martedì 4 gennaio 2011

DENTRO IL NATALE (20) - OMELIA DEL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME NELLA MESSA DI NATALE

25 dicembre 2010
Tratto da ZENIT.org
Di seguito l'omelia pronunciata dal Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, nella Messa della notte di Natale celebrata a Betlemme.
“Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9,5)
Cari fratelli e sorelle, Buon Natale!
Auguro a tutti voi il benvenuto, e indirizzo un particolare saluto al Presidente Mahmoud Abbas, al Signor Primo Ministro, Salam Fayad, e alla Sua delegazione: grazie per la vostra presenza fra di noi.
Il Natale è una festa per tutti gli abitanti della Terra Santa, e per tutti gli operatori di pace.
Saluto i pellegrini che sono insieme a noi in questa Notte Santa, tutti i fedeli di Palestina, Giordania e Israele, e anche tutti coloro che ci seguono attraverso i vari mezzi di comunicazione.
Cari fratelli e sorelle,
A lungo, per secoli, per millenni i nostri antenati nella fede pregarono incessantemente “Stillate, cieli, dall'alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io, il Signore, ho creato tutto questo”. (Is 45,8)
Tutta la creazione gemeva e soffriva, attendendo la salvezza annunciata. Quando venne la pienezza del tempo, nacque il Salvatore promesso nella grotta di Betlemme. È allora che gli angeli annunciarono la Buona novella ai semplici pastori che badavano al gregge, non lontano da qui: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama ... oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2, 10-14).
Si tratta davvero di una buona novella, perché abbiamo bisogno, anche noi oggi, di essere salvati da molti mali. Abbiamo bisogno di essere guariti dalle nostre ferite spirituali, che sono motivo di sofferenza per noi e per chi ci è vicino.
Il Bambino di Betlemme, nato in una grotta, ci insegna l’umiltà, la semplicità, l’innocenza, che spesso dimentichiamo in un mondo segnato dalla violenza e dal desiderio di potere. Con la sua nascita e con tutta la sua vita Gesù ci ricorda: “Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo” (Mt 20,26) e “Chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato” (Mt 23,12)
Questo Bambino Divino è nato in una famiglia unita, che aveva fatto esperienza di amore. Anche oggi la famiglia è essenziale per la vita e lo sviluppo positivo della persona umana: l’uomo nasce e cresce nella culla di amore di una famiglia, che è anche la prima cellula della società. Se la famiglia è sana, l’intera società ne trae un grande beneficio. Se invece non lo è, le fratture tra i membri della famiglia, la disunità o la mancanza di stima verso questa istituzione si ripercuotono negativamente su tutto il corpo sociale. Ogni famiglia è invitata da Gesù a seguire l’esempio della Santa Famiglia di Nazaret.
Natale ci mette di fronte al valore unico della vita umana, dono di Dio. Ogni bambino, nato o non nato, fin dal primo momento del concepimento, ha una dignità unica e merita il più grande rispetto, perché creato a immagine del Bambino Divino. Come è doloroso constatare che nel mondo vengono compiuti ogni anno milioni di aborti, causati dall’egoismo, dalla durezza di cuore, dall’ignoranza, da una impreparazione di molti ad accogliere la vita. E come è doloroso pensare che tutto ciò non fa che moltiplicare le ferite e le sofferenze, anche in chi compie tali azioni.
Ci rattrista anche pensare alle difficili condizioni di vita di quasi l'80% dei bambini nel mondo. Pensiamo in particolare ai bambini dei nostri paesi del Medio Oriente, che si trovano al di sotto della soglia di povertà. Molti di loro vivono e crescono in condizioni precarie nei campi profughi, spesso segnati da drammi e situazioni familiari difficili, privati dell’affetto dei loro genitori e dei loro parenti.
In un mondo dilaniato dalla violenza e dal fondamentalismo, che legittima le peggiori azioni, anche le uccisioni nelle chiese, il Bambino di Betlemme ci ricorda che il primo comandamento è l'Amore. Egli desidera insegnarci il perdono e la riconciliazione, anche nei confronti dei nostri nemici. “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5,43-45).
Gesù ci indica anche un cammino di unità, all’interno delle nostre famiglie, dei nostri quartieri, dei nostri popoli. Si rivolge anche ai capi e ai responsabili delle nazioni, che hanno in mano il destino e il futuro dei nostri popoli. Questa esigenza di unità, da Lui profondamente desiderata, ci viene ricordata dall’Apostolo Paolo: “Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione” (Ef 4,1-4).
Cari fratelli e sorelle,
Vorrei fare un accenno anche al Sinodo per il Medio Oriente, tenutosi a Roma lo scorso ottobre.
I Padri sinodali hanno scritto in quell’occasione un Messaggio al Popolo di Dio, le cui raccomandazioni desideriamo gradualmente mettere in pratica. Esse riguardano la comunione, la carità fraterna, la collaborazione, l’apertura agli altri, il dialogo, la cittadinanza. Il dialogo è una disposizione del cuore, indispensabile a tutti i livelli: in primo luogo tra le varie Chiese cattoliche del Medio Oriente. Esso passa attraverso una collaborazione tra i diversi Patriarcati, ma anche a livello interconfessionale e interreligioso. Il dialogo è un imperativo, è la risposta al moderno ateismo e al fondamentalismo che minacciano il popolo di Dio, come è avvenuto di recente in Iraq, dove la comunità cristiana è stata colpita in modo terribile e tragico. Tali violenze sono unanimamente condannate sia dai cristiani sia dai musulmani.
Il Messaggio del Sinodo ci invita ad intensificare il dialogo con i fratelli ebrei e con i fratelli musulmani. Dobbiamo unirci sui numerosi valori che già abbiamo in comune: la preghiera, la pietà, il digiuno, l’elemosina, i valori etici.
Desideriamo che in questo Natale Gerusalemme possa diventare non solo la capitale di due stati, ma un modello di armonia e coesistenza tra le tre grandi religioni monoteiste.
Possa il suono delle campane delle nostre Chiese in questa Notte Santa coprire il rumore di tante armi che si ode in questo lacerato Medio Oriente, richiamando gli uomini ad una mentalità di pace, unica degna dell’uomo ed apportatrice di felicità.
Preghiamo insieme per la pace: sia pace su Israele, sia pace sulla Palestina, sia pace tra i nostri popoli, e in tutto il Medio Oriente, perché i nostri figli possano vivere e crescere in un ambiente sereno.
Cari fratelli e sorelle, cari pellegrini, cari amici, la pace del Bambino Divino sia con tutti voi. Non lasciateci soli in queste situazioni difficili. Pregate per noi e noi faremo lo stesso per voi. Buon Natale!
+ Fouad Twal, Patriarca latino

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