sabato 14 febbraio 2009

IL CASO ELUANA VISTO DAL VATICANO - PRIMA PARTE

SCRIVO A TE, ELUANA...
La riflessione di mons. Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto ROMA
Martedì, 10 febbraio 2009
Scrivo a te, Eluana, ora che sei morta a questo mondo, che avevi amato con la freschezza della tua giovinezza e l’entusiasmo delle tue speranze. Questo amore lo avevi detto in tanti modi, finché ti era stata data la possibilità di farlo. Si leggeva perfino nelle tue fotografie, in quei tuoi occhi aperti alla vita, in quel volto custode dei tuoi sogni. Perfino il desiderio di morire, piuttosto che vivere senza averne coscienza, se veramente c’è stato, non poteva che nasce re in te da questo amore alla vita. Ed ora che per alcuni tutto è finito di te, scriverti è un modo per continuare a dire insieme con te che la vita è più forte della morte, che l’amore non finirà mai. Ti credo viva in Dio, mistero del mondo, e credo che tu possa dialogare con me e capirmi al di là della povertà delle mie parole. Quello che vorrei dirti nasce proprio dalla misteriosa comunicazione che c’è ora fra noi, oltre e più profondamente di ogni parola: ora tu sai, come mai avresti potuto saperlo prima, quanto questa vita mortale è preziosa, quanto vale ogni istante di essa, quanto prezioso è stato ogni attimo dell’esistenza che ti è stata tolta. Ora lo sai perché vedi come tutto di te, ogni tuo respiro, ogni tua ora, fosse custodito da uno sguardo di amore, che non ti ha abbandonato mai, anche nel lungo silenzio dei tuoi ultimi diciassette anni. Era lo s guardo di Dio, che ti raggiungeva attraverso quello di tutti coloro che ti hanno amato, di quanti ti hanno accudito e hanno creduto in te, nel valore della tua vita, preziosa sempre, preziosa come sarebbe stata anche se tu avessi continuato a vivere per mesi, per anni. Era quello che sapevano le Suore cui era stata affidata e la cui premurosa tutela non ti avrebbe mai voluto lasciare!
Tu sai che non giudico chi ha voluto che tu morissi: il dolore può cambiare la visione delle cose molto al di là di ciò che si può pensare. Colgo però in tutta questa battaglia per il tuo presunto diritto a morire qualcosa di triste, come un segnale di disperazione: vorrei che la tua morte potesse ora gridare a tutti che la vita di un essere umano è sempre degna di essere vissuta, quali che siano le sue condizioni, perfino la sua mancanza di coscienza o la sua impossibilità di esprimersi. Rinunciare a credere questo apre la strada al buio della pretesa dell’uomo sull’uomo, alla follia di sentirsi padroni esclusivi della propria esistenza o di quella degli altri. Non riesco a credere come la tua morte possa essere ritenuta da qualcuno una vittoria. La vera vittoria è solo quella della vita e dell’amore, che sconfigge la morte e dà senso a ogni cosa. L’amore “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L’amore non avrà mai fine” (1 Lettera di Paolo ai Corinzi 13). Proprio per questo, vorrei che la Tua morte servisse anche a non dimenticare le tante Eluana che vivono nel mondo, quelle di cui nessuno ha parlato e forse parlerà mai: penso alle innumerevoli storie di dolore e di amore che accompagnano vite umane ritenute da molti insignificanti; penso ai malati terminali, a quanti come te non possono più comunicare o non hanno più alcuna coscienza. Intorno a loro si intrecciano storie diverse, da quelle dell’indifferenza e dell’abbandono, a quelle di chi per amore le custodisce fino alla fine come un dono prezioso. Come sarebbe importante che il Tuo sacrificio servisse a riscoprire il valore di queste vite, e aiutasse tutti a sprigionare verso di esse energie di rispetto e di amore più forti di ogni vittoria della morte! Vorrei infine che la fretta impressa alla conclusione della tua esistenza facesse riflettere tutti, anche chi si è schierato per il diritto a volere la tua morte: il chiasso di questi ultimi giorni, il chiacchiericcio politico che ha trasformato la tragica fine della tua esistenza in un palcoscenico di opinioni e di partiti, ceda ora il posto al silenzio e alla decisione. Occorre una legge che tuteli la dignità della vita fino alla fine. Nessun accanimento terapeutico su vite straziate dalla sofferenza e dal male. Ma anche la garanzia che nessuna vita sia più spenta come è stata la tua, permet tendo che si possa morire di inedia per la sottrazione degli elementi vitali. Se il silenzio ultimo della fine della tua esistenza terrena potrà indurre a riflettere e a decidere così, ben al di là degli schieramenti di parte, l’infinita tristezza di quest’ora di morte potrà produrre semi di vita. Riposa in pace, Eluana, e continua a parlare al cuore degli uomini dicendo a tutti parole d’amore.

Nessun commento: