16 luglio 2009
Tratto da ZENIT.org
“Senza sviluppo umano integrale, cioè senza istruzione, solidarietà, lotta per il bene comune, è davvero molto difficile combattere la corruzione”, afferma il professore brasiliano Francisco Borba Ribeiro Neto.
Coordinatore di progetti del Nucleo Fede e Cultura della Pontificia Università Cattolica (PUC) di San Paolo (Brasile), il professor Neto ha commentato con ZENIT la terza Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate.
Il docente ha spiegato che l'Enciclica papale favorisce la comprensione del vero umanesimo, il cui riscatto “è un ideale permanente nella società attuale”.
“L'uomo contemporaneo ha una profonda necessità di un modo di essere, di agire nel mondo economico, di fare politica, in cui possa vedere riflessa la sua umanità - ha osservato -. Ad ogni modo la persona, per scoprire la sua umanità in modo libero e positivo, ha bisogno di affrontare i suoi limiti esistenziali - che la Chiesa chiama 'peccato originale' - e di fare l'esperienza di essere amato in modo gratuito”.
“Senza la consapevolezza del limite e l'esperienza dell'amore non c'è vero umanesimo”, ha aggiunto.
Nel mondo attuale, ha sottolineato il professor Neto, la cultura cerca tuttavia di “eliminare la consapevolezza del limite umano, allontanando fino a nascondere le esperienze di morte e di sofferenza, cercando di usare la tecnica come uno strumento che elimina la necessità dell'impegno etico e dell'impegno responsabile della libertà”.
Parallelamente, “l'amore viene ridotto al sentimentalismo e all'intimismo, racchiuso nella vita privata, e gli viene quasi proibito di avere un'autentica espressione pubblica”.
L'Enciclica del Papa, spiega Neto, “spezza questa gabbia di illusione in cui la cultura postmoderna ha rinchiuso l'umanesimo, ricollocando al centro della vita economica, politica e sociale la questione dell'etica, della libertà e della responsabilità umana, e riproponendo l'amore gratuito che Dio dà al mondo, soprattutto attraverso Cristo”.
“Senza la centralità dell'amore di Cristo, del dono gratuito di Dio all'uomo, la nostra sete d'amore non si placherebbe mai e noi stessi non potremmo mai accettare pienamente la nostra libertà, perché accettarla implica accettare anche i nostri limiti - e l'uomo, se non è amato e perdonato, ha paura dei suoi limiti”.
Lo sviluppo umano
Nel testo di Benedetto XVI, ha proseguito il docente, lo sviluppo umano “è un processo 'integrale', cioè raggiunge tutti gli uomini e tutto l'uomo”.
Ciò implica in primo luogo la sua universalizzazione, perché “non si può pensare a uno sviluppo integrale in cui esistano profonde disparità sociali tra ricchi e poveri, in cui esista esclusione - sia all'interno di una Nazione che nello scenario internazionale”.
Allo stesso modo, si coinvolge anche l'uomo nella sua totalità, ovvero in tutte le dimensioni del vivere umano: materiale, sociale, affettiva, culturale, spirituale.
Per questo motivo, “la nuova sintesi umanistica che il Papa propone implica anche un atteggiamento più adeguato in relazione ai suoi obiettivi di vita e al suo impegno verso quanti soffrono”.
Tra gli aspetti che più l'hanno colpito dell'Enciclica, Neto ha sottolineato “la relazione tra etica e solidarietà”, per “le sue implicazioni politiche”.
“Gli scandali relativi alla corruzione nella vita politica brasiliana occupano sempre le pagine dei giornali - ha ricordato -, ma poche volte ci rendiamo conto del fatto che, dietro la permanenza di queste condotte politiche antietiche, esiste una società che non ha sperimentato uno 'sviluppo integrale' e che per questo ha difficoltà a eleggere politici etici”.
A suo avviso, “si tratta di capire che, senza sviluppo umano integrale, cioè senza istruzione, solidarietà, lotta per il bene comune, è davvero molto difficile combattere la corruzione - perché il peccato è in tutti noi e solo una vita solidale e una ragione capace di analizzare e discernere chiaramente ciò che è meglio ci possono aiutare a superare l'inclinazione al male che tende sempre ad apparire nella società”.
Coordinatore di progetti del Nucleo Fede e Cultura della Pontificia Università Cattolica (PUC) di San Paolo (Brasile), il professor Neto ha commentato con ZENIT la terza Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate.
Il docente ha spiegato che l'Enciclica papale favorisce la comprensione del vero umanesimo, il cui riscatto “è un ideale permanente nella società attuale”.
“L'uomo contemporaneo ha una profonda necessità di un modo di essere, di agire nel mondo economico, di fare politica, in cui possa vedere riflessa la sua umanità - ha osservato -. Ad ogni modo la persona, per scoprire la sua umanità in modo libero e positivo, ha bisogno di affrontare i suoi limiti esistenziali - che la Chiesa chiama 'peccato originale' - e di fare l'esperienza di essere amato in modo gratuito”.
“Senza la consapevolezza del limite e l'esperienza dell'amore non c'è vero umanesimo”, ha aggiunto.
Nel mondo attuale, ha sottolineato il professor Neto, la cultura cerca tuttavia di “eliminare la consapevolezza del limite umano, allontanando fino a nascondere le esperienze di morte e di sofferenza, cercando di usare la tecnica come uno strumento che elimina la necessità dell'impegno etico e dell'impegno responsabile della libertà”.
Parallelamente, “l'amore viene ridotto al sentimentalismo e all'intimismo, racchiuso nella vita privata, e gli viene quasi proibito di avere un'autentica espressione pubblica”.
L'Enciclica del Papa, spiega Neto, “spezza questa gabbia di illusione in cui la cultura postmoderna ha rinchiuso l'umanesimo, ricollocando al centro della vita economica, politica e sociale la questione dell'etica, della libertà e della responsabilità umana, e riproponendo l'amore gratuito che Dio dà al mondo, soprattutto attraverso Cristo”.
“Senza la centralità dell'amore di Cristo, del dono gratuito di Dio all'uomo, la nostra sete d'amore non si placherebbe mai e noi stessi non potremmo mai accettare pienamente la nostra libertà, perché accettarla implica accettare anche i nostri limiti - e l'uomo, se non è amato e perdonato, ha paura dei suoi limiti”.
Lo sviluppo umano
Nel testo di Benedetto XVI, ha proseguito il docente, lo sviluppo umano “è un processo 'integrale', cioè raggiunge tutti gli uomini e tutto l'uomo”.
Ciò implica in primo luogo la sua universalizzazione, perché “non si può pensare a uno sviluppo integrale in cui esistano profonde disparità sociali tra ricchi e poveri, in cui esista esclusione - sia all'interno di una Nazione che nello scenario internazionale”.
Allo stesso modo, si coinvolge anche l'uomo nella sua totalità, ovvero in tutte le dimensioni del vivere umano: materiale, sociale, affettiva, culturale, spirituale.
Per questo motivo, “la nuova sintesi umanistica che il Papa propone implica anche un atteggiamento più adeguato in relazione ai suoi obiettivi di vita e al suo impegno verso quanti soffrono”.
Tra gli aspetti che più l'hanno colpito dell'Enciclica, Neto ha sottolineato “la relazione tra etica e solidarietà”, per “le sue implicazioni politiche”.
“Gli scandali relativi alla corruzione nella vita politica brasiliana occupano sempre le pagine dei giornali - ha ricordato -, ma poche volte ci rendiamo conto del fatto che, dietro la permanenza di queste condotte politiche antietiche, esiste una società che non ha sperimentato uno 'sviluppo integrale' e che per questo ha difficoltà a eleggere politici etici”.
A suo avviso, “si tratta di capire che, senza sviluppo umano integrale, cioè senza istruzione, solidarietà, lotta per il bene comune, è davvero molto difficile combattere la corruzione - perché il peccato è in tutti noi e solo una vita solidale e una ragione capace di analizzare e discernere chiaramente ciò che è meglio ci possono aiutare a superare l'inclinazione al male che tende sempre ad apparire nella società”.
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