Davanti agli amministratori delle istituzioni di Milano e provincia
Di Chiara Santomiero
4 febbraio 2011
Di Chiara Santomiero
4 febbraio 2011
Tratto da ZENIT.org
“La crisi è quell’opportunità dalla quale può nascere il nuovo e il buono. Si tratta di una fiducia nel futuro e un ottimismo che non sono ingenui ma realistici, figli delle sofferenze che ora stiamo attraversando. Questo atteggiamento ottimista deve diventare una vostra caratteristica, cari amministratori, così come lo è per il seminatore, che davanti ai terreni infruttuosi o poco produttivi non si arresta, ma animato da fiducia e speranza affida anche ad essi il seme”.
E’ l’invito rivolto il 4 febbraio dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, agli amministratori delle istituzioni di Milano e provincia in un incontro svoltosi presso l’Auditorium Alberione nel capoluogo lombardo.
L’incontro ha concluso la serie di appuntamenti durante i quali Tettamanzi ha incontrato gli amministratori delle istituzioni presenti sul territorio della diocesi ambrosiana: Lecco, Varese e Monza.
La riflessione dell’arcivescovo di Milano dal titolo “Il seminatore uscì a seminare…”, ha inteso “prolungare e rendere più concreta” la riflessione offerta con il recente “Discorso alla Città: Milano, una Città dal terreno buono” pronunciato alla vigilia della festa di S. Ambrogio, ispirandosi alla parabola evangelica del seminatore.
“Il vostro servizio al locale – ha affermato il cardinale che ha ringraziato gli amministratori per l’attività svolta in relazione alle esigenze specifiche del territorio - se ben vissuto, permette alla gente di comprendere e rivalutare l’importanza dell’azione politica e la serietà di chi la svolge”. Si avverte, infatti “oggi più vivo il bisogno di una maggiore autorevolezza delle istituzioni e di un’accresciuta fiducia negli uomini e nelle donne che le governano”. Tuttavia questo recupero non potrà avviarsi “se non a partire dal livello più accessibile e più a contatto con la vita concreta delle persone, dal livello animato da più grande passione e più intenso spirito di servizio: dalle amministrazioni locali, appunto”.
“L’atteggiamento di fiducia per voi amministratori – ha sottolineato Tettamanzi richiamandosi all’attitudine del seminatore - consiste anzitutto nella capacità di considerare positivamente il vostro compito, comunicando anche ad altri la convinzione circa l’importanza dell’impegno politico”. Una fiducia “da offrire con abbondanza, così come si affida il seme al terreno”.
Con la capacità di uno sguardo profetico sul presente e sul futuro. “Siamo in un tempo – ha proseguito Tettamanzi - dove si è indebolita la comunicazione tra le persone, a causa della progressiva erosione della relazione con l’altro” e “all’evoluzione sempre più rapida dei mezzi di comunicazione non corrisponde una maggiore prossimità tra le persone”, tanto che “aumenta la percezione della solitudine”.
La profezia di questo tempo, allora, per chi amministra, “chiede di seminare relazionalità, di rigenerare luoghi e spazi in cui condividere l’esperienza dell’abitare uno stesso territorio”. “Per costruire la polis – ha affermato l’arcivescovo di Milano - non basta più sentirsi singoli cittadini di un territorio, portatori di diritti e doveri: è urgente scoprirsi e sperimentarsi con-cittadini”.
Ne discende che “occorre richiamarsi alle reciproche responsabilità tra coloro che insieme abitano lo stesso territorio” ed è da superare “la logica dell’amministrare che presta attenzione solo alla somma delle istanze delle singole categorie”. La negoziazione tra i diversi bisogni dei differenti gruppi sociali, infatti “rischia di tradursi in un costante conflitto tra le categorie stesse, se non è posta in un orizzonte di bene comune, condiviso, sostenibile e capace di futuro”.
Il seminatore e l’amministratore devono essere provvisti di lungimiranza. La crescita del seme, infatti, “è sempre un processo graduale, non immediato né automatico e il seminatore sa che occorrerà del tempo per vedere spuntare prima lo stelo, poi la spiga, infine il grano maturo”.
Allo stesso modo la lungimiranza è necessaria all’amministratore per “poter discernere ciò che è fondamentale, ciò che ha un certo rilievo, ciò che invece è minimo, trascurabile, affrontabile in un secondo tempo”.
Occorre quindi “preoccuparsi di creare il consenso autentico e la giusta condivisione intorno alle scelte da assumere, specie per quelle più rilevanti e strategiche”.
Per tutto ciò, un buon amministratore, secondo Tettamanzi deve anche “saper mettersi in ascolto: ascoltare i bisogni che emergono dalla società, ascoltare il proprio territorio con le ricchezze sociali che esprime, ascoltare quanti vogliono un confronto con l’istituzione”.
Lungimiranza significa, inoltre “creare occasioni di lavoro duraturo e la possibilità di disporre di una casa a condizioni accessibili ai giovani, offrendo loro spazi di sano e autentico protagonismo” così come “sostenere la famiglia nelle sue esigenze concrete”.
Lungimiranza è anche “preservare il patrimonio ambientale, senza devastarlo per fare spazio a nuovi insediamenti, commerciali o residenziali, non strettamente necessari” e “progettare lo sviluppo urbanistico del territorio: immaginando chi saranno i nuovi cittadini, spesso provenienti da Paesi stranieri; realizzando i necessari servizi per garantire un vivere ‘a misura d’uomo’”.
Nel buon agricoltore, infine, accanto alla lungimiranza, è necessaria la perseveranza cioè “costanza e tenacia nel perseguire i giusti obiettivi”. Con l’accortezza che “perseverare non significa procedere su linee prefissate e non più modificabili” perché “l’approccio ideologico è cattivo consigliere, come d’altra parte quello puramente pragmatico disposto ogni giorno a mutare gli obiettivi in vista dell’interesse del momento”.
“L’approccio migliore – ha ricordato Tettamanzi - suggerito dalla Bibbia, è quello antropologico e storico: quello che conosce e vuole affrontare il faticoso orientarsi della libertà, l’incerto progredire delle decisioni, le resistenze che si oppongono a ogni scelta”.
“E’ nella pratica della vita di fede e nella preghiera regolare – ha sottolineato ancora il cardinale - che l’amministratore cristiano accresce la virtù della perseveranza. Così nelle difficoltà troverà non solo lo sconforto ma anzitutto l’occasione per rigenerare il proprio servizio e renderlo più attento e autentico”.
Quale criterio deve ispirare l’azione dell’amministratore? “La difesa e la promozione della persona umana nei suoi diritti e doveri – ha ammonito Tettamanzi - costituisce il criterio fondamentale e irrinunciabile di ogni azione umana”. L’amministratore “semina umanità, umanizza il territorio che amministra, quando opera con giustizia e quando costruisce giustizia” così come suggerisce “l’etimologia della parola: sindaco è l’amministratore di giustizia, che tratta tutti i cittadini allo stesso modo”.
Il cardinale Tettamanzi ha, quindi invitato ad “apprezzare, stimare e valorizzare dentro le nostre parrocchie i cristiani che si impegnano in politica e nelle amministrazioni locali”. “E’ un appello – ha affermato il porporato - che rivolgo ancora una volta ai sacerdoti, ai consacrati, ai membri dei consigli pastorali, a tutti gli operatori della pastorale e ai singoli fedeli: cessino finalmente il pregiudizio e il sospetto con il quale, spesso e da più parti, si guarda a chi si occupa della ‘cosa pubblica’!” perché “la stragrande maggioranza non lo fa per interesse o tornaconto personale”.
“E voi, carissimi impegnati in politica – ha concluso l’arcivescovo di Milano - guadagnatevi questa stima con l’onestà del vostro servizio e con fiducia e perseveranza cercate il dialogo nelle comunità cristiane, un dialogo che inizia anzitutto con la frequenza e la condivisione della vita di fede delle vostre parrocchie”.
E’ l’invito rivolto il 4 febbraio dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, agli amministratori delle istituzioni di Milano e provincia in un incontro svoltosi presso l’Auditorium Alberione nel capoluogo lombardo.
L’incontro ha concluso la serie di appuntamenti durante i quali Tettamanzi ha incontrato gli amministratori delle istituzioni presenti sul territorio della diocesi ambrosiana: Lecco, Varese e Monza.
La riflessione dell’arcivescovo di Milano dal titolo “Il seminatore uscì a seminare…”, ha inteso “prolungare e rendere più concreta” la riflessione offerta con il recente “Discorso alla Città: Milano, una Città dal terreno buono” pronunciato alla vigilia della festa di S. Ambrogio, ispirandosi alla parabola evangelica del seminatore.
“Il vostro servizio al locale – ha affermato il cardinale che ha ringraziato gli amministratori per l’attività svolta in relazione alle esigenze specifiche del territorio - se ben vissuto, permette alla gente di comprendere e rivalutare l’importanza dell’azione politica e la serietà di chi la svolge”. Si avverte, infatti “oggi più vivo il bisogno di una maggiore autorevolezza delle istituzioni e di un’accresciuta fiducia negli uomini e nelle donne che le governano”. Tuttavia questo recupero non potrà avviarsi “se non a partire dal livello più accessibile e più a contatto con la vita concreta delle persone, dal livello animato da più grande passione e più intenso spirito di servizio: dalle amministrazioni locali, appunto”.
“L’atteggiamento di fiducia per voi amministratori – ha sottolineato Tettamanzi richiamandosi all’attitudine del seminatore - consiste anzitutto nella capacità di considerare positivamente il vostro compito, comunicando anche ad altri la convinzione circa l’importanza dell’impegno politico”. Una fiducia “da offrire con abbondanza, così come si affida il seme al terreno”.
Con la capacità di uno sguardo profetico sul presente e sul futuro. “Siamo in un tempo – ha proseguito Tettamanzi - dove si è indebolita la comunicazione tra le persone, a causa della progressiva erosione della relazione con l’altro” e “all’evoluzione sempre più rapida dei mezzi di comunicazione non corrisponde una maggiore prossimità tra le persone”, tanto che “aumenta la percezione della solitudine”.
La profezia di questo tempo, allora, per chi amministra, “chiede di seminare relazionalità, di rigenerare luoghi e spazi in cui condividere l’esperienza dell’abitare uno stesso territorio”. “Per costruire la polis – ha affermato l’arcivescovo di Milano - non basta più sentirsi singoli cittadini di un territorio, portatori di diritti e doveri: è urgente scoprirsi e sperimentarsi con-cittadini”.
Ne discende che “occorre richiamarsi alle reciproche responsabilità tra coloro che insieme abitano lo stesso territorio” ed è da superare “la logica dell’amministrare che presta attenzione solo alla somma delle istanze delle singole categorie”. La negoziazione tra i diversi bisogni dei differenti gruppi sociali, infatti “rischia di tradursi in un costante conflitto tra le categorie stesse, se non è posta in un orizzonte di bene comune, condiviso, sostenibile e capace di futuro”.
Il seminatore e l’amministratore devono essere provvisti di lungimiranza. La crescita del seme, infatti, “è sempre un processo graduale, non immediato né automatico e il seminatore sa che occorrerà del tempo per vedere spuntare prima lo stelo, poi la spiga, infine il grano maturo”.
Allo stesso modo la lungimiranza è necessaria all’amministratore per “poter discernere ciò che è fondamentale, ciò che ha un certo rilievo, ciò che invece è minimo, trascurabile, affrontabile in un secondo tempo”.
Occorre quindi “preoccuparsi di creare il consenso autentico e la giusta condivisione intorno alle scelte da assumere, specie per quelle più rilevanti e strategiche”.
Per tutto ciò, un buon amministratore, secondo Tettamanzi deve anche “saper mettersi in ascolto: ascoltare i bisogni che emergono dalla società, ascoltare il proprio territorio con le ricchezze sociali che esprime, ascoltare quanti vogliono un confronto con l’istituzione”.
Lungimiranza significa, inoltre “creare occasioni di lavoro duraturo e la possibilità di disporre di una casa a condizioni accessibili ai giovani, offrendo loro spazi di sano e autentico protagonismo” così come “sostenere la famiglia nelle sue esigenze concrete”.
Lungimiranza è anche “preservare il patrimonio ambientale, senza devastarlo per fare spazio a nuovi insediamenti, commerciali o residenziali, non strettamente necessari” e “progettare lo sviluppo urbanistico del territorio: immaginando chi saranno i nuovi cittadini, spesso provenienti da Paesi stranieri; realizzando i necessari servizi per garantire un vivere ‘a misura d’uomo’”.
Nel buon agricoltore, infine, accanto alla lungimiranza, è necessaria la perseveranza cioè “costanza e tenacia nel perseguire i giusti obiettivi”. Con l’accortezza che “perseverare non significa procedere su linee prefissate e non più modificabili” perché “l’approccio ideologico è cattivo consigliere, come d’altra parte quello puramente pragmatico disposto ogni giorno a mutare gli obiettivi in vista dell’interesse del momento”.
“L’approccio migliore – ha ricordato Tettamanzi - suggerito dalla Bibbia, è quello antropologico e storico: quello che conosce e vuole affrontare il faticoso orientarsi della libertà, l’incerto progredire delle decisioni, le resistenze che si oppongono a ogni scelta”.
“E’ nella pratica della vita di fede e nella preghiera regolare – ha sottolineato ancora il cardinale - che l’amministratore cristiano accresce la virtù della perseveranza. Così nelle difficoltà troverà non solo lo sconforto ma anzitutto l’occasione per rigenerare il proprio servizio e renderlo più attento e autentico”.
Quale criterio deve ispirare l’azione dell’amministratore? “La difesa e la promozione della persona umana nei suoi diritti e doveri – ha ammonito Tettamanzi - costituisce il criterio fondamentale e irrinunciabile di ogni azione umana”. L’amministratore “semina umanità, umanizza il territorio che amministra, quando opera con giustizia e quando costruisce giustizia” così come suggerisce “l’etimologia della parola: sindaco è l’amministratore di giustizia, che tratta tutti i cittadini allo stesso modo”.
Il cardinale Tettamanzi ha, quindi invitato ad “apprezzare, stimare e valorizzare dentro le nostre parrocchie i cristiani che si impegnano in politica e nelle amministrazioni locali”. “E’ un appello – ha affermato il porporato - che rivolgo ancora una volta ai sacerdoti, ai consacrati, ai membri dei consigli pastorali, a tutti gli operatori della pastorale e ai singoli fedeli: cessino finalmente il pregiudizio e il sospetto con il quale, spesso e da più parti, si guarda a chi si occupa della ‘cosa pubblica’!” perché “la stragrande maggioranza non lo fa per interesse o tornaconto personale”.
“E voi, carissimi impegnati in politica – ha concluso l’arcivescovo di Milano - guadagnatevi questa stima con l’onestà del vostro servizio e con fiducia e perseveranza cercate il dialogo nelle comunità cristiane, un dialogo che inizia anzitutto con la frequenza e la condivisione della vita di fede delle vostre parrocchie”.
Nessun commento:
Posta un commento