giovedì 5 marzo 2009

TRUFFA COI FINANZIAMENTI ALLA CANTINA COOPERATIVA, MASSIMO LEGITTIMO, REVISORE UNICO DEI CONTI DEL COMUNE DI MELISSANO, CONDANNATO A DUE ANNI

CARTE FALSE E RAGGIRI?
CAMUFFE CON ARTIFICI CONTABILI?
OPERE MURARIE GIA’ REALIZZATE
PRIMA DI CHIEDERE IL CONTRIBUTO?
FALSE DICHIARAZIONI
ALLA BANCA CONCESSIONARIA?

Tratto dal “Nuovo Quotidiano di Puglia-Lecce”
del 05 Marzo 2009.

Due anni di reclusione all’ex legale rappresentante della “Cantina Cooperativa di Melissano”. Due anni, pena sospesa, per truffa aggravata con i finanziamenti erogati dalla Provincia con i “Patti territoriali”. La condanna riguarda Massimo Legittimo, 51 anni, di Melissano, revisore dei conti in Comune dove nel passato ha ricoperto anche le cariche di assessore e di consigliere.
Con la sentenza di primo grado della tarda mattinata di ieri si è chiuso un altro capitolo della cooperativa vinicola fondata nel 1940 i cui beni dopo il fallimento sono ora in vendita all’asta. Il processo si è occupato delle carte false e dei raggiri ai quali sarebbe ricorso Legittimo per incassare la prima tranche di finanziamento pari a 460mila Euro e per tentare di incassare anche la seconda. Il pubblico ministero Imerio Tramis ha chiesto una condanna ad un anno e due mesi di reclusione, l’avvocato difensore Claudio Miggiano l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” ed in subordine “perché il fatto non sussiste”.
Ad emettere la sentenza di due anni è stato il collegio dei giudici della prima sezione penale presieduto da Silvio Piccinno e con a latere Paola Capano e Fabrizio Malagnino.
Insomma, l’impianto accusatorio ha retto la verifica del processo. Legittimo rispondeva di almeno tre irregolarità nella formazione di tutta la documentazione necessaria ad ottenere il finanziamento che avrebbe dovuto consentire l’espansione l’aumento della produzione della cantina. Primo, la dichiarazione che i soci avessero mezzi propri per affrontare l’investimento: per l’accusa quelle disponibilità furono soltanto camuffate con artifici contabili. Secondo: l’aver fatto richieste anche per le opere murarie nonostante fossero state già realizzate prima di chiedere il contributo (ne sarebbero stata prova le fatture emesse all’epoca dalle aziende interessate ai lavori). Terzo: l’aver reso false dichiarazioni alla banca concessionaria sulle spese sostenute ed includendo anche quelle che non sarebbero rientrate nel programma di investimento.
L’avvocato Miggiano conta ora di attendere che venga depositata la sentenza, subito dopo sarà presentato ricorso in Appello. “Non riusciamo a comprendere i motivi della condanna, attendiamo con fiducia le motivazioni, contiamo nell’Appello”, ha voluto sottolineare Legittimo.

Nessun commento: