liberi da sempre / L'11 SETTEMBRE A BARI - UNA BELLA INIZIATIVA PER VISITARE LA BASILICA DI SAN NICOLA E LA FIERA DEL LEVANTE 2011.
venerdì 30 ottobre 2009
LA LETTERA SCRITTA AL PREFETTO DAL SINDACO ROBERTO FALCONIERI, A MIO AVVISO, E' OFFENSIVA E DIFFAMATORIA
Il sottoscritto ha ritenuto opportuno presentare apposita denuncia-querela contro il Sindaco pro-tempore del Comune di Melissano, alla locale stazione dei Carabinieri.
Così si esprimeva il FALCONIERI nella missiva Prot. N. 92 del 26 ottobre 2009:
"...Siamo ormai abituati alle esternazioni fantasiose dello Scarcella, caratterizzate da manie di persecuzione, complessi di inferiorità...".
"...Perchè continuare a formulare accuse ingiuste e pretestuose, non all'esponente politico, ma al Sindaco... accusandolo di generare la presunta emarginazione dalla vita amministrativa dell'Ente Locale?... Non risponde forse al vero che le richieste di atti inerenti l'attività di Consigliere Comunale... vengono soddisfatte in tempi ragionevoli?...".
"...Appare del tutto evidente che quanto sopra viene compromesso dall'operato frenetico o, per meglio dire, nevrotico, dello Scarcella...".
"...Per arrivare alla diffamazione circa il mancato svolgimento, a suo dire, del proprio dovere dei dirigenti e del personale preposto...".
"...Insisto solo a dire che si tratta solo e sempre di più di politica spazzatura...".
"...Sproloquio da rasentare il delirio... L'ignoranza, l'odio viscerale e la mala fede...".
"...Perchè continuare a formulare accuse ingiuste e pretestuose, non all'esponente politico, ma al Sindaco... accusandolo di generare la presunta emarginazione dalla vita amministrativa dell'Ente Locale?... Non risponde forse al vero che le richieste di atti inerenti l'attività di Consigliere Comunale... vengono soddisfatte in tempi ragionevoli?...".
"...Appare del tutto evidente che quanto sopra viene compromesso dall'operato frenetico o, per meglio dire, nevrotico, dello Scarcella...".
"...Per arrivare alla diffamazione circa il mancato svolgimento, a suo dire, del proprio dovere dei dirigenti e del personale preposto...".
"...Insisto solo a dire che si tratta solo e sempre di più di politica spazzatura...".
"...Sproloquio da rasentare il delirio... L'ignoranza, l'odio viscerale e la mala fede...".
VALORIZZIAMO LA "CORNULA" MA NON SIAMO PRODUTTORI DI "CORNULE" E DI ALBERI DI "CORNULE" NE ABBIAMO DAVVERO POCHI
per ingrandirle e leggerle meglio
Deliberazione di Giunta Comunale N. 79 del 08 Aprile 2009; Determinazione di Settore N. 310 del (???) del Registro Generale del Comune di Melissano.
SPESI 2.500,00 EURO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO "VALORIZZAZIONE DEL CARRUBO E PRODOTTI TRADIZIONALI A BASE DI CARRUBO".
SPESI 4.800,00 EURO PER IL SITO INTERNET COMUNALE - AUGURIAMOCI CHE LA SEZIONE "OPERAZIONE TRASPARENZA" FUNZIONI
Clicca sulle immagini
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Deliberazione di Giunta Comunale N. 78 del 08 Aprile 2009; Determinazione di Settore N. 311 del (???) del Registro Generale del Comune di Melissano.
AUGURIAMOCI CHE TUTTE LE DELIBERE (DI CONSIGLIO E DI GIUNTA COMUNALE) SIANO PUBBLICATE INTEGRALMENTE, ANCHE NEL LORO CONTENUTO E NON SOLO COME SEMPLICE ELENCAZIONE DI OGGETTO.
ALTRIMENTI, DI QUALE "OPERAZIONE TRASPARENZA" PARLIAMO?
INCARICO ALL'AVV. MASSIMO FASANO SUI MANIFESTI AFFISSI DAL PARTITO DEMOCRATICO
Deliberazione di Giunta Comunale N. 213 del 18 Settembre 2009.
La Giunta Comunale (Sindaco Roberto FALCONIERI, Vice Sindaco Cosimo MARINO, Assessore Giovanni CAPUTO, Assessore Giuseppe MACRI’, Assessore Gianluca MURA) ha deliberato di “conferire incarico, all’Avv. Massimo FASANO con studio in Melissano e di dare atto che l’impegno di spesa di presumibili Euro 1.000,00 sarà assunto con successiva determinazione del responsabile del settore interessato”.
Motivazione?
“…Negli ultimi tempi sono stati affissi una serie di manifesti a firma del Circolo del PD e/o del suo Segretario (si riferiscono alla dott.ssa Antonella TENUZZO) nei quali, a parere di questa Amministrazione Comunale, possono ravvisarsi elementi diffamatori oltre che degli Amministratori e del Sindaco, anche dell’Organo di revisione contabile (si riferiscono al Rag. Massimo LEGITTIMO) nella loro espressa qualità di rappresentanti delle Istituzioni e nell’esercizio delle funzioni loro attribuite per Legge… Ritenuto, pertanto, che occorre conferire incarico ad un legale perché possa valutare se esistono o meno i presupposti di reato perseguibili come per Legge, al fine di tutelare l’onorabilità e la dignità dell’Istituzione…”.
La Giunta Comunale (Sindaco Roberto FALCONIERI, Vice Sindaco Cosimo MARINO, Assessore Giovanni CAPUTO, Assessore Giuseppe MACRI’, Assessore Gianluca MURA) ha deliberato di “conferire incarico, all’Avv. Massimo FASANO con studio in Melissano e di dare atto che l’impegno di spesa di presumibili Euro 1.000,00 sarà assunto con successiva determinazione del responsabile del settore interessato”.
Motivazione?
“…Negli ultimi tempi sono stati affissi una serie di manifesti a firma del Circolo del PD e/o del suo Segretario (si riferiscono alla dott.ssa Antonella TENUZZO) nei quali, a parere di questa Amministrazione Comunale, possono ravvisarsi elementi diffamatori oltre che degli Amministratori e del Sindaco, anche dell’Organo di revisione contabile (si riferiscono al Rag. Massimo LEGITTIMO) nella loro espressa qualità di rappresentanti delle Istituzioni e nell’esercizio delle funzioni loro attribuite per Legge… Ritenuto, pertanto, che occorre conferire incarico ad un legale perché possa valutare se esistono o meno i presupposti di reato perseguibili come per Legge, al fine di tutelare l’onorabilità e la dignità dell’Istituzione…”.
Ma scusate!, i manifesti fatti affiggere dal Sindaco e la Sua Maggioranza, o a firma di "Roberto Falconieri" in risposta ai presunti manifesti "diffamatori" del PD, erano lindi e puri?
Verifichiamolo no???!!!
SPECIALE 1° NOVEMBRE - "ESSERE SANTI" CON PAOLO
Chi sono i «santi»
ai quali si rivolge l’Apostolo?
29 ottobre 2009
29 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
Pubblichiamo di seguito un articolo a firma di don Carlo Cibien, dottore in teologia con specializzazione in sacramentaria, apparso sul numero di novembre di Paulus, dedicato alla Prima lettera a Timoteo e al tema “Paolo l'organizzatore”.
La fede dell’apostolo Paolo ha radici profonde nella fede secolare del popolo d’Israele. Quando ci si interroga sulla sua idea di “santità” occorre dunque ripercorrere, almeno a grandi linee, la strada intrapresa dall’Apostolo.
Dio solo è “il Santo”
Il comando del Signore, introdotto in Levitico 11,44: «Santificatevi e siate santi perché io sono santo» è poi ribadito nel cosiddetto “Codice di santità”: «Parla a tutta la comunità dei figli d’Israele e di’ loro: Siate santi, perché santo sono io, il Signore Dio vostro. Ognuno di voi abbia riverenza per sua madre e suo padre e osservate i miei sabati. Io sono il Signore Dio vostro» (Lv 19,2-3). Qualche commentatore si trova imbarazzato di fronte a questo particolare ordine (madre, padre, sabato). Forse gli sfugge che nel brano ci sono, ma in ordine crescente, le tre componenti essenziali della legge di Dio: Dio stesso; il sabato, come spazio cosmico in cui gli uomini s’incontrano con Dio; i genitori: madre e padre, come datori di vita ed educatori alla pratica del sabato e dunque al rapporto con Dio, e come educatori al rapporto con gli altri uomini e con la società nella storia. Quella indicata dal codice di Levitico 19 è dunque una santità densa: la santità che viene da Dio e che Dio chiede al suo popolo, una santità olistica, che investe ogni aspetto della vita. Santità presente e santità futura Nel Nuovo Testamento il plurale “santi” - mentre al singolare è usato solo per Dio - appare nella descrizione della risurrezione di Gesù: «Le tombe si aprirono e molti corpi dei santi che vi giacevano risuscitarono. Infatti, dopo la risurrezione di lui uscirono dalle tombe, entrarono nella città santa e apparvero a molti» (Mt 27,52-53). E quindi nelle descrizioni della parusìa: «Il Signore [...] confermi i vostri cuori irreprensibili nella santità davanti a Dio nostro Padre, nella venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi» (1Ts 3,13), assimilando così i santi agli angeli, che nella tradizione giudaica fanno corona al Signore nel giorno della sua venuta (cfr. Zc 14,5). Anche in questo caso la santità è un termine di unione tra Dio e gli uomini e tra il mondo presente e quello futuro. Potremmo allora collegare alla santità quella definizione che san Tommaso dava della grazia: Gratia nihil aliud est quam quaedam inchoatio gloriae in nobis (STh II-II, q 24, a 3, ad 3), la grazia è il canale che alimenta costantemente la nostra santificazione, fino alla glorificazione in Cristo.
Paolo “strumento” di santificazione
Su questi ambiti di santità Paolo innesterà la nuova situazione che si è venuta a creare per l’umanità con l’incarnazione del Cristo e con tutti quegli eventi teantropici - cioè divino-umani - che hanno costituito poi il kérygma primitivo. Con l’incarnazione di Cristo, Dio dice una parola nuova sull’umanità, una sorta di “nuova creazione”. La comunità dei “cristiani” (cfr. At 11,26) sarà dunque identificata come comunità di santi. Anania, in dialettica con il Signore circa Saulo, dice: «Ho udito molti parlare di quest’uomo e di quanto male ha fatto ai tuoi santi in Gerusalemme» (At 9,13). E la stessa espressione sarà usata da Paolo nel suo discorso di difesa di fronte al re Agrippa (cfr. At 26,10) quando chiamerà in causa il compimento della promessa fatta da Dio ai padri (At 26,6-8) ed evocherà il suo incontro con il Cristo (At 26,13) che gli dice: «Ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali io ti mando, per aprire loro gli occhi perché si convertano dalle tenebre alla luce e [...] ottengano la remissione dei peccati e abbiano l’eredità tra i santificati per la fede in me» (At 17-18). Il “motore” di questa santificazione è subito precisato da Paolo: «Con l’aiuto di Dio fino a questo giorno io ho continuato a rendere testimonianza agli umili e ai potenti, non dicendo nient’altro se non ciò che i profeti e Mosè dissero che doveva avvenire, che il Cristo doveva soffrire e che, risuscitato per primo da morte, avrebbe annunciato la luce al popolo e ai pagani» (At 26,22-23). E quando Agrippa lo riprende con ironia - «Ancora un poco e mi persuadi a farmi cristiano» -, Paolo è pronto a rispondergli: «O poco o molto, Dio volesse che non solo tu, ma anche tutti quelli che oggi mi ascoltano diveniste come io sono, all’infuori di queste catene» (At 26,28-29).
I cristiani: comunità di santi
Paolo è cosciente di non diffondere un messaggio estraneo alla storia del popolo eletto: quel comando contenuto nel Levitico, ora si realizza, ma in un modo nuovo. Paolo non si distacca dal suo passato, non rinnega le proprie radici. Semplicemente è invitato a non fissarsi sulle posizioni raggiunte e lascia che Dio compia in lui il suo disegno: «Per grazia di Dio - dice in 1Corinzi 15,10 - sono quello che sono, e la sua grazia in me non fu vana; anzi, ho faticato più di tutti loro, non io invero, ma la grazia di Dio». Le comunità a cui sono indirizzate le lettere paoline sono spesso chiamate “santi” (Ef 1,4; Col 1,2; 1Cor 1,2; 2Cor 1,1; Rm 1,7). Nella Lettera ai Romani, espressione della maturità, l’Apostolo scrive: «Paolo, servo di Gesù Cristo, chiamato apostolo, consacrato al vangelo di Dio [...] a tutti coloro che si trovano in Roma, amati da Dio, chiamati santi». Quindi descrive il proprio mandato: «Per mezzo di Gesù Cristo abbiamo ricevuto la grazia e la missione apostolica per portare all’obbedienza della fede tutti i gentili a gloria del suo nome, tra i quali siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo»; non senza averne spiegato i contenuti: «Vangelo che egli aveva preannunciato per mezzo dei suoi profeti negli scritti sacri riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la natura umana, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti: Gesù Cristo Signore nostro». Come dirà in seguito: «Lo Spirito di Colui che risuscitò Gesù da morte abita in voi, Colui che risuscitò da morte Cristo Gesù darà la vita anche ai vostri corpi mortali, in forza dello Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). Questa santità si concretizza in un “comportamento santo” molto concreto. Ad esso Paolo richiama a più riprese le sue comunità, spronandole alla carità verso la “comunità santa” per speciale vocazione: «Ora mi metto in viaggio verso Gerusalemme per rendere un servizio ai santi. È parso bene, infatti, alla Macedonia e all’Acaia, di fare una colletta per i poveri che si trovano tra i santi in Gerusalemme. È parso loro bene, poiché sono anche debitori verso di essi. Se, infatti, i gentili sono venuti a far parte dei beni spirituali, devono rendere loro un servizio sacro [= liturgia] nelle loro necessità materiali» (Rm 15,25-27). Nell’indirizzo della 1Corinzi, Paolo sinteticamente scrive: «Paolo [...] alla chiesa di Dio che è a Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, nostro e loro». Egli esprime così le due modalità di santificazione: il cristiano è già oggettivamente santificato in Cristo Gesù, ma deve corrispondere soggettivamente rispondendo lungo tutta la sua vita alla chiamata alla santità. Tra l’azione oggettiva di Dio e la santità parusiaca in Cristo, si colloca dunque l’azione libera di ogni persona/comunità che risponde singolarmente/ comunitariamente al Padre, in Cristo, nello Spirito. Tale impegno è costante e investe ogni momento della vita, anche nel caso di valutazioni e giudizi: «Vi è tra di voi chi, avendo una questione con un altro, ha l’ardire di farsi giudicare dagli ingiusti anziché dai santi?». Ma anche in questo caso, la santità in Cristo lega il mondo terreno a quello celeste: «O non sapete che i santi giudicheranno il mondo? [...] Non sapete che giudicheremo gli angeli?» (1Cor 6,1ss.). Paolo quindi conclude: «O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? [...] E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!» (1Cor 6,9-11). Carlo Cibien
La fede dell’apostolo Paolo ha radici profonde nella fede secolare del popolo d’Israele. Quando ci si interroga sulla sua idea di “santità” occorre dunque ripercorrere, almeno a grandi linee, la strada intrapresa dall’Apostolo.
Dio solo è “il Santo”
Il comando del Signore, introdotto in Levitico 11,44: «Santificatevi e siate santi perché io sono santo» è poi ribadito nel cosiddetto “Codice di santità”: «Parla a tutta la comunità dei figli d’Israele e di’ loro: Siate santi, perché santo sono io, il Signore Dio vostro. Ognuno di voi abbia riverenza per sua madre e suo padre e osservate i miei sabati. Io sono il Signore Dio vostro» (Lv 19,2-3). Qualche commentatore si trova imbarazzato di fronte a questo particolare ordine (madre, padre, sabato). Forse gli sfugge che nel brano ci sono, ma in ordine crescente, le tre componenti essenziali della legge di Dio: Dio stesso; il sabato, come spazio cosmico in cui gli uomini s’incontrano con Dio; i genitori: madre e padre, come datori di vita ed educatori alla pratica del sabato e dunque al rapporto con Dio, e come educatori al rapporto con gli altri uomini e con la società nella storia. Quella indicata dal codice di Levitico 19 è dunque una santità densa: la santità che viene da Dio e che Dio chiede al suo popolo, una santità olistica, che investe ogni aspetto della vita. Santità presente e santità futura Nel Nuovo Testamento il plurale “santi” - mentre al singolare è usato solo per Dio - appare nella descrizione della risurrezione di Gesù: «Le tombe si aprirono e molti corpi dei santi che vi giacevano risuscitarono. Infatti, dopo la risurrezione di lui uscirono dalle tombe, entrarono nella città santa e apparvero a molti» (Mt 27,52-53). E quindi nelle descrizioni della parusìa: «Il Signore [...] confermi i vostri cuori irreprensibili nella santità davanti a Dio nostro Padre, nella venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi» (1Ts 3,13), assimilando così i santi agli angeli, che nella tradizione giudaica fanno corona al Signore nel giorno della sua venuta (cfr. Zc 14,5). Anche in questo caso la santità è un termine di unione tra Dio e gli uomini e tra il mondo presente e quello futuro. Potremmo allora collegare alla santità quella definizione che san Tommaso dava della grazia: Gratia nihil aliud est quam quaedam inchoatio gloriae in nobis (STh II-II, q 24, a 3, ad 3), la grazia è il canale che alimenta costantemente la nostra santificazione, fino alla glorificazione in Cristo.
Paolo “strumento” di santificazione
Su questi ambiti di santità Paolo innesterà la nuova situazione che si è venuta a creare per l’umanità con l’incarnazione del Cristo e con tutti quegli eventi teantropici - cioè divino-umani - che hanno costituito poi il kérygma primitivo. Con l’incarnazione di Cristo, Dio dice una parola nuova sull’umanità, una sorta di “nuova creazione”. La comunità dei “cristiani” (cfr. At 11,26) sarà dunque identificata come comunità di santi. Anania, in dialettica con il Signore circa Saulo, dice: «Ho udito molti parlare di quest’uomo e di quanto male ha fatto ai tuoi santi in Gerusalemme» (At 9,13). E la stessa espressione sarà usata da Paolo nel suo discorso di difesa di fronte al re Agrippa (cfr. At 26,10) quando chiamerà in causa il compimento della promessa fatta da Dio ai padri (At 26,6-8) ed evocherà il suo incontro con il Cristo (At 26,13) che gli dice: «Ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali io ti mando, per aprire loro gli occhi perché si convertano dalle tenebre alla luce e [...] ottengano la remissione dei peccati e abbiano l’eredità tra i santificati per la fede in me» (At 17-18). Il “motore” di questa santificazione è subito precisato da Paolo: «Con l’aiuto di Dio fino a questo giorno io ho continuato a rendere testimonianza agli umili e ai potenti, non dicendo nient’altro se non ciò che i profeti e Mosè dissero che doveva avvenire, che il Cristo doveva soffrire e che, risuscitato per primo da morte, avrebbe annunciato la luce al popolo e ai pagani» (At 26,22-23). E quando Agrippa lo riprende con ironia - «Ancora un poco e mi persuadi a farmi cristiano» -, Paolo è pronto a rispondergli: «O poco o molto, Dio volesse che non solo tu, ma anche tutti quelli che oggi mi ascoltano diveniste come io sono, all’infuori di queste catene» (At 26,28-29).
I cristiani: comunità di santi
Paolo è cosciente di non diffondere un messaggio estraneo alla storia del popolo eletto: quel comando contenuto nel Levitico, ora si realizza, ma in un modo nuovo. Paolo non si distacca dal suo passato, non rinnega le proprie radici. Semplicemente è invitato a non fissarsi sulle posizioni raggiunte e lascia che Dio compia in lui il suo disegno: «Per grazia di Dio - dice in 1Corinzi 15,10 - sono quello che sono, e la sua grazia in me non fu vana; anzi, ho faticato più di tutti loro, non io invero, ma la grazia di Dio». Le comunità a cui sono indirizzate le lettere paoline sono spesso chiamate “santi” (Ef 1,4; Col 1,2; 1Cor 1,2; 2Cor 1,1; Rm 1,7). Nella Lettera ai Romani, espressione della maturità, l’Apostolo scrive: «Paolo, servo di Gesù Cristo, chiamato apostolo, consacrato al vangelo di Dio [...] a tutti coloro che si trovano in Roma, amati da Dio, chiamati santi». Quindi descrive il proprio mandato: «Per mezzo di Gesù Cristo abbiamo ricevuto la grazia e la missione apostolica per portare all’obbedienza della fede tutti i gentili a gloria del suo nome, tra i quali siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo»; non senza averne spiegato i contenuti: «Vangelo che egli aveva preannunciato per mezzo dei suoi profeti negli scritti sacri riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la natura umana, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti: Gesù Cristo Signore nostro». Come dirà in seguito: «Lo Spirito di Colui che risuscitò Gesù da morte abita in voi, Colui che risuscitò da morte Cristo Gesù darà la vita anche ai vostri corpi mortali, in forza dello Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). Questa santità si concretizza in un “comportamento santo” molto concreto. Ad esso Paolo richiama a più riprese le sue comunità, spronandole alla carità verso la “comunità santa” per speciale vocazione: «Ora mi metto in viaggio verso Gerusalemme per rendere un servizio ai santi. È parso bene, infatti, alla Macedonia e all’Acaia, di fare una colletta per i poveri che si trovano tra i santi in Gerusalemme. È parso loro bene, poiché sono anche debitori verso di essi. Se, infatti, i gentili sono venuti a far parte dei beni spirituali, devono rendere loro un servizio sacro [= liturgia] nelle loro necessità materiali» (Rm 15,25-27). Nell’indirizzo della 1Corinzi, Paolo sinteticamente scrive: «Paolo [...] alla chiesa di Dio che è a Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, nostro e loro». Egli esprime così le due modalità di santificazione: il cristiano è già oggettivamente santificato in Cristo Gesù, ma deve corrispondere soggettivamente rispondendo lungo tutta la sua vita alla chiamata alla santità. Tra l’azione oggettiva di Dio e la santità parusiaca in Cristo, si colloca dunque l’azione libera di ogni persona/comunità che risponde singolarmente/ comunitariamente al Padre, in Cristo, nello Spirito. Tale impegno è costante e investe ogni momento della vita, anche nel caso di valutazioni e giudizi: «Vi è tra di voi chi, avendo una questione con un altro, ha l’ardire di farsi giudicare dagli ingiusti anziché dai santi?». Ma anche in questo caso, la santità in Cristo lega il mondo terreno a quello celeste: «O non sapete che i santi giudicheranno il mondo? [...] Non sapete che giudicheremo gli angeli?» (1Cor 6,1ss.). Paolo quindi conclude: «O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? [...] E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!» (1Cor 6,9-11). Carlo Cibien
NON LAMENTARTI DI HALLOWEEN, ORGANIZZA HOLYWEEN!
Iniziativa delle Sentinelle del mattino
per conoscere e imitare i santi
Di Antonio Gaspari
29 ottobre 2009
Di Antonio Gaspari
29 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
Invece di lamentarti per i mostri e le mascherate dissacranti di Halloween, scopri e racconta la storia e le virtù del tuo santo preferito nella tua parrocchia e diocesi festeggiando Holyween.
Questa è la proposta che le Sentinelle del mattino stanno diffondendo in tutta Italia
Nel manifesto proposto dei giovani presenti in oltre 35 diocesi, cè la zucca e il volto di santa Teresina con l’invito a celebrare Holyween, un santo in ogni chiesa.
“Appendi il volto di un santo sulla tua chiesa e sul tuo balcone nella vigilia della festa di tutti i santi”, chiedono le Sentinelle del mattino.
Infatti, spiegano, “in una notte dove i giovani amano vestirsi orribilmente, Holyween vorrebbe mostrare il fascino e l’attualità dei santi, immortalati nella foto o nell’arte”.
“Oggi come cristiani - sostengono le Sentinelle del mattino - rischiamo di dimenticarci che i santi sono la parte più bella della nostra Italia; ci fa bene ricordare i loro volti, che ci dicono come la santità sia ancora oggi possibile in persone concrete, in carne ed ossa”.
“Holyween non vuole essere contro chi questa notte festeggia con l’horror - precisano poi -. Vogliamo semplicemente rimettere al centro di questa festa tutti i santi, la loro bellezza e i loro volti. Chi vuole, potrà esporre anche nella sua casa la foto o l’immagine di qualche santo particolarmente caro”.
Ad Holyween hanno aderito già Torino, Padova, Foggia, Catania, Termoli, Pordenone, Desenzano del Garda. Sette città italiane che il 31 ottobre vivranno una serata davvero speciale.
Centinaia di giovani scenderanno per le strade e andranno nei pub ad annunciare l’arrivo della festa di Tutti i Santi. Per loro “Halloween” si è trasformato in “Holyween”, giunto quest’anno alla terza edizione.
Lo slogan parla chiaro: i santi si riprendono la loro festa e, per rendere ancora più evidente che l’antica tradizione non ha nulla da temere dalle mode del momento, volti di santi saranno appesi sui balconi e le finestre delle loro città.
Sì, quando vedrete un lume alla finestra, tirate il naso all’insù e vedrete la faccia sorridente di un santo italiano, preferibilmente giovane.
“Non vogliamo andare contro nessuno - ha spiegato don Andrea Brugnoli, ideatore dell’idea -, ma semplicemente riempire le città non di mostri, ma di volti belli, quelli dei santi, appunto”.Nelle città dove si festeggia Holyween le Sentinelle del mattino vivranno una serata chiamata “Una luce nella notte”.
Si tratta di aprire una chiesa di notte e di invitare i giovani ad un incontro specialissimo. Questo format è stato ripetuto già più di 350 volte in 50 città italiane, ma la notte di Holyween sarà unica.
La chiesa rimarrà aperta ovunque dalle 22 alle 2 di notte e all’interno non rimarrà vuota. Finora sono centinaia di migliaia i giovani che vi sono entrati nelle precedenti edizioni, lasciando stupita la stampa e le televisioni che, incuriosite dal fenomeno, ne hanno documentato il flusso continuo.
In un paese come l’Italia in cui un consistente 35% dei cattolici va a Messa ogni settimana (dati Doxa ottobre 2009), Holyween rappresenta una singolare sfida.
Tra i santi più gettonati, lo scorso anno vinse Madre Teresa, seguita da Padre Pio. Quest’anno - sostengono gli organizzatori - vincerà Giovanni Paolo II. Non è santo, ma per le Sentinelle è il loro campione.Le Sentinelle del mattino non sono un movimento, nè una comunità religiosa, ma delle piccole equipes che nelle diocesi accendono il fuoco dell'evangelizzazione con attività straordinarie a servizio della pastorale e dell’evangelizzazione.
Il progetto prevede di creare in ogni diocesi una "fiaccola", composta da 3-4 giovani che si impegnano in questo servizio. In Italia, sono oltre trentacinque le dicoesi che hanno già la fiaccola delle Sentinelle del mattino.
[Nel sito web www.sentinelledelmattino.org è possibile scaricare i volti dei santi da stampare]
Questa è la proposta che le Sentinelle del mattino stanno diffondendo in tutta Italia
Nel manifesto proposto dei giovani presenti in oltre 35 diocesi, cè la zucca e il volto di santa Teresina con l’invito a celebrare Holyween, un santo in ogni chiesa.
“Appendi il volto di un santo sulla tua chiesa e sul tuo balcone nella vigilia della festa di tutti i santi”, chiedono le Sentinelle del mattino.
Infatti, spiegano, “in una notte dove i giovani amano vestirsi orribilmente, Holyween vorrebbe mostrare il fascino e l’attualità dei santi, immortalati nella foto o nell’arte”.
“Oggi come cristiani - sostengono le Sentinelle del mattino - rischiamo di dimenticarci che i santi sono la parte più bella della nostra Italia; ci fa bene ricordare i loro volti, che ci dicono come la santità sia ancora oggi possibile in persone concrete, in carne ed ossa”.
“Holyween non vuole essere contro chi questa notte festeggia con l’horror - precisano poi -. Vogliamo semplicemente rimettere al centro di questa festa tutti i santi, la loro bellezza e i loro volti. Chi vuole, potrà esporre anche nella sua casa la foto o l’immagine di qualche santo particolarmente caro”.
Ad Holyween hanno aderito già Torino, Padova, Foggia, Catania, Termoli, Pordenone, Desenzano del Garda. Sette città italiane che il 31 ottobre vivranno una serata davvero speciale.
Centinaia di giovani scenderanno per le strade e andranno nei pub ad annunciare l’arrivo della festa di Tutti i Santi. Per loro “Halloween” si è trasformato in “Holyween”, giunto quest’anno alla terza edizione.
Lo slogan parla chiaro: i santi si riprendono la loro festa e, per rendere ancora più evidente che l’antica tradizione non ha nulla da temere dalle mode del momento, volti di santi saranno appesi sui balconi e le finestre delle loro città.
Sì, quando vedrete un lume alla finestra, tirate il naso all’insù e vedrete la faccia sorridente di un santo italiano, preferibilmente giovane.
“Non vogliamo andare contro nessuno - ha spiegato don Andrea Brugnoli, ideatore dell’idea -, ma semplicemente riempire le città non di mostri, ma di volti belli, quelli dei santi, appunto”.Nelle città dove si festeggia Holyween le Sentinelle del mattino vivranno una serata chiamata “Una luce nella notte”.
Si tratta di aprire una chiesa di notte e di invitare i giovani ad un incontro specialissimo. Questo format è stato ripetuto già più di 350 volte in 50 città italiane, ma la notte di Holyween sarà unica.
La chiesa rimarrà aperta ovunque dalle 22 alle 2 di notte e all’interno non rimarrà vuota. Finora sono centinaia di migliaia i giovani che vi sono entrati nelle precedenti edizioni, lasciando stupita la stampa e le televisioni che, incuriosite dal fenomeno, ne hanno documentato il flusso continuo.
In un paese come l’Italia in cui un consistente 35% dei cattolici va a Messa ogni settimana (dati Doxa ottobre 2009), Holyween rappresenta una singolare sfida.
Tra i santi più gettonati, lo scorso anno vinse Madre Teresa, seguita da Padre Pio. Quest’anno - sostengono gli organizzatori - vincerà Giovanni Paolo II. Non è santo, ma per le Sentinelle è il loro campione.Le Sentinelle del mattino non sono un movimento, nè una comunità religiosa, ma delle piccole equipes che nelle diocesi accendono il fuoco dell'evangelizzazione con attività straordinarie a servizio della pastorale e dell’evangelizzazione.
Il progetto prevede di creare in ogni diocesi una "fiaccola", composta da 3-4 giovani che si impegnano in questo servizio. In Italia, sono oltre trentacinque le dicoesi che hanno già la fiaccola delle Sentinelle del mattino.
[Nel sito web www.sentinelledelmattino.org è possibile scaricare i volti dei santi da stampare]
SPECIALE ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE" - LECTIO MAGISTRALIS DEL CARD. BAGNASCO SULL'ENCICLICA / 4 (64.ESIMA PARTE)
19 settembre 2009
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del testo della Lectio magistralis che il Cardinale Angelo Bagasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha pronunciato nel contesto del convegno di studi dedicato all'ultima enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, tenutosi al Palazzo della Borsa di Genova.
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del testo della Lectio magistralis che il Cardinale Angelo Bagasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha pronunciato nel contesto del convegno di studi dedicato all'ultima enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, tenutosi al Palazzo della Borsa di Genova.
3. Lo sviluppo sociale è la questione antropologica
Il punto di approdo di quanto detto sul rapporto tra giustizia e carità e la prospettiva più originale del testo pontificio è ricondurre la questione sociale alla questione antropologica, marcando la necessaria correlazione che esiste tra queste due dimensioni che stanno o cadono insieme. Per questo Benedetto XVI propone con forza il collegamento tra etica della vita ed etica sociale, dal momento che non può “avere solide basi una società - che mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace - si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata” (n. 15). In concreto, questo vuol dire che lo sviluppo vero non può tenere separati i temi della giustizia sociale da quelli del rispetto della vita e della famiglia e che sbagliano quanti in questi anni, anche nel nostro Paese, si sono contrapposti tra difensori dell’etica individuale e propugnatori dell’etica sociale. In realtà le due cose stanno insieme. Un esempio eloquente è dato dalla crescente consapevolezza che la questione demografica, che attiene certamente alla dinamica affettiva e familiare, rappresenti pure uno snodo decisivo delle politiche economiche e perfino del Welfare. Aver sottovalutato l’impatto della famiglia sul piano sociale ed economico riconducendola ad una questione privata, quando non addirittura ad un retaggio culturale del passato, è stata una miopia di cui oggi pagano le conseguenze soprattutto le generazioni più giovani, sempre meno numerose e sempre meno importanti. La saldatura tra etica sociale ed etica della vita è un imperativo categorico anche in altri ambiti sensibili e porta a convincersi ad esempio che l’eugenetica è molto più preoccupante della perdita della biodiversità nell’ecosistema o che l’aborto e l’eutanasia corrodono il senso della legge e impediscono all’origine l’accoglienza dei più deboli, rappresentando una ferita alla comunità umana dalle enormi conseguenze di degrado. Come sottolinea con vigore il Papa:”Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono” (n. 28).
Ancora una volta l’Enciclica aiuta a far emergere un più profondo senso dello sviluppo che sa porre in relazione i diritti individuali con un quadro di doveri più ampio, aiutando così ad intendere correttamente la libertà individuale che deve sempre fare i conti anche con la responsabilità sociale. Taluni fenomeni di degrado politico cui assistiamo oggi e che rivelano mancanza di progettualità e resa ad interessi di corto respiro, così come recenti episodi di abbruttimento finanziario che hanno portato al collasso del sistema economico, colpendo le fasce più deboli dei risparmiatori, confermano che l’etica sociale si regge soltanto sulla base della qualità delle singole persone. Lo dice espressamente il Papa:” Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle coscienze l’appello del bene comune” (n. 71).
4. La questione ambientale: la priorità dell’ecologia umana
Concludo, facendo riferimento ad un tema che ha colpito la pubblica opinione e che può rappresentare una sorta di controprova sperimentale della validità della lettura dello “sviluppo integrale”, che Benedetto XVI propone a tutti gli uomini di buona volontà, sulla scia della grande intuizione della Populorum progressio di Paolo VI. Mi riferisco al tema dell’ambiente, cui è espressamente dedicato una parte significativa del capitolo IV (nn. 48-52) e che rileva una ricorrente preoccupazione nel magistero dell’attuale Pontefice. Scrive Benedetto XVI :”La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso. E’ necessario che ci sia qualcosa come un’ecologia dell’uomo, intesa in senso giusto. Il degrado della natura è infatti strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio” (n. 51).
La crisi ecologica dunque non può essere interpretata come un fatto esclusivamente tecnico, ma rimanda ad una crisi più profonda perché ai “deserti esteriori” corrispondono “i deserti interiori” (cfr. Benedetto XVI, Omelia per l’inizio del Ministero petrino, 24 aprile 2005), così come alla morte dei boschi “attorno a noi” fanno da pendant le nevrosi psichiche e spirituali “dentro di noi”, all’inquinamento delle acque corrisponde l’atteggiamento nichilistico nei confronti della vita. Quando infatti l’uomo non viene considerato nell’integralità della sua vocazione e non si rispettano le esigenze di una vera “ecologia umana” si scatenano le dinamiche perverse delle povertà, compromettendo fatalmente anche l’equilibrio della Terra. Una prova ulteriore, se ce ne fosse ancora bisogno, che “il problema decisivo dello sviluppo è la complessiva tenuta morale della società” (n. 51). La crisi in atto mette in evidenza dunque la necessità di ripensare il modello economico cosiddetto “occidentale”, come, del resto, già auspicato nella Centesimus annus (1991). Ma lo sguardo dell’Enciclica è tutt’altro che pessimista o fatalista. Al contrario con realismo apre al futuro con il seguente invito che intende fare mio:”La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente” (n. 21).
Il punto di approdo di quanto detto sul rapporto tra giustizia e carità e la prospettiva più originale del testo pontificio è ricondurre la questione sociale alla questione antropologica, marcando la necessaria correlazione che esiste tra queste due dimensioni che stanno o cadono insieme. Per questo Benedetto XVI propone con forza il collegamento tra etica della vita ed etica sociale, dal momento che non può “avere solide basi una società - che mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace - si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata” (n. 15). In concreto, questo vuol dire che lo sviluppo vero non può tenere separati i temi della giustizia sociale da quelli del rispetto della vita e della famiglia e che sbagliano quanti in questi anni, anche nel nostro Paese, si sono contrapposti tra difensori dell’etica individuale e propugnatori dell’etica sociale. In realtà le due cose stanno insieme. Un esempio eloquente è dato dalla crescente consapevolezza che la questione demografica, che attiene certamente alla dinamica affettiva e familiare, rappresenti pure uno snodo decisivo delle politiche economiche e perfino del Welfare. Aver sottovalutato l’impatto della famiglia sul piano sociale ed economico riconducendola ad una questione privata, quando non addirittura ad un retaggio culturale del passato, è stata una miopia di cui oggi pagano le conseguenze soprattutto le generazioni più giovani, sempre meno numerose e sempre meno importanti. La saldatura tra etica sociale ed etica della vita è un imperativo categorico anche in altri ambiti sensibili e porta a convincersi ad esempio che l’eugenetica è molto più preoccupante della perdita della biodiversità nell’ecosistema o che l’aborto e l’eutanasia corrodono il senso della legge e impediscono all’origine l’accoglienza dei più deboli, rappresentando una ferita alla comunità umana dalle enormi conseguenze di degrado. Come sottolinea con vigore il Papa:”Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono” (n. 28).
Ancora una volta l’Enciclica aiuta a far emergere un più profondo senso dello sviluppo che sa porre in relazione i diritti individuali con un quadro di doveri più ampio, aiutando così ad intendere correttamente la libertà individuale che deve sempre fare i conti anche con la responsabilità sociale. Taluni fenomeni di degrado politico cui assistiamo oggi e che rivelano mancanza di progettualità e resa ad interessi di corto respiro, così come recenti episodi di abbruttimento finanziario che hanno portato al collasso del sistema economico, colpendo le fasce più deboli dei risparmiatori, confermano che l’etica sociale si regge soltanto sulla base della qualità delle singole persone. Lo dice espressamente il Papa:” Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle coscienze l’appello del bene comune” (n. 71).
4. La questione ambientale: la priorità dell’ecologia umana
Concludo, facendo riferimento ad un tema che ha colpito la pubblica opinione e che può rappresentare una sorta di controprova sperimentale della validità della lettura dello “sviluppo integrale”, che Benedetto XVI propone a tutti gli uomini di buona volontà, sulla scia della grande intuizione della Populorum progressio di Paolo VI. Mi riferisco al tema dell’ambiente, cui è espressamente dedicato una parte significativa del capitolo IV (nn. 48-52) e che rileva una ricorrente preoccupazione nel magistero dell’attuale Pontefice. Scrive Benedetto XVI :”La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso. E’ necessario che ci sia qualcosa come un’ecologia dell’uomo, intesa in senso giusto. Il degrado della natura è infatti strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio” (n. 51).
La crisi ecologica dunque non può essere interpretata come un fatto esclusivamente tecnico, ma rimanda ad una crisi più profonda perché ai “deserti esteriori” corrispondono “i deserti interiori” (cfr. Benedetto XVI, Omelia per l’inizio del Ministero petrino, 24 aprile 2005), così come alla morte dei boschi “attorno a noi” fanno da pendant le nevrosi psichiche e spirituali “dentro di noi”, all’inquinamento delle acque corrisponde l’atteggiamento nichilistico nei confronti della vita. Quando infatti l’uomo non viene considerato nell’integralità della sua vocazione e non si rispettano le esigenze di una vera “ecologia umana” si scatenano le dinamiche perverse delle povertà, compromettendo fatalmente anche l’equilibrio della Terra. Una prova ulteriore, se ce ne fosse ancora bisogno, che “il problema decisivo dello sviluppo è la complessiva tenuta morale della società” (n. 51). La crisi in atto mette in evidenza dunque la necessità di ripensare il modello economico cosiddetto “occidentale”, come, del resto, già auspicato nella Centesimus annus (1991). Ma lo sguardo dell’Enciclica è tutt’altro che pessimista o fatalista. Al contrario con realismo apre al futuro con il seguente invito che intende fare mio:”La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente” (n. 21).
(4-FINE)
martedì 27 ottobre 2009
IL CONSIGLIERE STEFANO SCARCELLA HA GIA' RISCRITTO AL PREFETTO ALLEGANDOGLI NUOVI DOCUMENTI-PROVA
RIFLESSIONI EDUCATE
Carissimi Lettori,
le parole del Sindaco sono state smentite senza sforzi sovrumani al Prefetto di Lecce.
Le prove di quanto sostengo sono quasi quotidiane.
E chi meglio di voi, può dire "Falso! Abbiamo visti pubblicati documenti con timbri e date che non ingannano quanto le parole al vento!".
D'altronde, ricordate un manifesto giallo fosforescente???
Non è la prima volta che il sindaco Roberto Falconieri si abbandona a frasi altamente offensive, ingiuriose, e che attaccano non solo la figura istituzionale che rappresento ma la persona nella sua totale dignità e nella sua morale.
Insisto nell'invitare il Sindaco a presentare al Prefetto anche apposita certificazione medica, probabilmente in suo possesso se si esprime in siffatti termini!!!, e relativa alle presunte malattie psichiche diagnosticate dal Falconieri sulla mia persona.
Quanto al suo scritto...
Rispetto quanto da Lui sostenuto, pur non condividendo gran parte dei contenuti e pur non esprimendomi (educatamente!) nello stesso suo linguaggio.
Con la convinzione che fare politica non significa massacrare l'altro e la sua libera e democratica ideologia ma, credere nel raggiungimento della legalità mediante la verità.
Ogni Bene e Saluti.
IL SINDACO ROBERTO FALCONIERI SCRIVE AL PREFETTO OFFENDENDO, ANCORA UNA VOLTA, IL CONSIGLIERE STEFANO SCARCELLA
Dalla lettera di San Roberto Falconieri
al Prefetto di Lecce
al Prefetto di Lecce
(versetti Prot. 92 del 26 ottobre 2009)
"...Siamo ormai abituati alle esternazioni fantasiose dello Scarcella, caratterizzate da manie di persecuzione, complessi di inferiorità...".
"...Perchè continuare a formulare accuse ingiuste e pretestuose, non all'esponente politico, ma al Sindaco... accusandolo di generare la presunta emarginazione dalla vita amministrativa dell'Ente Locale?... Non risponde forse al vero che le richieste di atti inerenti l'attività di Consigliere Comunale... vengono soddisfatte in tempi ragionevoli?...".
"...Appare del tutto evidente che quanto sopra viene compromesso dall'operato frenetico o, per meglio dire, nevrotico, dello Scarcella...".
"...Per arrivare alla diffamazione circa il mancato svolgimento, a suo dire, del proprio dovere dei dirigenti e del personale preposto...".
"...Insisto solo a dire che si tratta solo e sempre di più di politica spazzatura...".
"...Sproloquio da rasentare il delirio... L'ignoranza, l'odio viscerale e la mala fede...".
CONSIGLIO COMUNALE RINVIATO - STEFANO SCARCELLA: MA QUALE LEGALITA', SICUREZZA E TRASPARENZA!!! PER CARITA'...
per ingrandirla e leggerla meglio
Di Attilio PalmaTratto dal "Nuovo Quotidiano di Puglia-Lecce"
del 22 Ottobre 2009.
28 OTTOBRE 2009, ORE 18.30, SALA CONSILIARE DEL COMUNE DI MELISSANO - NUOVA SEDUTA DEL CONSIGLIO COMUNALE
HALLOWEEN E LE ZUCCHE VUOTE
LA FESTA DELLA ZUCCA
HA SCONFITTO
TUTTI I SANTI
Di Antonio Fasol
27 ottobre 2009
27 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
L’occasione dell’imminente festa cristiana di Ognissanti, ormai per popolarità superata dalla più democratica e politically correct festa di Halloween ci offre l’opportunità per tentare di andare al di là dell’immagine ironico grottesca delle zucche dipinte e per cercare di esplorarne simbolicamente l’interno.
In tale percorso ci aiuterà il critico francese Damien Le Guay, di cui è appena uscita una interessante pubblicazione, a carattere ironico e provocatorio “La faccia nascosta di Halloween (ed. Elledici) significativamente sottotitolata “Come la festa della zucca ha sconfitto Tutti i Santi!”.
La prima considerazione che viene spontanea è che nell’attuale risvegliarsi, in Europa, di una cultura caparbiamente laicista, che rifiuta, forzando perfino la storia, di riconoscere le proprie origini cristiane, non meraviglia il fatto che una festa di arcane origini paganeggianti, miratamente trasformata in occasione consumistica e di vago sapore carnevalesco, abbia ormai sopraffatto l’originaria festa cristiana non a caso con essa coincidente temporalmente.
Vi è, per la verità, un esempio ancora più emblematico di tale processo di sovrapposizione tra mondo secolare-paganeggiante e cristiano: il Natale, che, preso a sua volta in prestito (come data) dalla precedente festa pagana del dio sole e divenuto il “dies natalis” di Gesù per secoli, è ora ormai insidiato, soprattutto in ambito anglosassone e nordico, dalle renne di babbo natale e dagli alberi colorati, con annesso tutto l’indotto commerciale e consumistico che ha, tra l’altro, relegato il francescano presepe, originariamente veicolo religioso di meditazione sul mistero dell’Incarnazione, in rassegne artistiche dedicate dal vago sapore naturalistico e spesso più attente a rendere l’effetto meccanico di mulini e cascate piuttosto che a manifestare la nascita del Salvatore!
Ma tornando alla festa in oggetto, ciò che invece insospettisce il nostro autore è innanzitutto la pressoché totale indolenza e passività con cui la maggioranza della gente ha in pochi anni (l’inizio risale al 1995), dapprima timidamente tollerato, poi sempre più accettato tale sorpasso festaiolo, secondo la logica del “in fondo che c’è di male”.
Giornalisti e sociologi, per la verità, hanno pure tentato interpretazioni, almeno negli intenti, più filosofiche, affermando, per esempio, che “le cucurbitacee (la famiglia delle zucche) si adeguano perfettamente ai valori emergenti” (sic), o ancora che “Halloween è una nuova educazione alla vita e alla morte” (editoriale di “Le Monde” del 1° novembre 2000), articolo nel quale l’autore interpreta la grande diffusione della festa e la relativa ostilità dei cristiani come una rottura del monopolio religioso - e cristiano in particolare - sui riti e sulla simbologia nella società occidentale; c’è anche chi, infine, arriva a considerare la cultura indoeuropea, celtica e pagana come la vera originaria rispetto a quella giudaico-cristiana, che “ne avrebbe soffocato lo sviluppo” (J. Markale).
Ma da dove viene in realtà Halloween? Diciamo subito che il nome è già una sorta di malcelato acronimo inglese di “Ognissanti”; si tratta poi di una arcaica - e in parte mitizzata - tradizione celtica, veicolata successivamente da tradizioni irlandesi e americane, che univa il passaggio agricolo al nuovo anno con la festa religiosa-popolare del dio Samhain, divinità che nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre consentiva il passaggio di spiriti malefici dal mondo dei morti a quello dei vivi. In tale occasione gli antichi druidi, travestiti con teste di animali, compivano gesti propiziatori in cambio di offerte che, se rifiutate, ricambiavano con puntuali maledizioni! Per scacciare i medesimi spiriti, pare che fuori dalle case venissero appese zucche e lampade.
Chi pensasse, però che si tratti di una delle tante rivalutazioni tradizional-folcloristiche di culture arcaiche minoritarie, verrà subito smentito dall’apprendere che, in realtà, fu il frutto di una autentica pianificazione consumistico-commerciale su scala mondiale operata da una società (Cesar) nel 1992. Essa individuò il periodo “a metà strada tra l’inizio dell’anno scolastico e Natale” e lanciò la festa con maschere (di cui era produttrice), teschi e costumi da strega; successivamente, grazie ad una mirata pubblicità mass-mediatica e all’apporto di grosse multinazionali dello svago (da Disney a McDonalds), raggiunse la diffusione che conosciamo diventando una sorta di “folklorizzazione religiosa” (M.de Certeau).
Il paradosso di Halloween e delle sue bizzarrie è, quindi, quello di essere nel contempo ipermoderna (nel modo di presentarsi) ed iperarcaica (nelle idee), e rappresentare il massimo della credulità in un mondo - per dirla con Chesterton - che ha smesso di credere in Dio.
Nell’attuale cultura, in stile tipicamente new age e rigorosamente a-confesionale, dove impera la logica della festa per la festa, a prescindere dai contenuti da celebrare, si spiega il facile e veloce successo della penetrazione sociale di Halloween, emblema e icona del vuoto, delle zucche ma specialmente delle teste che in esse si perdono.
Perfino l’apparentemente innocuo gioco infantile del “dolcetto o scherzetto”, ad un’analisi più approfondita, non è che la rappresentazione dei ruoli invertiti bambini-adulti, dove questi ultimi sono ricattati a dare dolcetti ai primi per cautelarsi contro la maledizione, sia pur scherzosa: e qui sta la differenza tra lo scambio gratificante e il dono estorto (considerando anche che il carnevale è ancora lontano).
Per quanto riguarda l’ambito scolastico, poi, mentre la tendenza imperante, dai programmi ai testi adottati, è quella di evitare o ridurre al minimo ogni accenno a riferimenti religiosi - e in particolare cristiani - assistiamo, per occasioni come Halloween (proprio per la sua malcelata aura di gioiosa e giocosa neutralità) ad una vera e propria adozione laica universalmente accettata, con tanto di lezioni di cultura anglosassone (?) e similia. A tale filone culturale sono da ascrivere i successi, tra gli adolescenti, di alcune serie televisive americane (Buffy, Streghe).
In definitiva, quindi, la differenza tra Halloween e Ognissanti è sostanziale, sia come contenuto - per la prima pressoché inesistente - sia come rappresentazione temporale: per la prima, infatti, il tempo è ciclico e costituito da stagioni che ritornano uguali, mentre per la seconda, il tempo cristiano è lineare e caratterizzato dalla tensione tra nascita e parusìa di Cristo, sia pur nella ciclicità liturgica.
La più nostrana e genuina tradizione popolare metteva giustamente in guardia: “scherza con i fanti…!”.
Antonio Fasol è Presidende del Gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa di Verona.
In tale percorso ci aiuterà il critico francese Damien Le Guay, di cui è appena uscita una interessante pubblicazione, a carattere ironico e provocatorio “La faccia nascosta di Halloween (ed. Elledici) significativamente sottotitolata “Come la festa della zucca ha sconfitto Tutti i Santi!”.
La prima considerazione che viene spontanea è che nell’attuale risvegliarsi, in Europa, di una cultura caparbiamente laicista, che rifiuta, forzando perfino la storia, di riconoscere le proprie origini cristiane, non meraviglia il fatto che una festa di arcane origini paganeggianti, miratamente trasformata in occasione consumistica e di vago sapore carnevalesco, abbia ormai sopraffatto l’originaria festa cristiana non a caso con essa coincidente temporalmente.
Vi è, per la verità, un esempio ancora più emblematico di tale processo di sovrapposizione tra mondo secolare-paganeggiante e cristiano: il Natale, che, preso a sua volta in prestito (come data) dalla precedente festa pagana del dio sole e divenuto il “dies natalis” di Gesù per secoli, è ora ormai insidiato, soprattutto in ambito anglosassone e nordico, dalle renne di babbo natale e dagli alberi colorati, con annesso tutto l’indotto commerciale e consumistico che ha, tra l’altro, relegato il francescano presepe, originariamente veicolo religioso di meditazione sul mistero dell’Incarnazione, in rassegne artistiche dedicate dal vago sapore naturalistico e spesso più attente a rendere l’effetto meccanico di mulini e cascate piuttosto che a manifestare la nascita del Salvatore!
Ma tornando alla festa in oggetto, ciò che invece insospettisce il nostro autore è innanzitutto la pressoché totale indolenza e passività con cui la maggioranza della gente ha in pochi anni (l’inizio risale al 1995), dapprima timidamente tollerato, poi sempre più accettato tale sorpasso festaiolo, secondo la logica del “in fondo che c’è di male”.
Giornalisti e sociologi, per la verità, hanno pure tentato interpretazioni, almeno negli intenti, più filosofiche, affermando, per esempio, che “le cucurbitacee (la famiglia delle zucche) si adeguano perfettamente ai valori emergenti” (sic), o ancora che “Halloween è una nuova educazione alla vita e alla morte” (editoriale di “Le Monde” del 1° novembre 2000), articolo nel quale l’autore interpreta la grande diffusione della festa e la relativa ostilità dei cristiani come una rottura del monopolio religioso - e cristiano in particolare - sui riti e sulla simbologia nella società occidentale; c’è anche chi, infine, arriva a considerare la cultura indoeuropea, celtica e pagana come la vera originaria rispetto a quella giudaico-cristiana, che “ne avrebbe soffocato lo sviluppo” (J. Markale).
Ma da dove viene in realtà Halloween? Diciamo subito che il nome è già una sorta di malcelato acronimo inglese di “Ognissanti”; si tratta poi di una arcaica - e in parte mitizzata - tradizione celtica, veicolata successivamente da tradizioni irlandesi e americane, che univa il passaggio agricolo al nuovo anno con la festa religiosa-popolare del dio Samhain, divinità che nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre consentiva il passaggio di spiriti malefici dal mondo dei morti a quello dei vivi. In tale occasione gli antichi druidi, travestiti con teste di animali, compivano gesti propiziatori in cambio di offerte che, se rifiutate, ricambiavano con puntuali maledizioni! Per scacciare i medesimi spiriti, pare che fuori dalle case venissero appese zucche e lampade.
Chi pensasse, però che si tratti di una delle tante rivalutazioni tradizional-folcloristiche di culture arcaiche minoritarie, verrà subito smentito dall’apprendere che, in realtà, fu il frutto di una autentica pianificazione consumistico-commerciale su scala mondiale operata da una società (Cesar) nel 1992. Essa individuò il periodo “a metà strada tra l’inizio dell’anno scolastico e Natale” e lanciò la festa con maschere (di cui era produttrice), teschi e costumi da strega; successivamente, grazie ad una mirata pubblicità mass-mediatica e all’apporto di grosse multinazionali dello svago (da Disney a McDonalds), raggiunse la diffusione che conosciamo diventando una sorta di “folklorizzazione religiosa” (M.de Certeau).
Il paradosso di Halloween e delle sue bizzarrie è, quindi, quello di essere nel contempo ipermoderna (nel modo di presentarsi) ed iperarcaica (nelle idee), e rappresentare il massimo della credulità in un mondo - per dirla con Chesterton - che ha smesso di credere in Dio.
Nell’attuale cultura, in stile tipicamente new age e rigorosamente a-confesionale, dove impera la logica della festa per la festa, a prescindere dai contenuti da celebrare, si spiega il facile e veloce successo della penetrazione sociale di Halloween, emblema e icona del vuoto, delle zucche ma specialmente delle teste che in esse si perdono.
Perfino l’apparentemente innocuo gioco infantile del “dolcetto o scherzetto”, ad un’analisi più approfondita, non è che la rappresentazione dei ruoli invertiti bambini-adulti, dove questi ultimi sono ricattati a dare dolcetti ai primi per cautelarsi contro la maledizione, sia pur scherzosa: e qui sta la differenza tra lo scambio gratificante e il dono estorto (considerando anche che il carnevale è ancora lontano).
Per quanto riguarda l’ambito scolastico, poi, mentre la tendenza imperante, dai programmi ai testi adottati, è quella di evitare o ridurre al minimo ogni accenno a riferimenti religiosi - e in particolare cristiani - assistiamo, per occasioni come Halloween (proprio per la sua malcelata aura di gioiosa e giocosa neutralità) ad una vera e propria adozione laica universalmente accettata, con tanto di lezioni di cultura anglosassone (?) e similia. A tale filone culturale sono da ascrivere i successi, tra gli adolescenti, di alcune serie televisive americane (Buffy, Streghe).
In definitiva, quindi, la differenza tra Halloween e Ognissanti è sostanziale, sia come contenuto - per la prima pressoché inesistente - sia come rappresentazione temporale: per la prima, infatti, il tempo è ciclico e costituito da stagioni che ritornano uguali, mentre per la seconda, il tempo cristiano è lineare e caratterizzato dalla tensione tra nascita e parusìa di Cristo, sia pur nella ciclicità liturgica.
La più nostrana e genuina tradizione popolare metteva giustamente in guardia: “scherza con i fanti…!”.
Antonio Fasol è Presidende del Gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa di Verona.
GIOIA DEL PAPA PER LA BEATIFICAZIONE DI DON CARLO GNOCCHI
Lavorò per "restaurare
la persona umana"
25 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
Rivolgendosi ai pellegrini di lingua italiana dopo la recita della preghiera mariana dell'Angelus, Benedetto XVI ha espresso la propria gioia per la beatificazione, svoltasi questa domenica mattina in Piazza del Duomo a Milano, di don Carlo Gnocchi (1902-1956), il "padre dei mutilatini".
Il Papa ha indirizzato "uno speciale saluto" alle migliaia di fedeli che hanno assistito alla cerimonia, ricordando che don Gnocchi "fu dapprima valido educatore di ragazzi e giovani", offrendosi poi durante la Seconda Guerra Mondiale come cappellano degli Alpini, "con i quali fece la tragica ritirata di Russia, scampando alla morte per miracolo".
"Fu allora che progettò di dedicarsi interamente ad un'opera di carità", ha spiegato. "Così, nella Milano in ricostruzione, Don Gnocchi lavorò per 'restaurare la persona umana' raccogliendo i ragazzi orfani e mutilati e offrendo loro assistenza e formazione".
Il sacerdote, ha dichiarato il Pontefice, "diede tutto se stesso fino alla fine, e morendo donò le cornee a due ragazzi ciechi".
"La sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all'avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative", ha rimarcato. "Mi rallegro con l'intera Chiesa ambrosiana, faccio mio il motto di questa beatificazione: 'Accanto alla vita, sempre'".
Don Carlo Gnocchi, ha ricordato in un'intervista concessa a ZENIT il postulatore della sua causa, padre Rodolfo Cosimo Meloli, è "il volto moderno della santità".
"Ha saputo interpretare in modo superlativo la sua vocazione: quella di essere luce, sostegno, conforto e speranza per tutti quelli che incontrava. La sua vita si è consumata per il bene degli altri. E' stato l''alter Christus' che ieri, oggi, sempre è chiamato ad essere ogni sacerdote".
La sua testimonianza, ha aggiunto, è preziosa e attuale perché il nuovo beato "ha messo al centro della sua azione l'uomo, gli uomini, tutti gli uomini, la forza vitale dell'amore, il sogno della fraternità e della solidarietà universale, senza pregiudizi e senza preclusioni".
Il Papa ha indirizzato "uno speciale saluto" alle migliaia di fedeli che hanno assistito alla cerimonia, ricordando che don Gnocchi "fu dapprima valido educatore di ragazzi e giovani", offrendosi poi durante la Seconda Guerra Mondiale come cappellano degli Alpini, "con i quali fece la tragica ritirata di Russia, scampando alla morte per miracolo".
"Fu allora che progettò di dedicarsi interamente ad un'opera di carità", ha spiegato. "Così, nella Milano in ricostruzione, Don Gnocchi lavorò per 'restaurare la persona umana' raccogliendo i ragazzi orfani e mutilati e offrendo loro assistenza e formazione".
Il sacerdote, ha dichiarato il Pontefice, "diede tutto se stesso fino alla fine, e morendo donò le cornee a due ragazzi ciechi".
"La sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all'avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative", ha rimarcato. "Mi rallegro con l'intera Chiesa ambrosiana, faccio mio il motto di questa beatificazione: 'Accanto alla vita, sempre'".
Don Carlo Gnocchi, ha ricordato in un'intervista concessa a ZENIT il postulatore della sua causa, padre Rodolfo Cosimo Meloli, è "il volto moderno della santità".
"Ha saputo interpretare in modo superlativo la sua vocazione: quella di essere luce, sostegno, conforto e speranza per tutti quelli che incontrava. La sua vita si è consumata per il bene degli altri. E' stato l''alter Christus' che ieri, oggi, sempre è chiamato ad essere ogni sacerdote".
La sua testimonianza, ha aggiunto, è preziosa e attuale perché il nuovo beato "ha messo al centro della sua azione l'uomo, gli uomini, tutti gli uomini, la forza vitale dell'amore, il sogno della fraternità e della solidarietà universale, senza pregiudizi e senza preclusioni".
DENUNCIATI GRUPPI SU FACEBOOK CHE INNEGGIANO ALLA MORTE DEL PAPA
Don Di Noto:
“Un clima di odio
non può che generare odio”
22 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
Sono stati denunciati alla Polizia Postale e delle Comunicazioni di Catania, due gruppi su Facebook che inneggiano e auspicano la “Morte del Papa!”.
La segnalazione è partita da don Fortunato Di Noto, parroco di Avola (Siracusa) e presidente dell’Associazione Meter onlus, da anni in prima linea nella lotta contro la pedofilia su Internet, dopo la segnalazione ricevuta da decine di utenti iscritti su Facebook.“Potremmo anche soprassedere - ha detto don Di Noto - ma ci rivolgiamo al Ministro Alfano se anche questi episodi non configurano dei reati nei confronti di un 'capo di stato', anche se estero, e per l’indiscussa autorità spirituale, religiosa e morale di altissimo profilo”.
“Inneggiare all’odio, alla morte, alla eliminazione di persone è il frutto della incapacità del dialogo onesto e democratico, e anche evangelico”, ha aggiunto.
“Un clima di odio a tutti i livelli, sperimentato anche personalmente nell’impegno profuso per l’infanzia e contro la pedofilia, non può che generare odio su odio, violenza su violenza”, ha poi concluso.
La segnalazione è partita da don Fortunato Di Noto, parroco di Avola (Siracusa) e presidente dell’Associazione Meter onlus, da anni in prima linea nella lotta contro la pedofilia su Internet, dopo la segnalazione ricevuta da decine di utenti iscritti su Facebook.“Potremmo anche soprassedere - ha detto don Di Noto - ma ci rivolgiamo al Ministro Alfano se anche questi episodi non configurano dei reati nei confronti di un 'capo di stato', anche se estero, e per l’indiscussa autorità spirituale, religiosa e morale di altissimo profilo”.
“Inneggiare all’odio, alla morte, alla eliminazione di persone è il frutto della incapacità del dialogo onesto e democratico, e anche evangelico”, ha aggiunto.
“Un clima di odio a tutti i livelli, sperimentato anche personalmente nell’impegno profuso per l’infanzia e contro la pedofilia, non può che generare odio su odio, violenza su violenza”, ha poi concluso.
L'ALTRA OMELIA (10) - LA FEDE E' LA LUCE DELLA VITA
XXX Domenica
del Tempo Ordinario
25 ottobre 2009
Di padre Angelo del Favero
23 ottobre 2009
Di padre Angelo del Favero
23 ottobre 2009
Tratto da ZENIT.org
“E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sapendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: 'Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!'. Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: 'Figlio di Davide, abbi pietà di me!'. Gesù si fermò e disse: 'Chiamatelo!'. Chiamarono il cieco dicendogli: 'Coraggio! Alzati, ti chiama!'. Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: 'Che cosa vuoi che io faccia per te?'. E il cieco gli rispose: 'Rabbunì, che io veda di nuovo!'. E Gesù gli disse: 'Va’, la tua fede ti ha salvato'. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada” (Mc 10,46-52).
“Così dice il Signore: 'Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prime delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto di Israele'. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada diritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito” (Ger 31,7-9).
“Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza” (Eb 5,1-6).
Le scene di esultanza descritte dal profeta Geremia possono essere comprese e condivise solo alla luce della fede. Diversamente, se ne attendiamo la realizzazione storica per noi, rischiano di suscitare lo sconforto della disillusione. E’ questo il messaggio che ci raggiunge anzitutto dal Vangelo di domenica prossima. Vediamo infatti che Gesù dona due volte la vista al cieco Bartimeo, come fa intendere la ripetizione “di nuovo” negli ultimi due versetti. Il primo “di nuovo” riguarda la luce del giorno, il secondo la luce della fede.
E Bartimeo, che gridava a più non posso per riavere la prima, mostra di apprezzare maggiormente la seconda, tanto che si mette subito a seguire Gesù anziché correre in città a dire a tutti che ci vede. L’incontro con il Signore lo ha esaudito al di là di ogni attesa: si aspettava la guarigione della cecità, e oltre a vedere le cose ora vede la Luce in Persona. Tutto ciò illustra la realtà della fede. La fede è un rapporto di amicizia amorosa con Cristo entro il quale è dato sperimentare l’esaudimento di ogni supplica. La fede fa sperimentare la sovrabbondante pienezza della divina Presenza che ridonda nel cuore.
La fede dona l’evidenza di quelle realtà invisibili che costituiscono la verità della vita, mentre prima si credeva di vedere tutto chiaro con la sola ragione. La fede, in definitiva, è un rapporto di intensa amicizia con Gesù che guarisce la vita dalla morte, la gioia dalla tristezza, la sofferenza dall’insofferenza, la ragione dalla cecità, la volontà dalla paralisi, l’amore dall’egoismo, l’uomo dalla solitudine. Tale rapporto si fonda sulla preghiera, intesa come “questione di vita o di morte”, nel senso che solo una preghiera che coinvolga e converta tutta la vita può generare una simile fede.
Non a caso Geremia include la donna incinta e la partoriente nel corteo dei rimpatriati dall’esilio. La gravidanza, infatti, è simbolo perfetto della fede. Posso riferirmi al fatto biologico per comprendere meglio il paragone. Quando una donna desidera intensamente diventare madre, può solo sperimentare la gioia della presenza di un figlio rimanendo incinta. Immaginiamo il giorno e l’ora in cui un semplice dato di laboratorio la informa con certezza di questo evento: sei incinta!
In inglese si dice “you are pregnant”, termine che esprime una presenza come l’acqua nella spugna. La spugna, se potesse sperimentare di essere impregnata d’acqua, sarebbe “al settimo cielo”, poiché solo l’acqua la fa essere quello che è. Così la donna, essendo per natura “madre”; così l’anima essendo per natura “capacitas Dei”. L’anima poi è la persona, che Dio crea come un grembo da abitare, da impregnare, da trasformare con la sua Presenza, in modo che ogni uomo sia quello che è: un figlio di Dio.
Certo, tutto questo sta sul piano spirituale, ma la fede è certissimamente efficace nel far concepire Gesù nel cuore, se davvero si ascolta la Parola di Dio. La fede poi, fa proseguire la “gravidanza” dell’anima, trasformandola in Cristo di mese in mese, di anno in anno, se non mancano le opere conseguenti.
Momento decisivo e tanto atteso della vita di orazione è quello in cui “inizia il soprannaturale” e si “entra nel Regno di Dio”. E’ l’esperienza contemplativa dell’ “invaghimento del cuore”, alla portata di ogni battezzato. In essa come la mamma sperimenta in sé la trasformazione operata dall’iniziativa biologica del bambino, così l’anima conosce per via d’amore l’operazione interiore della divina Presenza: una “notizia amorosa, generale, indistinta...”, secondo san Giovanni della Croce.
Tale divina notizia è puro “Vangelo”, poiché è il Signore che si sta comunicando in maniera affettiva. Essa può essere esile come una piuma che ti sfiora, oppure intensa e vincente come la forza della gravità sul piombo. In ogni caso porta a chiudere gli occhi, per inabissarsi nella dolcezza del mondo interiore in cui “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28).
L’Amore “è” ed “ha” questa forza divina di gravità: attira tutti a Sé, attira tutto a Sé, attira tutte le facoltà della persona: volontà, memoria, intelletto. La prima è la volontà, cioè il cuore. Esso è “preso” dolcemente ed irresistibilmente, mentre nella memoria e nell’intelletto può anche regnare il disordine, la distrazione dei mille pensieri e delle preoccupazioni, che non riescono però a preoccupare, avendo perso totalmente l’aspetto ansioso di prima.
In vero ognuno sperimenta tutto ciò secondo quel particolare recipiente che la sua persona è, tuttavia queste sono caratteristiche comuni, come gli elementi comuni ad ogni gravidanza, che però è unica e irripetibile in ogni donna. Da tutto ciò comprendiamo che la peggior “ignoranza” e “l’errore” più grave è rimanere nella cecità di se stessi, non accogliendo quel dono della fede che è la Luce vera della vita, quella che illumina ogni uomo.
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.
“Così dice il Signore: 'Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prime delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto di Israele'. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada diritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito” (Ger 31,7-9).
“Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza” (Eb 5,1-6).
Le scene di esultanza descritte dal profeta Geremia possono essere comprese e condivise solo alla luce della fede. Diversamente, se ne attendiamo la realizzazione storica per noi, rischiano di suscitare lo sconforto della disillusione. E’ questo il messaggio che ci raggiunge anzitutto dal Vangelo di domenica prossima. Vediamo infatti che Gesù dona due volte la vista al cieco Bartimeo, come fa intendere la ripetizione “di nuovo” negli ultimi due versetti. Il primo “di nuovo” riguarda la luce del giorno, il secondo la luce della fede.
E Bartimeo, che gridava a più non posso per riavere la prima, mostra di apprezzare maggiormente la seconda, tanto che si mette subito a seguire Gesù anziché correre in città a dire a tutti che ci vede. L’incontro con il Signore lo ha esaudito al di là di ogni attesa: si aspettava la guarigione della cecità, e oltre a vedere le cose ora vede la Luce in Persona. Tutto ciò illustra la realtà della fede. La fede è un rapporto di amicizia amorosa con Cristo entro il quale è dato sperimentare l’esaudimento di ogni supplica. La fede fa sperimentare la sovrabbondante pienezza della divina Presenza che ridonda nel cuore.
La fede dona l’evidenza di quelle realtà invisibili che costituiscono la verità della vita, mentre prima si credeva di vedere tutto chiaro con la sola ragione. La fede, in definitiva, è un rapporto di intensa amicizia con Gesù che guarisce la vita dalla morte, la gioia dalla tristezza, la sofferenza dall’insofferenza, la ragione dalla cecità, la volontà dalla paralisi, l’amore dall’egoismo, l’uomo dalla solitudine. Tale rapporto si fonda sulla preghiera, intesa come “questione di vita o di morte”, nel senso che solo una preghiera che coinvolga e converta tutta la vita può generare una simile fede.
Non a caso Geremia include la donna incinta e la partoriente nel corteo dei rimpatriati dall’esilio. La gravidanza, infatti, è simbolo perfetto della fede. Posso riferirmi al fatto biologico per comprendere meglio il paragone. Quando una donna desidera intensamente diventare madre, può solo sperimentare la gioia della presenza di un figlio rimanendo incinta. Immaginiamo il giorno e l’ora in cui un semplice dato di laboratorio la informa con certezza di questo evento: sei incinta!
In inglese si dice “you are pregnant”, termine che esprime una presenza come l’acqua nella spugna. La spugna, se potesse sperimentare di essere impregnata d’acqua, sarebbe “al settimo cielo”, poiché solo l’acqua la fa essere quello che è. Così la donna, essendo per natura “madre”; così l’anima essendo per natura “capacitas Dei”. L’anima poi è la persona, che Dio crea come un grembo da abitare, da impregnare, da trasformare con la sua Presenza, in modo che ogni uomo sia quello che è: un figlio di Dio.
Certo, tutto questo sta sul piano spirituale, ma la fede è certissimamente efficace nel far concepire Gesù nel cuore, se davvero si ascolta la Parola di Dio. La fede poi, fa proseguire la “gravidanza” dell’anima, trasformandola in Cristo di mese in mese, di anno in anno, se non mancano le opere conseguenti.
Momento decisivo e tanto atteso della vita di orazione è quello in cui “inizia il soprannaturale” e si “entra nel Regno di Dio”. E’ l’esperienza contemplativa dell’ “invaghimento del cuore”, alla portata di ogni battezzato. In essa come la mamma sperimenta in sé la trasformazione operata dall’iniziativa biologica del bambino, così l’anima conosce per via d’amore l’operazione interiore della divina Presenza: una “notizia amorosa, generale, indistinta...”, secondo san Giovanni della Croce.
Tale divina notizia è puro “Vangelo”, poiché è il Signore che si sta comunicando in maniera affettiva. Essa può essere esile come una piuma che ti sfiora, oppure intensa e vincente come la forza della gravità sul piombo. In ogni caso porta a chiudere gli occhi, per inabissarsi nella dolcezza del mondo interiore in cui “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28).
L’Amore “è” ed “ha” questa forza divina di gravità: attira tutti a Sé, attira tutto a Sé, attira tutte le facoltà della persona: volontà, memoria, intelletto. La prima è la volontà, cioè il cuore. Esso è “preso” dolcemente ed irresistibilmente, mentre nella memoria e nell’intelletto può anche regnare il disordine, la distrazione dei mille pensieri e delle preoccupazioni, che non riescono però a preoccupare, avendo perso totalmente l’aspetto ansioso di prima.
In vero ognuno sperimenta tutto ciò secondo quel particolare recipiente che la sua persona è, tuttavia queste sono caratteristiche comuni, come gli elementi comuni ad ogni gravidanza, che però è unica e irripetibile in ogni donna. Da tutto ciò comprendiamo che la peggior “ignoranza” e “l’errore” più grave è rimanere nella cecità di se stessi, non accogliendo quel dono della fede che è la Luce vera della vita, quella che illumina ogni uomo.
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.
SPECIALE ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE" - LECTIO MAGISTRALIS DEL CARD. BAGNASCO SULL'ENCICLICA / 3 (63.ESIMA PARTE)
19 settembre 2009
Tratto da ZENIT.org
Continua la pubblicazione del testo della Lectio magistralis che il Cardinale Angelo Bagasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha pronunciato nel contesto del convegno di studi dedicato all'ultima enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, tenutosi al Palazzo della Borsa di Genova.
2. Lo sviluppo richiede la carità oltre la giustizia
Ma come aiutare la ragione a non cedere ad una lettura rassegnata della realtà e soprattutto come aiutarla a far emergere le potenzialità che sono dentro la risorsa che è l’uomo? Una risposta sta certamente nel fatto che già nella Deus Caritas est (n. 28), la Dottrina sociale della Chiesa venga presentata come il luogo in cui la carità purifica la giustizia. Questa purificazione, peraltro, non è altro che un momento di quella più ampia purificazione che la fede è chiamata ad esercitare nei riguardi della ragione. Il concetto di “purificazione” è tutt’altro che negativo, come potrebbe sembrare a prima vista ed è agli antipodi della semplice negazione o della pura condanna. Ciò vuol dire che la giustizia è assunta ma allo stesso tempo potenziata dalla carità. Tra queste due realtà c’è insomma una relazione che va in entrambe le direzioni: per un verso non c’è carità senza giustizia perché si tratterebbe di semplice assistenzialismo, per altro verso non si dà giustizia senza carità perché si finirebbe nelle secche di un arido legalismo.
Arrivare ad intuire l’eccedenza e ancor prima la necessità della carità, vista l’insufficienza della giustizia, è però il frutto di una intuizione che va ben oltre la semplice ragione. Si richiede il recupero di una categoria, quella della fraternità, che, non a caso, Benedetto XVI pone in testa alla relazione tra sviluppo economico e società civile al capitolo terzo della Veritas in caritate. La grande sfida che abbiamo davanti “è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell’etica sociale, quali la trasparenza, l’onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o attenuati, ma che anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità devono trovare posto entro la normale attività economica” (n. 36). Nasce da qui una interessante serie di riflessioni che spaziano dentro il ruolo del non profit e alludono all’ibridazione dei comportamenti economici e delle imprese, aprendo ad approcci inabituali nell’interpretazione dei rapporti internazionali. Per arrivare ad un’affermazione forte:”Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia” (n. 53). Questa chiara affermazione che dal Vaticano II (GS, n. 77) è un punto fermo richiede in realtà “un nuovo slancio del pensiero” ed obbliga “ad un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione. Si tratta di un impegno che non può essere svolto dalle sole scienze sociali, in quanto richiede l’apporto di saperi come la metafisica e la teologia, per cogliere in maniera illuminata la dignità trascendente dell’uomo” (n. 53). In tal modo il Papa si fa carico, ancora una volta, di restituire dignità alla domanda su Dio e di riaprire all’interno del dibattito pubblico la questione della fede (cfr. n. 56), che è chiamata a purificare la ragione, così come la carità orienta e finalizza la giustizia, se il mondo non vuole soccombere alle sue logiche disumanizzanti. Si comprende allora perché il Vangelo si riveli il maggior fattore di sviluppo e, di conseguenza, perché la Chiesa dia il proprio apporto allo sviluppo anzitutto quando annuncia, celebra e testimonia Cristo, quando, cioè, adempie alla propria missione di evangelizzazione.
Ma come aiutare la ragione a non cedere ad una lettura rassegnata della realtà e soprattutto come aiutarla a far emergere le potenzialità che sono dentro la risorsa che è l’uomo? Una risposta sta certamente nel fatto che già nella Deus Caritas est (n. 28), la Dottrina sociale della Chiesa venga presentata come il luogo in cui la carità purifica la giustizia. Questa purificazione, peraltro, non è altro che un momento di quella più ampia purificazione che la fede è chiamata ad esercitare nei riguardi della ragione. Il concetto di “purificazione” è tutt’altro che negativo, come potrebbe sembrare a prima vista ed è agli antipodi della semplice negazione o della pura condanna. Ciò vuol dire che la giustizia è assunta ma allo stesso tempo potenziata dalla carità. Tra queste due realtà c’è insomma una relazione che va in entrambe le direzioni: per un verso non c’è carità senza giustizia perché si tratterebbe di semplice assistenzialismo, per altro verso non si dà giustizia senza carità perché si finirebbe nelle secche di un arido legalismo.
Arrivare ad intuire l’eccedenza e ancor prima la necessità della carità, vista l’insufficienza della giustizia, è però il frutto di una intuizione che va ben oltre la semplice ragione. Si richiede il recupero di una categoria, quella della fraternità, che, non a caso, Benedetto XVI pone in testa alla relazione tra sviluppo economico e società civile al capitolo terzo della Veritas in caritate. La grande sfida che abbiamo davanti “è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell’etica sociale, quali la trasparenza, l’onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o attenuati, ma che anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità devono trovare posto entro la normale attività economica” (n. 36). Nasce da qui una interessante serie di riflessioni che spaziano dentro il ruolo del non profit e alludono all’ibridazione dei comportamenti economici e delle imprese, aprendo ad approcci inabituali nell’interpretazione dei rapporti internazionali. Per arrivare ad un’affermazione forte:”Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia” (n. 53). Questa chiara affermazione che dal Vaticano II (GS, n. 77) è un punto fermo richiede in realtà “un nuovo slancio del pensiero” ed obbliga “ad un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione. Si tratta di un impegno che non può essere svolto dalle sole scienze sociali, in quanto richiede l’apporto di saperi come la metafisica e la teologia, per cogliere in maniera illuminata la dignità trascendente dell’uomo” (n. 53). In tal modo il Papa si fa carico, ancora una volta, di restituire dignità alla domanda su Dio e di riaprire all’interno del dibattito pubblico la questione della fede (cfr. n. 56), che è chiamata a purificare la ragione, così come la carità orienta e finalizza la giustizia, se il mondo non vuole soccombere alle sue logiche disumanizzanti. Si comprende allora perché il Vangelo si riveli il maggior fattore di sviluppo e, di conseguenza, perché la Chiesa dia il proprio apporto allo sviluppo anzitutto quando annuncia, celebra e testimonia Cristo, quando, cioè, adempie alla propria missione di evangelizzazione.
(3-Continua)
giovedì 22 ottobre 2009
CONSIGLIO COMUNALE SULLA LEGALITA' E LA SICUREZZA - IL SINDACO E' AMMALATO: CONSIGLIO COMUNALE RINVIATO
CONSIGLIO COMUNALE SULLA LEGALITA' E LA SICUREZZA - IL PD HA SOLLECITATO AL PREFETTO LA SITUAZIONE DEBITORIA DEL COMUNE DI MELISSANO
Ai Dirigenti e Responsabili di Settore
del Comune di Melissano
Al Segretario Generale
Al Resp. Ufficio Tecnico
Al Resp. Servizi alla popolazione
Al Resp. Settore P.M.
Al Resp. Settore SUAP
Al Resp. Settore Contabile e Finanziario
Al Resp. Settore affari Istituzionali e Legali
Al revisore Unico dei conti
del Comune di Melissano
Al Segretario Generale
Al Resp. Ufficio Tecnico
Al Resp. Servizi alla popolazione
Al Resp. Settore P.M.
Al Resp. Settore SUAP
Al Resp. Settore Contabile e Finanziario
Al Resp. Settore affari Istituzionali e Legali
Al revisore Unico dei conti
del Comune di Melissano
Al Prefetto di Lecce
All' On.le Alfredo Mantovano
OGGETTO: SITUAZIONE DEBITORIA DEL COMUNE DI MELISSANO
Premesso
- che con nota del 20 marzo 2009 protocollo n°2972 i Consiglieri di opposizione PD: Tenuzzo, Macrì, Scarcella e Stefano Scarcella dell’IDV, chiedevano a termine di regolamento la convocazione di un Consiglio Comunale con all’ordine del giorno:
1) Ricognizione e quantificazione della situazione debitoria complessiva del Comune di Melissano
2) Ricognizione ed individuazione analitica dei debiti fuori bilancio alla data odierna
- che la summenzionata richiesta è a tutt’oggi rimasta priva di riscontro;
- che la situazione economico-finanziaria dell’ente comunale si è ulteriormente aggravata come testimoniato dall’atto di pignoramento della quota pubblica della farmacia comunale (vedasi atto di giunta comunale n° 194 del 07.08.2009);
- che l’atto ultimo del Consiglio Comunale del 30 settembre 2009 art. 193 D.Lgs 267 del 2000 - “salvaguardia degli equilibri di bilancio” anziché fornire chiarimenti sulla situazione debitoria del Comune ha aperto spazi ad ulteriori ed inquietanti interrogativi
Tanto premesso e tralasciando al momento gli aspetti relativi al mancato rispetto delle persone, dei ruoli e della legalità (mancata risposta attraverso il Consiglio Comunale alla richiesta dei Consiglieri Comunali di minoranza)
SI CHIEDE
Ai dirigenti comunali, in indirizzo meglio individuati, di produrre alla scrivente Capogruppo Consigliere del PD, nei termini previsti dal regolamento Comunale, relazione completa ed aggiornata sulla situazione debitoria, ognuno per il proprio settore di competenza, allo scopo esclusivo di consentire alla scrivente di esercitare il proprio ruolo istituzionale.
A S.E. Il Prefetto, che ci legge per conoscenza, si chiede l’opportunità di un intervento ricognitivo per mezzo di propri funzionari di Ragioneria, atteso che, alle opposizioni consiliari non viene consentito di valutare l’esatta situazione debitoria del Comune di Melissano.
All’Onorevole Sottosegretario agli Affari Interni, che pure ci legge per conoscenza, si chiede di valutare l’invio di propri ispettori presso il Municipio di Melissano, per verificare se nell’amministrazione dell’ente vengono rispettate le norme della corretta gestione, nonché del regolamento comunale.
Il ricorso estremo alla sensibilità delle SS.LL si è reso necessario poiché ogni nostra democratica e legittima iniziativa è stata contrastata dall’amministrazione Comunale.
E’ gradita l’occasione per porgere ossequiosi e distinti saluti
Il Capogruppo Consiliare PD
Dott.ssa Antonella Tenuzzo
Al Prefetto di Lecce
All' On.le Alfredo Mantovano
OGGETTO: SITUAZIONE DEBITORIA DEL COMUNE DI MELISSANO
Premesso
- che con nota del 20 marzo 2009 protocollo n°2972 i Consiglieri di opposizione PD: Tenuzzo, Macrì, Scarcella e Stefano Scarcella dell’IDV, chiedevano a termine di regolamento la convocazione di un Consiglio Comunale con all’ordine del giorno:
1) Ricognizione e quantificazione della situazione debitoria complessiva del Comune di Melissano
2) Ricognizione ed individuazione analitica dei debiti fuori bilancio alla data odierna
- che la summenzionata richiesta è a tutt’oggi rimasta priva di riscontro;
- che la situazione economico-finanziaria dell’ente comunale si è ulteriormente aggravata come testimoniato dall’atto di pignoramento della quota pubblica della farmacia comunale (vedasi atto di giunta comunale n° 194 del 07.08.2009);
- che l’atto ultimo del Consiglio Comunale del 30 settembre 2009 art. 193 D.Lgs 267 del 2000 - “salvaguardia degli equilibri di bilancio” anziché fornire chiarimenti sulla situazione debitoria del Comune ha aperto spazi ad ulteriori ed inquietanti interrogativi
Tanto premesso e tralasciando al momento gli aspetti relativi al mancato rispetto delle persone, dei ruoli e della legalità (mancata risposta attraverso il Consiglio Comunale alla richiesta dei Consiglieri Comunali di minoranza)
SI CHIEDE
Ai dirigenti comunali, in indirizzo meglio individuati, di produrre alla scrivente Capogruppo Consigliere del PD, nei termini previsti dal regolamento Comunale, relazione completa ed aggiornata sulla situazione debitoria, ognuno per il proprio settore di competenza, allo scopo esclusivo di consentire alla scrivente di esercitare il proprio ruolo istituzionale.
A S.E. Il Prefetto, che ci legge per conoscenza, si chiede l’opportunità di un intervento ricognitivo per mezzo di propri funzionari di Ragioneria, atteso che, alle opposizioni consiliari non viene consentito di valutare l’esatta situazione debitoria del Comune di Melissano.
All’Onorevole Sottosegretario agli Affari Interni, che pure ci legge per conoscenza, si chiede di valutare l’invio di propri ispettori presso il Municipio di Melissano, per verificare se nell’amministrazione dell’ente vengono rispettate le norme della corretta gestione, nonché del regolamento comunale.
Il ricorso estremo alla sensibilità delle SS.LL si è reso necessario poiché ogni nostra democratica e legittima iniziativa è stata contrastata dall’amministrazione Comunale.
E’ gradita l’occasione per porgere ossequiosi e distinti saluti
Il Capogruppo Consiliare PD
Dott.ssa Antonella Tenuzzo
CONSIGLIO COMUNALE SULLA LEGALITA' E LA SICUREZZA - ANCHE IL PD AVEVA SCRITTO IL 17/10 AL PREFETTO, ALL'ON.LE ALFREDO MANTOVANO, AI CC. E SINDACO
Al Sindaco di Melissano
A S.E. Il Prefetto Tafaro
A S.E. Il Prefetto Tafaro
Via XXV Luglio 1
73100 LECCE
Al Sottosegretario Interni
On.le Alfredo Mantovano
Segreteria via Imperatore Adriano
73100 Lecce
Al CC Melissano
M.llo Alessandro Borgia
OGGETTO: Consiglio Comunale del 22/10/2009
“Nulla questio” circa i riconoscimenti e gli encomi che verranno conferiti alle personalità indicate nella lettera che accompagna la convocazione del Consiglio Comunale indetto il 22 ottobre c.a. presso il Centro Culturale “Quintino Scozzi” di Melissano.
Molto ci sarebbe da dire tuttavia circa l’ordine del giorno formulato in occasione del suddetto consiglio dal titolo “legalità e sicurezza”; riteniamo moralmente inaccettabile che chi viola norme e regolamenti poi si proponga di essere depositario e tutore della legalità.
Esprimiamo ogni solidarietà e vicinanza di sentimenti per l’impegno e le attività svolte nell’interesse della collettività ai fautori della legge, ma non possiamo accettare strumentalizzazioni di sorta.
Melissano, 17/10/2009
Distinti saluti.
CAPOGRUPPO CONSILIARE PD
Dott.ssa Antonella Tenuzzo
73100 LECCE
Al Sottosegretario Interni
On.le Alfredo Mantovano
Segreteria via Imperatore Adriano
73100 Lecce
Al CC Melissano
M.llo Alessandro Borgia
OGGETTO: Consiglio Comunale del 22/10/2009
“Nulla questio” circa i riconoscimenti e gli encomi che verranno conferiti alle personalità indicate nella lettera che accompagna la convocazione del Consiglio Comunale indetto il 22 ottobre c.a. presso il Centro Culturale “Quintino Scozzi” di Melissano.
Molto ci sarebbe da dire tuttavia circa l’ordine del giorno formulato in occasione del suddetto consiglio dal titolo “legalità e sicurezza”; riteniamo moralmente inaccettabile che chi viola norme e regolamenti poi si proponga di essere depositario e tutore della legalità.
Esprimiamo ogni solidarietà e vicinanza di sentimenti per l’impegno e le attività svolte nell’interesse della collettività ai fautori della legge, ma non possiamo accettare strumentalizzazioni di sorta.
Melissano, 17/10/2009
Distinti saluti.
CAPOGRUPPO CONSILIARE PD
Dott.ssa Antonella Tenuzzo
LE RELIQUIE DI SAN FILIPPO SMALDONE A MELISSANO (23-25 OTTOBRE 2009)
Così scrive il Parroco, Sac. Antonio PERRONE: “Nei giorni 23-25 ottobre, la nostra comunità vivrà un particolare evento di grazia: la visita delle reliquie di San Filippo Smaldone”.
PROGRAMMA
VENERDI’ 23 OTTOBRE, ORE 17.15, VIA PALERMO - ACCOGLIENZA DELLE RELIQUIE (Breve momento di preghiera, processione verso la Chiesa Madre percorrendo via Palermo, via Milano, via Leonardo Da Vinci, via Mazzini, Piazza San Francesco, Celebrazione Eucaristica).
SABATO 24 OTTOBRE, ORE 20.00, CHIESA MADRE - VEGLIA DI PREGHIERA (Questo momento di preghiera si viva come un’occasione di grazia che la provvidenza ci offre perché guardando a San Filippo Smaldone, ricordiamo che l’impegno alla carità e al servizio riguarda ogni uomo di buona volontà).
DOMENICA 25 OTTOBRE, ORE 11.00, CHIESA MADRE - SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRESIEDUTA DAL VESCOVO MONS. DOMENICO CALIANDRO (Alla presenza del Consiglio Comunale in forma ufficiale).
Nei giorni 23-25 ottobre il Centro Culturale “Quintino Scozzi” ospiterà una MOSTRA ITINERANTE SULLA FIGURA DEL SANTO.
PROGRAMMA
VENERDI’ 23 OTTOBRE, ORE 17.15, VIA PALERMO - ACCOGLIENZA DELLE RELIQUIE (Breve momento di preghiera, processione verso la Chiesa Madre percorrendo via Palermo, via Milano, via Leonardo Da Vinci, via Mazzini, Piazza San Francesco, Celebrazione Eucaristica).
SABATO 24 OTTOBRE, ORE 20.00, CHIESA MADRE - VEGLIA DI PREGHIERA (Questo momento di preghiera si viva come un’occasione di grazia che la provvidenza ci offre perché guardando a San Filippo Smaldone, ricordiamo che l’impegno alla carità e al servizio riguarda ogni uomo di buona volontà).
DOMENICA 25 OTTOBRE, ORE 11.00, CHIESA MADRE - SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRESIEDUTA DAL VESCOVO MONS. DOMENICO CALIANDRO (Alla presenza del Consiglio Comunale in forma ufficiale).
Nei giorni 23-25 ottobre il Centro Culturale “Quintino Scozzi” ospiterà una MOSTRA ITINERANTE SULLA FIGURA DEL SANTO.
LE BUONE NOTIZIE CHE NON CI SFUGGONO - I CENTO ANNI DI CAPUTO QUINTINA
mercoledì 21 ottobre 2009
CONSIGLIO COMUNALE SULLA LEGALITA' E LA SICUREZZA - IL CONSIGLIERE COMUNALE STEFANO SCARCELLA SCRIVE AL PREFETTO, AI CARABINIERI E AL SINDACO
Al Sindaco di Melissano
Rag. Roberto FALCONIERI
Al Signor Prefetto di Lecce
dott. Mario TAFARO
N° Fax 0832.693666
Al Comando Stazione
Carabinieri di Melissano
Maresciallo BORGIA A.
N° Fax 0833.587171
OGGETTO: Consiglio Comunale convocato per il giorno 22 Ottobre 2009.-
Trovo più che mortificante che l’attuale amministrazione di Melissano governata dal Sindaco Roberto FALCONIERI proponga un Consiglio Comunale sulla legalità, la sicurezza e la trasparenza (22 ottobre 2009 presso il Centro Culturale “Quintino Scozzi”).
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire proprio chi limita ogni attività del sottoscritto consigliere Comunale di opposizione, e mi riferisco all’ordine che lo stesso sindaco mi ha “imposto”, come S. E. ben conosce da tempo mediante un fax inviato al numero di fax in indirizzo, e cioè di recarmi negli uffici comunali per visionare gli atti amministrativi solamente il martedì, solamente per due ore la settimana, diversamente non vengo accolto negli Uffici Comunali?
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire proprio il Primo Cittadino che giudica sugli organi di stampa le attività di un consigliere comunale di opposizione “politica-spazzatura” proprio a ridosso di minacce di morte ricevute da ignoti, senza neanche esprimere un minimo sentimento di solidarietà, ma soltanto parole di sprezzo e di insulto politico?
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire chi incontra le segreterie provinciali dei partiti qualche giorno prima del consiglio comunale sulla legalità e la sicurezza ed evita così, ancora una volta, di dialogare e confrontarsi con il Consigliere Comunale, referente comunale dello stesso partito (nota Prot. 90/2009 del 13 Ottobre 2009 a firma del sindaco Roberto Falconieri)?
Quale serenità e pace può dare alla propria comunità, oltreché garantire legalità, sicurezza e trasparenza, proprio chi ha firmato pubblici manifesti (Sindaco e Maggioranza) affissi per le strade di Melissano, pieni di insulto, odio, rancore, parole e frasi offensive per cui si è reso necessario sporgere denuncia-querela alla stazione locale dei Carabinieri di Melissano (non soltanto da parte del sottoscritto ma anche da parte della consigliera comunale capogruppo del Partito Democratico, Antonella TENUZZO)?
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire chi è stato denunciato più volte per fatti gravissimi alla Corte dei Conti, alla Procura della Repubblica; chi è stato condannato per danno erariale dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre 30mila Euro per alcune irregolarità connesse alla procedura di appalto per il servizio di nettezza urbana poi affidato alla Gialplast, in particolare riferito alla parcella di uno dei componenti della commissione (sentenza n. 171 del 19 marzo 2008 della Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale); chi ha anticipato denaro a famiglie bisognose salvo poi recuperarlo con atto di Giunta Comunale; chi nasconde la situazione debitoria dell’Ente che amministra (come mai non compaiono mai i debiti fuori bilancio nei bilanci comunali redatti per il 2008-2009 benché da tempo se ne conosce l’elevato importo?)?
Chi nasconde nei propri armadi tali fatti, non può assolutamente riflettere su argomentazioni così nobili, a meno che: o si ha l’intenzione di fare un serio mea culpa, o si ha l’intenzione di mettere in scena una nuova commedia che faremmo bene a registrare e a spedire al Presidente del Consiglio e al Ministro della Giustizia.
Ben diverso è invece il discorso sulla nobile iniziativa, ampiamente condivisa, di riconoscere qualità preventive e di aiuto ai garanti della legge che “vivono” il nostro territorio e le nostre realtà locali afflitte anche da fatti criminosi e delinquenziali.
A loro è indirizzata tutta la mia attenzione e la mia vicinanza, come anche la solidarietà del partito che rappresento, l’Italia dei Valori, che da anni, a livello nazionale, regionale e provinciale, conduce campagne-battaglie in nome della legalità e, soprattutto, della verità, unico elemento indispensabile che conduce alla legalità.
Distinti Saluti.
Melissano, 21 Ottobre 2009
Stefano Giuseppe SCARCELLA
CONSIGLIERE COMUNALE
Rag. Roberto FALCONIERI
Al Signor Prefetto di Lecce
dott. Mario TAFARO
N° Fax 0832.693666
Al Comando Stazione
Carabinieri di Melissano
Maresciallo BORGIA A.
N° Fax 0833.587171
OGGETTO: Consiglio Comunale convocato per il giorno 22 Ottobre 2009.-
Trovo più che mortificante che l’attuale amministrazione di Melissano governata dal Sindaco Roberto FALCONIERI proponga un Consiglio Comunale sulla legalità, la sicurezza e la trasparenza (22 ottobre 2009 presso il Centro Culturale “Quintino Scozzi”).
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire proprio chi limita ogni attività del sottoscritto consigliere Comunale di opposizione, e mi riferisco all’ordine che lo stesso sindaco mi ha “imposto”, come S. E. ben conosce da tempo mediante un fax inviato al numero di fax in indirizzo, e cioè di recarmi negli uffici comunali per visionare gli atti amministrativi solamente il martedì, solamente per due ore la settimana, diversamente non vengo accolto negli Uffici Comunali?
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire proprio il Primo Cittadino che giudica sugli organi di stampa le attività di un consigliere comunale di opposizione “politica-spazzatura” proprio a ridosso di minacce di morte ricevute da ignoti, senza neanche esprimere un minimo sentimento di solidarietà, ma soltanto parole di sprezzo e di insulto politico?
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire chi incontra le segreterie provinciali dei partiti qualche giorno prima del consiglio comunale sulla legalità e la sicurezza ed evita così, ancora una volta, di dialogare e confrontarsi con il Consigliere Comunale, referente comunale dello stesso partito (nota Prot. 90/2009 del 13 Ottobre 2009 a firma del sindaco Roberto Falconieri)?
Quale serenità e pace può dare alla propria comunità, oltreché garantire legalità, sicurezza e trasparenza, proprio chi ha firmato pubblici manifesti (Sindaco e Maggioranza) affissi per le strade di Melissano, pieni di insulto, odio, rancore, parole e frasi offensive per cui si è reso necessario sporgere denuncia-querela alla stazione locale dei Carabinieri di Melissano (non soltanto da parte del sottoscritto ma anche da parte della consigliera comunale capogruppo del Partito Democratico, Antonella TENUZZO)?
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire chi è stato denunciato più volte per fatti gravissimi alla Corte dei Conti, alla Procura della Repubblica; chi è stato condannato per danno erariale dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre 30mila Euro per alcune irregolarità connesse alla procedura di appalto per il servizio di nettezza urbana poi affidato alla Gialplast, in particolare riferito alla parcella di uno dei componenti della commissione (sentenza n. 171 del 19 marzo 2008 della Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale); chi ha anticipato denaro a famiglie bisognose salvo poi recuperarlo con atto di Giunta Comunale; chi nasconde la situazione debitoria dell’Ente che amministra (come mai non compaiono mai i debiti fuori bilancio nei bilanci comunali redatti per il 2008-2009 benché da tempo se ne conosce l’elevato importo?)?
Chi nasconde nei propri armadi tali fatti, non può assolutamente riflettere su argomentazioni così nobili, a meno che: o si ha l’intenzione di fare un serio mea culpa, o si ha l’intenzione di mettere in scena una nuova commedia che faremmo bene a registrare e a spedire al Presidente del Consiglio e al Ministro della Giustizia.
Ben diverso è invece il discorso sulla nobile iniziativa, ampiamente condivisa, di riconoscere qualità preventive e di aiuto ai garanti della legge che “vivono” il nostro territorio e le nostre realtà locali afflitte anche da fatti criminosi e delinquenziali.
A loro è indirizzata tutta la mia attenzione e la mia vicinanza, come anche la solidarietà del partito che rappresento, l’Italia dei Valori, che da anni, a livello nazionale, regionale e provinciale, conduce campagne-battaglie in nome della legalità e, soprattutto, della verità, unico elemento indispensabile che conduce alla legalità.
Distinti Saluti.
Melissano, 21 Ottobre 2009
Stefano Giuseppe SCARCELLA
CONSIGLIERE COMUNALE
CONSIGLIO COMUNALE SULLA LEGALITA' E LA SICUREZZA - LA LETTERA DI INVITO DEL SINDACO ROBERTO FALCONIERI
E' stato convocato per giovedi 22 ottobre, alle ore 18,00 presso il Centro Culturale "Quintino Scozzi"il Consiglio Comunale sui temi della "Legalità e Sicurezza".
Nel 1997 fu inaugurata a Melissano la Caserma dei Carabinieri, alla cui guida fu nominato il Maresciallo Salvatore Erriquez.
Nel 1997 fu inaugurata a Melissano la Caserma dei Carabinieri, alla cui guida fu nominato il Maresciallo Salvatore Erriquez.
Dopo 12 anni il Maresciallo Erriquez ha lasciato la nostra Comunità e l’Amministrazione comunale, a nome della cittadinanza melissanese, grata per la sua attivita’ e per la sua integrita’ morale e civile, vuole consolidarne l’amicizia e la stima esprimendogli profonda gratitudine e riconoscenza per i valori umani e solidali nei confronti della nostra comunità, alla quale ha offerto un servizio di alta qualità preventiva e di aiuto, coniugato con la tenacia e con il più squisito senso del dovere.
Vi invitiamo, pertanto, alla seduta del Consiglio Comunale di ringraziamento e saluto al Maresciallo Erriquez che si terrà presso il Centro Culturale “Quintino Scozzi” giovedì 22 ottobre 2009, alle ore 18,00, nel corso del quale riteniamo utile ci sia un momento di riflessione sui temi della “Legalità e Sicurezza”, con l’intervento del sottosegretario all’Interno On. Alfredo Mantovano, di S.E. il Prefetto di Lecce e del Questore di Lecce.
Nel corso della seduta sarà gradito dare il benvenuto al nuovo Maresciallo Comandante della Stazione dei Carabinieri Alessandro Borgia.
Inoltre, sarà conferita targa-riconoscimento al Vice Questore aggiunto dr. Pantaleo Nicolì ed encomi solenni agli Ispettori Capi Cornacchia Pasquale e Perdicchia Claudio, agli Assistenti Capi Mastroleo Renato e Scordella Claudio, all’Assistente Manco Roberto e al Maresciallo Maggiore Scozzi Daniele per l’encomiabile impegno a servizio della Comunità.
APPELLO DEL SINDACO E PROVE DI DIALOGO CON L'ITALIA DEI VALORI (???) - CONSIDERAZIONI DI STEFANO SCARCELLA
Tranquilli. Nessun contatto ed incontro tra il Consigliere Comunale Stefano Scarcella ed il sindaco Roberto Falconieri, sia chiaro.
L'incontro è avvenuto ieri sera, martedì 20 ottobre 2009, tra il coordinatore provinciale dell'Italia dei Valori, l'Avv. Francesco D'AGATA, e la Giunta Comunale di Melissano.
Alla riunione volontariamente non è stato invitato dal sindaco il referente comunale del partito, ovvero Stefano Scarcella.
Ben conoscendo in largo anticipo dell'invito mosso da Falconieri con la lettera firmata dal suo pugno (Protocollo N. 90/2009 del 13 Ottobre 2009) il sottoscritto ha inteso rispettare la volontà di Falconieri e quindi, di non presentarsi (senza invito è maleducazione!) al fianco del coordinatore provinciale.
Ancora una volta, Falconieri ha preso l'autostrada, ben più facile e comoda di una semplice stradina, per raggiungere i suoi obiettivi (???).
Intende così parlare di legalità e sicurezza? Di trasparenza amministrativa?
Intende risolvere in questo modo "una situazione difficile nello svolgimento del confronto politico-amministrativo"?
Intende raggiungere così "l'obiettivo primario di contribuire, INSIEME, a rafforzare il tessuto democratico della Comunità di Melissano"?
Intende in questi barbari modi "ridare serenità e compostezza alla dialettica politica... per rafforzare la trasparenza dell'azione amministrativa"?
Quale legalità, sicurezza e trasparenza potrà mai garantire chi incontra le segreterie provinciali dei partiti qualche giorno prima del consiglio comunale sulla legalità e la sicurezza evitando così, ancora una volta, di dialogare e confrontarsi con il Consigliere Comunale, referente comunale dello stesso partito?
Ancora una volta, caro Sindaco Robertino, hai temuto il dialogo ed il confronto fatto con le carte alla mano, non semplici "illazioni".
Se di illazioni parliamo, caro Sindaco, sono pronto a farmi trascinare nei tribunali.
Prego, faccia il primo passo anche in queste sedi!
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