CONSIGLIERE SCULCO: AVANTI E INDIETRO
TRA AULE POLITICHE E DI GIUSTIZIA
Tratto dal sito del quotidiano nazionale
“La Repubblica” del 2 Marzo 2009
Come un calciatore afflitto da fastidiosi malanni fisici, Enzo Sculco politico calabrese molto amato (e moltissimo votato) subisce ad intermittenza verdetti giudiziari. Ma l'uomo, che ha un carattere di ferro, si piega però non si spezza. Ecco la sua storia.
Riepiloghiamo. Due anni fa, Sculco, capogruppo della Margherita al consiglio regionale della Calabria, viene condannato dal tribunale di Crotone a sette anni e sei mesi di reclusione per una serie di reati (truffa, frode, turbativa d'asta) e interdetto dai pubblici uffici. La legge è legge e dunque il consiglio regionale deve privarsi della presenza dell'onorevole. Sculco esce dal campo, per lui scatta la sospensione. Passano i mesi, due, tre, poi cinque, quindi, dieci, infine diciotto. La giustizia è lenta e il giudizio d'appello ancora è in attesa di essere celebrato. La Regione Calabria ha bisogno di Sculco e, allo spirare del diciottesimo mese di sospensione, lo richiama ex lege in campo.
E' agosto del 2008, gli inizi. Un giorno di festa per la politica. Sculco, commosso, ringrazia: "Sono qui, dopo lunghi mesi di assenza, non a dispetto di qualcosa o di qualcuno, ma per ragioni di diritto e in forza della mia rappresentatività e per volontà di migliaia di cittadini che hanno liberamente scelto di farsi rappresentare dal sottoscritto in questa Istituzione". Applausi e pacche sulle spalle, fiori e lacrime. E gioia. Tanta.
Adesso, è notizia di tre giorni fa, Sculco, un bel passato da sindacalista della Cisl, si vede ricondannare, prima ancora che il suo precedente appello venga celebrato, a un anno e tre mesi di reclusione per il reato di truffa aggravata e falso ideologico. Nella sfortuna della condanna bis c'è però un risvolto positivo: essendo la pena inferiore ai due anni il consigliere (che nel frattempo ha versato integralmente i contributi pensionistici, turando anche la falla della obbligata disoccupazione di diciotto mesi) non deve abbandonare il campo e lasciare per la seconda volta l'aula e la sua professione di politico.
E meno male, perché in Calabria c'è una continuo turn over.
Apriamo una parentesi. In quella stessa seduta che decretò il reintegro di Sculco, l'Istituzione calabrese affrontò con garbo e rispetto, e con rara misericordia, l'uscita dal terreno di gioco, cioè dall'aula, di un altro valente collega: il consigliere dell'Udc Dionisio Gallo, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nell'attesa e nella speranza che anche Gallo, come Sculco, veda riconosciuta in appello la sua innocenza, il momento no della politica calabrese può dirsi alle spalle. In questa sfortunata legislatura i consiglieri regionali hanno già dovuto fare il conto con defezioni improvvise e impreviste. Altri quattro colleghi hanno avuto la visita dei carabinieri e sono finiti in manette. Ai domiciliari o in carcere, hanno dovuto lasciare il loro scranno vuoto e indifeso. Ma poi tutti sono ritornati ai posti di combattimento. Indagare il loro stato d'animo non è facile.
Per tutti vale la parola di Franco La Rupa, ex Udeur, accusato di scambio elettorale politico-mafioso, che - scarcerato - invocò un'alternativa più dolce alle manette: "Le mie peripezie giudiziarie nascono dalle preoccupazioni per la mia ascesa politica. Mi auguro che nemmeno i più fragili elettori si facciano influenzare da chi non ha a disposizione strumenti più armonici del tintinnio di manette".
TRA AULE POLITICHE E DI GIUSTIZIA
Tratto dal sito del quotidiano nazionale
“La Repubblica” del 2 Marzo 2009
Come un calciatore afflitto da fastidiosi malanni fisici, Enzo Sculco politico calabrese molto amato (e moltissimo votato) subisce ad intermittenza verdetti giudiziari. Ma l'uomo, che ha un carattere di ferro, si piega però non si spezza. Ecco la sua storia.
Riepiloghiamo. Due anni fa, Sculco, capogruppo della Margherita al consiglio regionale della Calabria, viene condannato dal tribunale di Crotone a sette anni e sei mesi di reclusione per una serie di reati (truffa, frode, turbativa d'asta) e interdetto dai pubblici uffici. La legge è legge e dunque il consiglio regionale deve privarsi della presenza dell'onorevole. Sculco esce dal campo, per lui scatta la sospensione. Passano i mesi, due, tre, poi cinque, quindi, dieci, infine diciotto. La giustizia è lenta e il giudizio d'appello ancora è in attesa di essere celebrato. La Regione Calabria ha bisogno di Sculco e, allo spirare del diciottesimo mese di sospensione, lo richiama ex lege in campo.
E' agosto del 2008, gli inizi. Un giorno di festa per la politica. Sculco, commosso, ringrazia: "Sono qui, dopo lunghi mesi di assenza, non a dispetto di qualcosa o di qualcuno, ma per ragioni di diritto e in forza della mia rappresentatività e per volontà di migliaia di cittadini che hanno liberamente scelto di farsi rappresentare dal sottoscritto in questa Istituzione". Applausi e pacche sulle spalle, fiori e lacrime. E gioia. Tanta.
Adesso, è notizia di tre giorni fa, Sculco, un bel passato da sindacalista della Cisl, si vede ricondannare, prima ancora che il suo precedente appello venga celebrato, a un anno e tre mesi di reclusione per il reato di truffa aggravata e falso ideologico. Nella sfortuna della condanna bis c'è però un risvolto positivo: essendo la pena inferiore ai due anni il consigliere (che nel frattempo ha versato integralmente i contributi pensionistici, turando anche la falla della obbligata disoccupazione di diciotto mesi) non deve abbandonare il campo e lasciare per la seconda volta l'aula e la sua professione di politico.
E meno male, perché in Calabria c'è una continuo turn over.
Apriamo una parentesi. In quella stessa seduta che decretò il reintegro di Sculco, l'Istituzione calabrese affrontò con garbo e rispetto, e con rara misericordia, l'uscita dal terreno di gioco, cioè dall'aula, di un altro valente collega: il consigliere dell'Udc Dionisio Gallo, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nell'attesa e nella speranza che anche Gallo, come Sculco, veda riconosciuta in appello la sua innocenza, il momento no della politica calabrese può dirsi alle spalle. In questa sfortunata legislatura i consiglieri regionali hanno già dovuto fare il conto con defezioni improvvise e impreviste. Altri quattro colleghi hanno avuto la visita dei carabinieri e sono finiti in manette. Ai domiciliari o in carcere, hanno dovuto lasciare il loro scranno vuoto e indifeso. Ma poi tutti sono ritornati ai posti di combattimento. Indagare il loro stato d'animo non è facile.
Per tutti vale la parola di Franco La Rupa, ex Udeur, accusato di scambio elettorale politico-mafioso, che - scarcerato - invocò un'alternativa più dolce alle manette: "Le mie peripezie giudiziarie nascono dalle preoccupazioni per la mia ascesa politica. Mi auguro che nemmeno i più fragili elettori si facciano influenzare da chi non ha a disposizione strumenti più armonici del tintinnio di manette".
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