commenta la nuova Enciclica
7 luglio 2009
7 luglio 2009
Tratto da ZENIT.org
“Realismo e speranza, nonostante la crisi economica mondiale”: così ha sintetizzato Giovanni Maria Vian, Direttore de “L'Osservatore Romano”, la terza enciclica di Benedetto XVI pubblicata questo martedì.
Per Vian, l'enciclica Caritas in Veritate si inserisce a pieno titolo nella tradizione di documenti papali riguardanti le questioni sociali, avviata nel 1891 dalla celebre Rerum novarum di Leone XIII, sottolineando inoltre “la continuità tra la tradizione anteriore e quella successiva al Vaticano II”.
In particolare, nell'editoriale apparso sul quotidiano vaticano dell'8 luglio, il Direttore commenta che “a reggere tutto l'impianto della Caritas in veritate, indirizzata non usualmente ai cattolici e 'a tutti gli uomini di buona volontà', è il rapporto tra i due termini del titolo”.
“Connessi con tale forza - osserva - che da esso viene fatta discendere la possibilità di uno sviluppo integrale della persona e dell'umanità: assicurato appunto solo dalla 'carità nella verità', cioè dall'amore di Cristo”.
“All'interno di questa cornice teologica - scrive Vian - l'enciclica disegna una summa socialis vigile e aggiornata, che smentisce - se ce ne fosse ancora bisogno - l'immagine di un Papa soltanto teologo chiuso nelle sue stanze e conferma invece quanto Benedetto XVI sia attento, come teologo e pastore, alla realtà contemporanea in tutti i suoi aspetti”.
Spiccano nel testo, a suo avviso, “l'attenzione ai fenomeni della mondializzazione e della tecnocrazia” e “la fiducia nella possibilità di uno sviluppo davvero umano”.
Per Vian, “l'atteggiamento di Benedetto XVI non può dunque essere qualificato come pessimistico a priori, come alcuni vorrebbero, ma nemmeno è assimilabile a ingenui e irresponsabili ottimismi, perché si fonda piuttosto sulla fiducia tipicamente cattolica in una ragione aperta alla presenza del divino”.
“Così - spiega - la sfera economica e la tecnica appartengono all'attività umana e non vanno demonizzate, ma neppure lasciate a se stesse perché devono essere vincolate al bene comune, e cioè governate dal punto di vista etico”.
“Se allora la dimensione economica può - e, anzi, deve - essere umana, se il momento storico è propizio per abbandonare ideologie che soprattutto nel secolo scorso hanno lasciato dietro di sé soltanto rovine - conclude Vian -, allora davvero è venuto il momento di approfittare dell'occasione offerta dalla crisi mondiale per uscirne insieme, i credenti con le donne e gli uomini di buona volontà”.
Per Vian, l'enciclica Caritas in Veritate si inserisce a pieno titolo nella tradizione di documenti papali riguardanti le questioni sociali, avviata nel 1891 dalla celebre Rerum novarum di Leone XIII, sottolineando inoltre “la continuità tra la tradizione anteriore e quella successiva al Vaticano II”.
In particolare, nell'editoriale apparso sul quotidiano vaticano dell'8 luglio, il Direttore commenta che “a reggere tutto l'impianto della Caritas in veritate, indirizzata non usualmente ai cattolici e 'a tutti gli uomini di buona volontà', è il rapporto tra i due termini del titolo”.
“Connessi con tale forza - osserva - che da esso viene fatta discendere la possibilità di uno sviluppo integrale della persona e dell'umanità: assicurato appunto solo dalla 'carità nella verità', cioè dall'amore di Cristo”.
“All'interno di questa cornice teologica - scrive Vian - l'enciclica disegna una summa socialis vigile e aggiornata, che smentisce - se ce ne fosse ancora bisogno - l'immagine di un Papa soltanto teologo chiuso nelle sue stanze e conferma invece quanto Benedetto XVI sia attento, come teologo e pastore, alla realtà contemporanea in tutti i suoi aspetti”.
Spiccano nel testo, a suo avviso, “l'attenzione ai fenomeni della mondializzazione e della tecnocrazia” e “la fiducia nella possibilità di uno sviluppo davvero umano”.
Per Vian, “l'atteggiamento di Benedetto XVI non può dunque essere qualificato come pessimistico a priori, come alcuni vorrebbero, ma nemmeno è assimilabile a ingenui e irresponsabili ottimismi, perché si fonda piuttosto sulla fiducia tipicamente cattolica in una ragione aperta alla presenza del divino”.
“Così - spiega - la sfera economica e la tecnica appartengono all'attività umana e non vanno demonizzate, ma neppure lasciate a se stesse perché devono essere vincolate al bene comune, e cioè governate dal punto di vista etico”.
“Se allora la dimensione economica può - e, anzi, deve - essere umana, se il momento storico è propizio per abbandonare ideologie che soprattutto nel secolo scorso hanno lasciato dietro di sé soltanto rovine - conclude Vian -, allora davvero è venuto il momento di approfittare dell'occasione offerta dalla crisi mondiale per uscirne insieme, i credenti con le donne e gli uomini di buona volontà”.
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