sabato 30 ottobre 2010

IL MARESCIALLO SCOZZI NON PARLA PIU' DI PRESUNTI VERBALI/PREAVVISI ABBASSATI MA DI VERBALI/PREAVVISI ABBASSATI - INDIGNAZIONE IN CONSIGLIO COMUNALE

COMUNICAZIONE
Consiglio Comunale di Melissano
del 18 Giugno 2010
(fino ad oggi non era stata resa pubblica)
In data 29 Aprile 2010, con Prot. N. 3951 (documento allegato alla presente comunicazione), chiedevo a diversi destinatari se il Maresciallo di Polizia Giudiziaria Daniele Scozzi fosse stato o meno ascoltato in merito alla denuncia dallo stesso presentata con Prot. N. 8497 del 09 Settembre 2009 e riguardante le presunte multe ridotte negli Uffici di Polizia Municipale.
Presidente e Consiglieri tutti, interessati nella questione uno ad uno dallo stesso vigile con una comunicazione inviata a ciascuno, se fino a qualche settimana fa ero solamente preoccupato di questa situazione, oggi ne sono anche indignato. Indignato perché il Maresciallo Daniele Scozzi in data 29 Aprile 2010 mi rispondeva con un documento che deposito agli atti del Consiglio, in cui mi faceva presente che, fino alla data del 29 Aprile, non era stato convocato da nessun Organo Istituzionale, Comune di Melissano, Amministrazione Comunale di Melissano compresa.
Sono ancor più indignato perché in questo riscontro il vigile ha chiesto di essere convocato con urgenza dal Sindaco e dal Segretario Comunale di Melissano e, cosa davvero interessante e non penso casuale perché è stato sottolineato e scritto in grassetto, non parla più di presunti verbali/preavvisi abbassati, ma di verbali/preavvisi abbassati nel Comando di Polizia Municipale. Ha chiesto quindi, di essere convocato per il recupero di mancati introiti alle casse pubbliche comunali.
Chiedo gentilmente di conoscere in maniera chiara cosa ne pensa il Sindaco, la Giunta Comunale, l’Amministrazione Comunale di tutto ciò.
Per agevolare il lavoro dei Consiglieri Comunali di minoranza, mi sono preoccupato di fotocopiare questi due documenti che rilascio a ciascuno dei presenti oltre la copia che deposito agli atti.
Melissano, 18 Giugno 2010
Stefano Giuseppe SCARCELLA
CONSIGLIERE COMUNALE

APPROFONDIMENTO / L'INGANNO DI HALLOWEEN

Di don Marcello Stanzione
29 ottobre 2010
Tratto da ZENIT.org
Riguardo alla festa pagana di Halloween la Chiesa attraverso le sue agenzie educative sempre più dovrebbe fare un’opera di illuminazione. In Francia tale fenomeno ha imboccato il viale del tramonto e la polemica è tutta incentrata sul recupero delle tradizioni autoctone. Il filosofo e critico letterario Damien Le Guay nel suo libro “La faccia nascosta di Halloween” (edito in Italia dalla Casa editrice Salesiana Elledici), significativamente sottotitolata “Come la festa della zucca ha sconfitto tutti i Santi”, definisce Halloween come un emblema del neopaganesimo, mettendo in luce le sue distorsioni della realtà e le implicazioni negative che può avere sulla psiche dei più piccoli.
Jean-Pierre Hartmann, sindaco di Carspach, nel 2005 ha addirittura proibito la celebrazione della festa nel suo comune. Molte diocesi francesi hanno organizzato l’operazione “Holy Wins” (La Santità trionfa) con distribuzione gratuita di opuscoli religiosi ai ragazzi e alle loro famiglie che invitano a riflettere sui veri e profondi valori della festa di Ognissanti. A Mosca è stata inviata una circolare a tutte le scuole per proibire festeggiamenti in classe in quanto contengono elementi antieducativi. In Germania la federazione per la protezione della lingua tedesca ha preso posizione contro la festa di Halloween. In Ecuador sono stati vietati i festeggiamenti per Halloween nelle scuole pubbliche con un decreto del Ministro dell’Educazione Otòn Moràn. In Italia, il servizio antisette occulte della comunità Giovanni XXIII fondata dal compianto Don Oreste Benzi, ha rilevato che esiste una forte percentuale di persone avviate e intrappolate dai poteri dell’occulto proprio attraverso questa festività. Secondo tale gruppo cattolico, il 16% delle persone avviate all’esoterismo sono state ingaggiate all’interno delle iniziative di Halloween che oltre alla speculazione commerciale, porta il grave pericolo di adescamento e reclutamento dei ragazzi e dei giovani nel mondo delle sette occulte. La comunità di Don Benzi chiede a tutti i ragazzi e i giovani “di non aderire in nessun modo a tale iniziativa, perché venga abbattuta l’offensiva del demonio che ha come cavallo di battaglia l’esoterismo e l’occultismo. Halloween è l’evento per molti riuscito affinché tanta gente fragile resti manipolata e schiavizzata dietro i maghi dell’occultismo”.
Telefono Blu stimava nel 2005 in almeno 120milioni di euro la spesa per organizzare eventi pubblici e privati; e altri 150milioni di euro per mascherarsi. In tutto più di 270milioni di euro consumati in una sola notte. La stessa conferma su questo colossale business viene dalle varie associazioni di consumatori. L’arcivescovo emerito di Palermo, il cardinale Salvatore De Giorgi ebbe a dire: “Anche nella nostra città le due feste liturgiche più care al nostro popolo e alla nostra cultura cristiana sono state contaminate da un rito consumistico e carnevalesco, di importazione americana, che non ha nulla in comune con le nostre tradizioni”. A Corinaldo, in provincia di Ancona, definita dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” come “la capitale italiana di Halloween”, nel 2005 il vescovo ha precisato che la gente, nonostante questa festa pagana, non deve dimenticarsi della tradizione cristiana dei morti e dei santi. Il parroco ha decisamente attaccato la manifestazione che pure ha registrato 80.000 presenze da tutte le parti d’Italia. Don Claudio Paganini, responsabile del Segretariato Oratori della Diocesi di Brescia, afferma che “Non è assolutamente opportuno promuovere o sostenere tale festa di halloween con cessioni di locali parrocchiali, promozione di feste e stampa di volantini […]. La festa di halloween non ci azzecca proprio nulla con la cultura europea, ed ancor meno con la formazione cristiana. La festa di Tutti i Santi ha sufficienti motivazioni teologiche, pastorali, educative per i giovani”.
L’Azione Cattolica di Vicenza, su iniziativa dell’Acr, esprime una “preoccupazione educativa” sulla festa di halloween: “Come Azione cattolica esprimiamo la preoccupazione di quali modelli educativi trasmettiamo ai ragazzi ed intendiamo esprimere la nostra contrarietà al diffondersi di una “festa” che fa dello spiritismo e del senso del macabro il suo centro ispiratore. […] è più sano per l’intelligenza dei nostri ragazzi e bambini fantasticare sulle streghe o conoscere la storia dei grandi santi che hanno vivificato il nostro patrimonio culturale e la nostra tradizione cristiana?”. L’Azione cattolica di Vicenza si scaglia, in particolare, contro chi pensa che Halloween sia “un evento che appare innocuo, e che non fa male a nessuno”.
E’ interessante sottolineare come diverse parrocchie si sforzino di valorizzare le feste cristiane. Nella parrocchia di San Luigi Gonzaga a Foggia, guidata da don Guglielmo Fichera, da alcuni anni nel pomeriggio del 31 ottobre, adulti e bambini, catechisti e genitori, hanno indossato abiti e portato simboli che ricordano il santo di cui portano il nome. La festa di “quelli vestiti come i santi” inizia con la processione animata con canti e preghiere che si snoda per le vie della parrocchia che attenzione non si chiama “processione di tutti i santi”, ma processione di “quelli vestiti come i santi”. Gli abiti per tale festa vengono realizzati in economia, con semplicità, in maniera artigianale, con pezzi di stoffa e accessori recuperati dalle cose e dai materiali che sono in casa o acquistati a poco prezzo al mercato. Povertà creativa, dunque, non spreco di denaro, perché bisogna testimoniare il Vangelo, non fare una sfilata di moda! Dopo la processione e dopo la Santa Messa, in chiesa viene esposto il Santissimo Sacramento e si prega in vario modo per lodare Dio e per riparare tutti i tipi di “brutture” operate nella notte dai “devoti di Halloween”. C’è poi la festa nei locali parrocchiali con tanti palloncini colorati, tante luci, tanti giochi, dolci e canti: è allora che grandi e piccoli si chiedono l’un l’altro: il simbolo che porti, che significato ha nella vita del santo di cui porti il nome? Insomma non più “dolcetto o scherzetto” ma “dimmi che santo sei”.
La maggior parte dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, oggi sa poco o niente del santo di cui porta il nome. Quando è nato? In che secolo è vissuto? Quali sono gli episodi più significativi della sua vita? Ha lasciato insegnamenti spirituali particolarmente illuminanti? Ha scritto libri importanti per la nostra spiritualità? Come è morto? Perché nelle immaginette è rappresentato con quel particolare oggetto in mano o con quel particolare animale accanto? Con quale simbolo posso richiamare la sua vita? La parrocchia di San Luigi a Foggia ha messo a disposizione per ogni ragazzo del catechismo, una scheda sulla vita e i fatti essenziali della vita del proprio santo (reperiti da libri di agiografia e da un sito internet con 18.000 santi) insieme ad una foto plastificata a colori del santo e alla consulenza di alcune mamme-sarte per meglio preparare lo specifico abito. Una équipe guidata dal parroco don Fichera ha aiutato chi aveva difficoltà a pensare e a realizzare il simbolo più appropriato al santo di cui porta il nome.
L’esempio della parrocchia di San Luigi è stata imitata da altri centri cattolici. La parrocchia dei santi Angeli Custodi di Piacenza ha invitato i ragazzi a mascherarsi secondo il nome del santo che portano. “E’ stato bellissimo – racconta Don Pietro Cesena – perché abbiamo coinvolto quasi 400 tra giovani e famiglie”. Sul sito della parrocchia ancora oggi campeggia un invito: “Halloween! No, grazie. I bambini dei Santi Angeli festeggiano tutti i Santi. Illuminano le tenebre dell’autunno, con una festa di luce, per anticipare la gioia che un giorno vivremo nel cielo”. “Noi cristiani – continua il parroco – riusciremo a trasformare anche questa festa pagana che inculca nei nostri giovani la cultura della morte”. Non sono poche le parrocchie italiane che nella notte del 31 ottobre organizzano momenti di festa e di preghiera. “Abbiamo voluto pregare – spiega don Antonio Pesciarelli della parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Roma – proprio in quella notte. La nostra adorazione eucaristica, animata dai giovani e dai catechisti, ha fatto da contraltare alle messe nere e ai riti satanici portati con una certa leggerezza da questa festa americana di halloween. La parrocchia ha organizzato una 4 giorni dal titolo 'Tutti Santi!'. Non solamente preghiera. Ma anche giochi e spettacoli in piazza che hanno coinvolto l’intero quartiere”.
La vita e l’esempio dei santi, rendendo presente Gesù e il suo Vangelo, è una efficace catechesi incarnata nella storia ed è capace, se ben utilizzata, di vincere la controcatechesi di un mondo secolarizzato, pagano, satanista. Alla falsa catechesi di Halloween e delle sette sataniste, i santi con forza e incisività contrappongono la vera catechesi del Vangelo con la cultura della verità, dell’onestà, dell’amore e della solidarietà. Benedetto XVI, rivolgendosi ai giovani a Colonia, in Germania, li ha messi in guardia contro tutte le false rivoluzioni e ha indicato loro la vera ed unica rivoluzione: “Volete cambiare il mondo? Volete un mondo più pulito? Fatevi santi!”.
Don Marcello Stanzione è il Presidente dell'Associazione Milizia di San Michele Arcangelo.

L'ALTRA OMELIA (51) - ELUANA E ZACCHEO

XXXI Domenica del Tempo Ordinario
31 ottobre 2010
Di padre Angelo del Favero
29 ottobre 2010
Tratto da ZENIT.org
“Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “E’ entrato in casa di un peccatore!” Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli rispose: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,1-10).
Zaccheo, il temuto e odiato “capo dei pubblicani” di Gerico,“cercava di vedere chi era Gesù” non solo per rendersi conto del personaggio di cui tutti parlavano.
Vediamo infatti che “per riuscire a vederlo” corre avanti, anticipa il corteo, sale su un sicomoro: una determinazione che fa pensare ad una motivazione ben più profonda della semplice curiosità per un uomo famoso. Zaccheo sembra mosso da un’ansia nuova e positiva, come il presagio di un fatto imminente, decisivo per la sua vita.
E’ molto significativo che il ricco Zaccheo di senta riempire l’anima di gioia quando Gesù gli annuncia di volersi fermare a casa sua. Il re Erode in persona non gli avrebbe fatto più piacere, visitandolo! A pensarci bene, sarebbe stato più comprensibile un certo imbarazzo di Zaccheo per questo autoinvito del Signore, consapevole com’era di essere uno sfruttatore e traditore di quel popolo di oppressi cui Gesù andava annunziando la liberazione da parte di Dio. Come si spiega questa strana felicità nel ricco capo dei pubblicani? Credo per due motivi legati fra loro.
Anzitutto, con ogni probabilità, il direttore generale delle imposte di Gerico era un uomo profondamente insoddisfatto. Abituato a vivere in un clima di avversione, consapevole di svolgere un lavoro spregevole e colpevole agli occhi di Dio, Zaccheo è un infelice. Spietato e temuto com’era, non conosceva la gioia semplice e pura di un volto buono e amico che ti sorride, e rimane colpito dalle notizie della bontà di Gesù verso tutti gli ammalati, i poveri, i peccatori che si rivolgevano a Lui per essere ascoltati e guariti, come il cieco Bartimeo, suo concittadino. In una parola: Zaccheo, bisognoso di tenerezza come tutti gli esseri umani, soffriva nell’intimo una profonda astinenza d’amore.
Il secondo motivo che giustifica la gioia di Zaccheo, sta nel fatto che Gesù era un uomo povero. C’è una relazione vitale fra l’amore e la povertà. Una persona ricca di sé difficilmente proverà sentimenti di compassione per i poveri, li amerà concretamente e riuscirà a suscitare attenzione e benevolenza sincera verso di sè. Ad essa potrà accadere, però, invecchiando o per un fatto improvviso, di perdere molte delle risorse che la inorgoglivano: la bellezza, l’intelligenza brillante, la lucidità mentale, la capacità professionale, l’efficienza organizzativa, il vigore fisico della salute, l’autosufficienza personale, la stima sociale, ecc. Questo distacco progressivo da molti beni legittimi, sarà come un impoverimento assai doloroso e penoso ai suoi occhi, ed anche a quelli dei suoi familiari ed amici (mi viene in mente Giovanni Paolo II malato di Parkinson negli ultimi anni della sua vita, ma ancor più di lui penso a Eluana Englaro).
In tali condizioni, tuttavia, del tutto liberato/a dal superfluo e da ogni vanità, quest’uomo o questa donna sarà molto arricchita nella relazione con coloro che le stanno accanto facendosi prossimo: costoro infatti si accorgeranno di nutrire una sincera ed amorevolissima compassione verso di lei, e si renderanno conto di essere ricambiati con un amore puro e commovente, umile e vero, come quello di un bambino, che con la sua stessa povertà e dipendenza, la sua appartenenza totale ed esclusiva, gratifica ed esaudisce immensamente la mamma che lo accudisce giorno e notte. Ricordiamo, al riguardo, le suore Misericordine di Lecco, che per tanti anni sono state protagoniste e testimoni di una specie di gloria dell’amore di Dio, che giorno per giorno le avvolgeva a motivo di Eluana e assieme a lei.
Torniamo a Zaccheo. La sua determinazione nel voler vedere Gesù obbedisce ad un’esigenza profonda: il suo bisogno di felicità nella verità e nell’amore, il suo bisogno di Dio. Come ogni uomo, Zaccheo è un “cercatore di Dio”, un “cercatore di felicità”: “Siamo cercatori di felicità, appassionati e mai sazi. Questa inquietudine ci accomuna tutti. Sembra quasi che sia la dimensione più forte e consistente dell’esistenza, il punto di incontro e di convergenza delle differenze. Non può essere che così: è la nostra vita quotidiana il luogo da cui sale la sete di felicità. Nasce con il primo anelito di vita e si spegne con l’ultimo. Nel cammino tra la nascita e la morte siamo tutti cercatori di felicità” (C.E.I.: “Lettera ai cercatori di Dio”, n. 1).
Ora, se Zaccheo cercava di vedere chi era Gesù, molto di più Gesù cercava di incontrare Zaccheo, ben sapendo chi era; e il “cercatore di Dio” sarebbe rimasto insoddisfatto sul sicomoro se il “Cercatore dell’uomo” non avesse preso l’iniziativa di autoinvitarsi a casa sua.
Concludo: colpisce, nella “Lettera ai cercatori di Dio” citata, l’affermazione che la sete di felicità “nasce con il primo anelito di vita e si spegne con l’ultimo”. Il primo anelito di vita coincide con l’inizio biologico della vita umana, così come l’ultimo corrisponde al suo termine. Sì, lo comprendiamo, la sete di felicità sale dalla vita umana per se stessa, sia dalla vita di un bambino appena nato, sia dalla vita di una persona morente o in stato di risveglio sospeso.
Ma può il piccolissimo uomo appena concepito avere sete di felicità? La risposta affermativa è comprensibile se consideriamo che l’uomo è una persona creata ad immagine e somiglianza del Dio personale, fin dal concepimento. La persona umana, perciò, è fin dal suo primo istante in relazione ontologica con Dio, Fonte della vita e sua Felicità. Creata per amore dall’Amore, l’“humanitas” della persona umana anela a Dio come il deserto anela all’acqua, anche se le dimensioni iniziali dell’uomo sono quelle di un granello di sabbia.
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

venerdì 29 ottobre 2010

CARTA CANTA (21) - E MENTRE VANNO E VENGONO DALLA POLONIA, MELISSANO PAGHERA' OLTRE 1 MILIONE DI EURO ARRETRATO DI SPAZZATURA IN 36 COMODE RATE


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CARTA CANTA (20) - LA POLONIA ARRICCHISCE MELISSANO, I MELISSANESI? ECCO PERCHE' LI INVITANO DA NOI, PERCHE' LORO DEVONO VOLARE E FESTEGGIARE DA LORO!


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CARTA CANTA (19) - IL 02 LUGLIO 2010 (TRE DELIBERAZIONI IN SOLO MESE?), 666 EURO A 2 FAMIGLIE BISOGNOSE


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CARTA CANTA (18) - IL 13 LUGLIO 2010 (TRE GIORNI PRIMA DEL 16 LUGLIO E DELLA PRECEDENTE DELIBERA), 600 EURO A 5 FAMIGLIE BISOGNOSE


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CARTA CANTA (17) - IL 16 LUGLIO 2010, 150 EURO AD UNA FAMIGLIA BISOGNOSA

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SPAZIO AI MELISSANESI - LA NOVITA' DEI "BUONI LAVORO" di Marco Marino, IL SILENZIO CHE VINCE LA SOLITUDINE di Salvatore Marsano



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MELISSANO AL 13° POSTO NELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA - MANCANO POLITICHE DI SENSIBILITA' ED INCENTIVI STIMOLANTI?


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giovedì 28 ottobre 2010

MI SPIEGATE PERCHE' QUEST'ANNO IL CINEFORUM GRATUITO ALLA CITTADINANZA INIZIERA' L'11 GENNAIO 2011 E NON AD OTTOBRE 2010 COME ACCADE DA 9 ANNI?

NON STARETE PER CASO
STRINGENDO ANCHE SU QUESTO?
PERCHE' SE COSI' FOSSE...
...'CCATTATI MENU TORTELLINI
PE 'LLI POLACCHI!!!
Si legge sul sito del Comune di Melissano
"EVENTI CULTURALI Notizia del 08/10/2010
CINEFORUM 2011 - X^RASSEGNA CINEMATOGRAFICA - CINE TEATRO AURORA - ORE 20,00 INGRESSO GRATUITO
La X^ rassegna cinematografica avrà inizio l'11 gennaio 2011 - Prossimamente sarà pubblicato l'intero programma."

OTTOBRE (ROSSO) 2010 – IL BLOG MPS (Melissano Pensieri Liberi) SCOPPIA DI SALUTE! ACCERTATI DI AVER LETTO LE PIU’ IMPORTANTI NOTIZIE

1) No della maggioranza melissanese al Referendum per la Regione Salento. Stefano Scarcella (IDV): “A Melissano hanno sequestrato la democrazia!”.
2) Regione Salento, interviene Roberto Tundo (Melissano Cambia): “I melissanesi devono appassionarsi agli usi e costumi dei polacchi, negato loro il diritto di decidere altro”.
3) Abuso d’ufficio? Indagata tutta la Giunta Comunale di Melissano. Il Procuratore Cataldo Motta vuole vederci chiaro.
4) Gita in Polonia con i soldi pubblici. 6.725,85 Euro per acquistare 200 chili di pasta fresca e tanto altro da portare in Polonia. Ma i melissanesi con tutta sta roba quando mangiano?
5) Comune di Melissano in tilt? Telefoni zac! Dopo il taglio della luce agli edifici scolastici del 2009, arriva il zac! cornetta.
6) Contributi a famiglie bisognose: nuovi e imbarazzanti interventi su facebook. Il Comune di Melissano ricco come zio Paperone. La procura indaghi tra le 10 delibere di luglio agosto e settembre 2010 e per la concessione di 7.957,50 Euro in soli tre mesi.
7) Attenzione a tutti i fiorai: c’è un bando di gara con scadenza 12 novembre 2010 per un box vendita piante e fiori al Cimitero.
8) Dopo Leonardo Campa, Emilio Cassiano e Walter Piccolo vincitori del nuovo concorso per due posti a tempo indeterminato nel Palazzo di via Casarano.

NUOVI SPUNTI SUL CROCIFISSO (1) - VESCOVI SPAGNOLI: UN POPOLO SENZA I SUOI SIMBOLI E' INDIFESO

La Commissione Permanente commenta la sentenza europea sul crocifisso a scuola
24 giugno 2010

Tratto da ZENIT.org
“Andare contro i simboli dei valori che modellano la storia e la cultura di un popolo è lasciarlo indifeso di fronte ad altre offerte culturali, non sempre positive, e accecare le fonti fondamentali dell'etica e del diritto che si sono mostrate feconde nel riconoscimento, nella promozione e nella tutela della dignità della persona”.
Lo segnala una dichiarazione della Commissione Permanente della Conferenza Episcopale Spagnola (CEE), pubblicata in occasione della risoluzione, il 30 giugno prossimo, del Tribunale Europeo dei Diritti Umani sul ricorso presentato dall'Italia e appoggiato da altri Paesi sul ritiro del crocifisso dalle aule scolastiche.
I Vescovi della Commissione hanno sottolineato l'importanza dell'esposizione pubblica dei simboli religiosi nelle scuole per poter trasmettere la propria identità e i propri valori.
“Le società di tradizione cristiana non dovrebbero opporsi all'esposizione pubblica dei loro simboli religiosi, in particolare nei luoghi in cui vengono educati i bambini”, segnala la dichiarazione.
“In caso contrario, queste società potranno difficilmente arrivare a trasmettere alle generazioni future l'identità e i valori che appartengono loro”.
“Diventerebbero società contraddittorie che respingono l'eredità spirituale e culturale in cui affondano le proprie radici e si chiudono la via del futuro”, aggiunge il testo.
La dichiarazione della Commissione permanente della CEE si unisce a quelle di altre Conferenze Episcopali, personalità e istanze statali e sociali di tutta Europa che hanno levato la voce in difesa dell'esposizione pubblica del crocifisso anche nelle aule.
I Vescovi spagnoli hanno sottolineato l'importanza della questione per le convinzioni religiose dei popoli e per le tradizioni culturali dell'Europa.
“Proprio grazie al cristianesimo, l'Europa ha saputo affermare l'autonomia dei campi spirituale e temporale e aprirsi al principio della libertà religiosa, rispettando sia i diritti dei credenti che quelli dei non credenti”, hanno constatato, indicando che “ciò si vede più chiaramente ai giorni nostri, quando altre religioni si diffondono tra di noi al riparo di questa realtà”.
Per i presuli, “la presenza di simboli religiosi cristiani negli ambiti pubblici, in particolare la presenza della croce, riflette il sentimento religioso dei cristiani di tutte le confessioni e non vuole escludere nessuno”.
“Al contrario, è espressione di una tradizione alla quale tutti riconoscono grande valore e un ruolo catalizzatore nel dialogo tra le persone di buona volontà, e come sostegno per quanti soffrono e per i bisognosi, senza distinzione di fede, razza o Nazione”.
La dichiarazione ricorda anche che “nella cultura e nella tradizione religiosa cristiane la croce rappresenta la salvezza e la libertà dell'umanità”.
“Dalla croce nascono l'altruismo e la generosità più depurati, così come una solidarietà sincera offerta a tutti, senza imporre niente a nessuno”.
“Il diritto alla libertà religiosa esiste e si afferma sempre più nei Paesi dell'Europa – ricorda la Commissione –. In alcuni di loro si permettono esplicitamente altri simboli religiosi, per legge o per la loro accettazione spontanea”.
“Quanto ai simboli, esiste in Europa una varietà di leggi e una diversa evoluzione sociale e giuridica positiva che deve essere rispettata nel contesto di un giusto rapporto tra gli Stati e le istituzioni europee”.
La dichiarazione termina affermando che “solo in un'Europa in cui siano rispettate allo stesso tempo la libertà religiosa di ciascuno e le tradizioni di ogni popolo e Nazione si potranno sviluppare relazioni adeguate tra le religioni e i popoli, in giustizia e libertà”.
Il “caso del Crocifisso”
Il caso Lautsi, o “caso del Crocifisso”, è stato rimesso alla Gran Camera del Tribunale Europeo dei Diritti Umani dopo che il Governo italiano ha presentato ricorso, il 28 gennaio scorso, contro la sentenza emessa dalla Seconda Sezione del Tribunale il 3 novembre 2009.
In quella prima decisione, il Tribunale stabiliva che la presenza del crocifisso nelle aule è “contraria al diritto dei genitori di educare i propri figli in linea con le proprie convinzioni e al diritto dei bambini alla libertà religiosa”, perché gli alunni italiani si sentirebbero “educati in un contesto scolastico caratterizzato da una religione determinata”.
Il Tribunale continuava affermando che la presenza del crocifisso potrebbe essere “emotivamente perturbatrice” per il figlio della signora Lautsi (la querelante), e, aspetto più importante, che la sua esibizione potrebbe non “promuovere il pensiero critico negli alunni”, né “servire il pluralismo educativo” essenziale per preservare una “società democratica”.
Il Tribunale concludeva affermando che si trattava di una violazione dell'articolo 2 del Protocollo numero 1 (diritto all'istruzione) e dell'articolo 8 (libertà religiosa) della Convenzione Europea dei Diritti Umani.
Questa decisione è stata duramente criticata da esperti politici e giuristi di vari Stati europei come un'imposizione del laicismo.
In concreto, si è riaffermato che la Convenzione Europea dei Diritti Umani non ha mai chiesto che lo Stato debba “osservare la neutralità confessionale nel contesto dell'istruzione pubblica” o di qualsiasi altro settore pubblico.
Di fatto, vari Stati membri del Consiglio d'Europa sono Stati confessionali con una religione ufficiale o un riconoscimento di Dio nelle loro leggi e Costituzioni.
Concedendo il 2 marzo scorso la revisione davanti alla Gran Camera della decisione di novembre, il Tribunale ha riconosciuto che quella decisione solleva gravi problemi legali e deve essere riconsiderata.
Il 29 aprile, il Governo italiano ha presentato il suo memorandum al Tribunale sostenendo che i giudici di Strasburgo non hanno la competenza per imporre il laicismo a un Paese, in particolare all'Italia, Nazione caratterizzata dalla maggioritaria pratica religiosa e identità cattolica.
La decisione del Tribunale, dopo l'udienza pubblica che si celebrerà il 30 giugno, verrà pubblicata alla fine dell'anno.

mercoledì 27 ottobre 2010

REGIONE SALENTO - STEFANO SCARCELLA (IDV): "A MELISSANO HANNO SEQUESTRATO LA DEMOCRAZIA"

Comunicato Stampa
NO DELLA MAGGIORANZA AL REFERENDUM
PER LA REGIONE SALENTO.
I nostri bravi amministratori melissanesi della cosa pubblica non si sono smentiti: ancora una volta hanno sequestrato la democrazia.
Questa volta non si sono sostituiti ad una legge dello stato come nel caso della revoca, da parte del sindaco Roberto Falconieri e della Giunta Comunale, delle funzioni di Polizia Giudiziaria all’intero Corpo di Polizia Municipale, ma hanno deciso al posto di ogni melissanese diciottenne che ha diritto di voto.
Sindaco e maggioranza hanno votato in Consiglio Comunale (seduta del 25 ottobre scorso) contro la proposta del “Movimento Salento” accolta positivamente da tutti i consiglieri di minoranza (Roberto Tundo, Giuseppe De Micheli e Luca Cortese di “Melissano Cambia”, Antonella Tenuzzo e Sergio Macrì del PD, il sottoscritto dell’IDV) ed hanno così rifiutato la possibilità di indire un referendum.
Come se i cittadini melissanesi fossero in grado di esprimere soltanto il proprio sindaco e fossero meno capaci di crociare un sì o un no alla Regione Salento!
L’Italia dei Valori si batte da sempre non per imporre un progetto (in questo caso quello della Regione Salento) ma per mettere ogni cittadino al centro delle decisioni, perché possa con il personale contributo immaginare e costruire il proprio futuro.
Falconieri e la sua congrega hanno impedito un legittimo percorso costituzionale forse perché hanno paura di confrontarsi con l’attuale maggioranza del paese e così, han pensato bene di negare il diritto di esercitare la democrazia anche in questa decisione.
Come referente dell’Italia dei Valori locale, ritengo che debbano essere i melissanesi i giudici che possano fermare o no un processo importante come questo e non un sindaco e dei consiglieri che si avviano a concludere un mandato elettorale che ha calcato in negativo, in questi anni, le pagine del nostro Sud Salento.
Per questo, manifesto la mia scelta di continuare a battermi per la libertà e la partecipazione di ognuno in un momento politico dove a limitare e a minare i valori sanciti nella Costituzione Italiana sono proprio coloro che, in altri tempi ed in altri contesti, oramai superati, sono stati chiamati a rappresentarci, ma non sempre degnamente, come in questa occasione.
Melissano, 27 Ottobre 2010
Stefano Giuseppe SCARCELLA
CONSIGLIERE COMUNALE
Referente Cittadino dell’ITALIA DEI VALORI

REGIONE SALENTO - ROBERTO TUNDO: "I MELISSANESI DEVONO APPASSIONARSI AGLI USI E COSTUMI DEI POLACCHI, NEGATO LORO IL DIRITTO DI DECIDERE ALTRO"

Comunicato stampa
Lunedì 25 ottobre il Consiglio Comunale di Melissano ha discusso l’ordine del giorno proposto dal Movimento Regione Salento, per ottenere il referendum sulla istituzione della Regione Salento. Da tutti i consiglieri comunali di opposizione, benché di diverse tendenze politiche -Partito Democratico, Italia dei Valori e Popolo della Libertà- è emersa la volontà di consentire ai cittadini melissanesi di esprimersi, tramite il referendum, a favore oppure contro la proposta di creare una Regione Salento, distinta dalla Regione Puglia.
Il Consiglio comunale non si doveva pronunciare sulle ragioni che sono alla base della nascita della nuova regione, ma doveva semplicemente sostenere la richiesta di indire apposito referendum. Una volta indetto il referendum, ovviamente, ognuno avrebbe sostenuto e fatto conoscere al popolo di Melissano le proprie ragioni.
Per il sindaco di Melissano e per la sua maggioranza, invece, i cittadini non devono occuparsi della Regione Salento, stanno bene così, con la baricentrica Regione Puglia, e quindi il Comune di Melissano non è d’accordo con il referendum. Il sindaco decide per tutti i 7.500 melissanesi!
E’ questa la “democrazia” che regna a Melissano.
<<>>, afferma Falconieri. Probabilmente i melissanesi devono appassionarsi agli usi e costumi dei polacchi di Ogrodzieniec, ma è negato loro il diritto di decidere se far parte della Regione Puglia o della Regione Salento.
P.S. A proposito, lo “sveglio”assessore al bilancio Luca Mura, che trova sistematicamente a secco le casse del Comune, sa quante decine di migliaia di euro è costato alla comunità melissanese tutto il “pellegrinaggio” fin qui svolto, fra Melissano ed Ogrodzieniec e ritorno?
Roberto Tundo
Capogruppo "Melissano Cambia"

PIANO URBANISTICO GENERALE E REFERENDUM - "AI CITTADINI MELISSANESI NEGATO IL DIRITTO DI DECIDERE SE FAR PARTE DELLA REGIONE PUGLIA O REGIONE SALENTO"

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Di Attilio Palma
Tratto dal "Nuovo Quotidiano di Puglia-Lecce"
del 27 ottobre 2010
I Comunicati stampa del Sindaco Falconieri
Primo Comunicato

La seduta del Consiglio Comunale di lunedì 25 ottobre ha rappresentato un ulteriore e significativo passo in avanti per la definitiva approvazione del Piano Urbanistico Generale.
Sono state esaminate le osservazioni pervenute, quasi tutte accolte. E' l'ultimo anello per la formazione del PUG, uno strumento partecipato, aperto, che parte dal territorio e che tiene conto dei recenti strumenti regionali come, ad esempio, il PAI e il PUTT.
La presentazione di diverse osservazioni è dimostrazione della partecipazione dei cittadini.
L'approvazione in VIA DEFINITIVA del PUG nella sua totalità, adeguato alle osservazioni come controdedotte dall'ufficio urbanistica, sarà per il territorio di Melissano un valido strumento per lo sviluppo e la rinascita sociale ed economica, “ingessata” da strumenti urbanistici obsoleti non rispondenti alla realtà e all'attualità dei tempi.
Il PUG è stato approvato con il voto favorevole della maggioranza e del gruppo di “Melissano cambia”, mentre il gruppo del PD e il Consigliere Scarcella Stefano G. hanno espresso voto di astensione.
Roberto Falconieri Sindaco
Secondo Comunicato
Lunedì 25 ottobre il Consiglio Comunale è stato chiamato a deliberare sulla proposta del movimento "Regione Salento" sulla indizione del referendum sulla separazione dei territori delle provincie di Brindisi, Lecce e Taranto dalla Regione Puglia per formare una regione a sè stante denominata "Regione Salento".
All'indizione del referendum ha espresso voto contrario la maggioranza, mentre il gruppo di "Melissano cambia" e del PD hanno espresso voto favorevole.
Il voto contrario della maggioranza è formulato in base a forti perplessità basate sul fatto che la proposta è priva di una vera e concreta progettualità politica e programmatica. Occorre prendere atto che la separazione dalla Regione Puglia significherebbe avere ripercussioni anche sulla ripartizione dei fondi, tenendo conto che l'iter per la formazione della Regione Salento è lunghissimo e che le risorse ipotizzate sarebbero scarsissime. La separazione ci renderebbe deboli, occorre invece lavorare perchè la Regione sia più unita e più forte.
Si ritiene giusto e preferibile puntare su risultati più immediati per il nostro territorio e su concrete occasioni di sviluppo sociale ed economico puntando sull'unità e non sulla divisione.
Roberto Falconieri Sindaco

APPROFONDIMENTO / I SIMPSON SONO CATTOLICI?

Intervista a Carlo Bellieni
26 ottobre 2010
Tratto da ZENIT.org
Il 17 ottobre il quotidiano vaticano "L'Osservatore Romano" riprendendo un articolo uscito sulla rivista dei gesuiti italiani La Civiltà Cattolica, ha scritto che Homer Simpson e la sua famiglia sono cattolici. L’articolo, in particolare, fa riferimento all’episodio Padre, Figlio e Spirito Pratico in cui Homer e Bart si convertono temporaneamente al cattolicesimo, per poi cambiare idea.
Nell’articolo pubblicato da La Civiltà Cattolica padre Francesco Occhetta prende spunto dall’episodio dei Simpson, in cui il protagonista si lascia andare alla battuta, “il cattolicesimo è mitico“, pronunciata in seguito all’incontro tra Homer, Bart e padre Sean.
Per cercare di comprendere meglio come e perchè i Simpson, uno dei cartoni più famosi della TV, siano diventati oggetto di una discussione di questo tipo, ZENIT ha intervistato Carlo Bellieni, neonatologo e bioeticista, autore di commenti originali in merito.
Quali sono le reazioni all’articolo sui Simpson pubblicato ne L'Osservatore Romano?
Bellieni: La frase "Homer e Bart sono cattolici", che appare sul quotidiano vaticano "L'Osservatore Romano" è un'ottima provocazione per aprire un dibattito sul senso religioso, e non manca di basi. Il produttore dei Simpsons Al Jean ha dichiarato che Homer e Bart non sono cattolici. "Abbiamo abbastanza chiaramente dimostrato che Homer non è cattolico", ha detto a Entertainment Weekly: Aggiungendo: “Non credo Homer potrebbe vivere senza mangiare carne il venerdì. Non può stare senza carne neanche per un'ora". Jean ha ragione ma solo in parte, perché i Simpson non fanno parte della Chiesa cattolica, ma portano segnali che ai cattolici stanno a cuore, e quando si portano certi segnali non lo si fa per caso, per dare "un colpo al cerchio e uno alla botte", dato che sono messaggi scomodi e censurati. "I Simpson", così come altre serie TV che in apparenza avallano l'ateismo o scherzano sulla religione (ad esempio, House MD), sono forti sostenitori della religiosità. La religiosità non vuol dire solo essere pii o avere forti legami con una pratica religiosa; "religiosità" significa una ricerca esistenzialein cui si è sicuri che una risposta è presente pronta a rivelarsi. In questi termini la serie "The Simpsons" è molto religiosa. Molti episodi lo dimostrano: per esempio l'episodio "Bart vende la sua anima", quando Bart sperimenta l'importanza di un'anima trascendentale o "Non abbiate paura del riparatore del tetto", dove Homer trova un "amico perfetto" che solo lui può vedere, mentre gli altri ignorano o negano la sua esistenza (che chiara analogia con Dio!), e che si conclude con l'ammissione di tutti che l'"amico" esiste, che erano loro che non riuscivano a vederlo e che Homer aveva ragione.
Ma si può dire che i Simpson siano cattolici?
Bellieni: Diciamo che quando si trova una corrispondenza simile, il fatto non è casuale: troppo congiura per mandare sempre e solo messaggi d'altro tenore. "I Simpson" sono un inno alla famiglia, in un'epoca in cui si vorrebbe vedere la famiglia distrutta. Ogni episodio si conclude con l'amore della famiglia: la famiglia è un ritrovo, un nido. In un mondo dipinto di giallo, che vive sotto una sorta di radiazioni da bomba atomica, in cui le persone si deridono e si insultano, accade che ogni sera i Simpson tornano a casa e trovano i loro cari, che non sono perfetti, ma sono lì, in un rapporto conflittuale, ma sempre pronti ad accogliersi e perdonarsi.
E’ sufficiente questo per essere cattolici?
Bellieni: Nella serie è valorizzato il senso religioso, ed è valorizzato il luogo in cui esso può essere scoperto e vissuto: la famiglia è nel cuore della Chiesa cattolica, e la Chiesa cattolica non cessa di ricordarci la centralità del nido familiare, dove l’amore può essere vissuto senza moralismo. Attenti a non confondere l'ironia con lo scherno in questa serie: non è vero infatti che tutte le espressioni apparentemente anti-religiose sono veramente anti-religiose. Anche la famosa frase detto da Homer: "Non sono normalmente un uomo che prega, ma se sei lassù, per favore salvami, Superman!" serve a far riflettere sulla religiosità: è il segno di un'anima disorientata, sempliciona, ma naturalmente religiosa. Insomma: parlando della "cattolicità" di Homer, si è indotto un dibattito sulla religiosità e sulla famiglia? Ci sembra sufficiente.

NUOVI SPUNTI SULLA "CARITAS IN VERITATE" (103) - L'ENCICLICA: VOCE PROFETICA PER UNA MEDICINA DELL'ACCOGLIENZA

30 gennaio 2010
Tratto da ZENIT.org
Di seguito il discorso pronunciato il 29 gennaio dal Cardinale Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, ai partecipanti al Convegno nazionale dell'AMCI dal titolo "Caritas in veritate: voce profetica per una medicina dell'accoglienza", svoltosi alla Pontifica Università Urbaniana di Roma.
Ho accettato volentieri l'invito a riflettere con voi sull'ultima enciclica di papa Benedetto XVI. Un'enciclica straordinariamente ricca, articolata, finemente argomentata, tanto nei suoi fondamenti quanto nei suoi contenuti tematici.
Ho provato ad interrogare il testo a partire dalla domanda che non solo intitola e motiva questo nostro incontro - "Caritas in veritate": voce profetica per una medicina dell'accoglienza - ma che penso corrisponda anche al desiderio che è nel cuore di ciascuno di voi: diventare cioè, in ascolto della voce di questa enciclica, segni profetici di un modo nuovo di vivere la professione medica, capace di vera accoglienza, cioè orientata all'autentico bene di chi incontrate sulla via del vostro impegno professionale, nella prospettiva del servire al bene di tutti.
La vostra professione, infatti, esige di essere vissuta come responsabilità, ovvero come risposta a una vocazione. Come risposta, cioè, non soltanto esperta, competente, capace, come suggerisce il significato stesso dei due termini che compongono la parola responsabilità ("risposta abile"), ma soprattutto in grado di far fronte sotto ogni aspetto e fino in fondo alla chiamata insita entro ogni azione medica: una chiamata che giunge a voi attraverso chi è ammalato, chi soffre, e più ancora attraverso la presenza di molti altri fratelli, venuti magari da lontano e privi delle condizioni basilari per proteggere il bene della propria salute e quella dei propri familiari: una chiamata umana che, in una visione di fede, è rivelazione ed eco di una chiamata più alta, quella di Dio Creatore e Padre di tutti.
In una società che si apre di giorno in giorno ad orizzonti sempre più vasti, la chiamata al "prendersi cura" integrale dell'altro assume i contorni dell'intera umanità, che come medici siete tenuti a servire: con competenza, sino in fondo, e con gioia, perché come ci ricorda l'apostolo Paolo "Dio ama chi dona con gioia" (2 Corinzi 9,7), quindi con larghezza, senza troppi calcoli, senza risparmiarsi (cfr. 2 Corinzi 9,9).
La professione medica intesa come vocazione si concretizza, in particolare, come risposta al dono che Dio ha fatto di se stesso, in Cristo, il quale non esitò a percorrere città e villaggi "insegnando", "annunciando il Vangelo del Regno" e "guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Matteo 4,23), chiamando in seguito i suoi discepoli a fare altrettanto (cfr. Matteo 10,1). Si noti: il "guarire i malati" da parte di Gesù è strettamente intrecciato al suo insegnamento e al suo annuncio. Dunque la carità, anche verso gli ammalati, non può mai fare a meno della verità, ossia della proclamazione della Parola che salva e dell'esercizio dell'intelligenza, di un sapere rigoroso purificato e portato a compimento dall'amore evangelico. Come ci ricorda la Caritas in veritate: "Non c'è l'intelligenza e poi l'amore: ci sono l'amore ricco di intelligenza e l'intelligenza piena di amore" (n. 30). Riprendo questo passo tratto dalle espressioni introduttive dell'enciclica:
L'amore - « caritas » - è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità [...]. È una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui, per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero (cfr. Gv 8,22) (Caritas in veritate, 1).
E' l'unico amore di Dio che, raggiungendoci e trasfigurandoci secondo la sua stessa immagine, non vuole trovare in noi un punto d'approdo, un termine, ma attraverso di noi, mediante un pensare costantemente rivolto alla ricerca del vero e un agire realmente rinnovato dalla carità, vuole giungere a molti altri, vuole servirli, sostenerli, amarli.
Ora di fronte alla ricchezza di contenuti e all'ampiezza di prospettive di un testo come la Caritas in veritate mi limiterò in questa occasione a svolgere con voi un breve percorso nell'enciclica, addentrandomi per così dire "a tappe" successive nel suo sviluppo argomentativo, così da poterlo attraversare insieme. In questo, mi sono sentito un po' come un visitatore all'interno di una ricca galleria di quadri che, non potendo ammirare per il tempo necessario tutti i capolavori esposti, ha fatto la scelta di seguire un itinerario tra di essi, sostando di fronte ai dipinti che più di altri gli sembrava realizzassero un percorso sufficientemente compiuto e coerente.
1. Il primo quadro di fronte al quale vorrei sostare assieme con voi rappresenta non soltanto un portale di ingresso in questa ipotetica galleria, ma la sua sintesi, il suo motivo di fondo, il tema assolutamente dominante, il filo conduttore che la attraversa da capo a fondo. Questo filo rosso è costituito dallo sviluppo integrale dell'uomo.
Mi ha colpito il fatto che le due parole più ricorrenti e straordinariamente frequenti nel testo della Caritas in veritate siano proprio queste: sviluppo (ben 260 ricorrenze in un testo di 79 paragrafi) e uomo (129 riferimenti). Uno sviluppo integrale dell'uomo che fa riferimento non soltanto a ciascun essere umano, in qualsiasi condizione si trovi, ma all'umanità tutta, in diretta continuità e in piena sintonia con l'enciclica di Paolo VI, la Populorum progressio (26 marzo 1967), di cui la nuova enciclica intende fare esplicitamente memoria.
Si tratta dell'uomo storicamente esistente, da cogliere però non solo sotto alcuni aspetti, ma integralmente, cioè nell'insieme armonico delle dimensioni che lo caratterizzano: fisica, psicologica, relazionale, morale, spirituale... (cfr. Caritas in veritate, 11). Tante dimensioni, come se fossero tanti colori su una stessa tavolozza che, sapientemente mescolati, formano un'immagine piena, completa, esaustiva di uomo. Ed è ciò che ogni medico conosce e pratica già professionalmente: anche la buona prassi clinica insegna che prendersi cura della persona ammalata è farsi carico di tutta la persona, nella sua dignità, nel primato del suo valore assoluto, nei suoi diritti e doveri, nei suoi tratti psicologici, sociali, relazionali, spirituali, mai di un solo aspetto di essa!
L'espressione potrebbe inoltre essere capovolta: se occuparsi dello sviluppo significa occuparsi dell'uomo pienamente inteso, allora anche ogni più piccola cura rivolta all'uomo integralmente inteso è sviluppo! Ogni volta che si accoglie, si ama, ci si prende cura secondo carità e verità di chi è nel bisogno, si promuove insieme anche lo sviluppo umano autentico!
Mi pare sorprendente questa prospettiva, di solito riservata a quanti assumono come orizzonte esplicito e diretto del loro agire la mondialità. Possiamo invece dire che ogni prendersi cura dell'uomo, anche quello realizzato dal medico nell'ordinarietà della sua prassi clinica, alleviando la sofferenza dei suoi pazienti, è, nel suo piccolo, contributo allo sviluppo!
2. Tuttavia a questo primo quadro, ricco di luminosità, fa subito seguito un quadro a tinte fosche. Se infatti, guidati dal testo dell'enciclica, consideriamo la situazione attuale dello sviluppo nel mondo, ne ricaviamo una denuncia a chiare lettere: lo sviluppo dell'umanità, in tutti i suoi aspetti, anche quelli relativi alla salute, è quanto mai incerto e minacciato. Non mancano, è vero, luci e segnali positivi, ma sempre drammaticamente intrecciati con altri di segno opposto. Già Paolo VI con "sviluppo" intendeva "l'obiettivo di far uscire i popoli anzitutto dalla fame, dalla miseria, dalle malattie endemiche e dall'analfabetismo" (Caritas in veritate, 21). Tuttavia, come sottolinea papa Benedetto, lo stesso sviluppo economico, che pure almeno in parte si è realizzato, "continua ad essere gravato da distorsioni e drammatici problemi, messi ancora più in risalto dall'attuale situazione di crisi" (ivi). Detto sempre con le parole del Papa, "la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli" (Caritas in veritate, 19). A provarlo basterebbe considerare che su oltre 6 miliardi di abitanti del nostro pianeta più di un miliardo soffre la fame, mentre la sua parte più benestante si attesta sul miliardo circa di persone, un sesto dell'umanità:
Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità. Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante. Continua «lo scandalo di disuguaglianze clamorose». La corruzione e l'illegalità sono purtroppo presenti sia nel comportamento di soggetti economici e politici dei Paesi ricchi, vecchi e nuovi, sia negli stessi Paesi poveri (Caritas in veritate, 22).
E prosegue:
Anche nell'ambito delle cause immateriali o culturali dello sviluppo e del sottosviluppo possiamo trovare la medesima articolazione di responsabilità. Ci sono forme eccessive di protezione della conoscenza da parte dei Paesi ricchi, mediante un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale, specialmente nel campo sanitario (Caritas in veritate, 22).
Come si può vedere, squilibrio, sottosviluppo e ingiustizia a raggio mondiale hanno conseguenze immediate sul versante della salute: quando in Europa disponiamo di farmaci in abbondanza a condizioni accessibili e per ogni tipo di patologia, per le malattie tropicali che affliggono buona parte delle popolazioni in via di sviluppo, mancando un incentivo al guadagno paragonabile, disponiamo di risorse cliniche scarse, in un ambiente socio-culturale che già non dispone né alla prevenzione né alla cura. Ma possiamo semplicemente distogliere lo sguardo da questa realtà, ignorarla, rinchiuderci nel nostro piccolo mondo? Qualcosa di analogo va detto per la lotta all'AIDS: se nei nostri Paesi esistono farmaci in grado di contrastare efficacemente lo sviluppo virale, nei Paesi in cui vi sarebbe un bisogno ancora maggiore questi vengono a mancare. E' fatalità inevitabile o nostra responsabilità?
Quale speranza, allora? Certo, avverte Benedetto XVI, l'attuale crisi - non soltanto finanziaria né solamente economica e occupazionale, ma culturale, sociale, dei valori e dei significati che l'umanità spesso fatica a riconoscere - può diventare autentica "occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente" (Caritas in veritate, 21).
Come medici, e medici cattolici, portatori di una fede, di una speranza, di una missione a favore dell'umanità sempre più ferita, bisognosa di risposte vere, concrete, durature, a questo punto non possiamo non chiederci: e noi, che cosa possiamo fare? In che modo questa crisi può diventare, anche per il mondo medico e della cura della salute, un segno di speranza?
3. In questa ottica, un contributo determinante può arrivare anzitutto da una rinnovata presa di coscienza del proprio servizio, a partire dallo svolgimento ordinario della professione medica. Come è noto, una delle novità della Caritas in veritate è la promozione di un'economia e, più ancora, di relazioni sociali ispirate alla logica del dono, della gratuità, della fratellanza. Spesso queste realtà vengono considerate come aggiuntive, superflue, marginali; in ultima analisi come deboli, incapaci di incidere realmente ed efficacemente a livello di problemi e di tessuto sociale. O tutt'al più confinate nell'ambito del volontariato, delle organizzazioni senza fini di lucro, realtà meritorie ma certo di altra levatura rispetto alla dimensione dei problemi globali.
Viceversa, la gratuità è vista dal Papa come dimensione costitutiva dell'umano, in tutte le sue forme. Prima ancora, ad esempio, di prestare la propria opera nell'ambito del volontariato - in cui pure molti di voi sono lodevolmente impegnati -, la gratuità si esprime in quella serie di aspetti qualitativi, costituiti da seria preparazione, costante aggiornamento professionale, umanità, dedizione, responsabilità, capacità di relazione, di accompagnamento dell'altro, cui non corrisponderanno mai riconoscimenti tangibili, ma la coscienza di aver gettato semi di vera gratuità e fraternità nel solco della nostra storia.
Una professione - come dicevo poco fa - vissuta come vocazione, come servizio, se perdesse questa dimensione rischierebbe di tradursi in puro esercizio tecnico, che risponde a logiche di pura efficienza, di calcolo. Questo rischio, oggi, sussiste anche per il medico, sempre più spesso apprezzato per la capacità di ridurre i costi del suo intervento che non per la qualità del servizio reso. E' una deriva alla quale occorre, sapientemente e coraggiosamente, saper reagire, perché sia restituito il primato a quegli aspetti umani e solidaristici così profondamente iscritti nell'etica della prassi medica. Privata della gratuità, la medicina rischierebbe di perdere la propria anima. Viceversa, in una professione medica vissuta come vocazione, gli aspetti personali, relazionali, sociali, si incontrano e si intrecciano di continuo: l'uno non sta senza l'altro, unificati e istruiti ultimamente non soltanto da scienza e coscienza, ma da verità e amore!
Non guariscono infatti soltanto le terapie o la tecnica medica, guariscono anzitutto l'accoglienza, l'umanità del medico, la sua disponibilità, la sua tenacia nell'accompagnare da vicino situazioni a volte al limite del praticabile, che non producono magari alcun ritorno in termini di carriera o di compenso, ma si rivelano interventi di elevatissimo valore umano e sociale. Penso alla situazione di tanti migranti presenti sul nostro territorio, ad esempio, che non dispongono di un'assistenza medica adeguata; tutti, tutti in questo senso dovreste essere "medici senza frontiere", non soltanto quanti in questi giorni portano coraggiosamente aiuto ad Haiti! Perché una medicina dell'accoglienza non può escludere: né i migranti, né altri!
Nessun abitante della nostra Italia, di ieri e di oggi, come pure nessun migrante deve essere considerato privo di cittadinanza... sanitaria, dotato di minore dignità e come tale di minori diritti rispetto alle cure mediche di cui necessita.
Mi colpisce sempre, sotto questo aspetto, l'art. 2 della nostra Costituzione repubblicana, dove si afferma: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo": dell'uomo, non soltanto del cittadino! Sui migranti, rimando in particolare all'ampio paragrafo 62 dell'enciclica, ad essi interamente dedicato.
4. Un'altra modalità per rispondere alle interpellanze che l'attuale contesto di complessità sottopone alla professione medica la riprendo dal tema principale di questo incontro, che sottolinea l'importanza di una "medicina dell'accoglienza". Mi ha stupito, a proposito di accoglienza, che su 6 ricorrenze nel testo dell'intera enciclica ben 4 fossero concentrate in un solo paragrafo, che riguarda da vicino la vostra professione. Si tratta del paragrafo 28, riservato all'accoglienza della vita, che riprendo in uno dei suoi passaggi principali:
L'apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. Quando una società s'avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell'uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l'accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono. L'accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco.
Sì, rispettare e accogliere la vita, dal concepimento sino al suo termine naturale, come la Chiesa sempre si è espressa e si esprime, include in sé tutte le età, tutte le fasi di sviluppo della vita umana, nessuna esclusa, anche se inizio e fine fruiscono in molti modi di una minore tutela e quindi meritano una particolare attenzione, sia sul piano giuridico che culturale e morale. Da questo compito l'azione medica deve sentirsi particolarmente interpellata. Se la medicina non fosse al servizio della vita nella sua totalità, nella sua pienezza, come potrebbe realizzare le sue finalità di cura dell'uomo? Solo parzialmente, solo per alcuni suoi aspetti o fasi di sviluppo e non per altre? Che servizio sarebbe all'umanità? Quale suo sviluppo promuoverebbe?
Così come un'autentica pratica clinica non può evitare un confronto serio con le sempre più complesse, e spesso anche inquietanti, problematiche bioetiche. Su questo aspetto si esprime così la Caritas in veritate:
Campo primario e cruciale della lotta culturale tra l'assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell'uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio. Le scoperte scientifiche in questo campo e le possibilità di intervento tecnico sembrano talmente avanzate da imporre la scelta tra le due razionalità: quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa nell'immanenza. Si è di fronte a un aut aut decisivo. La razionalità del fare tecnico centrato su se stesso si dimostra però irrazionale, perché comporta un rifiuto deciso del senso e del valore. Non a caso la chiusura alla trascendenza si scontra con la difficoltà a pensare come dal nulla sia scaturito l'essere e come dal caso sia nata l'intelligenza (Caritas in veritate, 74; cfr. anche n. 75).
5. Proprio le questioni eticamente più rilevanti, più sensibili, riaprono la questione fondamentale, basilare: la questione antropologica (cfr. Caritas in veritate, 75), concernente l'uomo, la sua dignità irrinunciabile, i suoi valori, il significato della sua esistenza nel mondo. Proprio nei paragrafi conclusivi papa Benedetto ammonisce che "Non ci sono sviluppo plenario e bene comune universale senza il bene spirituale e morale delle persone, considerate nella loro interezza di anima e corpo" (Caritas in veritate, 76).
L'uomo non può radicalmente spiegarsi da se stesso, in tutto e per tutto; non può farsi né creatore né salvatore di se stesso. E' chiamato piuttosto a ricercare perennemente, con amore e alla luce della verità, oltre l'utile e l'immediato, il senso profondo: di sé, della realtà del proprio essere nel mondo, della propria vita, della salute, come pure del proprio soffrire e morire.
Appartiene ai compiti di ciascuno, si dirà. Ma è anche necessaria una ricerca comune, un far rinascere un comune interesse anche e soprattutto su questo. Ne va della vita dell'uomo che non può essere perennemente ristretta a quanto, per ora, la scienza ha saputo riconoscere di essa.
Suggerirei a tutti, da questo importante punto di vista, una lettura attenta del capitolo sesto, l'ultimo dell'enciclica, intitolato: "Lo sviluppo dei popoli e la tecnica" (Caritas in veritate, 68-77). Proprio la grandezza e i limiti della tecnica, che certo ha fatto compiere all'arte medica grandissimi progressi, sono porta e finestra aperte all'Assoluto, al Trascendente. Ossia a Dio, dal momento che si è rivelato a noi e che possiamo non soltanto nominarlo, ma ascoltarlo, amarlo, relazionarci a Lui. Lui è il senso di tutto, la Bellezza che non conclude il nostro ipotetico percorso tra molti quadri molto differenti tra loro, ma lo rilancia e ne rende possibile uno sempre nuovo, percorribile e migliore.
Prendersi cura pienamente dell'uomo, del suo "sviluppo integrale", significa realmente considerarne da subito, da sempre, in ogni azione medica il suo essere spirituale, la sua dimensione ultima, che non può mai essere tralasciata, per nessuna ragione.
Una medicina dell'accoglienza si prende cura dell'uomo, dell'uomo così com'è: con le sue grandezze e miserie, le sue ferite e le sue conquiste.
Vorrei infine lasciare ancora una volta la parola al santo Padre, quasi una meditazione conclusiva, tratta dall'ultimo paragrafo dell'enciclica:
Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l'amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l'autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato. Perciò anche nei momenti più difficili e complessi, oltre a reagire con consapevolezza, dobbiamo soprattutto riferirci al suo amore. Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace. Tutto ciò è indispensabile per trasformare i « cuori di pietra » in « cuori di carne » (Ez 36,26), così da rendere « divina » e perciò più degna dell'uomo la vita sulla terra (Caritas in veritate, 79).
+ Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano

L'ALTRA OMELIA (50) - LA VERITA' INTERROGA IL CUORE

XXX Domenica del Tempo Ordinario
24 ottobre 2010
Di padre Angelo del Favero
22 ottobre 2010
Tratto da ZENIT.org
“In quel tempo Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano, invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato” (Lc 18,9-14).
“La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità” (Sir 35,21-22a).
“Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.(…)..tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore, però, mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen”. (2Tm 4,6-8; 16-18).

Il tema di questa liturgia prosegue quello della settimana scorsa: Dio fa giustizia alla nostra vita se trova in noi l’umile atteggiamento del pubblicano, il quale non osa né alzare gli occhi al cielo, né fare un passo avanti nel Tempio. Egli, tuttavia, vi è giunto mosso da una totale fiducia nella bontà divina: “O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18,13): così, perdonato e rigenerato “prontamente” (Lc 18,8), se ne torna a casa sollevato e pieno di gioia.
Il fariseo, all’opposto, non si ritiene bisognoso di perdono e platealmente ringrazia Dio per la magnifica salute spirituale di cui gode ai propri occhi, con i quali disprezza il pubblicano: “Non sono come gli altri uomini,..e neppure come questo pubblicano...” (Lc 18,11): così, lui che digiuna, se ne torna a casa euforico, ben pasciuto di sè. Ma il suo peccato fondamentale non è questa sfacciata obesità dell’io.
Ascoltiamo il commento magistrale di papa Benedetto: “Se il pubblicano, con tutti i suoi innegabili peccati, sta davanti a Dio più giustificato del fariseo con tutte le sue opere veramente buone, ciò avviene non perché in qualche modo i peccati del pubblicano non siano veramente peccati e le buone opere del fariseo non siano buone opere. Ciò non significa affatto che il bene che l’uomo compie non sia bene davanti a Dio e che il male non sia male davanti a Lui, e neppure che ciò non sia in fondo così importante. La ragione vera di questo giudizio paradossale di Dio, si mostra in questo: il fariseo non sa più che anch’egli ha delle colpe. E’ completamente in pace con la sua coscienza. Ma questo silenzio della coscienza lo rende impenetrabile per Dio e per gli uomini. Invece il grido della coscienza che non da tregua al pubblicano, lo fa capace di verità e di amore.
Per questo Gesù può operare con successo nei peccatori, perché essi non sono diventati, dietro il paravento di una coscienza erronea, impermeabili a quel cambiamento che Dio attende da essi, così come da ciascuno di noi. Egli non può invece avere successo con i “giusti”, precisamente perché ad essi sembra di non aver bisogno di perdono e di conversione; infatti la loro coscienza non li accusa più, ma piuttosto li giustifica.
Qui si tratta..della più profonda saggezza umana: il non vedere più le colpe, l’ammutolirsi della voce della coscienza in così numerosi ambiti della vita è una malattia spirituale molto più pericolosa della colpa, che uno è ancora in grado di riconoscere come tale” (J. R.- Benedetto XVI, “L’elogio della coscienza, la verità interroga il cuore”, p. 12-13).
Il pericolo, dunque, è quello della superbia, vizio inevitabilmente “capitale” (nel senso che ne comanda molti altri), e peccato veramente “mortale”, poiché chiude il cuore al rapporto vitale con Dio, fondato sulla grazia e sul perdono. L’atteggiamento farisaico, compromettendo e falsificando la relazione d’amicizia con il Padre, è causa che ogni preghiera finisca, per così dire, in un lancio fallito, come, per contrasto, fa intendere questa descrizione opposta: “La preghiera del povero attraversa le nubi, né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità” (Sir 35,20.22a).
Le bombe così dette “intelligenti”, sono fabbricate per distruggere centrando il bersaglio da sole; ma Dio ha messo nelle nostre mani un’arma infinitamente più intelligente e potente, apportatrice di vita ovunque nel mondo: “la preghiera del povero”, in grado di “centrare” sempre il cuore di Dio.
Veniamo all’interpretazione della parabola in termini di coscienza, suggerita dal Papa.
Si tratta qui della coscienza erronea ed impermeabile, divenuta un radar incapace di segnalare le proprie colpe e sensibilissimo per quelle altrui, per altro con molti falsi positivi (vede quel che non c’è), e altrettanti falsi negativi (non coglie la verità profonda dei comportamenti).
Si tratta, ad esempio, di quelle incomprensioni inspiegabili che non solo feriscono dolorosamente i rapporti tra le persone (anche se condividono la stessa vita e gli stessi ideali), ma finiscono purtroppo per edificare muri di inimicizia, vanificando ogni tentativo di dialogo e conducendo non di rado a divisioni “inevitabili”.
Romano Guardini ha magistralmente descritto la “fisiopatologia” profonda di queste coscienze inferme:“Vedere è qualcosa d’altro da ciò che fa lo specchio, il quale cattura, indifferentemente, ciò che gli viene dinanzi. Il vedere scaturisce dalla vita e si riflette entro la vita. Vedere significa interiorizzare la cose; passare sotto il loro influsso; esserne afferrati. Così la volontà di vita vigila sullo sguardo. Nello sguardo opera la scelta della volontà di vedere, mediante la quale la vita si difende. Così avviene già per l’occhio del corpo, ancora molto più tuttavia per quello dello spirito: nel riconoscere l’altra persona, nel prendere posizione verso verità ed esigenze. Riconoscere una persona significa accogliere in se stessi il suo influsso; quando dunque io, per timore o avversione, voglio tenerla lontana da me, ciò si manifesta già nell’occhio. Il mio sguardo la vede in modo diverso; rimuove quanto v’è di buono in essa; sottolinea l’aspetto negativo; accentua talune connessioni, vede intenzioni che ne attraversano l’operare. Ciò avviene senza uno sforzo particolare, del tutto spontaneamente. Anzi, forse senza che io ne prenda coscienza in assoluto, e allora nel modo più potente; perché in tal caso la potenza deformante si sottrae a qualsiasi critica. Guardare è un agire che serve alla volontà di vita. Quanto più si insediano fermamente timore o avversione, tanto più duro è il serrarsi dell’occhio nel non voler vedere, finchè alla fine non è più in grado assolutamente di cogliere la verità dell’altro. E’ divenuto cieco rispetto a lui; la storia di questa inimicizia contiene questo processo. Qui allora non si aiutano più nessun discorso, nessuna indicazione, nessun insegnamento e nessuna spiegazione. L’occhio semplicemente non accoglie più quanto gli sta dinanzi. Se le cose al riguardo devono mutare in qualche misura, deve cambiarsi l’orientamento intenzionale. Il sentire deve volgersi verso la giustizia, il cuore deve sciogliersi – allora lo sguardo si apre e comincia a vedere..e così lentamente l’occhio si risana per cogliere la verità” (da “Il Signore”, pp. 208-9).
La seconda Lettura, con l’esempio di Paolo, ci offre un criterio personale per valutare lo stato di verità della coscienza.
Paolo è prigioniero, rischia la condanna a morte. Tuttavia è pervaso da una soprannaturale fiducia: “Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno” (2Tm 4,18). Rimasto solo, è nella pace con tutti e si sente come un re vincitore: “Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno..tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti non se ne tenga conto” (4,16).
Paolo, il cui temperamento focoso lo conduceva un tempo ad infuriare contro la Chiesa, è diventato mite e indulgente, perfettamente conforme al suo adorato modello Gesù, il quale sulla croce diceva: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Il suo cuore si è sciolto, ed ora può vedere tutte le cose a partire dalla compassione di Cristo.
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

martedì 26 ottobre 2010

TELEFONI STACCATI, VIAGGI IN POLONIA E SONNELLINI DALL'OPPOSIZIONE - PIERO NON CI STA E SI FA SENTIRE SU FACEBOOK

Piero - "L'assessore Mura puo' dire quello che vuole: ma spendere un sacco di soldi per una gita in Polonia, e poi vedere tagliare i fili del telefono di enti publici molto importanti, quasi vitali perchè non pagano le fatture, sono fatti vergognosi!!!!! Vergognatevi!!!!!! Andate avanti con i fatti??? Certamente, quelli vostri fregandovene di tutti gli altri... Il Comune va in malora... Andiamo avanti... Ci sono fatture da pagare? Facciamoci una gita in Polonia..."

C'E' LIBRI PER TE (3) - IL TRADITORE DI VERSAILLES di Arnaud Delalande

A NUDO di Diego Dalla Palma, Sperling & Kupfer, Euro 17.
FIGLIO DELLA FORTUNA di Anne-Laure Bondoux, San Paolo, Euro 15.
DOVE L'ACQUA E' PIU' PROFONDA di Claire Keegan, Neri Pozza, Euro 17.
SE LA CASA E' VUOTA di Isabella Rossi Fedrigotti, Longanesi, Euro 15.
LA SPARIZIONE di Andrea Fazioli, Guanda, 347 pagine, Euro 18.
IL TRADITORE DI VERSAILLES, di Arnaud Delalande, Nord, 334 pagine, Euro 18,60.
Versailles, 1774. Pietro Viravolta, ex spia del Doge di Venezia ora al servizio di Luigi XV, è chiamato dal ministro della corona, il duca d'Aiguillon, a indagare su una serie di oscuri omicidi avvenuti nella reggia.
A legare tra loro i delitti c'è un misterioso filo conduttore: le opere di Jean de La Fontaine.
(letto da Antonio Mustara).
ERO JACK MORTIMER, di Alexander Lernet-Holenia, Adelphi, 171 pagine, Euro 17,00.

SABATO 20 NOVEMBRE 2010, CELEBRAZIONE DELLA "VIRGO FIDELIS" PATRONA DELL'ARMA DEI CARABINIERI

L'Associazione Nazionale Carabinieri, Sezione "Giuseppe Manco" di Melissano, in collaborazione con l'Arma locale, organizza anche quest'anno la Celebrazione della "Virgo Fidelis", Patrona dell'Arma dei Carabinieri.
Sabato 20 Novembre 2010, Santa Messa celebrata nella Chiesa di Gesù Redentore alle ore 17.30.
Il Presidente dell'associazione, Mar. "A" s. UPS. Giorgio Marsano, invita le famiglie e la cittadinanza a partecipare alla celebrazione di ringraziamento.

TELEFONI STACCATI? PER L'ASSESSORE MURA E' SOLO UN "DISGUIDO" ED AGGIUNGE: "ROBERTO TUNDO SI E' RISVEGLIATO DAL SONNELLINO DURATO 4 ANNI"

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Riattivate già da venerdì le linee Telecom in uscita presso comune e comando di polizia municipale. Il servizio era stato sospeso secondo la maggioranza per un disguido, secondo l'opposizione per morosità.
L'assessore al Bilancio, Gianluca Mura, "i telefoni hanno ripreso a squillare come promesso. Può dormire sonni tranquilli il capogruppo di Melissano Cambia, Roberto Tundo che dopo un letargo durato quattro anni, si risveglia e riprende il suo ruolo di consigliere di opposizione, chissà come mani (si voterà in primavere ndr.)".
E aggiunge: "tant'è che legge con oltre un anno e mezzo di ritardo uan delibera che invia una delegazione di amministratori in Polonia dal 30 aprile al 2 maggio 2009 chiedendo solo ad ottobre 2010 quali siano i costi reali dell'operazione". Mura si rivolge infine alla minoranza ricordando "che andrà puntualmente a vuoto ogni vostro maldestro tentativo di farci indossare un abito che non ci appartiene. Continuate pure a fare questo tipo di politica fatta di chiacchiere e menzogne, noi andiamo avanti con i fatti e le cose concrete".
Tratto dal "Nuovo Quotidiano di Puglia-Lecce"

ABUSO D'UFFICIO? INDAGATI TUTTI GLI ASSESSORI - IL PROCURATORE CATALDO MOTTA VUOLE VEDERCI CHIARO

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Di Attilio Palma
Tratto dal "Nuovo Quotidiano di Puglia-Lecce"
del 24 Ottobre 2010