giovedì 17 giugno 2010

VENERDI' 18 GIUGNO 2010, ORE 19.00, AULA CONSILIARE - NUOVA SEDUTA DEL CONSIGLIO COMUNALE DI MELISSANO

Sono 9 gli argomenti da trattare e posti all'Ordine del Giorno:
1. COMUNICAZIONI DEL SINDACO-PRESIDENTE.
2. RICONOSCIMENTO DEBITO DI CUI ALL'ART. 194, COMMA 19) LETT. A) D. LGS. N. 267/2000 - SIG. STAJANO TOMMASO.
3. RICONOSCIMENTO DEBITO DI CUI ALL'ART. 194, COMMA 1) LETT. A) D. LGS. N. 267/2000 - CITTA' DI MAGLIE.
4. RICONOSCIMENTO DEBITO DI CUI ALL'ART. 194, COMMA 1) LETT. A) D. LGS. N. 267/2000 - SIG.RA GIURANNO ROSILDE.
5. MODIFICHE REGOLAMENTO PER LA DISCIPLINA DELLO SVOLGIMENTO DELL'ATTIVITA' COMMERCIALE SULLE AREE PUBBLICHE - L. R. N. 18 DEL 24 LUGLIO 2001.
6. ATTIVAZIONE PROCEDURA D. LGS. N. 267/2000, ART. 193-194-202-203. SPECIFICA PER COMPETENZE PROFESSIONALI PER I LAVORI DI COMPLETAMENTO FOGNATURA BIANCA NEL P.I.P. - ATTO DI TRANSAZIONE A SEGUITO DI SENTENZA "PIERRI ENZO PATRIZIO CONTRO COMUNE DI MELISSANO".
7. COMMISSIONE LOCALE PER IL PAESAGGIO AI SENSI DEL D. LGS. 42/2004 E L. R. M. 20/2009 - PRESA ATTO DELIBERAZIONE DI CONSIGLIO DELL'UNIONE DEI COMUNI JONICA SALENTINA N. 2 DEL 09 MARZO 2010 E DELEGA ALLA STESSA PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA, AI SENSI DELL'ART. 7, COMMA 3 DELLA R. R. 07 OTTOBRE 2009, N. 20.
8. COSTITUZIONE DEI "RIONI" CITTADINI - PRESA D'ATTO.
9. ATTO TRANSATTIVO TOMMASO MANCO CONTRO COMUNE DI MELISSANO - RICONOSCIMENTO DEBITO FUORI BILANCIO - CONTRAZIONE MUTUO CON LA CASSA DD. PP.

LA LETTERA INVIATA PRIMA DEL 13 GIUGNO A GIUSTIFICA DELLA MIA ASSENZA ALLE CELEBRAZIONI RELIGIOSE DEL SANTO PATRONO

"Al Parroco di Melissano
Sac. Don Antonio PERRONE
Al Presidente
del Comitato Festa Patronale
sig. Antonio MACRI’
Ai Componenti tutti
del Comitato Festa Patronale
LL.SS.
Con la presente, si riscontra il gentile invito del presidente del Comitato Festa Patronale di Melissano (Prot. N. 4873 del 25 Maggio 2010) e del rev. Parroco di Melissano (Prot. N. 5378 del 10 Giugno 2010).
Impegni lavorativi di carattere stagionale e che mi impegnano, per il momento, nei giorni festivi e nei fine settimana (ogni sabato e domenica), mi impediscono di essere presente alle solenni celebrazioni liturgiche del 13 giugno in onore del Santo Patrono S. Antonio.
Tuttavia, mi preme sottolineare che l’UNICA REALE motivazione della mia assenza è dovuta a quanto sopra descritto. Ogni altro mormorio (che si aggiunge ad altre questioni e prese di posizione non solo soggettive in quanto cittadino melissanese ma anche oggettive in quanto parte di una comunità parrocchiale) è frutto di logiche di persone che, purtroppo, non sanno distinguere le cose di Dio dalle cose dell’uomo e che confondono VOLUTAMENTE il sacro nel profano ed il profano nel sacro.
Tanto si doveva in attesa di esprimerVi insieme ad altri concittadini/parrocchiani alcune perplessità in merito a scelte che il Comitato si appresta a realizzare per conto e nome di tutti i melissanesi.
Cordiali Saluti e Buona Festa a tutti.
Melissano, 10 Giugno 2010
Stefano Giuseppe SCARCELLA"

COME CONIUGARE SOBRIETA' E SOLIDARIETA' IN TEMPO DI CRISI

Di don Daniele Bortolussi
20 maggio 2010

Tratto da ZENIT.org
Per "stile di vita" si intende genericamente un insieme stabile e duraturo di comportamenti visibili, di modi di essere che riflettono la gerarchia di valori della persona o del gruppo che li mette in atto. Ciò che determina uno stile, pertanto, non sono le scelte episodiche, ma un sistema di scelte, caratterizzate dalla continuità nel tempo e dalla trasversalità ai diversi ambiti di vita e aventi come riferimento, più o meno consapevolmente, precisi modelli sociali ed economici. Lo stile di vita, dunque, si esplicita all'interno di una continua interazione tra la persona singola con il suo orientamento valoriale e il sistema sociale che la circonda, come a cerchi concentrici, dal più prossimo fino a quello globale. Il contesto attuale rende urgente una riflessione sui nuovi stili di vita, che parta necessariamente da questa prospettiva relazionale che coinvolge il soggetto nel suo rapporto con le cose, le persone, l'ambiente e il mondo.
Rapporto con le cose
Si gioca essenzialmente nel consumo di beni, spesso caratterizzato dell'eccesso e dallo spreco, dal bisogno di consumare sempre di più e dalla conseguente incapacità di godere di ciò che si ha. Il consumo diventato "consumismo", cioè filosofia dell'usa e getta e del bisogno indotto, altera fortemente il rapporto con la quotidianità, se consideriamo il forte impiego di energie per mantenere un tenore di vita tale da possedere determinati oggetti, che spesso conduce a mettere in secondo piano le relazioni e gli aspetti più profondi dell'esistenza. Il mito della crescita che il mercato impone, induce a perdere di vista il senso dell'utilità reale delle cose, rende schiavi, identifica la persona con il consumatore per renderlo funzionale a sé e non il contrario. Ecco allora la necessità sempre più urgente di assumere un atteggiamento pensante e critico di fronte a questa logica, per diventare attori di un cambiamento, non solo nella direzione della riduzione dei consumi, ma anche nell'attenzione alle conseguenze del "cosa" consumare.
Rapporto con l'ambiente
La sensibilità verso l'ambiente si sta affermando in maniera sorprendente non solo tra le nuove generazioni. Tra allarmismi e superficialità si sente la necessità, come singoli e come comunità, di porre in essere scelte che rallentino lo sfruttamento di risorse, la produzione insensata di rifiuti, l'emissione incontrollata di sostanze nocive. E' in gioco il rapporto con la terra e la sua vivibilità nel presente e nel futuro: è necessario instaurare un rapporto non violento con la terra, quasi a recuperare il senso delle radici dell'uomo e della sua realtà più profonda.
Rapporto con il mondo
La globalizzazione ha reso evidente la stretta connessione tra le persone che abitano questo pianeta, tra le sorti dei vari popoli e nazioni. Le guerre in atto, le forti disuguaglianze sociali ed economiche pongono domande allo stile di vita: indifferenza e non conoscenza non sono più ammissibili. L'informazione corretta e critica è il primo passo per assumere un atteggiamento di vicinanza reale con le popolazioni più povere e per mettere in atto azioni ispirate ad un principio di giustizia e non solo di tipo assistenzialistico.
Rapporto con le persone
È parte della natura umana costruire rapporti tra le persone, anche se, purtroppo, si sperimenta che individualismo ed egoismo possono rallentare o addirittura impedire la realizzazione di questa aspirazione. Come già accennato, il campo delle relazioni umane è fortemente condizionato dal sistema di vita, segnato oggi dal consumo sfrenato e dalla mercificazione. In questo senso, è di notevole importanza tornare a riflettere su questo aspetto, a considerare le relazioni umane come ricchezza e potenziale di crescita.
Tutto ciò apre anche il delicato capitolo del lavoro, dove la persona investe molte delle sue energie creative e relazionali. Diventa particolarmente urgente il ritorno a rapporti di lavoro che siano segnati dal riconoscimento della dignità dell'uomo, dalla giustizia, dalla sicurezza. Pensiamo, inoltre, alle conseguenze che la qualità del lavoro ha sul tempo libero, sulle relazioni familiari e amicali, sulla possibilità di improntare rapporti pacifici e non dettati da violenza o tensione, sull'attenzione a chi si trova in difficoltà, sull'opportunità di recuperare tempo di riflessione e di dialogo vero con gli altri. Parlare di stile di vita in questo ambito, significa riportare al centro la persona e non il profitto.
Solo in questa prospettiva relazionale è possibile inquadrare il discorso della "responsabilità" verso l'altro vicino e lontano, verso i beni, verso la natura e il mondo; d'altro canto solo nella responsabilità si possono attuare rapporti retti e così cooperare in modo intelligente all'edificazione di un mondo più umano. Responsabilità è letteralmente rispondere di qualcosa, rispondere agli appelli dell'altro, entrare nella vita dell'altro con partecipazione attiva alle sue vicende.
Parole-chiave per la riflessione
sul tema "stili di vita"
-- Persona: in un sistema nel quale la persona è ridotta a "risorsa umana" è necessario tornare a mettere al centro l'uomo, la sua dignità di collaboratore alla crescita e allo sviluppo umano, il suo bisogno di essere protagonista della vita, la sua creatività e le sue relazioni familiari e sociali
-- Famiglia: è il soggetto che più fortemente ha subito i contraccolpi delle profonde trasformazioni nel lavoro. In molte famiglie, l'aumento del benessere economico non corrisponde ad un miglioramento delle relazioni, della comunicazione. D'altro canto le famiglie segnate dalla precarietà nel lavoro e da condizioni economiche difficili sono fortemente condizionate nelle loro scelte anche educative.
-- Tempo: l'attuale impostazione del lavoro, caratterizzata da forte investimento mentale ed emotivo da parte della persona, provoca, in un certo senso, uno svuotamento di umanità che si rivela soprattutto nel vivere la festa e il tempo libero. È qui che l'uomo recupera il senso della sua vita, nelle sue dimensioni più essenziali.
-- Sicurezza. Può essere intesa secondo due accezioni: da una parte la necessità di avere la sicurezza di un posto di lavoro, che gradualmente scompare per lasciare il posto alla flessibilità. Questa aumenta l'incertezza per le famiglie, la paura del futuro, l'individualismo. La sicurezza riguarda anche i rischi legati ai luoghi e alle condizioni di lavoro. Velocità di produzione, precarietà, scarsa specializzazione sono cause di morte ancora oggi. Ancora una volta, la logica del profitto prevale sulla centralità della persona.
-- Responsabilità sociale delle imprese. Si esplicita nell'integrare i parametri di mercato e di profitto con criteri di natura etica quali l'impatto ambientale, i diritti dei lavoratori, nonché la scelta di produrre beni che siano realmente utili all'uomo e al suo benessere integrale come persona.
Don Daniele Bortolussi è Direttore dell'Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro dell'Arcidiocesi di Torino.

L'ALTRA OMELIA (43) - GESU'-EUCARISTIA: ACCOGLIERE IL CORPO CHE CI DA' LA VITA

Festa del SS. Corpo e Sangue di Cristo
6 giugno 2010
Di padre Angelo del Favero
4 giugno 2010
Tratto da ZENIT.org
“Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsaida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: “Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta”. Gesù disse loro: “Voi stessi date loro da mangiare”. Ma essi risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente”. C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: “Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa”. Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste” (Lc 9,10-17).
“Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finchè egli venga” (1Cor 11,23-26).

Nella zona desertica di Betsaida, alla sera di una giornata spesa a prendersi cura dell’anima e del corpo di cinquemila persone, Gesù, presi in mano cinque pani e due pesci, anticipa sotto gli occhi di tutti quei gesti eucaristici che nell’ultima Cena consegnerà ai Dodici dicendo: “fate questo in memoria di me” (1Cor 11,24b). Nel deserto, moltiplica il cibo e lo fa distribuire alla folla; nel Cenacolo, lo trasforma in se stesso ed è lui a distribuirlo ai discepoli.
Sono due episodi separati nel tempo, ma collegati in quell’evento fondamentale per la Chiesa che Paolo ha ricevuto e trasmesso a sua volta: l’inconcepibile miracolo dell’Eucaristia, un Corpo preparato dal Padre per dare a tutti gli uomini la Vita del Figlio (Eb 10,5).
Il prodigio di Betsaida serve a saziare il corpo dei molti che hanno seguito Gesù per tre giorni senza provviste “al sacco”; quello del Cenacolo annuncia la fine di una fame molto più profonda, diffusa, vitale e “migliore”, quella del cuore, cioè la persona. La fame saziata nel deserto serve a capire che il pane materiale, preparato nei villaggi e nelle campagne dagli uomini, non può soddisfare il loro radicale bisogno di verità e di vita vera ed eterna; solo il pane-Carne e il vino-Sangue di Gesù sono quel cibo incorruttibile che impedisce di perire, poichè la sua sostanza è Dio.
Inquadrando il contesto immediato del fatto, Luca racconta che Gesù si era ritirato in disparte per sfuggire alla gente che lo cercava, decisa a violare la sua privacy. Il Signore, tuttavia, non sembra minimamente infastidito da queste folle implacabili: l’evangelista rivela infatti che egli “le accolse” (Lc 9,11b).
E’ così implicitamente sottolineata la necessità di quell’atteggiamento personale di stupefatta ed umile accoglienza che consente alla fede di sperimentare la realtà e gli effetti dell’Eucaristia: è il vivo Corpo e Sangue di Cristo, è Gesù in persona che può trasformare la carne inquinata del peccatore nella carne trasfigurata del santo.
Gesù-Eucaristia è simile al figlio neo-concepito: un Corpo pieno di vita da accogliere nel grembo interiore quale “cibo per l’uomo affamato di verità e di libertà” (Esortazione Apostolica “Sacramentum caritatis”, n. 1). La parola “cibo” non deve far venire in mente gli alimenti della tavola, ma il nutrimento spirituale essenziale alla felicità della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio-Amore (Gen 1,26).
Forse che il bambino nel grembo non è un nutrimento per colei che gli da’ carne e sangue? In realtà, il figlio alimenta il cuore della madre con una sostanza spirituale profonda, ricca di gioia e di vita, che ne realizza pienamente la persona. Sì, e quanto infinitamente amaro è rendersi conto di tutto ciò quando ormai gli è stato opposto un irreparabile rifiuto.
Non definitivamente irreparabile, in verità, poiché l’Eucaristia è Gesù in persona che viene per accogliere nel suo amore salvifico il povero di vita e l’affamato di pace che si accostano a Lui. E non c’è che un modo per sperimentare la trasformazione della propria indigenza mortale in abbondanza di vita: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).
Fa riflettere questa dichiarazione del Signore: se uno sta alla porta e bussa vuol dire che è già arrivato, anche se deve ancora cenare: perché allora dice “io verrò da lui”? La risposta sta proprio nelle due condizioni preliminari: “se uno ascolta la mia voce e mi apre la porta”.
In altre parole: il Signore può rendere effettiva ed efficace la sua venuta solo se viene accolto a cuore spalancato come una porta. Vuol dire che il suo è come l’arrivo del medico sulla porta di casa. Sarebbe del tutto inutile chiamarlo, farlo accomodare in salotto, ascoltare le sue parole e non farsi visitare da lui perché si ritiene di non averne bisogno!
Accogliere Gesù-Eucaristia, Medico e Farmaco che da la Vita, significa anzitutto riconoscersi profondamente malati nello spirito, affetti dal cancro del peccato ma fiduciosi nella sua infinita misericordia, quella Comunione che è rimedio dell’anima e del corpo. Dopo di che si fa’ propria una volontà di accoglienza “eucaristica” nei confronti di ogni prossimo, senza differenze, anche quello più importuno, anche il nemico che non da’ tregua e ti toglie la pace.
Una simile volontà pratica è eucaristica non solo per il modello, che è Gesù-Eucaristia, ma anche per il destinatario, che è sempre Gesù-Eucaristia. Infatti: “Proprio nella “carne” di ogni uomo Cristo continua a rivelarsi e ad entrare in comunione con noi, così che il rifiuto della vita dell’uomo, nelle sue diverse forme, è realmente rifiuto di Cristo. E’ questa la verità affascinante ed insieme esigente che Cristo ci svela e che la sua Chiesa ripropone instancabilmente: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5)” (“Evangelium vitae”, n. 104).
- L’Eucaristia è il Signore Gesù, “è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l’amore di Dio per ogni uomo” (Es.Ap. “Sacramentum caritatis”, n.1).
- L’Eucaristia è il Sacramento della Presenza e dell’accoglienza reale di Cristo, grazie al quale “possiamo dire che non soltanto ciascuno di noi riceve Cristo, ma che anche Cristo riceve ognuno di noi” (Enc. “Ecclesia de Eucharistia”, n. 22).
- L’Eucaristia è quella “carne” del Figlio di Dio nella quale è rappresentata e ri-presentata al vivo la carne di ogni uomo, da quando è concepita nel grembo, a quando esala l’ultimo respiro, identificazione vera e certa perché rivelata da Gesù stesso con queste parole: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me” (Mt 25,40).
Tale “uguaglianza eucaristica” è così segno e fondamento della comune, assoluta, intangibile dignità di tutti gli esseri umani, dal neoconcepito all’uomo saturo di anni.
- L’Eucaristia è l’Amore fatto cibo, non solo perché “In questo mirabile Sacramento si manifesta l’amore “più grande”, quello che spinge a “dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13)” (“Sacramentum caritatis”, n.1), ma anche perché l’uguaglianza eucaristica dimostra che “l’amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza (Gn 1,26). Non fa’ differenza perché in tutti ravvisa riflesso il volto del suo Figlio Unigenito” (Benedetto XVI alla P. Accademia per la Vita, 27/2/2006).
Non fa differenza perché tra ogni essere umano e Gesù-Eucaristia non c’è differenza: “lo avete fatto a me” (Mt 25,40).
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

L'ALTRA OMELIA (42) - LA VITA E' IL VANGELO DELLA TRINITA'

Solennità della Santissima Trinità
30 maggio 2010
Di padre Angelo del Favero
28 maggio 2010
Tratto da ZENIT.org
“Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra…io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo” (Pv 8,22-31).
“O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tua dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?” (Salmo 8, 2.4-5).
“Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà” (Gv 16,12-15).

“Non è una sfida a Dio l’ultimo risultato ottenuto da Craig Venter e dalla sua equipe, ma una sofisticata operazione tecnologica, un 'copia, incolla e metti la firma': non è una creazione dal nulla, piuttosto sono state sapientemente assemblate sequenze di DNA già esistenti in natura, e riprodotte in laboratorio ..hanno composto con grande abilità un enorme puzzle, utilizzando i pezzi già messi a disposizione dalla natura, per realizzare un disegno pressoché identico a quello già tracciato naturalmente” (“Avvenire”, editoriale del 22/5/2010).
Così il quotidiano “Avvenire” ha commentato la clamorosa notizia della produzione in laboratorio del primo batterio geneticamente modificato, un successo scientifico che il cardinale Bagnasco ha definito “segno ulteriore della grande intelligenza dell’uomo”, intelligenza che è “dono di Dio”.
Infatti, se l’infinita sapienza di Dio non avesse creato la doppia elica del DNA, nulla esisterebbe di tutto ciò che esiste nel mondo della vita biologica: dal “semplice” batterio a quella “macchina incredibile” che è l’uomo. Perciò l’impresa sensazionale di Venter canta per se stessa la gloria di Dio, e ciò che la sua equipe ha fatto annuncia anzitutto l’opera delle mani del Creatore.
Un annuncio che la liturgia della Chiesa non cessa di celebrare nella lode: “Noi ti lodiamo, Padre santo, per la tua grandezza: tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore. A tua immagine hai formato l’uomo, alle sue mani operose hai affidato l’universo perché nell’obbedienza a te, suo creatore, esercitasse il dominio su tutto il creato” (Preghiera Eucaristica IV).
Sì, ciò che ha ottenuto il ricercatore americano ed il suo gruppo, va ben oltre la legittima soddisfazione del mondo scientifico: in realtà e verità è “prova” che l’essere umano è creato da Dio, ad immagine di Sé (Gen 1,27). Prova e monito.
Giovanni Paolo II lo ha affermato 15 anni fa con afflato sapienziale: “Difendere e promuovere, venerare e amare la vita è un compito che Dio affida ad ogni uomo, chiamandolo, come sua palpitante immagine, a partecipare alla signoria che Egli ha sul mondo: 'Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra' (Gen 1,28)” (Enciclica “Evangelium vitae”, n. 42).
Il Papa mette in luce l’ampiezza e la profondità della signoria che Dio dona all’uomo, citando poi il Salmo responsoriale di oggi: “Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari” (Salmo 8,7-9) (id.).
Tra gli esseri che navigano nel mare della vita ci sono anche i batteri di Venter. Il suo grande risultato è un altro passo avanti nel cammino di conoscenza della verità “tutta intera” (Gv 16,13) della vita umana, un progresso che implica una responsabilità generativa e creativa: “Una certa partecipazione dell’uomo alla signoria di Dio si manifesta anche nella specifica responsabilità che gli viene affidata nei confronti della vita propriamente umana. E’ responsabilità che tocca il suo vertice nella donazione della vita mediante la generazione da parte dell’uomo e della donna nel matrimonio.(…) Parlando di “una certa speciale partecipazione” dell’uomo e della donna all’opera creatrice di Dio, il Concilio intende rilevare come la generazione del figlio sia un evento profondamente umano e altamente religioso, in quanto coinvolge i coniugi che formano “una sola carne” (Gen 2,24) ed insieme Dio stesso che si fa presente. (…) Infatti soltanto da Dio può provenire quella “immagine e somiglianza” che è propria dell’essere umano, così come è avvenuto nella creazione. La generazione è la continuazione della creazione” (E.V., n.43).
La liturgia della Santissima Trinità annuncia oggi tutto questo con uno splendido inno alla sapienza di Dio personificata (Pv 8,22-31): “Essa è divina, e quindi trascendente, perché è il progetto della mente di Dio, la sua volontà, la sua Parola, il suo Spirito, ma è anche incarnata perché il progetto si attua nella creazione, la volontà si manifesta nella Legge, la Parola si rivela nella Bibbia e lo Spirito si effonde nell’uomo” (G. Ravasi).
In questo canto l’autore ispirato descrive la sapienza creatrice di Dio come se fosse un bambino generato nel grembo: “Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività” (Pv 8,22). Come tutti i bambini, anche “Sapienza” è una bambina spontaneamente gioiosa: gioca e danza incantando coloro che la osservano…come non pensare alle stupefacenti danze cosmiche delle galassie osservate dagli astronomi? Come non contemplare le ancor più stupefacenti capriole dell’embrione umano nella capsula spaziale che lo avvolge nel grembo?
Tale splendida icona rivela perciò che la Sapienza divina, manifestata in tutte le opere di Dio, è congenitamente presente nell’uomo, vertice e compendio di tutto il creato. L’umana intelligenza e la spontanea attitudine di ogni uomo all’amore e alla gioia, sono segno profondo dell’impronta viva del Creatore.
Gesù, che è la Sapienza incarnata, lo ha rivelato esplicitamente nell’ultima cena: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Il Signore è in persona il Vangelo di Dio, il rivelatore del mistero della santa Trinità, ed Egli ha detto: “Io sono la Vita” (Gv 11,25).
Perciò: la vita stessa dell’uomo, sin dal suo primo istante nel grembo, è immagine e somiglianza di Colui che ne è la Fonte. La vita è in realtà il vangelo della Trinità: chi la riconosce in questa sua intera verità, gioisce con lo stupore di un bambino e non può che esclamare: “Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l’anima mia” (Salmo 139/8,14).
Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.