settori destinati all’erogazione di servizi fondamentali per i cittadini come quello sanitario. Sul fronte della questione morale, insomma, l’IDV non può abdicare al suo ruolo distintivo e sacrificare, sulla logica delle alleanze tattiche, il senso profondo delle battaglie di tutti questi anni.
Avv. Giuseppe Gentile
Consigliere Provinciale IdV

ELEZIONI REGIONALI 2010 (8) - BELISARIO SU PRIMARIE IN PUGLIA: I CITTADINI NON COMPRENDONO ALCHIMIE

COMUNICATO STAMPA
Lunedì 25 Gennaio 2010

Tratto dal Sito Internet
www.italiadeivalori.antoniodipietro.com
"Le alchimie politiche non sempre sono comprese dai cittadini, anche quando sembrano animate da buone intenzioni". E' quanto afferma il presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario, sul risultato delle primarie del centrosinistra in Puglia.
"Ora - prosegue Belisario - è inutile fare dietrologia e interrogarsi sul perché del risultato delle primarie pugliesi: Vendola è stato legittimato dalla consultazione popolare e ha titolo a guidare la coalizione per riconfermare il centrosinistra alla guida della Regione. Adesso c'è bisogno di programmi credibili e condivisi e una squadra di persone perbene e capaci per non ricadere negli errori del passato. Queste - conclude Belisario - sono le uniche condizioni che l'Idv ha da sempre posto agli amici del centrosinistra oltre, ovviamente, al rispetto dovuto a una forza del peso politico e parlamentare come la nostra".

ELEZIONI REGIONALI 2010 (7) - PRIMARIE: ZAZZERA (IDV) "SOSTERREMO VENDOLA, NOI GARANZIA PER NON COMMETTERE ERRORI DEL PASSATO"

26 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.puglia.antoniodipietro.it
«Faccio i miei personali auguri a Nichi Vendola per la sua vittoria alle primarie frutto di una grande determinazione e caparbietà. Gli elettori del centrosinistra pugliese hanno dato in maniera chiara il proprio consenso a Nichi Vendola, candidato presidente per le prossime elezioni regionali, riconfermandolo. L’IDV Puglia senza indugio alcuno sosterrà il candidato Presidente Vendola perché rispettiamo la volontà popolare emersa dalle primarie e uniti vogliamo arginare la destra berlusconiana». A dichiararlo è l’on. Pierfelice Zazzera, coordinatore regionale dell’Italia dei Valori Puglia.
«Da oggi comincia il lavoro però più difficile: bisogna vincere le elezioni regionali. L’IDV ha criticato le scelte politiche del governo regionale in materia di sanità in questi cinque anni - conclude Zazzera - ma ora chiediamo a Vendola di non commettere gli errori del passato e di scegliersi meglio la squadra di governo. Noi dell’IDV vogliamo aiutarlo ed essere allo stesso tempo garanzia per i cittadini».

SPECIALE / LA SVOLTA DELL'OMICIDIO BASILE (30) - ISTANZA RIGETTATA: IL 19ENNE NON ESCE

Vittorio Luigi Colitti, il ragazzo di Ugento
arrestato a novembre 2009
con l’accusa di aver ucciso
insieme a suo nonno
l’ex consigliere Peppino Basile,
resta in carcere.
La respinta del gip Vergine
27 gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.lecceprima.it
Vittorio Luigi Colitti, il 19enne di Ugento arrestato il 25novembre scorso con l’accusa di aver ucciso insieme a suo nonno l’ex consigliere Peppino Basile, resta in carcere. Non lascerà dunque l’istituto penitenziario "Nicola Fornelli", così come aveva chiesto uno dei difensori, l’avvocato Francesca Conte. Il giudice per le indagini preliminari dei Tribunale dei minori Cinzia Vergine ha respinto l’istanza presentata dal legale per chiedere di rimettere in libertà il giovane, che si è sempre proclamato innocente. E’ il secondo no a far tornare in libertà il giovane indagato: prima il riesame, ora l’istanza.
Stessa sorte per il nonno Vittorio, 69enne, il quale dopo il diniego del tribunale della libertà, ha ricevuto anche il rigetto dell’istanza da parte del gip Antonio Del Coco per motivi di salute. Insomma, non c’è verso che i Colitti escano dal carcere. Pare che il gip Vergine abbia ritenuto attendibile quanto riferito dalla piccola baby testimone, nonostante non abbia riferito nel corso dell’incidente probatorio del 23 dicembre i nomi di nonno e nipote come quelli degli assassini di Basile. Stando infatti a quanto emerso dopo quell’incontro, la bambina avrebbe riconosciuto i Colitti guardando un servizio in televisione. E perché allora non avrebbe fatto i loro nomi? Perché i giudici non glielo hanno chiesto esplicitamente e perché non sapeva se a loro poteva dirlo. Per il gip questo basta per confermare la validità della tesi accusatoria, che secondo il pubblico ministero Simona Filoni potrà essere ulteriormente rafforzata grazie ad un secondo incidente probatorio.
Il sostituto procuratore ha inoltrato ieri la richiesta al gip per un nuovo ascolto della minore, chiedendo che davanti alla piccola vengano esibite le foto degli arrestati, affinchè possa eventualmente riconoscerli. L’avvocato Conte intanto fa sapere che domani presenterà le controdeduzioni per opporsi a quest’ultima richiesta della Procura.

SPECIALE / LA SVOLTA DELL'OMICIDIO BASILE (29) - LA PROCURA VUOLE UN NUOVO INCIDENTE PROBATORIO

L’accusa non molla,
la piccola testimone del delitto Basile
deve essere nuovamente ascoltata.
A chiederlo è il pubblico ministero
della Procura dei minori.
La bimba avrebbe riconosciuto i due Colitti
26 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.lecceprima.it
L’accusa non molla, la piccola testimone del delitto Basile deve essere nuovamente ascoltata. A chiederlo è il pubblico ministero della Procura dei minori, Simona Filoni, la quale nelle scorse ora ha depositato la richiesta di un secondo incidente probatorio presso la cancelleria del gip Cinzia Vergine. La bimba di sei anni dovrà parlare di nuovo di quello che ha visto quella notte mentre era affacciata dalla finestra che dà su via Nizza: e questo perché sembra che la piccola abbia nuovamente riconosciuto i Colitti, nonno e nipote, come gli assassini del consigliere dell’Italia dei Valori.
Nel corso del primo incidente probatorio, svoltosi lo scorso 23 dicembre davanti ai gip Antonio Del Coco e Cinzia Vergine, la bimba aveva perfettamente ricostruito tutta la dinamica dell’omicidio, sottacendo però il particolare più importante: i nomi. Non ha detto, a differenza di quanto rivelato nell’ottobre scorso proprio al pm Filoni, che erano stati i vicini di casa a “dare le botte a Peppino”. Sembrava quindi che le cose si stessero mettendo bene per la difesa, ma ecco che subito dopo sarebbero emerse prove che invece confermerebbero la tesi accusatoria. Pare, infatti, che la bimba, dopo essere tornata a casa, abbia riferito alla madre di non aver fatto quei nomi perché non le sarebbe stato chiesto esplicitamente. La mattina della vigilia di Natale, poi, la piccola avrebbe riconosciuto i Colitti come gli assassini, guardando un servizio in televisione: “Sono loro che hanno dato le botte a Peppino; questi sono i nomi che non mi ricordavo e che la nonna mi ha detto di non dire”, testuali parole che avrebbe riferito alla madre.
E questo episodio è stato riferito proprio dalla bambina nel corso di un ascolto nel procedimento civile il 30 dicembre scorso. Il pubblico ministero ha chiesto inoltre che nell’occasione siano visionate dalla minore le foto prese dai quotidiani che ritraggono i due arrestati. Intanto si attende che il gip si pronunci anche sull’istanza di scarcerazione presentata per Vittorio Luigi Colitti.
L. C.

I NOSTRI PAPI (7) - PAPA GIOVANNI PAOLO II°, ELEZIONE A PONTEFICE E PRIMO DISCORSO


LA MUSICA CHE INSEGNA (11) - ASCOLTA: "…A GUARDARSI NEGLI OCCHI / A RIEMPIRE GLI SPECCHI / CON I NOSTRI RIFLESSI MIGLIORI…"

CONGRESSO NAZIONALE DELL'ITALIA DEI VALORI - UNO SGUARDO VERSO IL FUTURO

29 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet

http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/congresso/
La situazione italiana è sempre più allarmante. Il centrodestra scardina l'equilibrio tra i poteri costituzionali e punta a realizzare una repubblica presidenziale nelle mani di un uomo solo.
In questo momento così arduo IdV deve assumersi maggiori responsabilità. Sono milioni i cittadini di centrosinistra che non hanno più fiducia nella rappresentanza politica. IdV ha il compito principale di parlare loro, ascoltare le loro opinioni, costruire le basi di una nuova vittoria elettorale e così attuare nel modo più incisivo i principi costituzionali di uguaglianza e libertà.
E’ un dovere per il partito ma prima ancora una necessità per il paese: ricostruire un’idea progressiva di società, riaffermare il primato dell’interesse pubblico sugli interessi privati, assicurare la salvaguardia dei beni comuni, dare a ogni individuo pari opportunità nella competizione sociale, garantire a tutti il reale diritto alla conoscenza.
Il primo congresso del partito può e deve essere l’occasione per compiere un deciso salto di qualità. Prima di tutto dobbiamo dire con massima chiarezza che cosa si dovrà fare subito appena il centrosinistra sarà in grado di governare. E’ presto detto. Abrogare tutte le leggi ad personam, nessuna esclusa. Stabilire l’ineleggibilità e l’incompatibilità con ruoli di governo per i possessori di mezzi di comunicazione. Sciogliere il nesso Rai-Mediaset. Rendere indipendente la Rai dalla politica e introdurre un sistema che assicuri condizioni di parità tra tutti i potenziali competitori nelle reti private.
Ma la politica in Italia è malata in profondità. La classe dirigente è sempre più percepita come minoranza organizzata per la propria riproduzione. E la legge elettorale ha rafforzato la convinzione. Dunque va cambiata la legge elettorale: i cittadini devono avere il diritto di scegliere la propria rappresentanza. Va imposta la più chiara pubblicità e trasparenza dei bilanci di partito.
Misure per evitare che la politica diventi il meno rischioso e il più conveniente dei mestieri. Ridurre i privilegi degli eletti, facendoli cessare senza deroghe alla fine del mandato. Stabilire l’incompatibilità tra mandato elettivo e qualsiasi carica in aziende e attività di rilievo pubblico. Impossibilità di assumere per almeno cinque anni dalla fine del mandato elettivo cariche in aziende di rilievo pubblico.
Il partito attuale è impari al compito. Nuova politica economica, capace di produrre sviluppo sostenibile, equità e progressività dell’imposizione fiscale, impulsi dinamici al lavoro e alle imprese, scelte strategiche a favore di istruzione, ricerca, energie rinnovabili, possono risultare convincenti solo su proposta di un partito rinnovato da persone competenti, capace di interloquire con la cultura e soprattutto in grado di dare attuazione vigorosa all’articolo 49 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
La nuova IdV esisterà solo quando avrà persuaso la vasta platea - che ora si limita a concederle il voto o il consenso occasionale e temporaneo - a dare il proprio consapevole contributo.
Sul sito troverete la mozione congressuale che presenterò al Congresso Nazionale del 5, 6 e 7 febbraio a Roma, un rapido quadro dei provvedimenti da prendere appena il centrosinistra sarà tornato al governo. La mozione è aggiuntiva e non alternativa a quella di Antonio Di Pietro.
Si prega tutti gli interessati a sostenere il senso di questa mozione di mandare la propria sottoscrizione alla mail francesco.pardi@senato.it

CONGRESSO NAZIONALE DELL'ITALIA DEI VALORI, 5-6-7 FEBBRAIO 2010 - VISITA IL SITO INTERNET E SEGUILO NEI PROSSIMI GIORNI

http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/congresso/

MANIFESTAZIONE "NO MARE NERO" - 1° FEBBRAIO 2010, CASTELLO DI ACAIA

COMUNICATO STAMPA
A seguito dell’interpellanza parlamentare n° 2/00561 del 09/12/09 presentata al Ministero dell’Ambiente dagli onorevoli Donadi e Zazzera il costituendo comitato “NO MARE NERO” con l’organizzazione di Italia dei Valori della Provincia di Lecce, dei circoli IDV di Vernole e Melendugno ed il Coordinamento Civico di Maglie per la tutela della salute e del territorio ha individuato nelle persone:
1-Ing. Antonio De Giorgi, Energy Manager
2-dr. Prisco Piscitelli, Epidemiologo
3-dr. Oreste Caroppo, Portavoce Cordinamento
4-ing. Antonio Trevisi, Università Del Salento
5-dr. Giacomo Marzano, Zoologo
6-dr. Stefania Mandurino, Presidente Apt Lecce
7-dr. Maurizio Manna, Esperto Legambiente
8-dr. Adolfo Cavallo Biologo Marino
un team di esperti che saranno convocati per il giorno 01/02/2010 alle ore 20,00 presso il Castello di Acaia per argomentare sull’eventuale installazione di piattaforme adibite all’estrazione di petrolio e gas nella zona antistante la fascia costiera San Foca - Otranto.
Gli organi di stampa e la cittadinanza sono invitate a partecipare.
Lecce, 30 gennaio 2010

ALLARME NUOVE DROGHE: IN ITALIA INFUSI DI GIACUBE E RAINHA, UNA NUOVA MODA NELLE SETTE O COMUNITA' RELIGIOSE?

COMUNICATO STAMPA
Nuove tendenze, nuove mode nelle sette o comunità religiose. Non si tratta né di abbigliamento né di alimentazione ma di pericolosi infusi a base di sostanze di derivazione vegetale ed apparentemente innocue ma con potenti proprietà allucinogene e psicoattive che pare circolino senza troppi controlli ma purtroppo di difficile catalogazione tra le sostanze stupefacenti note ed individuate da apposite norme di legge.
Di recente, infatti, pare che il Ministero della Salute, sia stato informato del ricovero di alcuni soggetti per gravi turbe psicomotorie, in seguito al consumo di una bevanda denominata “AYAHUASCA” utilizzata all’interno di comunità religiose o sette per raggiungere l'estasi, la trance ecc... Tale infuso deriva da un estratto vegetale di alcune erbe di piante locali: GIACUBE (liana della foresta amazzonica) e RAINHA (foglie) utilizzato dai popoli amazzonici per lo svolgimento di particolari riti propiziatori.
Le analisi di laboratorio hanno identificato tracce di potenti sostanze stupefacenti quali la dimetiltriptamina ed attualmente risultano ancora in corso ulteriori accertamenti.
Il componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori Giovanni D’AGATA, raccomanda alle Autorità di Frontiera un aumento dei controlli doganali tesi al controllo di erbe spacciate per prodotti officinali provenienti da paesi esotici prima che si diffondano anche tra i giovani sempre in cerca di novità e di nuove emozioni.
Lecce, 28 gennaio 2010
Giovanni D’AGATA
Componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore”

L'ALTRA OMELIA (26) - L'AMORE E' LA VIA DELLA VERITA' DELLA VITA

Quarta Domenica del Tempo Ordinario
31 gennaio 2010
Di padre Angelo del Favero
29 gennaio 2010
Tratto da ZENIT.org
“Allora cominciò a dire loro: 'Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato'. Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: 'Non è costui il figlio di Giuseppe?'. Ma egli rispose loro: 'Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!”'. Poi aggiunse: 'In verità vi dico: “Nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele, al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma a nessuno di loro fu purificato, se non Naaman, il Siro”'. All’udire queste cose tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino” (Lc 4,21-30).
“La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,4-6).
“Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce ti ho consacrato; (…) Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti” (Ger 1,5.19).
A Cafarnao, Gesù scaccia i demoni con la sua sola parola, guarisce le malattie con il semplice tocco della sua mano: la gente riconosce in lui il Messia atteso e non vuole più lasciarlo andar via (Lc 4,31-44). A Nazaret, la sua città, le cose vanno all’opposto: Gesù conferma di essere il Messia (“oggi si è compiuta questa Scrittura..”) e la gente rimane ammirata per la sapienza delle sue parole, ma quando mette in chiaro di non esser lì per far miracoli scatta la contestazione e il rifiuto.
E’ lo scandalo di tutti i tempi e di tutti i luoghi: “l’incontro con la santità non è mai così insopportabile, mai così sottili le obiezioni, mai così intollerante l’avversione come nella patria del profeta. Come ammettere che uno di cui si conoscono i genitori, che ci vive accanto, che non è poi diverso dagli altri, sia qualche cosa di santo? Un eletto quello lì, di cui si conoscono vita e miracoli? Lo scandalo è il grande avversario di Gesù” (Romano Guardini, “Il Signore”, cap VIII). A far traboccare il vaso dell’intolleranza, a Nazaret, è anche il campanilismo nazionale, che Gesù punge sul vivo con il doppio riferimento ai miracoli di Elia ed Eliseo in favore della vedova di Sarepta e di Naaman, il Siro, entrambi pagani.
A questo punto il messaggio teologico è già abbastanza chiaro: il piano di Dio ha una dimensione universale: Gesù non è solo il salvatore di Israele, ma la luce che illumina ogni uomo; la sua opera di salvezza non può che estendersi oltre ogni confine geografico, sociale, culturale, morale e spirituale.
Ma per comprendere ulteriormente il motivo del clamoroso “linciaggio” di Gesù, è necessario ricordare la citazione che egli fa del passo di Isaia, letto domenica scorsa: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione..” (Is 61,2s). Rivediamo la scena. Quel sabato, dopo il suo ritorno in comunità, Gesù era stato invitato a leggere. Nella sinagoga regnava un silenzio di tomba: “gli occhi di tutti erano fissi su di lui” (Lc 4,20): quale sarà il suo commento? Il commento di Gesù è brevissimo, folgorante: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21).
Le orecchie dei presenti sarebbero probabilmente disposte ad accettare la rivendicazione messianica di Gesù, se egli non avesse commesso una “imperdonabile” omissione, citando il profeta Isaia. Gesù infatti ne proclama il testo fino a: “..a promulgare l’anno di grazia del Signore”, e taglia il resto della frase, che prosegue così: “il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti” (Is 61,2b).
La gente rimane attonita: rinunciare alla vendetta è un tradimento religioso e nazionale! Per il popolo di Israele, infatti, l’avvento del Regno messianico promesso sarebbe coinciso con “il giorno della vendetta” di Dio contro gli oppressori del popolo, così gli afflitti avrebbero visto ristabiliti i loro diritti. Ma Gesù non è uno zelota: egli è venuto nel mondo per mostrare “la via più sublime..la più grande di tutte: la carità” (1Cor 12,31-13,13).
Gesù parlava la lingua degli uomini e degli angeli, aveva il dono della profezia, conosceva tutti i misteri e aveva tutta la conoscenza: non gli mancava nulla per farci conoscere tutto quello che aveva udito dal Padre (Gv 15,15). Perché allora ha voluto coronare tale rivelazione dando in cibo se stesso, e consegnando il suo corpo alla morte e alla morte di croce? Unicamente per quell’amore “fino alla fine” (Gv 13,1) che non solo ha “vinto il mondo” (Gv 16,33), ma, per la testimonianza del sangue, lo ha anche convinto della verità di tutto ciò che Gesù ha detto e ha fatto. Gesù ha pagato con la vita la sua testimonianza alla Verità, ma il suo sdegno per l’ingiustizia ha sempre avuto il volto del perdono, il volto del Padre misericordioso che lo ha mandato a distruggere non i peccatori, ma le opere del diavolo, una delle quali è proprio la vendetta.
Perciò, a Nazaret, Gesù lancia il più rivoluzionario dei messaggi: è giunta l’ora di spalancare le porte del cuore ad ogni persona, e lasciarle sempre spalancate in modo da essere veramente liberi, liberati da quella giustizia farisaica che è la schiavitù peggiore, se si vuole davvero entrare nel Regno di Dio (Mt 5,20), perché acceca e paralizza il cuore. Il messaggio viene però istintivamente rifiutato e, dopo una breve latenza, genera una acuta reazione di rigetto nei confronti di Gesù stesso: “Si alzarono, lo cacciarono fuori..lo condussero sul ciglio del monte per gettarlo giù..” (Lc 4,29).
Come attualizzare questo Vangelo?
Ascoltiamo la sapienza di Benedetto XVI: “L’amore nella verità - caritas in veritate - è una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione. Il rischio del nostro tempo è che, all’interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli, non corrisponda l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano. Solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante” (Enciclica “Caritas in veritate”, n. 6).
Queste parole mi sembrano una sintesi del Messaggio della CEI per la XXXII Giornata per la Vita, dal titolo: “La forza della vita una sfida nella povertà”.
Il primo riferimento del Messaggio è al volto economico della povertà. E’ vero che l’indigenza materiale costituisce un motivo reale per indurre nella tentazione dell’aborto, tuttavia sappiamo bene che la vera, fondamentale minaccia alla vita nel grembo non viene dalla “crescente povertà dei mezzi e delle risorse”, bensì da quella “congiura contro la vita” che Giovanni Paolo II ha denunciato come strategia globale delle istituzioni internazionali e dei mass media del mondo intero (Enciclica “Evangelium vitae”, n.17).
I Vescovi scrivono nel Messaggio: “Sarebbe assai povera ed egoista una società che, sedotta dal benessere, dimenticasse che la vita è il bene più grande”. Il condizionale esprime la situazione reale: la nostra società è ampiamente sedotta e “drogata” dal benessere, e, a causa di ciò, si ritrova sprofondata nella povertà più miserevole: il vuoto di Dio Amore. Avendo dimenticato che Dio Amore, Creatore dell’uomo, è il Bene più grande per l’uomo: di conseguenza non può riconoscere la Verità trascendente della vita umana.
Perciò il mondo e la società non si curano affatto della vita dell’uomo che Dio ha formato nel grembo materno, mentre si curano del clima e della vita degli animali. Oggettivamente è una spaventosa e criminale contraddizione, ma procede da una profonda “coerenza”, dal momento che mentre il rapporto con Dio riguarda, dipende e coinvolge direttamente il rapporto con il prossimo (Mt 25,40: “lo avete fatto a me”), il rapporto con la natura non dipende più che tanto dalla fede in Cristo. Perciò, chi vive come se il Dio di Gesù Cristo non ci fosse, non può cogliere il valore divino e il destino eterno della vita umana, che addirittura precedono il concepimento (“Prima di formarti nel grembo materno ti ho conosciuto,..” - Ger 1,5; “In lui ci ha scelti, prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà... - Ef 1,4-5).
La forza della vita, perciò, è la sfida del piccolo Davide contro il gigante Golia, la sfida della debolezza estrema (chi è più debole dell’uomo appena concepito?) che confida unicamente nella grazia, e sa, per la certezza della fede, che “la vita vincerà” (Istruzione “Dignitas personae”, n. 3). A questa vita che possiede solo la forza della propria esistenza, si rivolge oggi il profeta Geremia. Proviamo a rileggere dall’inizio le sue parole pensando che il loro destinatario è la vita umana, specialmente quella più inerme e minacciata di morte, dal concepimento fino al suo spegnersi naturale. Nonostante la situazione presente, nonostante la congiura dei potenti, possiamo dire con sicurezza alla vita: “Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti” (Ger 1,19).
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

CROCIFISSO ANCORA (14) - IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO ITALIANO SUL CROCEFISSO

Precisazioni che contraddicono
il parere della Corte di Strasburgo
4 novembre 2009
Tratto da ZENIT.org
La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che decreta la rimozione dei crocefissi dalle aule scolastiche italiane, è alquanto contraddittoria, perchè non ha ritenuto neanche di considerare quanto il Consiglio di Stato italiano aveva sancito in materia, proprio in risposta al quesito della stessa signora Soile Lautsi.
La VI sezione del Consiglio di Stato, con la decisione n. 556 del 13 febbraio 2006, respinse il ricorso della signora Lautsi che chiedeva la rimozione del crocefisso nelle aule della scuola media di Abano Terme (Padova), frequentate dai figli.
Entrando nel merito della questione, il Consiglio di Stato ha scritto che "È evidente che il crocefisso è esso stesso un simbolo che può assumere diversi significati e servire per intenti diversi; innanzitutto per il luogo ove è posto. In un luogo di culto il crocefisso è propriamente ed esclusivamente un 'simbolo religioso', in quanto mira a sollecitare l'adesione riverente verso il fondatore della religione cristiana”.
“In una sede non religiosa, come la scuola, destinata all'educazione dei giovani - si legge di seguito -, il crocefisso potrà ancora rivestire per i credenti i suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata ed assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo) valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile”.
“In tal senso il crocefisso potrà svolgere, anche in un orizzonte 'laico', diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni".
In particolare la sentenza del Consiglio di Stato afferma: “In Italia, il crocefisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l'origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana”.
“Questi valori, che hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della nostra Carta costituzionale, accolte tra i 'Principi fondamentali' e la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la laicità propria dello Stato italiano”.
“Il richiamo, attraverso il crocefisso, dell'origine religiosa di tali valori e della loro piena e radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani - continua il Consiglio di Stato -, serve dunque a porre in evidenza la loro trascendente fondazione, senza mettere in discussione, anzi ribadendo, l'autonomia (non la contrapposizione, sottesa a una interpretazione ideologica della laicità che non trova riscontro alcuno nella nostra Carta fondamentale) dell'ordine temporale rispetto all'ordine spirituale, e senza sminuire la loro specifica 'laicità', confacente al contesto culturale fatto proprio e manifestato dall'ordinamento fondamentale dello Stato italiano”.
In conclusione: "Si deve pensare al crocefisso come ad un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato. Nel contesto culturale italiano, appare difficile trovare un altro simbolo, in verità, che si presti, più di esso, a farlo".
La prescrizione del crocefisso tra gli arredi delle aule scolastiche risale alla cosidetta legge Casati del 1859, una disposizione che trovava il suo fondamento nel principio della religione cattolica come sola religione di Stato, contenuto nell'art. 1 dello Statuto albertino del 1848.

CROCIFISSO ANCORA (13) - GENTE IN PIAZZA A DIFESA DEL CROCIFISSO

Di Antonio Gaspari
27 novembre 2009
Tratto da ZENIT.org
Continuano le manifestazioni popolari in difesa del Crocifisso che la Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo vorrebbe far togliere dalle aule scolastiche italiane.
Don Stefano Tardani, Assistente Ecclesiastico del Movimento dell'Amore Familiare (www.amorefamiliare.it), insieme all’Associazione Famiglia piccola Chiesa, ha organizzato una “Marcia per amore del Crocefisso” che domenica 29 novembre partirà alle ore 10:00 dalla Chiesa Nuova per giungere a Piazza San Pietro per l'Angelus del Santo Padre Benedetto XVI.
Alla marcia parteciperanno altre Associazioni, Movimenti e Comunità.
Sabato 28 novembre a Cervinara (AV), la diocesi di Benevento, ha organizzato una marcia in favore dei crocifissi a piedi lungo le vie del paese con partenza alle 18:00 dalla villa comunale. Vi parteciperanno le parrocchie di Cervinara e Rotondi oltre a tante persone che verranno per l'occasione.
Nell’ambito delle manifestazioni a favore del crocifisso il presidente dell’Associazione nazionale Presidi (Anp), Giorgio Rembado , ha spiegato che la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo non può avere seguito in Italia perchè “le singole scuole si devono attenere alla norma del Concordato tra Stato e Chiesa” che prevede appunto i crocifissi nelle aule, “norma concordataria oltretutto ripresa dalla Costituzione”.
Rembado ha precisato che “è un problema che va al di là delle questioni che attengono alle determinazioni delle singole scuole”.
Per cambiare la situazione “ci dovrebbe essere o un nuovo concordato o una nuova ‘intesa’ tra Stato e Chiesa cattolica”.
“In ogni caso - ha concluso il Presidente dell Anp - la Corte europea avrebbe dovuto tener conto delle norme costituzionali dell’Italia”.

SPECIALE ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE" - DIRITTO ALL'ALIMENTAZIONE E SVILUPPO NELL'ENCICLICA (82.ESIMA PARTE)

28 novembre 2009
Tratto da ZENIT.org
Ecco un articolo di Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuân” sulla Dottrina sociale della Chiesa e consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Il problema della denutrizione e della fame è ben presente nella nuova enciclica sociale di Benedetto XVI Caritas in veritate. Lo è, però, in modo particolare, perché particolare è lo stile di approccio ai problemi di questa enciclica. Non tutti i lettori hanno colto questo nuovo stile ed hanno mosso delle critiche al testo, che sarebbe dispersivo, toccando molti temi senza approfondirne nessuno. La realtà è che, più che proporre soluzioni alle varie problematiche sociali, la Caritas in veritate si premura di insegnarci un metodo per affrontarli. Per questo essa non è una raccolta di indicazioni di saggezza sociale, ma l’annuncio di una proposta di salvezza, un invito a non affidarsi solo a leggi e a strutture, ma a cambiamenti di vita. Il cambiamento di vita decisivo è l’accoglienza della verità e della carità come un dono che irrompe nella nostra vita e che illumina tutte le relazioni sociali con una luce nuova. Si capisce così come il problema della fame, affrontato in un solo paragrafo, il 27, sia anche illuminato dall’intero testo dell’enciclica. Ciò vale anche per gli altri temi sociali: non ci si sofferma su di essi analiticamente, ma si evidenzia la luce nuova che su di essi cala dalla verità e dalla carità. Questo è lo specifico cristiano e della Dottrina sociale della Chiesa che si colloca quindi nel punto di incontro tra la spiritualità cristiana e le realtà temporali ed annunciando Dio che è Verità e Amore, conferma, valorizza e purifica anche tutte le altre forme di verità e di amore presenti nella storia.
Uno degli effetti dell’accoglienza della verità a proposito del problema della fame, come degli altri temi connessi con lo sviluppo è il rifiuto dei molti riduzionismi ideologi che ancora influenzano la nostra mentalità ed azione. La Caritas in veritate dice che il problema dello sviluppo è oggi policentrico, ossia “le colpe e i meriti sono differenziati”. In altri termini, e in concreto, non si presta più al vecchio schema Nord ricco e sfruttatore versus Sud povero e sfruttato. Non è più tutto qui. Per molti motivi. Per esempio perché nuovi paesi emergenti giocano ormai un ruolo fondamentale negli equilibri (o squilibri) economici mondiali. L’Africa oggi è più sfruttata dall’Occidente o dalla Cina? Chi appoggia le élites politiche africane più sanguinarie? Per fare un altro esempio: perché il sottosviluppo e la fame sono anche provocate da arretratezze culturali autoctone, oltre che da vincoli culturali imposti dall’esterno. Oppure, per farne un altro: perché i grandi organismi internazionali che dovrebbero provvedere agli aiuti allo sviluppo - e la mente corre subito alla FAO - sono troppo autoreferenziali e finanziano soprattutto le proprie burocrazie interne più che il vero servizio ai poveri di questo mondo. Un altro ancora: nel turismo sessuale sono colpevolmente responsabili solo le agenzie occidentali o anche i loro partners locali? Come si vede, la Caritas in veritate invita a togliersi gli occhiali delle ideologie e a guardare la realtà: le responsabilità sono tante e gli aiuti devono muovere dalla carità ma nella verità, altrimenti diventano controproducenti. Il caso tipico è quello degli aiuti alimentari che quando arrivano in loco spiazzano totalmente il mercato locale e mandano in miseria produttori e commercianti autoctoni. Si vedano per esempio le critiche ad un certo modo di intendere gli aiuti internazionali nel paragrafo 58 o le osservazioni critiche fatte alle proposte di mercati paralleli o di finanza alternativa che confermano l’emarginazione dei paesi poveri dal mercato vero e dalla finanza vera. Da un lato si demonizza il mercato in quanto tale, dall’altro si propone di allargare il mercato ai paesi poveri. Anche queste sono ideologie. La Caritas in veritate propone qualcosa di più realistico: cambiare il mercato, non crearne altri di paralleli, piccoli rigagnoli destinati a inaridirsi. Sottili critiche vengono mosse anche alla cosiddetta “finanza etica”, che pure talvolta è asservita a ideologie di parte e che soprattutto può avere il limite di disimpegnare dal riformare la finanza in quanto tale. Critiche meno sottili vengono mosse al progetto della “decrescita”, che testimonierebbe, secondo l’enciclica, una sfiducia nell’uomo. La luce della carità nella verità illumina quindi il cammino prima di tutto liberandoci dalle ideologie e dalle visioni riduttive. La carità da sola non basta perché per amare bisogna sapere cosa è il bene di chi sia ama; la verità da sola nemmeno perché essa ci mobilita solo se si fa amare.
Il capitolo 27 che riguarda il drammatico problema della fame va quindi letto alla luce dell’intera enciclica. Si comprenderà allora che quello della fame è un problema di istituzioni da creare ma è anche un problema di accompagnamento delle comunità locali, di forzare certe limitazioni dovute a culture che, per esempio, impediscono la collaborazione produttiva tra agricoltori, di applicare gli aiuti in modo sussidiario, senza creare nuove dipendenze.
Due punti dell’enciclica sembrano di particolare importanza. Il primo è la proposta di una collaborazione tra le scienze, in modo che si trovino soluzioni migliori alla luce di un’etica pienamente umanistica. Che gli aiuti rispondano ad esigenze di verità oltre che di carità vuol dire che devono rispettare quanto dicono le scienze, prima di tutte l’economia ma non solo, e soprattutto quanto dicono le scienze che dialogano tra di loro. Aiuti che non siano fatti nel rispetto delle leggi economiche sono diseconomici e quindi non sono nemmeno aiuti. Tra gli aiuti che i paesi sviluppati dovrebbero dare a quelli poveri c’è anche il sapere. Troverebbero spazio in questo contesto le discussioni sull’utilizzo degli Organismi geneticamente modificati nell’agricoltura dei paesi poveri.La Caritas in veritate non ne parla, ma in questo richiamo all’interdisciplinarietà dei saperi si può vedere l’esigenza di esaminare il problema, o quantomeno di non scartarlo ideologicamente a priori. Il secondo punto importante è l’invito ad intendere l’imprenditorialità in senso “plurivalente” e a attuare trasferimenti di competenza professionale da un settore all’altro ed anche dal Nord al Sud. Il Sud è povero anche di esperienze imprenditoriali. La Caritas in veritate invita ad inventarne di nuove, che superino la contrapposizione limitante tra profit e non profit, ed invita a creare occasioni di scambio di competenze. Per esempio la forma imprenditoriale della cooperazione è scarsamente presente nei paesi in via di sviluppo, mentre potrebbe essere risolutiva in molti casi. Anche le forme di microcredito, già avviate in molte situazioni di povertà, hanno bisogno di ricevere maggiore professionalità. Mentre si sta formando una “classe cosmopolita di manager”, che non rispondono sostanzialmente a nessuno, nemmeno ai loro azionisti, bisognerebbe creare trasferimenti orizzontali e verticali di professionalità per lo sviluppo.

SPECIALE ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE" - IL MESSAGGIO PER LA PACE CONFERMA L'ENCICLICA (81.ESIMA PARTE)

Di mons. Giampaolo Crepaldi,
Arcivescovo di Trieste
10 gennaio 2010
Tratto da ZENIT.org
L’edizione 2010 del tradizionale Messaggio del papa per la Giornata mondiale della pace, reso noto dal cardinale Martino, era fortemente atteso.
Nei paesi dell’Europa centro settentrionale e specialmente in Germania la sua enciclica Caritas in veritate è stata oggetto di severe critiche proprio sulla questione dell’ambiente e in particolare dei cambiamenti climatici.
Era quindi logico che si attendesse questo Messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno, dedicato appunto al tema “Se vuoi coltivare la pace custodisci il creato”.
Benedetto XVI non ha disatteso l’appuntamento, ribadendo però il proprio insegnamento e, quindi, scontentando probabilmente ancora una volta tutti coloro che tendono a caricare i temi ideologici di eccessive forzature ideologiche.
Il punto centrale del Messaggio è a mio parere un passaggio del paragrafo 13 dove il Papa dice che “una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona”.
La Chiesa - continua - esprime perplessità “dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo”, perché elimina la differenza tra l’uomo e gli altri esseri, “favorendo una visione egualitaristica della dignità di tutti gli esseri viventi.
Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo”.
Secondo la Chiesa all’uomo va confermato “il ruolo di custode e amministratore”, ruolo di cui non deve abusare ma a cui non deve nemmeno abdicare: “Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana”.
Benedetto XVI non nega che le questioni ambientali abbiano un impatto sulla povertà, né che richiedano profondi ripensamenti del modello di sviluppo, né che comportino la presa in esame di una maggiore sobrietà, ma ripropone la convinzione che se non c’è un ripensamento dell’umanità su se stessa e se non si torna a leggere nella natura un discorso su di noi (il “creato”, appunto e non solo un mucchio di pietre) non si riuscirà ad acquisire una nuova responsabilità morale prima ancora che politica.
Sia chi disprezza la natura materiale, sia chi la rispetta più dell’uomo come se fosse in se stessa qualcosa di divino, in fondo non ne legge il messaggio e non accumula sapienza. Si tratta, in fondo, di atteggiamenti ambedue solo tecnici.

martedì 26 gennaio 2010

CARO SINDACO, RAG. ROBERTO FALCONIERI, BASTA CON GLI SLOGAN, CHE A MELISSANO LE FAMIGLIE "BUTTANO IL SANGUE" PER PAGARE LE TASSE E 'CAMPARE!!!


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NON CI SONO BUONE NOTIZIE - IL GRUPPO "MELISSANO CAMBIA" (CAPOGRUPPO CONSIGLIERE ROBERTO TUNDO) E' IL PRIMO A CONTESTARE IL MANIFESTO DEL SINDACO

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MELISSANO
NON CI SONO BUONE NOTIZIE!
Il Sindaco e la sua maggioranza si vantano di aver ridotto il costo della tassa sulla raccolta e sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani del 20 per cento.
Dimenticano di dire che, da quando è sindaco, Roberto Falconieri ha aumentato la tassa sui rifiuti del 30 (trenta) per cento.
Di cosa devono essere contenti i melissanesi? Di pagare di più?
Con Falconieri sindaco, inoltre, a Melissano, l’addizionale comunale sull’Irpef è del 6,5 per cento mentre l’Ici sugli immobili adibiti ad abitazione non principale rimane del 7 per mille, il massimo consentito dalla legge.
Questi sono i fatti. I cittadini di Melissano pagano maggiori tasse ed i servizi non sono migliorati, anzi sono peggiorati.
O no?
Gruppo Consiliare "MELISSANO CAMBIA"

L'ULTIMO SCONCERTANTE MANIFESTO DEL SINDACO DI MELISSANO, ROBERTO FALCONIERI - CE NE VUOLE DI CORAGGIO AD AFFERMARE CERTE COSE!!!







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L'IDV ORGANIZZA IL MEETING DAL TEMA "RILANCIARE IL SUD: MERIDIONALISMO E FEDERALISMO"

Il Dipartimento Lavoro e Welfare, sez. Politiche per il Mezzogiorno in collaborazione con la Segreteria regionale e i Dipartimenti tematici dell’IdV Puglia organizzano il meeting da tema:
RILANCIARE IL SUD: MERIDIONALISMO E FEDERALISMO
SABATO 30 Gennaio 2010
Ore 9.30 - Villa Romanazzi Carducci - Bari
Nel corso del programma verranno sottoposte all'approvazione dell'assemblea le linee guida per un documento programmatico sul mezzogiorno da presentare al congresso nazionale del partito.
PROGRAMMA
Intervento di apertura
On. Pierfelice Zazzera
Coordinatore regionale dell'Italia dei Valori Puglia
Interventi programmati
Avv. Massimo Melpignano
Responsabile regionale Dipartimenti Tematici
On. Antonio Borghesi
Componente Commissione Bilancio, Programmazione e Tesoro della Camera
On. Dott. Raffaele Gentile
già sottosegretario ai Trasporti
Dott. Marco Esposito
Dipartimento Lavoro e Welfare, sez. Politiche per il Mezzogiorno
Prof. Roberto Tomasicchio
Professore ordinario presso l’Università del Salento
Interventi di eletti e coordinatori regionali
di Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia,
Molise, Campania, Sardegna
Conclusioni Politiche
Sen. Giuseppe Caforio
Componente Commissione Difesa del Senato
On. Pierfelice Zazzera
Coordinatore regionale dell'Italia dei Valori Puglia
Sen. Felice Belisario
Presidente Gruppo IdV al Senato
Chiusura Lavori
On. Leoluca Orlando
Portavoce nazionale dell'Italia dei Valori

PRIMARIE PD A MELISSANO - UNO DEI POCHI CIRCOLI DEL SUD-SALENTO CHE HA SAPUTO "DIFENDERSI BENE"

VOTANTI TOTALI N. 406
- 274 VOTI PER BOCCIA
- 132 VOTI PER VENDOLA

ELEZIONI REGIONALI 2010 (6) - INTERVISTA A NICHI VENDOLA, CANDIDATO PRESIDENTE REGIONE PUGLIA

ELEZIONI REGIONALI 2010 (5) - PINO ARLACCHI "LA VITTORIA DI NICHI E' VITTORIA DELLA BUONA POLITICA CONTRO PRATICHE OBLIQUE"

25 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.puglia.antoniodipietro.it
«La vittoria di Nichi Vendola - sostiene Pino Arlacchi, europarlamentare di Italia dei Valori - è la vittoria della buona politica contro le pratiche oblique che rischiano di portare anche la Puglia in un vicolo cieco».
«Italia dei Valori e il sottoscritto - prosegue Arlacchi - hanno criticato Vendola sul principale punto debole della sua gestione della Regione, cioè l’amministrazione degli uomini e delle risorse della sanità, fonte di problemi anche giudiziari.
Si è sempre trattato, in ogni caso, di critiche costruttive, che si sono accompagnate ad un apprezzamento e a un sostegno delle altre iniziative della sua giunta, lodevoli, efficaci e sotto il segno del buongoverno».
«Adesso - conclude Arlacchi - bisogna vincere le elezioni regionali in Puglia, per continuare il promettente cammino già intrapreso sotto la guida di Nichi Vendola. Italia dei Valori sarà un partner leale nella battaglia già iniziata, e speriamo lo sia anche quella parte del PD che ha osteggiato la riconferma di Vendola, cui vanno tutta la mia stima e il personale sostegno».

ELEZIONI REGIONALI 2010 (4) - AUGURI VENDOLA


24 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.antoniodipietro.it
Faccio i miei migliori auguri a Nichi Vendola. Nichi ha vinto le primarie grazie alla sua caparbietà e, soprattutto, grazie al sostegno della società civile che, attraverso premi Nobel, scienziati e artisti, attori, associazioni, movimenti e migliaia di cittadini pugliesi, lo ha sostenuto perché crede in lui ed è convinta che Nichi abbia a cuore la Puglia.
La vittoria di Nichi Vendola è la vittoria dei cittadini sugli schemi preconfezionati delle logiche di partito e della partitocrazia, è una vittoria sulla politica del doppio forno e sulle logiche che sviliscono la politica portandola a livello di un 'Risiko'.
Vendola ora avrà un compito importante: vincere le elezioni per la presidenza della regione Puglia.
In questo percorso non deve essere lasciato solo e, per questo, l’Italia dei Valori lo sosterrà compatta nel rispetto dell’esito democratico delle primarie.
Invito il centrosinistra a compattarsi, senza indugi, sul candidato Nichi Vendola permettendogli di portare a termine con successo la sfida elettorale. Il nostro elettorato, infatti, dopo questo risultato, non comprenderebbe l’inseguimento della politica del doppio forno dell’Udc.
Per la Puglia è in ballo il futuro della Regione: da una parte la privatizzazione dell’acqua, la costruzione di centrali nucleari, la petrolizzazione e altre politiche di usurpazione del territorio volute dal centrodestra - che in campagna elettorale si fingerà sensibile a questi temi, salvo poi chinare il capo, in caso di vittoria, ai diktat di Roma - dall’altra un uomo che ha dimostrato di avere nel cuore la Puglia e di essere dalla parte dei pugliesi anche se è stato tradito da alcuni compagni di viaggio.

ELEZIONI REGIONALI 2010 (3) - IL TERREMOTO VENDOLA TRAVOLGE IL LABORATORIO PUGLIESE

Dopo mesi di discussione,
le primarie hanno sancito
il successo di Vendola e la sconfitta
delle logiche della “cattiva politica”:
l’asse imperfetta Pd-Udc
e lo schiaffo al disegno di D’Alema
25 Gennaio 2010
Tratto dal Sito Internet
www.lecceprima.it
Un autentico terremoto politico. Oltre 192mila persone in fila, a sfidare il freddo, per partecipare alla festa della democrazia del centrosinistra pugliese, per apporre di proprio pugno il nome del candidato gradito, senza lasciarselo calare dall’alto, nei calcoli incomprensibili dei palazzi romani, così lontani dalla realtà. La vittoria di Vendola alle primarie del centrosinistra con quei numeri e quell’affermazione di “popolo” è un vero scossone che si concretizza nella Regione del “laboratorio”. Uno schiaffo ad un certo sistema di caste e califfati e ad un modo un po’ autoreferenziale di interpretare la politica, così come spesso intesa dai partiti.
La Puglia, quella buona fetta di centrosinistra almeno, ha mandato un segnale forte al Partito Democratico e ad una gestione (ora si può dire) assolutamente imbarazzante quanto insensata di un “inguacchio” politico (come definito da Curzio Maltese), di un pastrocchio pasticciato, apparso in alcuni momenti traboccante di arroganza in quella pretesa antica e mai forse davvero superata di imporre un candidato designato sui tavoli di pochi illustri attori: nell’asse D’Alema-Casini era previsto un progetto non molto chiaro, un’alleanza meridionalista, a quattro, cinque (forse anche sei) teste come un mostro scarabocchiato nelle menti di pochi, ma mai spiegato nella sua concretezza.
In quell’idea, dovevano starci tutti: Pd, Udc, Idv, persino la Poli Bortone (con l’inclusione di Vendola, ma solo con un ruolo strettamente marginale), in un mix esplosivo, ma di cui sfuggiva il collante: poi l’ex sindaca di Lecce ha iniziato a smarcarsi, flirtando col Pdl nell’eventualità di una candidatura dal sapore di riscossa (cassata ad un passo dal traguardo), Vendola è diventato un problema, così come l’Idv ha pensato bene di fare le bizze. Del pastrocchio, insomma, non rimaneva che l’ombra nei pensieri del leader Maximo e del brizzolato Casini, che, peraltro, giusto per non farsi mancare un po’ di sana “coerenza” e “serietà”, trattava contemporaneamente col ministro Raffaele Fitto. Nel capolavoro dalemiano, oltre a non allargare, si è prospettata persino la frantumazione del centrosinistra pugliese.
In una logica apparsa fin da subito più affaristica che di laboratorio politico, ruotante attorno al progetto della privatizzazione dell’acquedotto pugliese, l’unico impedimento al disegno, forse restava proprio lo stesso Nikita, il rosso fastidioso che nel 2010 si permette ancora di pensare che possa esistere qualcosa di pubblico. Qualche giorno fa, lo stesso Beppe Grillo, sia dal suo blog che ad Annozero, affermava come il Pd avesse venduto all’Udc Vendola per accordarsi sull’acquedotto e sull’esproprio dell’acqua pubblica. In molti, evidentemente hanno creduto a questo timore e hanno bocciato la proposta del Pd.
Ha vinto Vendola, solo “con(tro) tutti”, come recita il suo slogan, simbolo di un’anomalia invisa ad una politica, che intende la normalità come un’imposizione verticistica, che intende sovvertire il sentire comune in nome delle logiche di potere: il dato delle urne è chiaro e dovrebbe far riflettere un partito, che ha avviato una fase congressuale quasi tre mesi fa, disattendendo di fatto nel suo comportamento molte delle decisioni distintive e conclusive di quel percorso (la scelta coraggiosa di Carlo Salvemini in tal senso docet). Ha vinto, sapendo portare con un freddo glaciale quasi 200mila persone al voto, battendo l’intero vertice nazionale del Pd. Vale qualcosa, questo? Ha vinto, nonostante una tempesta giudiziaria senza precedenti da cui il governatore sembra uscire sia illibato che rafforzato. E il suo consenso la dice lunga anche su quanto sembri scarsamente incisiva l’opposizione di questi 5 anni, che pare non averlo assolutamente scalfito.
Ha perso D’Alema ed è impossibile nasconderlo: la “volpe” del Pd ha giocato tutto in questa campagna politica, finendo con le spalle al muro, inghiottito ancora una volta da scelte incomprensibili ai più. “D’Alema dì qualcosa di sinistra” gli ripeteva Nanni Moretti in una scena di Aprile: in questi mesi, molti simpatizzanti del centrosinistra avranno ripetuto come una giaculatoria quell’espressione, pensando che l’ex premier fosse più bravo in politica estera che in quella interna e che, di solito, il suo giudizio negativo su qualcuno potesse considerarsi proprio il miglior riconoscimento possibile. E poi è parsa assurda l’idea di premere per un accordo con l’Udc, nato senza conoscere bene se realmente ci fossero dei programmi condivisi su tematiche ambientali, ad esempio, dove pure qualche differenziazione sarebbe facilmente riscontrabile. Non solo: ci si domanda perché ad un partito, ultimo arrivato in una coalizione, col dubbio di volerne peraltro farne parte, possa mettere veti su persone o partiti. Una serie di mosse e di cessioni, dunque, allo scudo crociato allarmanti, che, da un lato, hanno mandato quasi in frantumi l’esperienza della primavera pugliese e che, dall’altro, hanno confermato il sospetto ormai noto: che per contare qualcosa nel Pd, conviene prendere la tessera dell’Udc.
Gli strateghi del Pd, d’altro canto, hanno sottovalutato il fenomeno Vendola, che ha certamente una forza mediatica interessante (fermo restando che lo stesso governatore ha commesso i suoi errori, ma in genere ci ha sempre messo la faccia), proponendo volontà supreme a cui il popolo ha preferito non inchinarsi, rispedendo al mittente anche certi calcoli, fatti col pallottoliere privato. “Un senso a questa storia” è arrivato proprio nella negazione del laboratorio così come inteso dai vertici di partito e la discontinuità richiesta si è resa manifesta nella volontà popolare di interrompere i criteri della cattiva politica solitaria e burosaurica, che pensa di poter scegliere senza far partecipare. Quella stessa che gigioneggia sulle note tristi di Franco Califano, in un deserto di anime, pensando che quella sia la chiave per risvegliare la passione politica.
Vendola, i simpatizzanti pugliesi del centrosinistra, la base del Pd, hanno impartito davvero una lezione su questo punto alla cattiva politica. Ora finalmente si potrà discutere della “Puglia migliore” da difendere o eventualmente da interrompere nel confronto interessante tra due modi diversi di intendere l’amministrazione, di cui gli interpreti saranno, appunto, Nichi Vendola e il suo fresco sfidante, Rocco Palese. Tutto il resto è noia…
Mauro Bortone