venerdì 21 gennaio 2011

APPROFONDIMENTO / IL POLITICO CATTOLICO, LA LAICITA' E IL CRISTIANESIMO

Di mons. Giampaolo Crepaldi
20 gennaio 2011

Tratto da ZENIT.org
Per il politico cattolico la laicità è un valore acquisito e da difendere. Essa significa che la sfera politica è indipendente da quella ecclesiastica e che politica e religione sono ambiti distinti. Il cristianesimo ha contribuito molto a fondare l’autentica laicità. Infatti il cristianesimo non è una religione fondamentalista. Il testo sacro cui esso si ispira non va letto alla lettera, ma interpretato; l’autorità universale del papa libera i cristiani dalle eccessive sudditanze politiche nazionali; la costruzione del mondo è stata affidata da Dio alla libera e responsabile partecipazione dell’uomo. Ciò però non significa che la società e la politica siano totalmente altro dalla religione cristiana, che non abbiano con essa niente a che fare. La società ha bisogno della religione in quanto tale e possiamo anche dire che la società ha bisogno in modo particolare della religione cristiana se vuole mantenersi su livelli di sana laicità. Il cristianesimo l’aiuta a questo, dato che non le impedisce di essere legittimamente autonoma e nello stesso tempo la sostiene e la illumina con il proprio messaggio religioso. Potremmo anzi dire che il cristianesimo la spinge maggiormente ad essere se stessa in quanto mette in luce la sua piena vocazione e le chiede di esprimere al massimo le sue capacità, senza chiudersi in se stessa. La società che si chiude alla religione e al cristianesimo di fatto si chiude in se stessa e non permette alle persone e alle relazioni sociali di respirare adeguatamente, soffocando le loro possibilità dentro una presunta autosufficienza. Il cristianesimo non teme confronti con altre religioni su questo punto: in Dio che si è fatto uomo c’è la massima valorizzazione della dimensione umana, familiare, sociale e nello stesso tempo la sua più alta illuminazione da parte di Dio. Quando la ragione politica teme il cristianesimo lo fa perché ha già deciso di scegliere per la propria autosufficienza e così facendo si chiude ad un messaggio che invece la valorizzerebbe.
Oggi si tende a considerare la laicità come neutralità dello spazio pubblico dagli assoluti religiosi. Uno spazio in cui gli assoluti religiosi non dovrebbero intervenire per due motivi: prima di tutto perché in democrazia non ci sarebbe posto per niente di assoluto; secondariamente perché gli assoluti religiosi sarebbero irrazionali, mentre la pubblica piazza dovrebbe alimentarsi dalla discussione razionale. Succede così che la pubblica piazza rimanga nuda e che nella sua nudità si crei lo spazio per nuovi assoluti nemici dell’uomo, per nuovi dèi. Ma esaminiamo prima di tutto i due principi ora visti: la democrazia è incompatibile con principi assoluti? La religione è irrazionale? Non è vero che la democrazia presupponga il relativismo morale e religioso come non è vero che dei principi assoluti sarebbero per forza violenti e oppressivi. Si potrebbe invece dire proprio il contrario. La mancanza di riferimenti assoluti genera una lotta di tutti contro tutti ove ha ragione chi ha più forza. Anche la democrazia rischia di ridursi alla forza della maggioranza. Per questo essa ha bisogno che i cittadini credano in principi assoluti, come per esempio la dignità di ogni persona umana, la libertà, la giustizia e così via. Viceversa la democrazia diventa solo procedura, ma le procedure si possono facilmente cambiare se non sono riempite dalla sostanza.
La sostanza della democrazia non è la procedura, ma la dignità della persona che è da considerarsi un valore assoluto. E come considerarlo un valore assoluto se non fondandolo su Dio? Come aveva ben visto Tocqueville a proposito della giovane democrazia americana, la religione è strettamente connessa con la libertà, e la libertà può venire meno anche nei regimi democratici. Passiamo al secondo punto: la religione è irrazionale? Non c’è dubbio che possano esserci forme di religione irrazionali, totalmente o parzialmente. Il cristianesimo però non lo è. Ci sono le religioni del mito, che intendono il divino come un insieme di forze oscure e indecifrabili, arbitrarie e bizzarre e che la religione cerca di farsi amiche. C’è però anche la religione del Logos, come quella ebraico-cristiana, che crede in un Dio che è Verità e Amore.
Questa religione è ragionevole, non contraddice nessuna verità razionale ma piuttosto ad essa si collega in modo complementare e non chiede all’uomo di rinunciare a nulla di quanto lo fa veramente uomo per diventare cristiano. Non è quindi accettabile l’idea che la religione, ogni religione sia, in quanto tale, irrazionale. di certo ciò non vale per il cristianesimo. Nonostante ciò, molti intendono la laicità come neutralità, come espulsione dallo spazio pubblico della religione. L’idea di togliere la festività del Natale, di impedire di esporre simboli religiosi negli spazi pubblici, di fare i missionari ossia di presentare ad altri la propria fede perché sarebbe un attentato alla libertà di religione e così via sono alcune espressioni di questa idea della laicità come spazio neutro, cara soprattutto al modello francese. In questi casi, però, non si dimostra per nulla di essere neutri.
Un muro senza il crocefisso non è neutro, è un muro senza il crocefisso. Una pubblica piazza senza Dio non è neutra, è senza Dio. Lo Stato che impedisce ad ogni religione di manifestarsi in pubblico, magari con la scusa di difendere la libertà di religione, non è neutro in quanto esprime una posizione di parte, quella del laicismo o dell’ateismo e si prende la responsabilità di relegare la religione nell’ambito privato. In molti casi nasce oggi una nuova religione di Stato, la religione dell’antireligione. Tra presenza e assenza di Dio nello spazio pubblico non ci sono vie di mezzo, non si dà una posizione neutra. Eliminare Dio dallo spazio pubblico vuol dire costruire un mondo senza Dio. Qualcuno distingue tra laicità debole e laicità forte. La prima si limiterebbe ad ammettere nello spazio pubblico tutte le posizioni, compresa quella non religiosa; la seconda ammetterebbe anche forme di opposizione alla religione. Ma questa distinzione non convince, in quanto un mondo senza Dio è già un mondo contro Dio. Escludere Dio, anche senza combatterlo, significa già costruire un mondo senza alcun riferimento a Lui. Per questi motivi il politico cattolico non accetterà di collaborare ad una laicità intesa come neutralità, perché vi vedrà all’opera una nuova ragion di Stato che, danneggiando la religione, danneggia anche se stessa. Il politico cattolico vi si opporrà, quindi, sia per ragioni religiose, dalle quali non può mai separarsi, sia per ragioni politiche, ossia per impedire che nasca una nuova religione di Stato lesiva della libertà delle persone.
Mons. Giampaolo Crepaldi è Arcivescovo di Trieste, Presidente della Commissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) e Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale della Chiesa.

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