21 gennaio 2011
Tratto da ZENIT.org
Per 12 anni, il Capitano della Guardia Svizzera in pensione Roman Fringeli è stato formato e preparato per dare la propria vita per il Papa.
Tra il 1987 e il 1999, ha difeso il futuro beato Giovanni Paolo II come una delle sue cinque guardie del corpo personali nei viaggi papali – un periodo che ha riguardato 15 viaggi apostolici in Asia, Europa, Africa e Americhe.
Per tre anni e mezzo, in quel periodo, Fringeli ha guidato il contingente della Guardia Svizzera quando il Pontefice si recava all'estero. “Se le circostanze lo richiedessero, sacrificherei me stesso per il Papa”, ricorda. “Il mio pensiero durante i viaggi è sempre stato questo”.
Originario di Basilea, nel nord della Svizzera, Fringeli ha lasciato l'antico esercito pontificio più di 10 anni fa, ma il suo entusiasmo resta lo stesso, ed è ansioso di condividere le sue esperienze felici – e a volte dolorose – relative a quelle visite fondamentali.
Fringeli ricorda perfettamente gli sforzi per tenere indietro la folla a Nairobi, le grida ai militari in Mozambico per evitare che una grande massa di gente arrivasse troppo vicino al Papa e il difficile compito di difendere il Pontefice di fronte a un milione di fedeli a Seul.
“Mi ricordo che in Ruanda, durante la Messa, abbiamo ricevuto l'avvertimento di un attacco terroristico aereo”, ha affermato. “Se lo immagina? Ed è stato appena quattro anni prima del genocidio avvenuto nel Paese”.
In un altro viaggio papale era con Giovanni Paolo II su un vecchio aereo che tentò tre volte di atterrare in Lesotho, non riuscendoci a causa della nebbia. Dopo aver deviato alla volta di Johannesburg, il gruppo dovette guidare per cinque ore fino in Lesotho solo per arrivare al suono di una battaglia a colpi di arma da fuoco mentre le forze speciali liberavano un gruppo di ostaggi. Il Papa, che si era recato nella capitale Maseru per beatificare il sacerdote missionario Joseph Gérard, visitò poi alcuni dei feriti in ospedale. “E' stato un viaggio speciale, terribile”, ha ricordato Fringeli. “Giovanni Paolo II voleva offrire un messaggio di pace e si trovava davanti a una cosa simile”.
La visita più inquietante, tuttavia, è stata forse quella a Berlino nel 1996. Gli anarchici protestarono vivamente, lanciando proiettili contro la papamobile mentre altri sfilavano nudi mentre il Papa passava. “All'improvviso, quei pazzi iniziarono a gettare palloncini rossi pieni di vernice sui finestrini della papamobile”, ha ricordato Fringeli, che cercava di tener lontani gli assalitori. “Mi sono vergognato della Germania per ciò che è accaduto. La polizia ha permesso alla folla di arrivare troppo vicino alla papamobile, e io ho detto di allontanarla”.
Benedetto XVI visiterà Berlino a settembre, e alcuni temono che si possa ripetere lo stesso scenario. “A Berlino non si sa mai”, ha detto Fringeli. “Ci si possono aspettare dei folli, [ma] il Papa è tedesco, il che potrebbe aiutare, e forse la polizia farà un lavoro migliore nel controllare la folla”.
Fringeli si è detto sorpreso del fatto che la polizia tedesca sembrava aver paura di fermare la gente. “I poliziotti non volevano toccare le persone, soprattutto a Paderborn [la tappa che ha preceduto Berlino nel viaggio papale]. In Africa usavano dei bastoni per tener lontana la gente”.
Nel continente africano, però, la sicurezza era a suo avviso troppo dura. Nel viaggio di Giovanni Paolo II a Yaoundé (Camerun) nel 1995, Fringeli ricorda di aver visto un uomo mentalmente instabile che vagava davanti alla papamobile. La polizia lo ha preso per le gambe, facendolo cadere a terra “come un sacco di patate”, e poi lo ha scagliato tra la folla. Fringeli ne è ancora turbato, e definisce l'accaduto “terribile”, “uno scandalo”.
Né armi né giubbotti antiproiettile
La difesa vaticana del Papa durante i viaggi è tradizionalmente assicurata da due Guardie Svizzere in borghese, un capitano e un caporal maggiore, e da tre agenti della Polizia vaticana. Il resto della protezione spetta alle autorità locali, che in genere mettono una macchina a disposizione della squadra di sicurezza vaticana.
Quando era in servizio, Fringeli non indossava un giubbotto antiproiettile – sarebbe stato troppo pesante e “la mia protezione era il mio corpo”, ha detto. Non aveva neanche armi. “Cosa si può fare con un'arma e una folla?”, ha chiesto. “Si ucciderebbero molte persone, e lo stesso discorso vale nella Basilica di San Pietro o durante un'udienza”.
Faceva più affidamento sulla sua vista e sulla forma fisica. L'ex Guardia Svizzera mi ha mostrato una fotografia in cui indossava un abito scuro e camminava vicino a Giovanni Paolo II durante una visita in Romania, analizzando la folla circostante con i suoi occhi allenati. “Guardavo sempre intorno, cercando un movimento repentino, qualcuno che corre o salta le staccionate”, ha detto. “Era questo il mio compito”.
Gli ho chiesto che cosa pensava della “falla” nel sistema di sicurezza nella Basilica di San Pietro durante la Messa di mezzanotte del 2009, quando una donna ha saltato la staccionata, ha afferrato la veste del Papa e lo ha fatto cadere a terra, coinvolgendo altre persone della processione.
“Bisogna capire che accade tutto in una frazione di secondo”, ha dichiarato. “In genere la responsabilità è della persona che sta da quel lato del Papa, ma è avvenuto troppo rapidamente”. Fringeli ha detto di non voler insegnare ad altri ciò che bisogna fare, ma che anziché gettarsi sulla donna avrebbe cercato di bloccarla e allontanarla. “E' un errore buttarsi su una persona, perché c'è il rischio di portare il Papa giù con sé, come è avvenuto”. Ad ogni modo, ha sottolineato che la sicurezza vaticana è “molto buona” e più preparata rispetto a quando prestava servizio.
Fringeli ha ovviamente molti ricordi del Pontefice defunto, ed è felice per la notizia della sua beatificazione. “Per me Giovanni Paolo II è stato un Papa santo, come tutti i Papi degli ultimi due o tre secoli”, ha spiegato, sottolineando che Papa Wojtyła diceva sempre di essere protetto dalla Madonna e che attribuiva alla sua intercessione il fatto di essere sopravvissuto all'attentato del 1981.
“Era un messaggero di pace”, ha aggiunto. “Alcuni hanno detto che sarebbe stato meglio se fosse rimasto più tempo in Vaticano, senza viaggiare così tanto, ma per il Papa non erano viaggi di piacere. Prevedevano tutti un programma intenso [che] impegnava tutto il giorno”. Fringeli ha anche ricordato che alcuni hanno camminato dallo Zambia allo Zimbabwe solo per vederlo. I 104 viaggi di Giovanni Paolo II fuori dall'Italia, ha detto, erano anche per quelle persone, soprattutto nei Paesi poveri, che non avrebbero mai potuto recarsi a Roma.
Ha poi ricordato come Giovanni Paolo II, alla fine di ogni viaggio, si preoccupasse sempre di ringraziare lo staff che provvedeva alla sua sicurezza. Quando era più giovane, tuttavia, la sua propensione a bagni di folla spontanei non gli permetteva sempre di farsi benvolere dalle sue guardie del corpo. “Non era facile viaggiare con il Papa, perché non si sapeva cosa volesse fare fuori dal programma”, ha confessato l'ex Guardia Svizzera. “Ma l'esperienza aiuta molto”.
Nonostante le esigenze dei viaggi papali, Fringeli ha rivelato di averli trovati sempre profondamente soddisfacenti, e che il suo entusiasmo non è mai venuto meno. “Durante un viaggio ci si stancava, ma alla fine pensavo sempre: 'Quale potrebbe essere il prossimo?'. Era come una droga”.
Fringeli ha anche reso omaggio a due figure legate ai viaggi apostolici: il Cardinale Roberto Tucci, a lungo organizzatore delle visite, che ha definito “un grande, grande uomo”, e Camillo Cibin, defunta guardia del corpo della Polizia vaticana, che ha continuato a proteggere il Pontefice fino a quando aveva 80 anni.
“Senza loro due”, ha concluso, “il Papa non avrebbe potuto compiere un viaggio”.
Edward Pentin è uno scrittore freelance che vive a Roma. Può essere contattato all'indirizzo epentin@zenit.org
Tra il 1987 e il 1999, ha difeso il futuro beato Giovanni Paolo II come una delle sue cinque guardie del corpo personali nei viaggi papali – un periodo che ha riguardato 15 viaggi apostolici in Asia, Europa, Africa e Americhe.
Per tre anni e mezzo, in quel periodo, Fringeli ha guidato il contingente della Guardia Svizzera quando il Pontefice si recava all'estero. “Se le circostanze lo richiedessero, sacrificherei me stesso per il Papa”, ricorda. “Il mio pensiero durante i viaggi è sempre stato questo”.
Originario di Basilea, nel nord della Svizzera, Fringeli ha lasciato l'antico esercito pontificio più di 10 anni fa, ma il suo entusiasmo resta lo stesso, ed è ansioso di condividere le sue esperienze felici – e a volte dolorose – relative a quelle visite fondamentali.
Fringeli ricorda perfettamente gli sforzi per tenere indietro la folla a Nairobi, le grida ai militari in Mozambico per evitare che una grande massa di gente arrivasse troppo vicino al Papa e il difficile compito di difendere il Pontefice di fronte a un milione di fedeli a Seul.
“Mi ricordo che in Ruanda, durante la Messa, abbiamo ricevuto l'avvertimento di un attacco terroristico aereo”, ha affermato. “Se lo immagina? Ed è stato appena quattro anni prima del genocidio avvenuto nel Paese”.
In un altro viaggio papale era con Giovanni Paolo II su un vecchio aereo che tentò tre volte di atterrare in Lesotho, non riuscendoci a causa della nebbia. Dopo aver deviato alla volta di Johannesburg, il gruppo dovette guidare per cinque ore fino in Lesotho solo per arrivare al suono di una battaglia a colpi di arma da fuoco mentre le forze speciali liberavano un gruppo di ostaggi. Il Papa, che si era recato nella capitale Maseru per beatificare il sacerdote missionario Joseph Gérard, visitò poi alcuni dei feriti in ospedale. “E' stato un viaggio speciale, terribile”, ha ricordato Fringeli. “Giovanni Paolo II voleva offrire un messaggio di pace e si trovava davanti a una cosa simile”.
La visita più inquietante, tuttavia, è stata forse quella a Berlino nel 1996. Gli anarchici protestarono vivamente, lanciando proiettili contro la papamobile mentre altri sfilavano nudi mentre il Papa passava. “All'improvviso, quei pazzi iniziarono a gettare palloncini rossi pieni di vernice sui finestrini della papamobile”, ha ricordato Fringeli, che cercava di tener lontani gli assalitori. “Mi sono vergognato della Germania per ciò che è accaduto. La polizia ha permesso alla folla di arrivare troppo vicino alla papamobile, e io ho detto di allontanarla”.
Benedetto XVI visiterà Berlino a settembre, e alcuni temono che si possa ripetere lo stesso scenario. “A Berlino non si sa mai”, ha detto Fringeli. “Ci si possono aspettare dei folli, [ma] il Papa è tedesco, il che potrebbe aiutare, e forse la polizia farà un lavoro migliore nel controllare la folla”.
Fringeli si è detto sorpreso del fatto che la polizia tedesca sembrava aver paura di fermare la gente. “I poliziotti non volevano toccare le persone, soprattutto a Paderborn [la tappa che ha preceduto Berlino nel viaggio papale]. In Africa usavano dei bastoni per tener lontana la gente”.
Nel continente africano, però, la sicurezza era a suo avviso troppo dura. Nel viaggio di Giovanni Paolo II a Yaoundé (Camerun) nel 1995, Fringeli ricorda di aver visto un uomo mentalmente instabile che vagava davanti alla papamobile. La polizia lo ha preso per le gambe, facendolo cadere a terra “come un sacco di patate”, e poi lo ha scagliato tra la folla. Fringeli ne è ancora turbato, e definisce l'accaduto “terribile”, “uno scandalo”.
Né armi né giubbotti antiproiettile
La difesa vaticana del Papa durante i viaggi è tradizionalmente assicurata da due Guardie Svizzere in borghese, un capitano e un caporal maggiore, e da tre agenti della Polizia vaticana. Il resto della protezione spetta alle autorità locali, che in genere mettono una macchina a disposizione della squadra di sicurezza vaticana.
Quando era in servizio, Fringeli non indossava un giubbotto antiproiettile – sarebbe stato troppo pesante e “la mia protezione era il mio corpo”, ha detto. Non aveva neanche armi. “Cosa si può fare con un'arma e una folla?”, ha chiesto. “Si ucciderebbero molte persone, e lo stesso discorso vale nella Basilica di San Pietro o durante un'udienza”.
Faceva più affidamento sulla sua vista e sulla forma fisica. L'ex Guardia Svizzera mi ha mostrato una fotografia in cui indossava un abito scuro e camminava vicino a Giovanni Paolo II durante una visita in Romania, analizzando la folla circostante con i suoi occhi allenati. “Guardavo sempre intorno, cercando un movimento repentino, qualcuno che corre o salta le staccionate”, ha detto. “Era questo il mio compito”.
Gli ho chiesto che cosa pensava della “falla” nel sistema di sicurezza nella Basilica di San Pietro durante la Messa di mezzanotte del 2009, quando una donna ha saltato la staccionata, ha afferrato la veste del Papa e lo ha fatto cadere a terra, coinvolgendo altre persone della processione.
“Bisogna capire che accade tutto in una frazione di secondo”, ha dichiarato. “In genere la responsabilità è della persona che sta da quel lato del Papa, ma è avvenuto troppo rapidamente”. Fringeli ha detto di non voler insegnare ad altri ciò che bisogna fare, ma che anziché gettarsi sulla donna avrebbe cercato di bloccarla e allontanarla. “E' un errore buttarsi su una persona, perché c'è il rischio di portare il Papa giù con sé, come è avvenuto”. Ad ogni modo, ha sottolineato che la sicurezza vaticana è “molto buona” e più preparata rispetto a quando prestava servizio.
Fringeli ha ovviamente molti ricordi del Pontefice defunto, ed è felice per la notizia della sua beatificazione. “Per me Giovanni Paolo II è stato un Papa santo, come tutti i Papi degli ultimi due o tre secoli”, ha spiegato, sottolineando che Papa Wojtyła diceva sempre di essere protetto dalla Madonna e che attribuiva alla sua intercessione il fatto di essere sopravvissuto all'attentato del 1981.
“Era un messaggero di pace”, ha aggiunto. “Alcuni hanno detto che sarebbe stato meglio se fosse rimasto più tempo in Vaticano, senza viaggiare così tanto, ma per il Papa non erano viaggi di piacere. Prevedevano tutti un programma intenso [che] impegnava tutto il giorno”. Fringeli ha anche ricordato che alcuni hanno camminato dallo Zambia allo Zimbabwe solo per vederlo. I 104 viaggi di Giovanni Paolo II fuori dall'Italia, ha detto, erano anche per quelle persone, soprattutto nei Paesi poveri, che non avrebbero mai potuto recarsi a Roma.
Ha poi ricordato come Giovanni Paolo II, alla fine di ogni viaggio, si preoccupasse sempre di ringraziare lo staff che provvedeva alla sua sicurezza. Quando era più giovane, tuttavia, la sua propensione a bagni di folla spontanei non gli permetteva sempre di farsi benvolere dalle sue guardie del corpo. “Non era facile viaggiare con il Papa, perché non si sapeva cosa volesse fare fuori dal programma”, ha confessato l'ex Guardia Svizzera. “Ma l'esperienza aiuta molto”.
Nonostante le esigenze dei viaggi papali, Fringeli ha rivelato di averli trovati sempre profondamente soddisfacenti, e che il suo entusiasmo non è mai venuto meno. “Durante un viaggio ci si stancava, ma alla fine pensavo sempre: 'Quale potrebbe essere il prossimo?'. Era come una droga”.
Fringeli ha anche reso omaggio a due figure legate ai viaggi apostolici: il Cardinale Roberto Tucci, a lungo organizzatore delle visite, che ha definito “un grande, grande uomo”, e Camillo Cibin, defunta guardia del corpo della Polizia vaticana, che ha continuato a proteggere il Pontefice fino a quando aveva 80 anni.
“Senza loro due”, ha concluso, “il Papa non avrebbe potuto compiere un viaggio”.
Edward Pentin è uno scrittore freelance che vive a Roma. Può essere contattato all'indirizzo epentin@zenit.org
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